Opponibilità dell'assegnazione della casa familiare al terzo acquirente

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Funzione del provvedimento di assegnazione della casa familiare e opponibilità dello stesso ai terzi

L'assegnazione della casa familiare, disciplinata dall'art. 337-sexies c.c., è un istituto volto alla tutela di questi ultimi, ancorché il destinatario della assegnazione sia un genitore (Cass. S.U., n. 11297/1995).

Tale finalizzazione del provvedimento di assegnazione incide sotto plurimi profili, nel senso che è suscettibile di rendere opponibile detto provvedimento – del quale potrebbero, in difetto, essere vanificati facilmente gli effetti – anche nei confronti di soggetti terzi che se ne rendessero acquirenti (ad esempio, a seguito di vendita da parte del coniuge non assegnatario o del comodante). Opponibilità peraltro realizzata anche grazie alla trascrizione del provvedimento in questione.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È opponibile ai terzi il provvedimento di assegnazione non trascritto?

Orientamento delle Sezioni Unite

L'assegnazione della casa coniugale avendo data certa è opponibile al terzo acquirente

Da lungo tempo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione avevano chiarito che, ai sensi dell'art. 6, comma 6, l. n. 898/1970 (nel testo sostituito dall'art. 11 l. n. 74/1987), applicabile anche in tema di separazione personale, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero – ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto – anche oltre i nove anni (Cass. S.U., n. 11096/2002; conf., Cass. I, n. 797/2021).

A fondamento di tale orientamento è stata rilevata dalla S.C. l'esigenza, tutelata dal legislatore, di assicurare l'effettività del godimento dell'assegnatario, dando attuazione concreta ad una pronunzia diretta ad incidere non solo o non tanto sul bene attribuito, ma sulla qualità della vita e sulla serenità dei soggetti deboli del nucleo familiare in crisi, ha chiaramente indirizzato la scelta legislativa ad una tutela avanzata della posizione di detti soggetti rispetto alle contrapposte esigenze in rilievo, accordando al coniuge assegnatario un titolo legittimante comunque opponibile al terzo successivo acquirente, senza soluzione di continuità dal momento dell'emissione del provvedimento, così da porlo al riparo da iniziative dell'altro coniuge proprietario idonee a frustrare anche immediatamente la statuizione del giudice.

Nondimeno, solo la trascrizione del provvedimento, quindi, rende opponibile al terzo il relativo diritto oltre il novennio decorrente dalla prima assegnazione: il terzo che trascrive il proprio acquisto dopo il provvedimento di assegnazione, ma prima che questo sia trascritto può, quindi, legittimamente agire per il rilascio dell'immobile, essendo irrilevante la conoscenza in fatto da parte del terzo dell'avvenuta assegnazione dell'immobile da lui acquistato, in quanto l'unica disciplina dell'opponibilità è appunto quella derivante dalla trascrizione e dalla conoscibilità legale dell'atto da parte del terzo (tra le altre, Cass. n. 12466/2012; Cass. n. 28229/2013).

In altri termini, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, in difetto di pubblicità, al terzo acquirente in data successiva nei limiti di nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero anche per il periodo eccedente i nove anni, ove il titolo sia stato in precedenza trascritto (senza che assuma alcun rilievo la circostanza che il titolo di acquisto del terzo contenga l'indicazione specifica dell'esistenza del diritto del coniuge assegnatario o che il terzo conoscesse in fatto l'avvenuta assegnazione dell'immobile acquistato, atteso che, come già detto, l'unica conoscenza rilevante oltre il termine di nove anni è quella legale da trascrizione: così, Cass., n. 20144/2009 e Cass., n. 15367/2015).

Orientamento recente della Corte di Cassazione

 

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare è opponibile ai terzi solo se trascritto anteriormente alla trascrizione del titolo del terzo

Gli assunti delle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 11096/2002) sopra illustrati sono stati messi in discussione nell'ambito della più recente giurisprudenza della S.C. all'interno della quale si è affermato che il provvedimento di assegnazione della casa familiare, emesso in sede di separazione personale o divorzio, è opponibile ai terzi solo se trascritto anteriormente alla trascrizione del titolo del terzo, ai sensi dell'art. 155-quater c.c. (ratione temporis applicabile, attualmente trasposto nell'art. 337-sexies c.c.), dovendo escludersi, a seguito dell'introduzione di tale disposizione, la persistente applicabilità dell'art. 6, comma 6, della l. n. 898/1970 (che prevede l'opponibilità del suddetto provvedimento, ove non trascritto, nei limiti del novennio), non potendo trarsi argomento contrario dalla circostanza della mancata abrogazione di quest'ultimo, in considerazione dei limiti della delega legislativa di cui all'art. 2 della l. n. 219/2012 (Cass. III, n. 12387/2022). Secondo la ricostruzione operata da tale pronuncia, invero, il complessivo quadro normativo di riferimento, tuttavia, è mutato, rispetto al momento nel quale sono intervenuti nel 2002 le Sezioni Unite, a seguito della riforma sull'affido condiviso, in particolare per la previsione della trascrivibilità del provvedimento di assegnazione (e di quello di revoca) della casa familiare. Secondo il più recente arresto deve infatti desumersi che il legislatore ha per un verso voluto affermare la trascrivibilità dell'assegnazione in parola come regola generale, e al contempo richiamare per implicito la correlata regola di risoluzione dei conflitti dettata dall'art. 2644 c.c.; il conflitto tra il coniuge assegnatario e chi ha ottenuto dal coniuge proprietario un diverso diritto dominicale, anche all'esito di espropriazione, viene così risolto necessariamente in base al criterio della priorità della trascrizione; omesso il richiamo all'art. 1599 c.c., in dottrina si è osservato che il diritto sulla casa familiare è trattato alla stregua di un diritto reale di abitazione; si è notato che per l'art. 155-quater c.c., oggi art. 337-sexies c.c., l'assegnazione della casa coniugale viene meno quando l'assegnatario (che non cessi di abitare stabilmente nella casa) instaura una convivenza "more uxorio" o contrae nuovo matrimonio: effettivamente, la configurazione del diritto dell'assegnatario come un diritto reale di abitazione, personalissimo, ai sensi dell'art. 1022 c.c., ovvero, più semplicemente, come diritto di nuova tipizzazione e però ai fini in questione equivalente, consente di ritenere la norma coerente con una complessiva valutazione anche di compiuta ragionevolezza costituzionale, rispetto alla disciplina locatizia, oltre che idonea a superare lo scrutinio volto a verificare le esigenze di bilanciamento implicate dalla necessaria tutela della prole; l'assegnazione della casa familiare viene ad essere quindi opponibile a coloro che hanno acquistato diritti dopo la trascrizione, adempimento ragionevolmente esigibile anche alla luce del bilanciamento delle tutele familiari e della certezza dei rapporti patrimoniali, salvaguardando l'assegnatario da atti di alienazione o aggressione successivi, ma, nel contempo, e tipicamente, senza che il creditore ipotecario antecedente resti pregiudicato dal provvedimento giudiziale, ex art. 2812, comma 1, c.c.

 

Orientamento della Corte di Cassazione

 

Assegnazione della casa familiare non trascritta e diritti del creditore ipotecario

Il richiamato principio per il quale il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente solo a condizione che sia stato adottato anteriormente all'atto di acquisto da parte del terzo, trova applicazione anche nei confronti del creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull'immobile in base ad un atto iscritto anteriormente al provvedimento di assegnazione (Cass. II, n. 12611/2022).

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Il decesso del coniuge non assegnatario che ha venduto non fa venir meno nei confronti del terzo il vincolo derivante dall'assegnazione

Cass., n. 772/2018 , ha evidenziato che, stante il vincolo di destinazione della casa familiare oggetto di assegnazione all'interesse superiore dei figli, il terzo successivo acquirente dell'immobile, già adibito a casa familiare prima della separazione, assegnato al coniuge affidatario della prole, con provvedimento giudiziale, immediatamente trascritto nei pubblici registri, non può opporre, a sostegno della domanda di condanna al rilascio, il solo decesso dell'ex coniuge divorziato dante causa. Invero, il diritto di abitazione non può dirsi venuto meno per effetto della morte dell'ex coniuge, divorziato, dell'assegnatario, affidatario della prole, trattandosi di un diritto personale di godimento sui generis, che, in funzione del «vincolo di destinazione collegato all'interesse dei figli», si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno determinato l'assegnazione (la morte del beneficiario dell'assegnazione, il compimento della maggiore età dei figli o il conseguimento da parte degli stessi dell'indipendenza economica, il trasferimento altrove della loro abitazione) ovvero a seguito dell'accertamento delle circostanze (oggi codificate dall'art. 337-sexies c.c.) legittimanti una revoca giudiziale, quali il passaggio a nuove nozze oppure la convivenza more uxorio del genitore assegnatario ovvero la mancata utilizzazione da parte dell'assegnatario, sempre previa valutazione dell'interesse prioritario dei figli (Corte cost. 308/2008, con riguardo alla disciplina dettata dall'art. 155-quater c.c.).

Se cessano i presupposti del diritto all'assegnazione il terzo può agire per il relativo accertamento

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge (o al convivente) affidatario di figli minori (o maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa) è opponibile – nei limiti del novennio, ove non trascritto, o anche oltre il novennio, ove trascritto – anche al terzo acquirente dell'immobile solo finché perduri l'efficacia della pronuncia giudiziale, sicché l'insussistenza del diritto personale di godimento sul bene – di regola, perché la prole sia stata ab origine, o successivamente divenuta, maggiorenne ed economicamente autosufficiente o versi in colpa per il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica – legittima il terzo acquirente a proporre un'ordinaria azione di accertamento al fine di conseguire la declaratoria di inefficacia del titolo e la condanna dell'occupante al pagamento di una indennità di occupazione illegittima (Cass., n. 1744/2018).

Domanda
Qualora il coniuge fallito abbia ceduto la casa familiare all'altro permane il diritto di abitazione correlato all'assegnazione?

L'art. 44 l. fall. non incide sull'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario di figli minori

Poiché il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge o al convivente affidatario di figli minori (o coabitante con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa) nei limiti del novennio, ove non trascritto e anche oltre il novennio, ove trascritto, è opponibile anche al terzo, successivamente resosi acquirente dell'immobile, finché perduri la efficacia della pronunzia giudiziale, sicché qualora, successivamente alla dichiarazione di fallimento, il fallito abbia ceduto al coniuge la casa familiare la inefficacia di quest'atto ‒ a norma dell'art. 44 l. fall. non esclude, in relazione al medesimo bene, la concreta situazione giuridica a esso preesistente, cioè la esistenza sullo stesso del diritto al suo godimento da parte del coniuge (Cass. I, n. 377/2021).

Domanda
La casa coniugale in comunione tra i coniugi può essere oggetto di divisione una volta sciolta la comunione?

Sì, anche se oggetto di assegnazione a uno dei coniugi

L'esistenza di un provvedimento di assegnazione della casa familiare in favore di uno dei coniugi non è ostativa alla possibilità di agire per lo scioglimento della comunione sulla casa coniugale, tenuto conto del fatto che il vincolo derivante dal provvedimento giudiziale è opponibile nei confronti degli eventuali acquirenti del bene anche se non trascritto sia pure per un novennio (Trib. Patti, 10 novembre 2020, n. 628).

3. Azioni processuali

Natura e funzione del giudizio

In forza del titolo di acquisto dell'immobile adibito a casa familiare e oggetto del provvedimento di assegnazione, il nuovo proprietario potrebbe intimare, con atto di precetto ex art. 608 c.p.c., il rilascio dell'abitazione all'assegnatario.

Quest'ultimo ha la possibilità di proporre opposizione alla preannunciata esecuzione (ovvero a quella già iniziata con l'accesso in loco dell'ufficiale giudiziario) deducendo di detenere l'immobile in virtù di un titolo autonomo ed opponibile (i.e. il provvedimento di assegnazione della casa familiare) rispetto a quello dell'esecutante.

Il giudizio di opposizione a precetto (o preventivo rispetto all'inizio dell'esecuzione forzata) ha le forme di quello ordinario di cognizione (v. art. 615, comma 1, c.p.c.): è introdotto con atto di citazione e deciso, all'esito di un'istruttoria disciplinata nelle forme proprie del secondo libro del codice di procedura civile, con sentenza.

L'esecutante che ha notificato il precetto riveste in tale giudizio la veste processuale di convenuto.

Se l'esecuzione per rilascio è già iniziata con la notifica del relativo preavviso da parte dell'ufficiale giudiziario, l'esecutato può proporre opposizione all'esecuzione ai sensi del comma 2 dell'art. 615 c.p.c. con ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione. Tale ricorso può essere proposto, trattandosi di esecuzione in forma specifica e non per espropriazione, sino alla conclusione della procedura esecutiva, che avviene al momento dell'immissione in possesso del bene dell'avente diritto.

Aspetti preliminari

Competenza

La competenza per materia attiene in entrambi i casi al Tribunale; la competenza per territorio è radicata nel luogo ove si trova il bene immobile.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre l'opposizione ex art. 615 c.p.c. a fronte di un atto di precetto/preavviso di rilascio spetta al detentore, ossia, nella fattispecie considerata, l'assegnatario della casa familiare.

Contenuto degli atti di parte

L'atto di citazione in opposizione a precetto o il ricorso ex art. 615, comma 2, c.p.c. al giudice dell'esecuzione devono contenere le generalità dell'attore e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta da colui il quale agisce e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Se i medesimi requisiti devono essere contenuti nella comparsa di costituzione (v. art. 167 c.p.c.) del creditore che ha notificato al precetto nel giudizio di opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., invece nell'ipotesi di opposizione proposta ad esecuzione già iniziata l'esecutante può costituirsi con una memoria nella quale si limita ad indicare la propria veste nella procedura esecutiva ed il nominativo dell'avvocato in quanto gli altri elementi sono già contenuti nell'atto di precetto (che deve contenere anche una sommaria descrizione del bene oggetto di rilascio: v. art. 605 c.p.c.) o nel relativo preavviso.

Profili di merito

Onere della prova

In applicazione delle regole generali tratte dall'art. 2697 c.c., grava sulla parte che propone opposizione l'onere di dimostrare la propria detenzione cum titulo dell'immobile.

Nella specie sarà sufficiente la produzione, a seconda dei casi, del provvedimento di assegnazione e dello stesso debitamente trascritto (ove l'esecuzione venga promossa oltre il novennio).

4. Conclusioni

La deroga alle regole canoniche in tema di proprietà che si correla all'assegnazione dell'abitazione familiare a tutela delle esigenze superiori della prole comporta che, ove si acquisti un bene oggetto di assegnazione, il detentore avrà diritto a restare nello stesso per un novennio dalla data del provvedimento se trascritto o anche oltre se il provvedimento è stato trascritto.

Questo orientamento è stato posto in discussione da una recentissima decisione della S.C. (Cass. III, n. 12387/2022) per il periodo successivo all'emanazione dell'art. 155-quater c.c., quindi confluito nell'art. 337-sexies c.c., secondo cui invece la previsione della trascrivibilità del provvedimento di assegnazione implica ormai l'operare delle regole canoniche in tema di risoluzione dei conflitti tra gli atti assoggettati a trascrizione ex art. 2644 c.c.

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