Revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne colpevolmente inerte nella ricerca di un lavoro1. Bussole di inquadramentoL'assegno di mantenimento nei confronti della prole In linea di principio i figli hanno diritto di essere mantenuti da entrambi i genitori. L'assegno di mantenimento disposto nell'interesse dei figli può essere modificato, riducendolo o elevandolo, quando si verifichino delle modificazioni nella situazione patrimoniale dei genitori che impongano di riequilibrare la proporzionalità degli oneri di mantenimento che devono gravare su ciascun genitore. La modifica può pertanto intervenire quando si vengano a determinare mutamenti nelle esigenze di vita dei figli o nelle condizioni economiche e patrimoniali del genitore obbligato. È onere di chi chiede la modifica dell'assegno di mantenimento dare la prova delle intervenute modificazioni e quindi allegare gli elementi di raffronto necessari per apprezzare la sussistenza effettiva di circostanze innovative. Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne Il dovere di mantenimento non cessa con l'intervenuto raggiungimento della maggiore età dei figli ma prosegue sino al raggiungimento della loro autosufficienza economica. Pertanto nell'ipotesi in cui il figlio al raggiungimento della maggiore età non sia ancora economicamente autosufficiente resta fermo l'obbligo del genitore di mantenerlo, purché tale situazione non sia determinata dalla condotta colpevole della prole (determinata, ad esempio, da un atteggiamento di inerzia del figlio nella ricerca di un lavoro o da un immotivato rifiuto dei lavori proposti). Momento a partire dal quale decorre la revoca o la riduzione dell'assegno La natura essenzialmente alimentare che connota il contributo al mantenimento dei figli, anche maggiorenni, implica che anche ove venga disposta la riduzione o la revoca di detto contributo la retroattività della statuizione debba essere contemperata con il principio di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali sono i criteri per verificare se il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica?
Orientamento più recente della Corte di Cassazione Il raggiungimento della maggiore età fa presumere l'indipendenza economica Con una significativa svolta, la s.c. ha affermato che l'obbligo di mantenimento legale della prole cessa con la maggiore età del figlio in concomitanza all'acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione; in seguito ad essa, l'obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, ed è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Raggiunta la maggiore età, infatti, si presume l'idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore (Cass. I, n. 17183/2020). Orientamento prevalente della Corte di Cassazione L'avanzare dell'età del figlio influisce proporzionalmente sull'obbligo di mantenimento del genitore In più occasioni la S.C. ha ribadito che, sebbene il giudice di merito non possa prefissare in astratto un termine finale di persistenza dell'obbligo di mantenimento ed il genitore obbligato è tenuto ad allegare e, ove sia contestato, a dimostrare (anche in via presuntiva) di aver posto il figlio nelle condizioni di raggiungere l'indipendenza economica, sfruttando al meglio le capacità e le competenze acquisite a conclusione del percorso formativo compiuto (ove compiuto) in sintonia con le sue aspirazioni e attitudini. L'avanzare dell'età non può, tuttavia, essere ininfluente, concorrendo a conformare l'onere della prova gravante sull'obbligato nella forma di una crescente incidenza del ricorso alla prova per presunzioni e alla valutazione critica (prova logica) di condotte stabilmente non più dirette verso il raggiungimento degli obiettivi di competenza professionale o tecnica prescelti al fine di raggiungere un'autonomia reddituale con essi coerente. Con il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un'occupazione) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole (Cass., n. 12952/2016; Cass., n. 5088/2018). In definitiva, la cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere valutata caso per caso, atteso che il diritto del figlio al mantenimento durante gli studi si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori (Cass., n. 17183/2020). In ogni caso, le circostanze che giustificano il permanere dell'obbligo dei genitori di mantenere il figlio maggiorenne non autosufficiente economicamente vanno valutate secondo criteri il cui rigore aumenta in relazione all'età crescente del richiedente (Cass., n. 19135/2019). Orientamenti di merito Il contributo va revocato se il figlio che ha completato gli studi non cerca un'occupazione In sede applicativa, alla luce dei superiori principi, si è affermato che il figlio maggiorenne si presume versi in colpevole inerzia, che osta alla prosecuzione del suo mantenimento a carico dei genitori, ove abbia raggiunto l'età di anni trenta, abbia concluso il proprio percorso di studi interrotto con la scuola dell'obbligo ed abbia declinato di presentarsi a colloqui di lavoro (v., di recente, Trib. S.Maria Capua V., 15 aprile 2020, n. 871).
Domanda
Se il figlio maggiorenne inizia a lavorare con un contratto a termine, il genitore onerato può chiedere la revoca dell'assegno di mantenimento?
Di regola sì, in caso di svolgimento di una regolare attività lavorativa, sia pure con contratti a termine Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne viene meno nel momento in cui il genitore soggetto all'obbligo di versare il relativo assegno sia in grado di provare che il figlio ha raggiunto l'autosufficienza economica: circostanza, quest'ultima, che non può dirsi realizzata nel caso in cui il figlio maggiorenne sia titolare di un contratto di apprendistato o di uno stage, finalizzati al completamento della formazione. Viceversa, in caso di svolgimento di una regolare attività lavorativa, sia pure con contratti a termine e guadagni contenuti, il soggetto deve essere considerato economicamente autosufficiente (cfr. Cass., n. 13354/2017).
Domanda
Il genitore che non versa il contributo in favore del figlio maggiorenne incorre nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare?
No, salvo che si tratti di figlio inabile al lavoro L'obbligo resta in questa ipotesi assistito dalla sanzione penale nella sola eccezionale ipotesi di inabilità al lavoro del figlio (Cass. pen., n. 33662/2020).
Domanda
Il figlio può interloquire se il genitore onerato chiede la riduzione dell'assegno?
È ammissibile l'intervento in giudizio del figlio maggiorenne, non ancora economicamente autosufficiente, diretto ad ottenere il riconoscimento di un assegno di mantenimento Il figlio maggiorenne può intervenire ex art. 105 c.p.c. nel giudizio instaurato dal genitore onerato nei confronti dell'altro per la riduzione o la revoca del contributo in proprio favore, essendo titolare di una situazione giuridica soggettiva che ne connota un'autonoma legittimazione ad agire e contraddire. Ritenuto che l'interveniente in un giudizio civile tra altri soggetti è legittimato ad intervenire qualora la domanda da lui avanzata presenti una connessione od un collegamento con le domande delle altre parti relativamente allo stesso oggetto sostanziale, tali da giustificare un simultaneo processo, può il figlio maggiorenne, avente diritto al mantenimento, intervenire nel giudizio di separazione personale instaurato contro il proprio genitore dalla moglie di quest'ultimo, che chieda al coniuge anche un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne con lei convivente (Cass., n. 4296/2012). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio L'art. 337-quinquies c.c. stabilisce che i genitori in ogni tempo possono chiedere la revisione delle disposizioni riguardanti i figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura ed alla modalità del contributo. Nell'ipotesi di genitori che erano legati da un rapport di coniugio, l'istanza di revisione può essere presentata, ove sopravvengano nuove circostanze, sia nel corso del giudizio di separazione o di quello di divorzio che, successivamente alla conclusione degli stessi, con ricorso ex art. 473-bis.29 c.p.c. Il giudizio ha la finalità di accertare, nel caso, il raggiungimento dell'indipendenza economica del figlio maggiorenne per la revoca (o meno) del contributo economico in favore dello stesso. Aspetti preliminari Negoziazione assistita Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. A partire dal 22 giugno 2022, per effetto dell'entrata in vigore delle norme immediatamente operative contemplate dalla l. n. 206/2021, la procedura di negoziazione assistita può essere utilizzata anche nei procedimenti di modifica delle condizioni di affidamento dei figli di una coppia non coniugata. Opera anche in tutte queste ipotesi la “biforcazione” del procedimento a seconda della presenza di figli dei coniugi da tutelare prevista dal capoverso del predetto art. 6. Invero, in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della l. n. 104/1992, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. Diversamente, in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponde all'interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All'accordo autorizzato si applica il comma 3. Competenza La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008). Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013). Legittimazione La legittimazione attiva a proporre il ricorso spetta al genitore obbligato al versamento del contributo in favore del figlio maggiorenne del quale assume la colpevole inerzia nel mancato raggiungimento dell'indipendenza economica. La legittimazione passiva compete al coniuge nei confronti del quale è stato disposto il versamento del contributo per il figlio maggiorenne (salvo che quest'ultimo avesse già ottenuto, proposta la relativa domanda giudiziale, il versamento dell'assegno “in via diretta”). Atto introduttivo Contenuto del ricorso Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca del contributo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne dovrà allegare e dimostrare che lo stesso, pur avendo completato un percorso formativo coerente con le proprie attitudini rispetto alle possibilità economiche della famiglia, sia rimasto colpevolmente inerte nella ricerca di un'occupazione. Profili di merito Onere della prova Almeno secondo la giurisprudenza di legittimità più recente il raggiungimento della maggiore età determina una sorta di inversione dell'onere probatorio, nel senso che, a fronte della richiesta di revoca del contributo da parte del genitore, dovrà essere il figlio a dimostrare la permanente sussistenza dei relativi presupposti, ossia l'attualità, frutto di non incolpevole inerzia, della mancanza di autosufficienza economica. A tal fine, il figlio potrà ad esempio addurre e dimostrare che non avendo completato il proprio percorso formativo specialistico non ha concrete possibilità di accedere ad offerte di lavoro ovvero che il settore nel quale dovrebbe inserirsi è in crisi. Richieste istruttorie Nell'ipotesi di contestazione dell'inerzia, il ricorrente potrà produrre documentazione e articolare prove per testi sulle circostanze dedotte. 4. ConclusioniL'obbligo di mantenimento dei figli non cessa quando gli stessi diventano maggiorenni bensì quando conseguono l'indipendenza economica (o si dimostri che non l'abbiano conseguita per propria responsabilità). Spetta ad entrambi i genitori, in proporzione ai propri redditi, consentire che il figlio possa completare adeguatamente il proprio percorso formativo, anche universitario ed eventualmente post-universitario. Se tuttavia il figlio, pur avendo completato il proprio percorso formativo, non si attiva nella ricerca di un'occupazione, il genitore può chiedere e ottenere la revoca del contributo disposto in suo favore. Resta ferma anche in questo caso per il figlio la possibilità di richiedere ai genitori gli alimenti, ove ricorrano, beninteso, i differenti e rigorosi presupposti indicati dagli artt. 433 ss. c.c. |