“Affidamento” dell'animale da affezione1. Bussole di inquadramentoLa sorte degli animali domestici nell'ipotesi di separazione della coppia In assenza di una regolamentazione normativa, può rivelarsi nella pratica particolarmente delicato il problema, in mancanza di un accordo tra i coniugi, sul soggetto che dovrà prendersi cura dell'animale domestico dopo la separazione. Al fine di risolvere la questione con strumenti adeguati, da tempo in Parlamento è stata presentata una proposta di legge (A.C. 795, «Introduzione dell'articolo 155-septies del codice civile, concernente l'affido degli animali di affezione in caso di separazione dei coniugi») volta a introdurre una norma finalizzata a regolamentare l'affido – condiviso o esclusivo – degli animali che sono in famiglia in caso di separazione o divorzio dei coniugi o dei conviventi. La proposta di legge si propone di stabilire, in particolare, che, in assenza di accordo dei coniugi o conviventi separati, proprietari di un animale familiare, il giudice possa decidere sull'affidamento dello stesso avendo riguardo alla parte che sia in grado di assicurarne il best interest. Secondo la medesima proposta, per pervenire a tale decisione, il tribunale deve sentire i coniugi, i conviventi, i figli e, ove necessario, anche esperti di comportamento animale. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Nell'ipotesi di contrasto tra i coniugi o ex conviventi, è ammissibile la domanda di “affidamento” dell'animale domestico?
Orientamento di merito prevalente Se la coppia si separa il giudice può decidere sull'affidamento dell'animale di affezione Sembra prevalente l'impostazione dei giudici di merito volta a ritenere, nell'ipotesi di contrasto tra i coniugi o gli ex conviventi, ammissibile la domanda di “affidamento” (o, rectius, di assegnazione) dell'animale domestico. In questa direzione si segnala una significativa decisione secondo cui deve essere tutelato mediante l'applicazione dei principi dell'affidamento dei minori, in specie dell'affidamento condiviso, «l'interesse materiale-spirituale-affettivo dell'animale» (Trib. Roma, 15 marzo 2016, n. 5322). Nello stesso senso Trib. Lucca, 24 gennaio 2020, ha disposto l'affidamento condiviso del cane, affermando che «nel vuoto normativo, alla luce per un verso dell'importanza del legame affettivo fra persone ed animali, e dall'altro del rispetto dovuto a quest'ultimi, quali esseri senzienti, non c'è infatti dubbio che la normativa più vicina alla fattispecie sia quella relativa all'affidamento dei figli». In senso consonante, un'altra pronuncia ha evidenziato che, al fine di «assicurare il benessere e il miglior sviluppo della identità» di un gatto, ne ha disposto l'affidamento esclusivo al marito, disponendo invece l'affidamento condiviso del cane ad entrambi i coniugi separandi (Trib. Sciacca, 19 febbraio 2019; v. anche in termini analoghi già Trib. Pescara, 9 maggio 2002). Orientamento di merito minoritario Se la coppia si separa il giudice non può decidere sull'affidamento dell'animale di affezione ma solo omologare l'eventuale accordo intervenuto Altra tesi è stata espressa da quella giurisprudenza, di tenore più tradizionale, secondo cui è inammissibile, in sede di separazione giudiziale, la domanda volta all'assegnazione di animali di affezione all'uno o all'altro dei coniugi, in quanto l'ordinamento italiano non prevede ancora nulla circa la possibilità di affidare gli animali domestici, “né essendo compito del giudice della separazione quello di regolare i diritti delle parti sugli animali di casa” (Trib. Milano, 2 marzo 2011). Un'altra decisione di merito, pur omologando la separazione consensuale tra i coniugi che prevedeva tra le clausole l'affidamento condiviso del canone, ha espresso per il futuro l'invito ai coniugi separandi in caso di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione, “a regolare altrimenti, ovvero con impegni stragiudiziali, le sorti del loro animale domestico”, criticando per di più come “improprio” e come “caduta di stile sul piano culturale” l'utilizzo nell'accordo di separazione, a proposito dell'assegnazione del cane, della stessa terminologia adottata in tema di “affidamento, collocazione e protocollo di visita dei figli minori”, e precisando per di più che, de iure condito, “in caso di contrasto fra le parti, il giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi della assegnazione degli animali di affezione all'uno o all'altro coniuge, né della loro relazione con gli stessi” (Trib. Como, 3 febbraio 2016). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Nell'attuale vuoto normativo sulla questione, è evidente che la problematicità della stessa, come le conseguenze delle disarmonie della giurisprudenza di merito, emerge soprattutto in mancanza di un accordo tra le parti, al momento della separazione, sull'assegnazione dell'animale domestico. Nell'ipotesi di coppia coniugata, pertanto, il Tribunale sarà chiamato a vagliare l'ammissibilità (e, in caso affermativo) il merito della domanda proposta nell'ambito di un ricorso per separazione giudiziale (o della memoria difensiva). Nell'ipotesi di coppie non coniugate sembra doversi ritenere che la domanda vada veicolata con il ricorso camerale promosso ai sensi degli artt. 337-bis ss. c.c. per la regolamentazione delle condizioni di affidamento della prole. Non è inoltre escluso che dopo un iniziale accordo tra le parti ovvero una decisione di “affidamento” condiviso dell'animale di affezione, venga proposto un ricorso per modificare le condizioni di affidamento. Ove se ne ritenga l'ammissibilità, il veicolo processuale da utilizzare sarà se il procedimento principale di separazione è ancora pendente la modifica dell'ordinanza presidenziale ex art. 709 c.p.c. ovvero, se è già stato definito, il ricorso per la modifica delle condizioni della separazione. Se la coppia non era coniugata la modifica del “regime di affidamento” potrà essere richiesta mediante il ricorso volto alla modifica dei provvedimenti regolanti l'esercizio della responsabilità genitoriale, ossia quello disciplinato dall'art. 337-quinquies c.c. Aspetti preliminari Negoziazione assistita Ai sensi dell'art. 6, comma primo, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale tanto per l'individuazione delle condizioni della separazione che per le successive modifiche di esse. Poiché la questione che riguarda l'assegnazione dell'animale di affezione non chiama in causa, di per sé, questioni concernenti le modalità di affidamento dei figli, minorenni, maggiorenni non autosufficienti economicamente o portatori di handicap grave, il procedimento che può essere seguito è quello “semplificato”. Pertanto, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. Naturalmente se la separazione consensuale o la convenzione volta a modificarne le condizioni, oltre a riguardare l'assegnazione dell'animale di affezione, involgano questioni relative alle modalità di affidamento della prole, dovrà essere seguito il procedimento “aggravato” contemplato dallo stesso art. 6 del d.l. n. 132/2014. Competenza La competenza a conoscere delle richieste sull'assegnazione dell'animale di affezione contenute in un ricorso per separazione giudiziale appartiene al Tribunale, la cui competenza per territorio è disciplinata dall'art. 706 c.p.c. I criteri di collegamento della competenza contemplati da tale norma, con l'esclusione di quello della residenza comune dei coniugi, trova applicazione anche nell'ipotesi in cui dette richieste accedano al ricorso per divorzio giudiziale. Nell'ipotesi in cui invece la domanda in esame sia volta alla modifica dell'assetto consensualmente prefigurato o oggetto di un precedente provvedimento giudiziale, trova applicazione il principio per il quale la competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali dell'art. 18 e 20 (Cass. I, n. 22394/2008). Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013). Nell'ipotesi in cui le condizioni di affidamento da regolare in prima battuta o da modificare riguardino, invece, una coppia parentale non coniugata, sembra difficile, ove venga in rilievo la sola assegnazione dell'animale di affezione (e non anche questioni relative all'affidamento della prole) applicare la regola della competenza del Tribunale del luogo di residenza abituale del minore. Deve dunque ritenersi che, anche in detta ipotesi, debbano trovare applicazione le regole espresse dagli artt. 18 e ss. c.p.c. Legittimazione La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete alla parte che insta per la richiesta, sin dal primo momento o come modifica di condizioni precedentemente disposte, di assegnazione dell'animale d'affezione. Profili di merito Questioni in tema di prova Nelle ipotesi in cui i Tribunali hanno ritenuto di dover esaminare, in caso di conflitto della coppia separata, la richiesta di assegnazione degli animali domestici, gli stessi si sono mostrati inclini, nel compiere la relativa scelta, a non attribuire valore giuridico alla intestazione alla anagrafe dell'animale all'uno o all'altro partner. Tale intestazione, invero, se rileva come centro di “responsabilità” in merito alla conduzione e alla gestione dell'animale da compagnia, non è considerato il criterio per deciderne l'affidamento in caso di crisi della coppia. Il Tribunale deciderà avendo riguardo alle rispettive allegazioni “affidando” l'animale alla parte che abbia un rapporto affettivo più stretto con lo stesso e maggiore possibilità di prendersene cura. Contenuto del ricorso Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. 4. ConclusioniL'assenza, allo stato, di una regolamentazione normativa sull'assegnazione degli animali domestici nell'ipotesi di disgregazione della coppia coniugata o convivente, determina una serie di problematiche (e di divergenze interpretative) nella casistica concreta, specie ove le parti non si accordino sulle modalità con le quali gestire gli stessi a seguito della separazione. È controverso, anche se sembra si stia affermando l'orientamento favorevole, se l'autorità giudiziaria possa decidere, in caso di conflitto tra le parti, sull'affidamento, condiviso o esclusivo, dell'animale d'affezione. I criteri da seguire, a tal fine, saranno – con gli opportuni adattamenti – quelli canonici seguiti per l'affidamento della prole, ossia si fonderanno su un giudizio prognostico in ordine alla parte più adeguata a prendersi cura dell'animale. È chiaramente opportuna una riforma normativa che faccia chiarezza sulla questione. |