Provvedimenti ex art. 333 c.c. per incapacità del genitore di imporre regole minime di comportamento ai figli

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il concetto di responsabilità genitoriale

Nel codice civile manca una definizione di responsabilità genitoriale che invece si rinviene in diversi strumenti internazionali (cfr. art. 18 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989; Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento); in particolare il Regolamento (CE) n. 2201/2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, definisce la responsabilità genitoriale come l'insieme dei diritti e doveri di cui è investista una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore, riguardanti la persona o i beni di un minore, nozione che comprende il diritto di affidamento e di visita.

Nell'ordinamento italiano, l'art. 30 Cost. e l'art. 316 c.c. individuano gli obblighi gravanti sui genitori nei confronti dei figli: il nucleo della responsabilità genitoriale è da individuare nell'obbligo dei genitori di assicurare ai figli un completo percorso educativo, garantendo loro il benessere, la cura, un'equilibrata crescita spirituale e materiale secondo le possibilità socio-economiche dei genitori stessi. La responsabilità genitoriale, se correttamente esercitata, risponde all'interesse morale e materiale del minore.

Decadenza e limitazione della responsabilità genitoriale

Riguardata dal lato del genitore la responsabilità genitoriale è un diritto, inteso come diritto costituzionale (art. 30 Cost.) a mantenere, educare e istruire il figlio senza che possano vedersi opposte illegittime ingerenze dello Stato o di terzi. Solo il superiore interesse del minore può giustificare ingerenze pubbliche nell'esercizio della responsabilità genitoriale con provvedimenti diversamente graduati di limitazione (art. 333 c.c.) o di decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.).

Molto diversi sono i presupposti che il giudice competente è tenuto a valutare per applicare le relative disposizioni: nel complesso, il legislatore ha voluto attribuire al giudice una serie di strumenti variegati, di carattere atipico, per fare fronte alle situazioni di criticità e per rispondere, nel modo più puntuale e adatto alle circostanze, all'esigenza di tutelare l'interesse superiore dei minori coinvolti.

La ratio degli artt. 330 e 333 c.c. è quella di supportare il minore, nel superiore interesse dello stesso, a fronte di situazioni che per quest'ultimo siano «pregiudizievoli» (art. 333 c.c., per quanto riguarda la limitazione della responsabilità) o di «grave pregiudizio» (art. 330 c.c., per quanto riguarda la decadenza).

Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.

Infatti i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale sono pertanto una extrema ratio a cui il giudice minorile ricorre nel caso in cui gli altri interventi, anche di natura amministrativa (assistenza dei Servizi sociali territoriali, dei sanitari, oppure coinvolgimento di altre risorse parentali, etc.) non siano stati in grado di assorbire e neutralizzare la condizione di pregiudizio dei minori.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
In quale momento può essere richiesto un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale?

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

È sufficiente un pericolo di danno

La S.C. ha ad ultimo precisato che, in ogni caso, ai fini della sospensione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c. non occorre che la condotta del genitore abbia causato danno al figlio, poiché la norma mira ad evitare ogni possibile pregiudizio derivante dalla condotta (anche involontaria) del genitore, rilevando l'obiettiva attitudine di quest'ultima ad arrecare nocumento anche solo eventuale al minore, in presenza di una situazione di mero pericolo di danno (Cass. n. 27553/2021).

Orientamento di merito

Possono essere emessi provvedimenti ex art. 333 c.c. se i genitori non sono in grado di dare regole di comportamento ai figli

Nella casistica concreta, una delle ipotesi che – anche a prescindere dalla disgregazione del nucleo familiare – può indurre il Tribunale, previo ricorso dei soggetti legittimati, all'adozione di provvedimenti convenienti a “supporto” dei minori, e così degli stessi genitori, è costituito dall'incapacità di questi ultimi di imporre e far rispettare ai figli regole di comportamento ed educazione anche minime.

Quando le condotte rinunciatarie dei genitori rispetto alla cura e all'educazione dei figli o comunque atteggiamenti e modalità inefficaci in tali direzione, pongano in serio pericolo la persona del minore e costituiscano un rischio per la salute di quest'ultimo, il Tribunale può assumere i provvedimenti ex art. 333 c.c. (cfr., tra le altre, Trib, minorenni Trieste, 10 giugno 2015, nel quale la misura assunta è stata quella di disporre l'affidamento dei minori part-time presso una parente prossima ritenuta adeguata, nonché il supporto da parte dei servizi sociali nel percorso educativo dei minori nei giorni nei quali si trovavano presso i genitori).

Domanda
I genitori ed i minori devono partecipare al giudizio?

Sono parti necessarie dei procedimenti de potestate

Nel giudizio de potestate i genitori e il minore, in qualità di parti del procedimento, hanno diritto ad averne notizia ed a parteciparvi, essendo necessario che il contraddittorio sia assicurato anche nei confronti del minore che, vantando interessi contrapposti ai genitori, deve essere rappresentato da un curatore speciale che ne curi gli interessi (Cass. I, n. 29001/2018).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

I provvedimenti convenienti ex art. 333 c.c. possono essere pronunciati a seguito del ricorso all'autorità giudiziaria dell'altro genitore (ipotesi più frequente nell'ipotesi di disgregazione delal coppia parentale), dei parenti ovvero del Pubblico ministero.

Il giudice potrà pronunciare i predetti provvedimenti, il cui contenuto è “innominato”, in quanto non precisato sul piano normativo in modo che gli stessi possano adattarsi alla varietà delle fattispecie che emergono nella prassi, qualora la condotta posta in essere da uno o da entrambi i genitori non sia talmente grave da determinare la necessità di pronunciare un provvedimento ablative della responsabilità genitoriale.

Aspetti preliminari

Competenza

La competenza per materia è demandata ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c. al Tribunale per i minorenni, salvo che sia in corso tra le stesse parti, giudizio di separazione divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c.: in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario.

Su tale profilo, inciderà significativamente, la modifica della norma, immediatamente precettiva, operata dalla l. n. 206/2021, che sarà applicabile per i procedimenti incardinati dalla data del 22 giugno 2022. Più in particolare, i primi due commi dell'art. 38 disp. att. c.c. sono stati modificati nella prospettiva di assicurare un maggiore coordinamento tra i procedimenti, pendenti dinanzi al Tribunale ordinario ovvero a quello dei minorenni.

Per quel che rileva maggiormente nella fattispecie casistica in esame, l'art. 38 disp. att. c.c., nella formulazione novellata, pur demandando la competenza in via generale al tribunale per i minorenni riserva – ampliando la portata dell'eccezione e delineandone al contempo le implicazioni ‒ alla competenza del tribunale ordinario i procedimenti di limitazione o decadenza dalla responsabilità genitoriale, anche se promossi dal pubblico ministero, se davanti a detto tribunale sono pendenti giudizi tra le stesse pari di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché in tema di modifica dei provvedimenti resi in sede di separazione e dovrizio, e giudizi in materia di filiazione. Prima di pronunciare la propria incompetenza in favore del tribunale ordinario, il tribunale per i minorenni può adottare gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore, provvedimenti che restano efficaci sino al momento in cui sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario.

Quanto alla competenza per territorio, nei procedimenti in esame viene in rilievo il criterio di collegamento della residenza abituale del minore, adeguato al principio di c.d. vicinanza o prossimità.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso appartiene al genitore, ai parenti ovvero al Pubblico Ministero, che instano per la richiesta di provvedimenti convenienti da parte del Tribunale ai sensi dell'art. 333 c.c.

Profili di merito

Contenuto del ricorso

Il ricorso – ove proposto dall'altro genitore o da un parente – deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, dovranno invece essere allegate le circostanze (che saranno poi oggetto di prova anche mediante audizione del minore ed approfondimenti peritali, ove necessari) che rendono opportuna l'adozione da parte del Tribunale di provvedimenti convenienti rispetto all'esercizio della responsabilità genitoriale.

Oneri di allegazione e istruttoria

Di solito, dunque, l'iter che conduce il Tribunale, dopo gli opportuni accertamenti, ad assumere misure riconducibili al novero di quelle di cui all'art. 333 c.c. inizia con un ricorso dell'altro genitore o di un parente (sovente in correlazione alla crisi del rapporto della coppia parentale) mediante il quale vengono evidenziate alcune condotte del genitore collocatario che potrebbero pregiudicare seriamente il minore.

Come ripetutamente affermato in sede di legittimità, l'audizione del minore infradodicenne capace di discernimento — direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei servizi sociali — costituisce adempimento previsto a pena di nullità ove si assumano provvedimenti che lo riguardino, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l'esame manifestamente superfluo o in contrasto con l'interesse del minore (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 3913/2018).

Regime dei provvedimenti

Il decreto con il quale il Tribunale assume nei confronti di uno o di entrambi i genitori provvedimenti convenienti ex art. 333 c.c. è reclamabile, in virtù della regola generale espressa dall'art. 739 c.p.c., dinanzi alla Corte d'appello.

Secondo un orientamento che si è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in materia di provvedimenti de potestate exartt. 330,333 e 336 c.c., il decreto pronunciato dalla Corte d'Appello sul reclamo avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni è impugnabile con il ricorso per cassazione, avendo, al pari del decreto reclamato, carattere decisorio e definitivo, in quanto incidente su diritti di natura personalissima e di primario rango costituzionale, ed essendo modificabile e revocabile soltanto per la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto e quindi idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, anche quando non sia stato emesso a conclusione del procedimento per essere stato, anzi, espressamente pronunciato “in via non definitiva”, trattandosi di provvedimento che riveste comunque carattere decisorio, quando non sia stato adottato a titolo provvisorio ed urgente, idoneo ad incidere in modo tendenzialmente stabile sull'esercizio della responsabilità genitoriale (v., da ultimo, Cass. I, n. 82/2022).

4. Conclusioni

I genitori hanno il diritto, costituzionale tutelato dall'art. 30, di mantenere, educare e istruire il figlio senza illegittime ingerenze dello Stato o di terzi.

Tale diritto trova una limitazione nel superiore interesse del minore, che può giustificare ingerenze pubbliche nell'esercizio della responsabilità genitoriale con provvedimenti diversamente graduati di limitazione (art. 333 c.c.) o di decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.).

In particolare, il giudice potrà pronunciare provvedimenti convenienti contemplate dall'art. 333 c.c. ‒ il cui contenuto è “innominato” in quanto non precisato sul piano normativo in modo da adattarsi alla varietà delle fattispecie che possono verificarsi – qualora la condotta posta in essere da uno o da entrambi i genitori non sia talmente grave da determinare la necessità di pronunciare un provvedimento ablativo della resonsabilità genitoriale.

Una situazione ritenuta nell'elaborazione giurisprudenziale idonea all'assunzione di provvedimenti di questo tipo è quella, considerate nella fattispecie casistica in esame, di genitori che non riescano a seguire in maniera adeguata ed armoniosa i figli nel percorso educativo, finendo con il porre gli stessi in situazioni di pericolo (per sé e per i soggetti terzi).

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