Richiesta di restituzione della casa familiare concessa in comodato1. Bussole di inquadramentoIl comodato in generale Secondo la definizione ritraibile dall'art. 1803 c.c. il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è un contratto reale, unilaterale (ovvero con obbligazioni a carico di una sola parte), essenzialmente gratuito e a forma libera anche se immobiliare o ultranovennale (Cass. II, n. 7088/2017). La durata del contratto L'art. 1809 c.c. stabilisce, al comma 1, che il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Di solito quindi l'obbligo di restituzione sorge alla scadenza del termine concordato tra le parti. Laddove come spesso capita, anche perché l'accordo viene concluso in forma verbale, non sia previsto un termine di durata, il comodante non può richiedere ad nutum la restituzione della cosa, quando sia possibile ravvisare una indiretta determinazione di durata con riferimento all'uso consentito della cosa, desumibile dalla natura di essa, dalla professione del comodatario, dall'esame degli interessi e dalle utilità perseguite dai contraenti (Cass. III, n. 6101/2003). In sostanza è la perdurante destinazione all'uso concordato del bene che determina, in questa ipotesi, la durata del vincolo contrattuale. Unica eccezione è quella contemplata dal comma 2 dello stesso art. 1809 c.c. laddove stabilisce che il comodante può esigere, anche durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, la restituzione immediata se sopravviene un urgente e impreveduto bisogno dello stesso. Il comodato della casa familiare Non è infrequente che un immobile venga concesso in comodato dai genitori a un figlio in vista della costituzione da parte dello stesso della propria famiglia e che ciò avvenga in forma verbale, senza specifiche pattuizioni scritte volte a disciplinare la durata della concessione. Se l'immobile viene effettivamente adibito all'uso convenuto e, dopo la nascita della prole, la coppia (anche di fatto) si separa, il bene sarà, in quanto casa familiare, secondo i principi ormai consolidati, assegnato al genitore collocatario dei figli minori (o maggiorenni non economicamente indipendenti), in coerenza con il criterio ormai espresso sul piano normativo anche dall'art. 336-sexies c.c., e ciò a prescindere dalla circostanza che si tratti del comodatario (ossia del figlio dei comodanti). In queste situazioni spesso accade che i comodanti chiedano la restituzione dell'immobile adducendo che il contratto, non essendo previsto alcun termine di durata, dovrebbe essere qualificato come “precario”, con conseguente possibilità per il comodante di richiedere la restituzione del bene in ogni momento (ad nutum). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Come si determina la durata del comodato familiare?
Orientamento delle Sezioni Unite È la destinazione all'uso familiare a determinare la durata del comodato Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 20448/2014) – ribadendo e precisando i principi già espressi dalle stesse S.U. , n. 13604/2004) (per la quale nell'ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'art. 1809 c.c.) – ha fornito fondamentali precisazioni a supporto delle conclusioni raggiunte, individuando le caratteristiche connotanti, nell'ambito più generale dell'istituto, il comodato ad uso familiare. A quest'ultimo riguardo, le Sezioni Unite hanno evidenziato che il codice civile disciplina due “forme” di comodato, quello propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c. e il c.d. precario, al quale si riferisce l'art. 1810 c.c., sotto la rubrica «comodato senza determinazione di durata». Solo nel caso di cui all'art. 1810 c.c., connotato dalla mancata pattuizione di un termine e dalla impossibilità di desumerlo dall'uso cui doveva essere destinata la cosa, è consentito di richiedere ad nutum il rilascio al comodatario. Il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale è invece caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno (art. 1809, comma 2, c.c.). Ciò premesso, le Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 20448/2014, hanno evidenziato che è a quest'ultimo tipo contrattuale che deve essere ricondotto il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, da intendersi in tal caso «anche nelle sue potenzialità di espansione». Questo perché si tratta di un contratto stipulato per un uso determinato e dunque, per un tempo determinabile per relationem, che può essere individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall'insorgere di una crisi coniugale. La concessione dell'immobile in comodato per destinazione a casa familiare implica comunque una scrupolosa verifica della intenzione delle parti, che tenga conto di una serie di fattori, quali, ad esempio, le loro condizioni personali e sociali, la natura dei loro rapporti, gli interessi perseguiti. In sostanza, il comodatario (ossia il coniuge separato ovvero l'ex convivente di fatto collocatario della prole minorenne o non autosufficiente), che opponga alla richiesta di rilascio l'esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata, ha l'onere di dimostrare, anche in via presuntiva, che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento. Assolta questa prova, spetta invece al comodante che agisce per la restituzione, hanno ancora sottolineato le Sezioni Unite, dimostrare che sussistano i presupposti per la stessa, ossia che l'immobile non è ormai più destinato a casa familiare, fattispecie nella quale come ha sottolineato anche successivamente la S.C. è possibile chiedere ed ottenere la restituzione del bene ad nutum per essere venuto meno il vincolo di destinazione (Cass. III, n. 21785/2019). Qualora invece la restituzione venga richiesta dai comodanti, non già perché è venuta meno la destinazione funzionale impressa alla casa familiare, ma per un urgente ed impreveduto bisogno, nella medesima pronuncia si è ricordato che la portata di questo bisogno non deve essere grave, dovendo essere solo imprevisto, quindi sopravvenuto rispetto al momento della stipula, e urgente. L'urgenza deve intendersi come imminenza, restando quindi esclusa la rilevanza di un bisogno non attuale, non concreto, ma soltanto astrattamente ipotizzabile. Tuttavia, il bisogno deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto. Pertanto, non solo la necessità di uso diretto, ma anche il sopravvenire imprevisto del deterioramento della condizione economica, che obbiettivamente giustifichi la restituzione del bene anche ai fini della vendita o di una redditizia locazione del bene immobile, consente di porre fine al comodato anche se la destinazione sia quella di casa familiare. Al contempo – anche in relazione a tale fattispecie – le Sezioni Unite, nella ripercorsa pronuncia n. 20448/2014 – hanno sottolineato che «essendo in gioco valori della persona, ed in particolare le esigenze di tutela della prole, questa destinazione, con più intensità di ogni altra, giustifica massima attenzione in quel controllo di proporzionalità e adeguatezza, sempre dovuto in materia contrattuale, che il giudice deve compiere quando valuta il bisogno fatto valere con la domanda di restituzione e lo compara al contrapposto interesse del comodatario».
Domanda
Quando può sussistere un urgente e impreveduto bisogno che consente ai comodanti di ottenere la restituzione del bene adibito a casa familiare prima della scadenza del contratto?
L'età avanzata dei genitori costituisce una valida ragione per richiedere la restituzione del bene concesso in comodato al figlio In tema di comodato familiare, il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto ed urgente: ne consegue che l'età avanzata dei genitori, di per sé portatrice di inevitabili problemi di salute e della conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese, costituisce un fattore decisivo per chiedere la restituzione della casa prestata al figlio a titolo di comodato, anche per l'obbligo di assistenza che grava sui figli in favore dei genitori anziani (Cass., n. 17332/2018).
Domanda
Il peggioramento delle condizioni economiche del comodante può giustificare la richiesta di restituzione del bene?
La casa famigliare può essere restituita al comodante in caso di necessità economiche dello stesso, fermo l'attento vaglio di proporzionalità del giudice Ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c. il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto e urgente, senza che rilevino bisogni non attuali, né concreti o solo astrattamente ipotizzabili, sicché non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d'un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante (Cass., n. 20892/2016). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Non è ovviamente opportuno – e potrebbe peraltro trattarsi di un'azione ritenuta dal Tribunale priva di un concreto interesse giuridico sottostante – che sia l'assegnatario della casa familiare ad agire per l'accertamento negative del diritto dei comodanti alla restituzione. È preferibile attendere “l'attacco” dei comodanti mediante il ricorso volto alla restituzione del bene. Così se i ricorrenti assumono che il comodato era precario, la parte resistente deve dimostrare che, invece, il termine di durata del contratto era desumibile ex art. 1809 c.c. dalla destinazione familiare, ancora in essere per la presenza di figli minori conviventi, del comodato. Qualora, di contro, i comodanti chiedano la restituzione del bene assumendo un imprevisto ed urgente bisogno ex art. 1810 c.c. solo ove gli stessi abbiano assolto congruamente all'onere probatorio a proprio carico circa la sopravvenienza e l'urgenza dello stesso, la parte resistente dovrà fornire elementi istruttori volti a dimostrare che tale bisogno dei comodanti può essere soddisfatto con altri strumenti idonei. Potrà, ad esempio, provarsi che i comodanti hanno la disponibilità nella medesima città di un altro immobile dove possono trasferirsi. Aspetti preliminari Rito Le controversie in tema di comodato sono assoggettate al rito locatizio di cui all'art. 447-bis c.p.c., rito che segue, nella massima parte, le disposizioni del processo del lavoro e che, dunque, è introdotto mediante ricorso e deciso mediante lettura del dispositivo all'udienza. Competenza Ai sensi dell'art. 21, comma 1, c.p.c. per le cause in materia di comodato la competenza – da ritenersi inderogabile in via convenzionale – appartiene al Tribunale del luogo dove si trova l'immobile oggetto del contratto. Atti di parte Contenuto della memoria difensiva La memoria difensiva deve contenere le generalità della parte resistente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal resistente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Poiché, come detto, le controversie in tema di comodato seguono le forme del processo locatizio, mutuate su quelle del processo del lavoro, la memoria dovrà essere completa sia dal punto di vista assertivo che delle richieste istruttorie eventualmente formulate, sul modello dell'art. 416 c.p.c. Profili di merito Onere della prova A fronte dell'azione proposta dai comodanti, l'assegnatario della casa familiare (sia o meno l'originario comodatario) che opponga alla richiesta di rilascio l'esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata, ha l'onere di provare, anche in via presuntiva, che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento. Sul punto, le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 20448/2014), hanno anche sottolineato che tale dimostrazione potrebbe risultare più difficile qualora la concessione sia avvenuta in favore di comodatario non coniugato né prossimo alle nozze, dovendosi in tal caso provare che dopo l'insorgere della nuova situazione familiare il comodato sia stato confermato e mantenuto per soddisfare gli accresciuti bisogni connessi all'uso familiare e non solo personale. In ogni caso, l'assolvimento del relativo onere probatorio da parte del comodatario/ assegnatario dovrà essere prudentemente vagliato dal giudice di merito in relazione ad una serie di elementi concreti, quali, tra gli altri, l'epoca dell'insorgenza della nuova situazione, comportamenti e dichiarazioni delle parti, rapporti intrattenuti, tempo trascorso etc. Se viene dimostrata la concessione del bene in comodato affinché fosse destinato a casa familiare, i comodanti, per ottenere la restituzione del bene, devono dimostrare che tale vincolo funzionale è venuto meno. Potrebbero venire in rilievo, a riguardo, circostanze quali il definitivo trasferimento dei figli ormai maggiorenni ed indipendenti in un'altra città per lavoro o la formazione da parte degli stessi di un nuovo nucleo familiare oppure il trasferimento del genitore collocatario con i figli, anch'esso da ritenersi ormai stabile, in un altro immobile (ad esempio per effetto di una nuova convivenza). 4. ConclusioniÈ molto frequente che i genitori i quali abbiano concesso, anche informalmente, ad un figlio un proprio immobile in comodato affinché potesse costituirsi un proprio nucleo familiare cerchino di “recuperare” lo stesso, promuovendo un'azione di restituzione del bene qualora a seguito della disgregazione della coppia il bene sia stato assegnato dal giudice all'altro coniuge (o ex convivente di fatto), in quanto genitore collocatario della prole. In queste situazioni è opportuno che il beneficiario del provvedimento di assegnazione della casa familiare attenda la proposizione del ricorso da parte dei comodanti per poi spiegare le proprie difese che dovranno fondarsi in primis sulla dimostrazione, anche in via presuntiva, che l'immobile era stato concesso in comodato ad uso familiare e, quindi, provato ciò, che questa destinazione non sia venuta meno nel tempo, permanendo così il vincolo funzionale dell'immobile alle esigenze familiari. |