Allontanamento dell'assegnatario dalla casa familiare e diritto di permanenza dei figli

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare e cessazione del diritto per trasferimento dell'assegnatario in un'altra abitazione

L'assegnazione della casa familiare è disciplinata dall'art. 337-sexies c.c.: pur avvenendo in favore del coniuge, si tratta di istituto funzionale a preservare il superiore interesse della prole, anche di coppie non coniugate.

Il diritto all'assegnazione viene meno se, come precisato dall'art. 337-sexies c.c., l'assegnatario cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale.

Peraltro a tal fine, come precisato in giurisprudenza, non assumono rilievo allontanamenti temporanei, più o meno di lunga durata, specie se sorretti da ragioni di lavoro o di salute, quando risulti la permanente destinazione dell'immobile ad abitazione dell'assegnatario e della prole (cfr. Cass. n. 14348/2012, che ha escluso la perdita del diritto per una madre che viveva per cinque giorni della settimana presso l'appartamento dei propri genitori, sito in vicinanza del luogo di lavoro, e tornava presso la casa familiare nei fine settimana, nei giorni festivi e nel periodo estivo).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quale è la funzione dell'assegnazione della casa familiare?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

La tutela dell'interesse dei figli a conservare il proprio habitat

Secondo l'orientamento consolidato della Corte di cassazione, coerente con l'interpretazione adeguatrice dell'istituto dell'assegnazione della casa familiare a tutela dell'interesse superiore dei figli il principio espresso dalla Corte cost. con la sentenzan. 308/2008 trova applicazione in favore della prole della quale va tutelato l'habitat, prole che va identificata non solo con quella minorenne ma anche con quella maggiorenne non economicamente indipendente senza colpa (Cass., n. 15753/2013).

In sostanza, il potere di assegnare la casa familiare al coniuge affidatario che non vanti alcun diritto di godimento (reale o personale) sull'immobile, ha carattere eccezionale ed è dettata nell'esclusivo interesse della prole; pertanto, detta norma non è applicabile al coniuge, ancorché avente diritto al mantenimento, in assenza di figli affidati minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi, potendo, in tal caso, il giudice procedere all'assegnazione della casa coniugale unicamente nell'ipotesi di comproprietà dell'immobile (tra le tante, Cass. I, n. 1491/2011).

Domanda
I figli possono restare nella casa familiare se il genitore non la abita?

No, l'assegnazione della casa coniugale resta un diritto di godimento del genitore

Può avvenire che l'affidatario cessi di abitare nella casa familiare, di proprietà comune o esclusiva dell'altro genitore, e qui vi rimangano i figli, se ormai maggiorenni: la funzione strumentale dell'assegnazione della casa familiare alla conservazione dell'habitat domestico potrebbe far assumere che beneficiari dell'assegnazione possano divenire direttamente i figli stessi. In realtà la S.C. ha fornito una risposta negativa affermando che non spetta alla figlia maggiorenne continuare a vivere nella casa del padre, dopo che la madre se ne era allontanata. Se del caso, ha precisato la Corte di legittimità, la figlia avrebbe potuto richiedere un'integrazione del contributo al mantenimento al padre, per far fronte alle sopravvenute necessità abitative (Cass., n. 14727/2015).

Domanda
La revoca dell'assegnazione della casa familiare può derivare anche per lo stabile trasferimento del minore presso il genitore non collocatario?

Sì, stante la ratio del provvedimento

Il trasferimento residenziale del figlio minore presso il genitore non collocatario, protrattosi per oltre un anno, giustifica la modifica dei provvedimenti provvisori in punto di determinazione del contributo al mantenimento e di assegnazione della casa familiare (Trib., Reggio Calabria I, 30 novembre 2010).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che l'assegnatario si sia allontanato, volontariamente o meno (ad esempio, sia deceduto) dalla casa familiare al genitore collocatario costituisce un fatto sopravvenuto idoneo ad integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare la revoca dell'assegnazione stessa (Cass. VI, n. 28937/2017).

La circostanza deve quindi essere dedotta, se la coppia era coniugata ed il procedimento di separazione o divorzio già definito, rispettivamente con ricorso nelle forme di cui all'art. 710 c.p.c. ovvero all'art. 9 della l. n. 898/1970.

Se invece la coppia non era coniugata il ricorso deve essere proposto nelle forme del procedimento camerale di cui all'art. 337-quinquies c.c.

Aspetti preliminari

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008).

Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20, dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013).

Questo assetto dovrebbe essere modificato, seguendo la regola attualmente prescritta solo per il ricorso volto alla modifica delle condizioni di affidamento dei figli di coppie non coniugate, a seguito dell'esercizio del criterio di delega, contenuto nell'art. 1, comma 23, della l. n. 206/2021, secondo cui il Governo dovrà prevedere che nei procedimenti che riguardano i minori il criterio principale di collegamento della competenza territoriale dovrà essere costituito, in omaggio al c.d. principio di vicinanza o prossimità, dal luogo ove si trova la residenza abituale del minore.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete all'ex coniuge o convivente proprietario o almeno comproprietario della casa familiare.

Atto introduttivo

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca dell'assegnazione della casa familiare occorre specificare il fondamento della relativa istanza, ossia il trasferimento dell'assegnatario in altra casa o luogo. Queste ultime circostanze, in omaggio alla regola generale sul riparto dell'onere probatorio espressa dall'art. 2697 c.c., dovranno essere congruamente provate.

Profili di merito

Onere della prova

Il proprietario della casa familiare, assegnata all'ex coniuge nella qualità di genitore convivente con i figli, che ne chieda la revoca ha l'onere di fornire in giudizio elementi idonei a dimostrare che l'assegnatario si sia allontanato stabilmente e abbia trasferito la propria dimora in altra abitazione.

A fronte di tale prova, sarà ininfluente la permanente esigenza dei figli maggiorenni di vivere nella casa familiare, esigenza che potrà semmai rilevare quale circostanza idonea a ottenere un aumento del contributo.

Richieste istruttorie

Trattandosi di un procedimento camerale, il giudice può disporre mezzi di prova anche d'ufficio. È peraltro opportuno che il ricorrente depositi sin dalla proposizione dell'atto introduttivo le prove documentali delle quali dispone e formuli le eventuali richieste di ulteriori mezzi istruttori necessarie per l'accoglimento delle proprie domande.

4. Conclusioni

Qualora venga assegnata la casa familiare al genitore collocatario dei figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti o portatori di handicap, l'altro coniuge proprietario del bene può ottenere la revoca del provvedimento perché l'assegnatario vive ormai stabilmente in un'altra abitazione o, addirittura, in un'altra città o all'estero.

A fronte di tale dimostrazione, poiché il godimento della casa familiare è un diritto del coniuge assegnatario, pur funzionale alla tutela dei figli, non assume rilevanza l'interesse degli stessi, se maggiorenni, a restare nell'abitazione familiare, esigenza che potrà essere considerata per valutare, invece, un aumento del contributo per il reperimento di un'altra abitazione idonea da parte dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente.

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