Revoca dell'assegnazione per convivenza more uxorio dell'assegnatario con un nuovo partner

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegnazione dell'abitazione familiare nell'interesse dei figli e le vicende riguardanti il coniuge affidatario

L'assegnazione della casa familiare è un istituto volto alla tutela di questi ultimi, ancorché il destinatario della assegnazione sia un genitore (Cass. S.U. , n. 11297/1995). Pertanto l'assegnazione della casa familiare può essere effettuata soltanto in favore del coniuge (o ex partner) se vi sono figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente, mentre, in assenza di figli, non può ottenere l'assegnazione il coniuge economicamente più debole, quale forma di prestazione in natura, ancorché parziale, del mantenimento (per tutte Cass. I, n. 21334/2013). Questo orientamento pone chiaramente in evidenza che, sebbene formalmente il diritto sia attribuito al coniuge (o ex convivente) assegnatario, detto diritto è funzionale comunque alla tutela dell'interesse superiore dei figli.

Ne deriva che, nella stessa prospettiva, e non in quella dell'assegnatario, devono essere considerati anche i fatti che possono eventualmente determinare una cessazione del relativo diritto.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Una nuova convivenza dell'assegnatario è un fatto ex se idoneo a determinare la cessazione del diritto all'assegnazione della casa familiare?

Orientamento della Corte costituzionale

No, dovendo essere sempre valutato l'interesse superiore della prole

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 308/2008, ha ritenuto non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 155-quater, comma 1, c.c., introdotto dall'art. 1, comma 2, l. n. 54/2006, anche in combinato disposto con l'art. 4 della stessa legge, censurato, in riferimento agli art. 2,3,29 e 30 Cost., nella parte in cui prevede la revoca automatica dell'assegnazione della casa familiare nel caso in cui l'assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. A riguardo la Corte, premesso che la dichiarazione di illegittimità di una disposizione è giustificata dalla constatazione che non ne è possibile un'interpretazione conforme a Costituzione e premesso, altresì, che l'evoluzione normativa e giurisprudenziale evidenzia come non solo la decisione sulla assegnazione della casa familiare, ma anche quella sulla cessazione della stessa, sono sempre state subordinate, pur nel silenzio della legge, ad una valutazione, da parte del giudice, di rispondenza all'interesse della prole, la norma censurata non viola gli indicati parametri ove sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta (instaurazione di una convivenza di fatto, nuovo matrimonio), ma che la decadenza dalla stessa sia subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore.

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

La revoca dell'assegnazione presupppone anche in questo caso che non sussista più l'interesse dei figli a vivere nella casa familiare

Secondo l'orientamento consolidato della Corte di cassazione, coerente con l'interpretazione adeguatrice dell'istituto dell'assegnazione della casa familiare a tutela dell'interesse superiore dei figli il principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 308/2008 trova applicazione in favore della prole della quale va tutelato l'habitat, prole che va identificata non solo con quella minorenne ma anche con quella maggiorenne non economicamente indipendente senza colpa (Cass., n. 15753/2013). Invero l'assegnazione al genitore collocatario del figlio minorenne della casa familiare è dettata dall'esclusivo interesse della prole e risponde all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare, sicché tale assegnazione non può essere revocata per il solo fatto che il genitore collocatario abbia intrapreso nella casa una convivenza more uxorio, essendo la relativa statuizione subordinata esclusivamente ad una valutazione di rispondenza all'interesse del minore (Cass., n. 33610/2021).

Pertanto, nell'ipotesi in cui l'ex partner conviva stabilmente con un'altra persona nella casa familiare, non è sufficiente per il ricorrente, al fine ottenere la revoca dell'assegnazione della stessa, dimostrare tale circostanza ma anche che non sussista più l'esigenza di conservare l'habitat familiare per i figli.

Dovrà quindi essere puntualmente verificata la coerenza della revoca dell'assegnazione con l'interesse superiore dei figli e ciò anche ove gli stessi siano maggiorenni se non economicamente indipendenti ovvero portatori di handicap.

In sostanza, secondo la giurisprudenza assolutamente dominante, anche ove il genitore collocatario della prole viva con un nuovo partner, il diritto all'assegnazione della casa familiare viene meno solo quando non ne siano più integrati i presupposti, in quanto i figli cessino di convivere con il genitore assegnatario oppure, pur ancora conviventi con il genitore, diventino economicamente autosufficienti (cfr. Cass. I, n. 11218/2013).

Se è revocata l’assegnazione della casa familiare, questo può incidere sulla quantificazione dell’assegno di separazione o divorzio spettante al coniuge che viveva nell’abitazione con i figli?

 

Orientamento più recente della Corte di cassazione

Si può determinare un incremento dell'assegno perché della casa assegnata beneficia indirettamente anche il coniuge separato o divorziato

In tema di divorzio, la revoca dell'assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro ex coniuge costituisce sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell'ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l'assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l'altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento di assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito (Cass. I, n. 7961/2024).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che l'ex coniuge (o partner, nell'ipotesi di coppia genitoriale non coniugata) abbia intrapreso una convivenza more uxorio nella casa coniugale oggetto di assegnazione in favore dello stesso quale genitore collocatario dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti potrebbe costituire un fatto sopravvenuto idoneo a integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare la revoca dell'assegnazione stessa.

La predetta circostanza deve quindi essere dedotta, se la coppia genitoriale era coniugata ed il procedimento di separazione o divorzio già definito, con ricorso proposto ai sensi dell'art. 473-bis.29 c.p.c.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Opera anche in questa ipotesi la “biforcazione” del procedimento a seconda della presenza di figli dei coniugi da tutelare prevista dal capoverso del predetto art. 6.

Invero, in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della l. n. 104/1992, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3.

Diversamente, in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponde all'interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All'accordo autorizzato si applica il comma 3.

Trattandosi di accordo sulla revoca dell'assegnazione della casa familiare, troverà applicazione questo secondo e più garantista procedimento e laddove non venga trovata, anche in sede di negoziazione assistita una soluzione abitativa idonea alternativa per i figli minorenni o non economicamente autosufficienti, il Tribunale non potrà concedere la relativa autorizzazione.

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando come nell’ipotesi di revoca dell’assegnazione familiare, involgano gli interessi dei figli, ove questi siano minori, segue il criterio della competenza della residenza abituale del minore.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete all'ex coniuge o partner proprietario della casa familiare.

Atto introduttivo

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca dell'assegnazione della casa familiare in quanto il genitore collocatario ha instaurato una nuova convivenza more uxorio, occorre specificare – alla luce delle indicazioni promananti dalla sentenza n. 308 del 2008 della Corte Costituzionale – perché tale fatto è suscettibile di incidere sul diritto dei figli e non dell'ex coniuge o partner a continuare a vivere nell'abitazione familiare. Queste ultime circostanze, in omaggio alla regola generale sul riparto dell'onere probatorio espressa dall'art. 2697 c.c., dovranno essere congruamente provate.

Profili di merito

Onere della prova

A seguito della pronuncia interpretativa della Corte Costituzionale, il proprietario della casa familiare, assegnata all'ex coniuge nella qualità di genitore convivente con i figli, che ne chieda la revoca per la sopravvenuta convivenza more uxorio dell'assegnatario con un terzo, ha l'onere di fornire in giudizio elementi idonei a poter affermare che la revoca dell'assegnazione della casa coniugale non costituisce fonte di pregiudizio per i figli, anche se maggiorenni, ma non ancora economicamente indipendenti.

A tal fine potrà essere dimostrato, ad esempio, che i figli ormai maggiorenni vivono stabilmente in un'altra città per la frequentazione dei corsi universitari, tornando solo di rado nella casa familiare.

Richieste istruttorie

Trattandosi di un procedimento camerale, il giudice può disporre mezzi di prova anche d'ufficio. È peraltro opportuno che il ricorrente depositi sin dalla proposizione dell'atto introduttivo le prove documentali delle quali dispone e formuli le eventuali richieste di ulteriori mezzi istruttori necessarie per l'accoglimento delle proprie domande.

4. Conclusioni

Qualora venga assegnata la casa familiare al genitore collocatario dei figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti o portatori di handicap, il proprietario che voglia ottenere la revoca del provvedimento perché l'ex coniuge (o partner) ha iniziato una nuova convivenza stabile deve dimostrare, nell'ambito di un procedimento camerale, come tale fatto abbia inciso, facendolo venire meno, sull'interesse superiore dei figli a conservare il proprio habitat familiare.

È quindi consigliabile che il ricorso venga proposto quando, oltre alla circostanza della nuova convivenza, vi siano ulteriori fatti contestuali idonei a consentire la revoca del provvedimento, come, ad esempio, il definitivo trasferimento del genitore collocatario con i figli in una nuova abitazione.

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