Presupposti per la conservazione del cognome dell'ex coniuge

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Cessazione dello status di coniuge e perdita del diritto al cognome maritale

La pronuncia di divorzio determina la cessazione ex nunc dello status di coniuge. Tra gli altri effetti di tale decisione, vi è la perdita da parte della moglie del diritto al cognome del coniuge che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Il Tribunale può autorizzare, con la sentenza con cui pronuncia il divorzio, la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito, quando sussista un interesse proprio o dei figli meritevole di tutela (art. 5, comma 3, l. n. 898/1970).

La suddetta decisione può essere modificata con successiva pronuncia per motivi di particolare gravità su istanza di una delle parti (art. 5, comma 4, l. n. 898/1970).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali sono i presupposti per la conservazione del cognome del marito?

Orientamento consolidato

La sussistenza di circostanze eccezionali meritevoli di tutela

Anche di recente, la S.C. ha ribadito che ai sensi dell'art. 143-bis c.c., l'aggiunta del cognome maritale è un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla perduranza del rapporto di coniugio, sicché l'eccezionale deroga alla perdita del cognome maritale è discrezionale e richiede la ricorrenza del presupposto dell'interesse meritevole di tutela dell'ex coniuge, come è dato inferire dalla disciplina dettata dalla l. n. 898/1970, art. 5, comma 3, in tema di divorzio, ove è detto «Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli fletti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela». Tale disciplina – ha sottolineato la Corte di legittimità – è frutto del principio cui l'ordinamento familiare è ispirato e che privilegia la coincidenza fra denominazione personale e status, sicché la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è da considerarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale, ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica, in quanto non può escludersi che il perdurante uso del cognome maritale possa costituire un pregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale a mente dell'art. 8 CEDU, un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente (Cass. VI, n. 654/2022).

Di regola non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, in quanto l'utilizzo del cognome maritale da parte dell'ex coniuge è consentito solo in seguito ad una valutazione della ricorrenza di circostanze eccezionali rimessa al giudice del merito che, con provvedimento motivato e nell'esercizio di poteri discrezionali, può consentire, con effetti giuridico-formali, la conservazione del cognome del marito accanto al proprio. In sostanza si tratta di un'ipotesi straordinaria che non può aver luogo se basata esclusivamente sul mero desiderio di conservare come tratto identitario una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica: deve considerarsi, infatti, che il perdurante uso del cognome maritale potrebbe costituire un pregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile come legame familiare attuale giuridicamente rilevante, esercitando un diritto fondamentale ex art. 8 CEDU (Cass. I, n. 3454/2020).

In definitiva, l'autorizzazione alla conservazione del cognome, come prevista dall'art. 5 della l. n. 898/1970, costituisce un'ipotesi eccezionale, che non può prescindere dal riscontro, da parte del giudice, di un interesse meritevole di tutela sotteso alla stessa. Pertanto non si può considerare “meritevole di tutela” la volontà di conservare un cognome famoso soltanto perché con questo la donna ha goduto di alcuni benefici e privilegi sociali, in quanto tale circostanza inciderebbe negativamente sulla vita e sui progetti dell'altro ex coniuge, marito che intenda formarsi un nuovo nucleo familiare, riconoscibile e percepito come attuale, nei rapporti giuridici e sociali, così violando un diritto fondamentale del coniuge non consenziente riconosciuto anche dall'art. 8 CEDU (Cass. I, n. 21706/2015).

Orientamenti di merito

Vi è interesse al mantenimento del cognome se sussistono esigenze lavorative o sociali relative alla prole

Più in particolare, in sede applicativa è stato evidenziato che l'interesse al mantenimento del cognome del coniuge dopo il divorzio risulta meritevole di tutela qualora riguardi la sfera del lavoro professionale, commerciale o artistico della moglie, oppure, ancora, in considerazione di profili di identificazione sociale e di vita di relazione meritevoli di tutela oltre che di particolari profili morali o considerazioni riguardanti la prole (la cui identificazione con un cognome diverso possa essere causa di nocumento). L'indagine circa la sussistenza di siffatti presupposti può essere effettuata sulla base di documenti attinenti agli ambiti della vita privata della coniuge che possono assumere rilievo in tal senso, come quelli che riguardano la salute della medesima (ad esempio certificati medici dai quali risulta una almeno prevalente intestazione alla donna con il cognome del marito), la vita professionale egli affari. Qualora risulti da tale documentazione – e l'indagine può e deve riguardare tutti i documenti prodotti dalla controparte anche a scopo diverso, come la stessa procura alle liti – che l'utilizzo del cognome del marito non assume, rispetto allo svolgimento della vita della moglie, un rilievo preminente rispetto ai profili sopra menzionati, non ne sussiste a favore della medesima il diritto alla conservazione (Trib. Milano IX, 28 aprile 2009, n. 5644).

La moglie può continuare ad utilizzare il cognome del marito soltanto nel caso in cui la stessa abbia fatto uso protratto del cognome stesso, sicché questo sia ormai diventato mezzo di identificazione della sua persona (Trib. di Napoli 11 novembre 2003).

Domanda
La sentenza di divorzio consente di inibire alla moglie l'uso del cognome dell'ex marito?

Non può essere eseguito ex art. 612 c.p.c. l'obbligo di non continuare ad utilizzare il cognome dell'ex marito

La sentenza che abbia pronunciato il divorzio, ancorché comporti per la moglie la perdita del cognome maritale, acquisito con le nozze, ove non contenga alcuna statuizione in ordine all'uso di detto cognome da parte della moglie, non costituisce titolo sufficiente per ottenere l'esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. della relativa inibitoria nei confronti della donna che, malgrado il divorzio, continui ad usare il cognome dell'ex coniuge, essendo a tal fine necessaria un'esplicita enunciazione del divieto dell'uso (Cass. I, n. 12160/1990).

Domanda
Quali sono gli strumenti a disposizione dell'ex marito per evitare che la moglie divorziata continui ad utilizzare il proprio cognome?

Tutela inibitoria e risarcitoria

Nell'ipotesi di violazione da parte della moglie divorziata del divieto di uso del cognome del marito, quest'ultimo, può, ai sensi dell'art. 7 c.c., chiedere la cessazione del fatto lesivo ed altresì il risarcimento del danno; tuttavia, mentre per l'inibitoria è sufficiente che l'attore dimostri, oltre all'uso illegittimo del proprio nome, la possibilità che da ciò gli derivi un pregiudizio (che può essere, quindi, meramente potenziale, ovvero di ordine solo morale), ai fini dell'azione risarcitoria, devono sussistere gli estremi soggettivi ed oggettivi dell'illecito aquiliano ai sensi dell'art. 2043 c.c.: non è quindi soltanto necessaria l'esistenza di un pregiudizio effettivo, ma quest'ultimo, se non ha carattere patrimoniale, è risarcibile, ex art. 2059 c.c., soltanto ove nella condotta dell'indebita utilizzatrice sia configurabile un illecito penalmente sanzionato (Cass. I, n. 8081/1994).

3. Azioni processuali

Funzione e natura dell'istanza

L'istanza volta alla conservazione del cognome del marito dopo la sentenza di divorzio deve essere contenuta nel ricorso per il divorzio giudiziale ovvero nella memoria di costituzione rispetto all'avverso ricorso. Ciò non esclude che la relativa istanza possa essere proposta separatamente in un momento successivo.

Aspetti preliminari

Competenza

È competente a decidere sull'istanza del mantenimento del cognome del marito il Tribunale chiamato a pronunciarsi sulla domanda di divorzio.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre l'istanza compete alla moglie che vuole conservare il cognome del marito che conseguentemente è legittimato passivo rispetto a detta istanza (e ciò a prescindere dalle posizioni di ricorrente ovvero resistente rispettivamente assunte nel procedimento principale).

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di dimostrare la sussistenza di circostanze eccezionali, riconducibili ad un interesse proprio o dei figli, per la conservazione dopo il divorzio da parte della moglie del cognome maritale spetta, secondo le regole generali ritraibili dall'art. 2697 c.c., alla richiedente.

Tale onere si sostanzia in quello di dimostrare la sussistenza di un interesse concreto meritevole di tutela per sé e per i figli che non può limitarsi al desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica ovvero alla frequentazione di ambienti mondani, di rango sociale e censo elevati, ma deve andare oltre e cioè ricoprire profili di identificazione sociale e di vita di relazione meritevoli di tutela oltre che di particolari profili morali o considerazioni riguardanti la prole, la cui identificazione con un cognome diverso possa essere causa di danno.

Si tratta di un onere probatorio che può essere assolto sul piano documentale e/o mediante la richiesta di prove orali (in particolare di prove testimoniali).

A fronte di ciò, la valutazione sulla sussistenza di circostanze eccezionali che consentono l'autorizzazione all'utilizzo del cognome del marito è rimessa al giudice del merito avendo riguardo alla regola generale per la quale non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato e nell'esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente.

Contenuto dell'istanza

Se l'istanza è contenuta nel ricorso per il divorzio giudiziale (o nella memoria di costituzione), nell'atto devono essere specificate le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Se l'istanza è invece proposta in via autonoma nel corso del giudizio di divorzio potrà essere depositata con indicazione del numero di ruolo del procedimento, del nominativo del giudice istruttore e delle parti, nonché dei rispettivi difensori.

Ad ogni modo, come ha recentemente puntualizzato la S.C., la domanda di divorzio e la domanda di conservazione del cognome del marito sono due domande diverse ed autonome, fondate su diversi presupposti (la prima volta ad accertare il venire meno della comunione materiale morale di vita tra i coniugi, la seconda diretta a conservare un tratto identificativo della persona), con la conseguenza che le relative decisioni sono scindibili (Cass. I, n. 2411 del 2023).

Regime dei provvedimenti

Secondo quanto espressamente previsto dall'art. 5, comma 4, della l. n. 898/1970 la statuizione, contenuta nella sentenza di divorzio, in ordine alla sussistenza del diritto della moglie alla conservazione del cognome maritale, può essere oggetto di modifica, ove ricorrano gravi motivi, su istanza di entrambe le parti.

L'eventuale procedimento a tal fine incardinato seguirà le forme di quello in camera di consiglio exartt. 737 ss. c.p.c.

La parte che richiede la modifica della decisione in questione – di solito il marito – sarà onerata della prova della ricorrenza di gravi motivi ostativi alla conservazione del cognome maritale.

Il relativo decreto del Tribunale, decidendo su un diritto soggettivo, pur nelle forme del procedimento camerale, è reclamabile ex art. 739 c.p.c. dinanzi alla Corte d'Appello.

4. Conclusioni

Con lo scioglimento del vincolo coniugale a seguito della pronuncia della sentenza di divorzio viene meno il diritto della moglie alla conservazione del cognome del marito.

Tuttavia, l'art. 5, comma 3, l. n. 898/1970 consente che, su istanza di parte, la stessa sia autorizzata ad utilizzare il cognome dell'ormai ex coniuge ove sussista un interesse della stessa o della prole.

Nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte ribadito che tale autorizzazione può essere concessa solo a fronte di circostanze eccezionali, il cui accertamento è demandato al giudice di merito.

Resta ferma la possibilità, per ciascuna delle parti interessate, di richiedere la modifica, per gravi motivi, della relativa statuizione.

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