Richiesta di restituzione della casa familiare concessa in comodato da parte del terzo acquirente

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il comodato della casa familiare nell'ipotesi di alienazione del bene a terzi

Non di rado un immobile è concesso in comodato dai genitori a un figlio nella prospettiva della costituzione da parte dello stesso della propria famiglia senza che vi sia alcuna formalizzazione del vincolo.

Se l'immobile viene effettivamente adibito all'uso convenuto e, dopo la nascita della prole, la coppia (anche di fatto) si separa, il bene sarà, in quanto casa familiare, secondo i principi ormai consolidati, assegnato al genitore collocatario dei figli minori (o maggiorenni non economicamente indipendenti), in coerenza con il criterio ormai espresso sul piano normativo anche dall'art. 336-sexies c.c., e ciò a prescindere dalla circostanza che si tratti del comodatario (ossia del figlio dei comodanti).

In queste situazioni può avvenire che i comodanti invece di chiedere la restituzione dell'immobile oggetto del provvedimento di assegnazione lo alienino a soggetti terzi, con un consguente problema di opponibilità agli stessi del vincolo derivante dal comodato.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La funzionalizzazione del comodato alla costituzione della famiglia si estende anche in caso di vendita a terzi del bene?

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

L'assegnazione della casa familiare è opponibile anche al terzo cui il proprietario abbia venduto il bene

La destinazione della casa coniugale alle esigenze della famiglia quale indicatore del termine di durata del comodato opera, secondo quanto affermato dalla S.C. (Cass., n. 17971/2015) anche nell'ipotesi in cui l'originario proprietario dell'immobile abbia trasferito la proprietà del bene medesimo.

Ha evidenziato la Corte di cassazione che, infatti, anche in questa ipotesi resta immutato e senza soluzione di continuità il vincolo costituito dal comodato preesistente, giustificato da un doppio qualificato titolo detentivo: il primo costituito dalla convivenza di fatto con il proprietario dante causa, il secondo dalla destinazione dell'immobile a casa familiare, prima della alienazione a terzi, e dalla cristallizzazione di tale ulteriore vincolo mediante l'assegnazione della casa familiare.

Neppure ritiene la giurisprudenza di legittimità che possa assumere a riguardo rilevanza l'anteriorità del trasferimento immobiliare rispetto al provvedimento di assegnazione dell'immobile a casa familiare disposto dall'autorità giudiziaria, dal momento che la qualità di detentore qualificato dell'assegnatario è preesistente al trasferimento immobiliare così come la destinazione dell'immobile a casa familiare impressa anche dal proprietario genitore e convivente con la ricorrente e le minori medesime fino al suo allontanamento volontario. La relazione con l'immobile, in virtù di tale destinazione non ha natura precaria ma, al contrario, è caratterizzata da un vincolo di scopo che si protrae fino a quando le figlie minori o maggiorenni non autosufficienti conservino tale habitat domestico.

Orientamento più risalente dalla Corte di Cassazione

Il vincolo del comodato non si estende al terzo acquirente

In alcune pronunce più risalenti, sebbene non riferite specificamente alla fattispecie del comodato della casa familiare, la S.C. aveva invece sottolineato che il contratto di comodato di un bene stipulato dall'alienante di esso in epoca anteriore al suo trasferimento non è opponibile all'acquirente del bene atteso che l'acquirente di un immobile non può risentire alcun pregiudizio dall'esistenza di un comodato costituito in precedenza dal venditore, giacché per effetto del trasferimento in suo favore il compratore acquista ipso iure il diritto di far cessare il godimento da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa (Cass. n. 11424/1992).

Era stato inoltre già precedentemente precisato che le disposizioni dell'art. 1599 c.c. non sono estensibili, per il loro carattere eccezionale, a rapporti diversi dalla locazione (Cass. n. 5454/1991, secondo cui).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Non è ovviamente opportuno – e potrebbe peraltro trattarsi di un'azione ritenuta dal Tribunale priva di un concreto interesse giuridico sottostante – che sia l'assegnatario della casa familiare ad agire per l'accertamento negativo del diritto dei comodanti alla restituzione.

È preferibile attendere “l'attacco” dei comodanti (rectius, del terzo acquirente che ha acquistato la proprietà del bene immobile dagli stessi) mediante il ricorso volto alla restituzione del bene che potrebbe assumere una detenzione sine titulo dell'immobile da parte dell'assegnatario in virtù della cessazione “automatica” del diritto di godimento dell'immobile per effetto del trasferimento della proprietà ad un soggetto terzo.

Aspetti preliminari

Rito

Le controversie in tema di comodato sono assoggettate al rito locatizio di cui all'art. 447-bis c.p.c., rito che segue, nella massima parte, le disposizioni del processo del lavoro e che, dunque, è introdotto mediante ricorso e deciso mediante lettura del dispositivo all'udienza.

Peraltro, se il terzo acquirente incardina il giudizio quale azione di restituzione dell'immobile detenuto sine titulo a seguito dell'assunta cessazione del diritto di godimento dell'assegnatario per effetto del trasferimento della proprietà del bene il rito è quello ordinario di cognizione.

Competenza

Ai sensi dell'art. 21, comma 1, c.p.c. per le cause in materia di comodato la competenza – da ritenersi inderogabile in via convenzionale – appartiene al Tribunale del luogo dove si trova l'immobile oggetto del contratto.

Atti di parte

Contenuto della memoria difensiva

La memoria difensiva deve contenere le generalità della parte resistente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal resistente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Poiché, come detto, le controversie in tema di comodato seguono le forme del processo locatizio, mutuate su quelle del processo del lavoro, la memoria dovrà essere completa sia dal punto di vista assertivo che delle richieste istruttorie eventualmente formulate, sul modello dell'art. 416 c.p.c.

Qualora invece la controversia sia stata promossa dal terzo acquirente con atto di citazione quale azione di restituzione dell'immobile detenuto sine titulo, nella comparsa di costituzione e risposta non matureranno, almeno sino all'emanazione dei decreti attuativi della riforma di cui alla l. n. 206/2021, anche le preclusioni istruttorie.

Profili di merito

Onere della prova

A fronte dell'azione proposta dal terzo acquirente, l'assegnatario della casa ha l'onere di provare, anche in via presuntiva, che era stata pattuita con i comodanti la destinazione dell'immobile alle esigenze della costituenda famiglia. Sul punto, le Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 20448/2014), hanno anche sottolineato che tale dimostrazione potrebbe risultare più difficile qualora la concessione sia avvenuta in favore di comodatario non coniugato né prossimo alle nozze, dovendosi in tal caso provare che dopo l'insorgere della nuova situazione familiare il comodato sia stato confermato e mantenuto per soddisfare gli accresciuti bisogni connessi all'uso familiare e non solo personale.

In ogni caso, l'assolvimento del relativo onere probatorio da parte dell'assegnatario dovrà essere prudentemente vagliato dal giudice di merito in relazione ad una serie di elementi concreti, quali, tra gli altri, l'epoca dell'insorgenza della nuova situazione, comportamenti e dichiarazioni delle parti, rapporti intrattenuti, tempo trascorso etc.

Se viene dimostrata la concessione del bene in comodato affinché fosse destinato a casa familiare, il nuovo acquirente, alla medesima stregua dei precedenti proprietari/comodanti, per ottenere la restituzione del bene, deve provare che tale vincolo funzionale è venuto meno. Potrebbero venire in rilievo, a riguardo, circostanze quali il definitivo trasferimento dei figli ormai maggiorenni ed indipendenti in un'altra città per lavoro o la formazione da parte degli stessi di un nuovo nucleo familiare oppure il trasferimento del genitore collocatario con i figli, anch'esso da ritenersi ormai stabile, in un altro immobile (ad esempio per effetto di una nuova convivenza).

4. Conclusioni

È molto frequente che i genitori (o altri parenti) concedano, anche informalmente, ad un figlio un proprio immobile in comodato affinché possa costituirsi un proprio nucleo familiare.

Secondo costante giurisprudenza delle Sezioni Unite ove si evinca la destinazione a casa familiare dell'immobile la stessa assurgerà a vincolo di durata del comodato medesimo. Tale vincolo, in conformità alla stessa giurisprudenza di legittimità, resta fermo sia in caso di disgregazione della famiglia a tutela della prole e ciò anche nell'ipotesi in cui gli originari comodanti abbiano alienato a un soggetto terzo l'immobile.

In sostanza, la vendita dell'immobile oggetto di assegnazione al coniuge collocatario della prole non ne fa venir meno la destinazione.

Incardinata l'azione restitutoria da parte del terzo acquirente il giudizio avrà dunque ad oggetto esclusivamente la persistente destinazione o meno dell'immobile a casa familiare.

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