Revoca dell'assegnazione della casa familiare per trasferimento del figlio

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Assegnazione della casa familiare e interesse superiore dei figli

L'assegnazione della casa familiare è disciplinata dall'art. 337-sexies c.c.: pur avvenendo in favore del coniuge, si tratta di istituto funzionale a preservare il superiore interesse della prole, anche di coppie non coniugate.

Pertanto, l'assegnazione della casa familiare può essere effettuata soltanto in favore del coniuge (o ex partner) se vi sono figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente (per tutte Cass. I, n. 21334/2013).

Correlativamente una definitiva cessazione della convivenza e, in particolare, il trasferimento dei figli in un'altra casa, è suscettibile di incidere in senso ostativo circa la possibile permanenza del provvedimento di assegnazione.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Se i figli cambiano casa, ciò può determinare la revoca dell'assegnazione a favore del genitore?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Il trasferimento della prole è idoneo a determinare la revoca del provvedimento di assegnazione se definitivo

Il provvedimento di assegnazione della casa familiare è revocabile solo in presenza di circostanze di fatto sopravvenute alla sentenza divorzile e modificatrici della situazione da questa considerata, e tale deve considerarsi il trasferimento del figlio della coppia, successivo alla sentenza di separazione o divorzio (Cass. VI, n. 28937/2017).

La S.C. ha inoltre precisato che, in sede di valutazione del diritto abitativo sulla casa familiare, non può affermarsi la convivenza del figlio che, in una data unità temporale particolarmente estesa, risulti obiettivamente assente da casa, sia pure per esigenze lavorative o di studio e ciò sebbene vi ritorni regolarmente appena possibile (Cass. n. 16134/2019). Nondimeno, la circostanza che la prole non conviva con il genitore, per frequentare un corso universitario in altra città, ma si rechi non appena possibile nella residenza familiare, non esclude il requisito della convivenza, ogniqualvolta permanga il collegamento stabile con l'abitazione del genitore, atteso che, la coabitazione può non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l'assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile (Cass., VI, n. 14241/2017).

In buona sostanza, poiché la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell'assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l'abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, occorre distinguere, ai fini del diritto del genitore collocatario all'assegnazione della casa familiare, tra l'ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione e quella in cui si configura invece un rapporto di mera ospitalità (Cass. VI, n. 11844/2019).

Orientamento recente della Corte di Cassazione

 

È legittima la revoca dell’assegnazione della casa familiare se i figli minori hanno vissuto per un considerevole lasso di tempo in un'altra città con il genitore assegnatario

La stessa S.C. ha precisato che, nondimeno, nell'ipotesi in cui i figli minori abbiano vissuto per un considerevole lasso di tempo in un'altra città con il genitore assegnatario è legittima la revoca dell'assegnazione della casa familiare, senza che abbia rilievo la circostanza di un nuovo trasferimento del nucleo familiare nella città in cui si trova la casa familiare.  A riguardo, la Corte ha sottolineato, in particolare, che poiché la disciplina dall'art. 6, comma 6, della l. n. 898/1970 risponde all'esigenza dei minori di preservare la continuità delle abitudini e delle relazioni domestiche nell'ambiente nel quale esse si erano sviluppate prima della separazione dei genitori, una siffatta esigenza viene a mancare ove i figli si siano già sradicati dal luogo in cui si era svolta la loro vita durante il matrimonio (Cass. I, n. 10453/2022, in una fattispecie nella quale era provato che la madre assegnataria dell'abitazione situata in una città aveva lavorato per diversi anni in un'altra, dove il figlio minore aveva frequentato per tre anni la scuola elementare, ritenendo irrilevante il successivo rientro della madre nella città ove era ubicata la casa familiare per il suo lavoro e l'iscrizione del figlio in una scuola di tale città, avendo ormai tale abitazione perso la funzione di casa familiare anche per il figlio medesimo).

Orientamento di merito

L'assegnazione presuppone che vi sia continuità di vita del figli nell'immobile

Peraltro, proprio perché l'assegnazione della casa familiare, prevista dall'art. 337-sexies c.c., risponde all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, la stessa presuppone che vi sia continuità di vita del figlio (minorenne o anche maggiorenne ma non ancora economicamente indipendente) nell'immobile che è stato il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza matrimoniale, sicché il trasferimento della residenza del figlio costituisce un valido motivo di decadenza dal diritto di godere della casa familiare, posto che l'allontanamento determina una cesura, di tipo psicologico e ancor prima materiale, tra l'ambiente domestico ed il figlio (v., di recente, in sede applicativa, Trib. Parma I, 5 agosto 2020, n. 698).

Domanda
La revoca dell'assegnazione della casa familiare può derivare anche dallo stabile trasferimento del minore presso il genitore non collocatario?

Sì, stante la funzione del relativo provvedimento

Il trasferimento residenziale del figlio minore presso il genitore non collocatario, protrattosi per oltre un anno, giustifica la modifica dei provvedimenti provvisori in punto di determinazione del contributo al mantenimento e di assegnazione della casa familiare (Trib. Reggio Calabria I, 30 novembre 2010).

Domanda
Se è revocata l’assegnazione della casa familiare, questo può incidere sulla quantificazione dell’assegno di separazione o divorzio spettante al coniuge che viveva nell’abitazione con i figli?

Orientamento più recente della Corte di cassazione

Si può determinare un incremento dell’assegno perché della casa assegnata beneficia indirettamente anche il coniuge separato o divorziato

In tema di divorzio, la revoca dell'assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro ex coniuge costituisce sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell'ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l'assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l'altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento di assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito (Cass. I, n. 7961/2024).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che la prole per la conservazione dell'habit della quale era stata assegnata la casa familiare al genitore collocatario potrebbe costituire un fatto sopravvenuto idoneo ad integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare la revoca dell'assegnazione stessa. (Cass. VI, n. 28937/2017).

La predetta circostanza deve quindi essere dedotta, se la coppia genitoriale era coniugata ed il procedimento di separazione o divorzio già definito, con ricorso proposto ai sensi dell'art. 473-bis.29 c.p.c.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Opera anche in questa ipotesi la “biforcazione” del procedimento a seconda della presenza di figli dei coniugi da tutelare prevista dal capoverso del predetto art. 6.

Invero, in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. n. 104/1992, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3.

Diversamente, in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponde all'interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All'accordo autorizzato si applica il comma 3.

Trattandosi di accordo sulla revoca dell'assegnazione della casa familiare, troverà applicazione questo secondo e più garantista procedimento e laddove non venga trovata, anche in sede di negoziazione assistita una soluzione abitativa idonea alternativa per i figli minorenni o non economicamente autosufficienti, il Tribunale non potrà concedere la relativa autorizzazione.

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando come nell’ipotesi di revoca dell’assegnazione familiare, involgano gli interessi dei figli, ove questi siano minori, segue il criterio della competenza della residenza abituale del minore.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete all'ex coniuge o convivente proprietario della casa familiare.

Atto introduttivo

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca dell'assegnazione della casa familiare occorre specificare il fondamento della relativa istanza, ossia il trasferimento della prole in altra casa o luogo. Queste ultime circostanze, in omaggio alla regola generale sul riparto dell'onere probatorio espressa dall'art. 2697 c.c., dovranno essere congruamente provate.

Profili di merito

Onere della prova

A seguito della pronuncia interpretativa della Corte Costituzionale, il proprietario della casa familiare, assegnata all'ex coniuge nella qualità di genitore convivente con i figli, che ne chieda la revoca ha l'onere di fornire in giudizio elementi idonei a poter affermare che la revoca dell'assegnazione della casa coniugale non costituisce fonte di pregiudizio per i figli, anche se maggiorenni, ma non ancora economicamente indipendenti.

Nella fattispecie esaminata potrà essere dimostrato, ad esempio, che i figli ormai maggiorenni vivono stabilmente in un'altra città o all'esterno per lavoro, per la frequentazione dei corsi universitari, e che tornano solo di rado (rectius, occasionalmente) nella casa familiare a titolo di ospitalità.

Inoltre, la revoca della casa familiare potrà essere ottenuta anche se il ricorrente dimostri che il genitore collocatario della prole minorenne abbia trasferito per un periodo di tempo considerevole il nucleo familiare in un'altra città, in quanto viene meno, in una tale situazione, la ratio del provvedimento di assegnazione, i.e. assicurare ai figli la continuità dell'ambiente familiare (cfr. Cass. I, n. 10453/2022).

Richieste istruttorie

Trattandosi di un procedimento camerale, il giudice può disporre mezzi di prova anche d'ufficio. È peraltro opportuno che il ricorrente depositi sin dalla proposizione dell'atto introduttivo le prove documentali delle quali dispone e formuli le eventuali richieste di ulteriori mezzi istruttori necessarie per l'accoglimento delle proprie domande.

4. Conclusioni

Qualora venga assegnata la casa familiare al genitore collocatario dei figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti o portatori di handicap, l'altro coniuge proprietario del bene che voglia ottenere la revoca del provvedimento perché la prole vive ormai stabilmente in un'altra abitazione, anche con il genitore affidatario, o, addirittura, in un'altra città o all'estero, deve dimostrare, anche in caso di figli ormai maggiorenni, tale circostanza e l'episodicità del ritorno dei figli nella casa familiare, a mero titolo di ospitalità.

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