Diritto all'assegno divorzile e sentenza sopravvenuta di nullità del matrimonio concordatario

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegno divorzile

Il Tribunale, secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 6, della l. n. 898/1970, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di versare periodicamente in favore dell'altro un assegno quando il beneficiario non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. A tale fine l'autorità giudiziaria è tenuta a considerare le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, e ciò anche rispetto alla durata del matrimonio.

L'assegno di divorzio è un quindi effetto non necessario del matrimonio che si verifica al momento della dissoluzione del vincolo matrimoniale.

L'assegno divorzile assolve alla funzione etica e giuridica di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge – che non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive – attraverso una attribuzione a carattere patrimoniale che lo compensi dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale ovvero del sacrificio delle aspettative professionali effettuate nell'interesse della famiglia.

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario

Nell'ordinamento italiano il matrimonio può essere celebrato, oltre che dinanzi all'ufficiale di stato civile, anche di fronte al ministro del culto cattolico, secondo quanto previsto dall'art. 8 dell'Accordo di modifica del Concordato lateranense stipulato il 18 febbraio 1984 (ratificato con l. n. 121/1985). In forza di tale Accordo lo Stato italiano riconosce effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, purché l'atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale, e durante la celebrazione venga data lettura degli artt. 143,144 e 147 c.c.

Lo stesso Accordo ha previsto che le sentenze di nullità del matrimonio rese dai Tribunali ecclesiastici possono, in presenza di determinate condizioni, essere delibate nell'ordinamento italiano.

La Corte d'appello deve in particolare verificare il rispetto nel procedimento del principio del contraddittorio e la compatibilità della decisione con l'ordine pubblico italiano.

Non vi è, dopo il predetto Accordo, una riserva in favore della giurisdizione ecclesiastica, operando il principio c.d. di prevenzione.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'accertamento della spettanza e della liquidazione dell'assegno di divorzio è precluso dalla sopraggiunta delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio?

Orientamento delle Sezioni Unite

Dopo la pronuncia sul divorzio relativa allo status, il giudizio può proseguire per la decisione sull'assegno anche se sopravviene una sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 9004/2021), “recependo” la sollecitazione in tal senso dell'ordinanza interlocutoria di Cass, n. 1882/2019, hanno enunciato il principio per il quale, a fronte di una sentenza passata in giudicato che abbia determinato esclusivamente l'impossibilità di prosecuzione della comunione materiale e spirituale fra i coniugi, il successivo accertamento della spettanza e della liquidazione dell'assegno di divorzio non è precluso dalla sopraggiunta delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio. Ciò in quanto il titolo giuridico dell'obbligo di mantenimento dell'ex coniuge non risiede nella validità del vincolo ma si fonda sull'accertamento dell'impossibilità della continuazione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi stessi, che è conseguente allo scioglimento del vincolo matrimoniale civile o alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.

L'approdo cui sono pervenute le Sezioni Unite nel senso dell'intangibilità del giudicato di divorzio da parte del provvedimento di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale si fonda, in primo luogo, sull'abrogazione di riserva ecclesiastica di nullità matrimoniale la quale comporta, come affermato da lungo tempo nella medesima giurisprudenza di legittimità, che il concorso tra la giurisdizione ecclesiastica e quella civile dev'essere risolto secondo il criterio della prevenzione in favore della giurisdizione civile, in virtù del quale a) il giudice italiano preventivamente adito può giudicare sulla domanda di nullità di un matrimonio concordatario, b) il convenuto in una causa di divorzio può chiedere l'accertamento della nullità del vincolo, c) la pendenza del giudizio civile nel quale sia stato chiesto l'accertamento della nullità impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica, d) il giudizio civile può essere paralizzato soltanto dall'intervenuta delibazione della sentenza ecclesiastica, e) il giudicato di divorzio non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità, ma non può ritenersi travolto dalla stessa”, sia perché, “in assenza di un'espressa domanda di nullità, il giudicato di divorzio contiene una valutazione meramente implicita di validità del matrimonio, nei limiti di un accertamento incidentale”, sia in quanto, “non potendo la predetta valutazione aver luogo in via incidentale, ma dovendo la questione di nullità essere decisa necessariamente con efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., l'esistenza e la validità del matrimonio costituiscono un presupposto della sentenza di divorzio, ma non possono formare oggetto di specifico accertamento suscettibile di dar luogo alla formazione di un giudicato, a meno che le relative questioni non siano state introdotte espressamente dalle parti”. (cfr.Cass.S.U., n. 1824/1993).

In sostanza, la sentenza n. 9004/2021 ha sottolineato, facendo proprio questo percorso evolutivo, che la diversità di natura ed effetti tra la sentenza di nullità e quella di divorzio giustifica, nel caso in cui la delibazione della sentenza ecclesiastica intervenga successivamente al passaggio in giudicato di quella di divorzio, l'affermazione dell'inidoneità della prima ad impedire, nel caso in cui lo scioglimento del vincolo abbia luogo disgiuntamente dalla determinazione delle conseguenze economiche, la prosecuzione del giudizio civile ai fini dell'accertamento della spettanza e della liquidazione dell'assegno divorzile. Invero, se, in assenza di un'espressa domanda in tal senso, il giudicato di divorzio non implica alcun accertamento in ordine alla validità del matrimonio, la quale ne costituisce certamente il presupposto, ma resta estranea all'oggetto del giudizio, consistente esclusivamente nello scioglimento del vincolo coniugale, non è il predetto accertamento a costituire il titolo giuridico dell'obbligo di corrispondere l'assegno all'ex coniuge, il cui fondamento dev'essere invece individuato nella constatazione dell'intervenuta dissoluzione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi e dell'impossibilità di ricostituirla, nonché nella necessità di un riequilibrio tra le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi. Tale accertamento, invero, non riguarda l'atto costitutivo del vincolo ma lo svolgimento del rapporto da esso incardinato, caratterizzato dalle “vicende concretamente affrontate dai coniugi come singoli e dal nucleo familiare nel suo complesso, anche nella loro dimensione economica”.

Peraltro – hanno ancora sottolineato nell'ampia motivazione le Sezioni Unite – l'assegno di divorzio si fonda in un dovere di solidarietà a favore del soggetto economicamente più debole e non sullo status di coniuge, destinato a venir meno per effetto dello scioglimento del vincolo, sicché l'accertamento della spettanza dell'assegno non è condizionato dalla validità dell'atto costitutivo. Per tali ragioni, la pronuncia definitiva di divorzio non resta travolta dalla successiva delibazione della nullità canonica, avente diverso oggetto, anche l'accertamento relativo alla spettanza dell'assegno di divorzio risulta insensibile al riconoscimento della sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo, che non ha pertanto il potere di precludere la prosecuzione del giudizio civile ai fini della pronuncia sull'assegno.

Le implicazioni del nuovo orientamento delle Sezioni Unite sono di grande importanza. Infatti se in precedenza il riconoscimento della nullità matrimoniale canonica travolgeva il giudicato di divorzio, con la sola eccezione rappresentata dalle statuizioni economiche contenute in un provvedimento definitivo (cfr., tra le tante, Cass. I, n. 21331/2013, secondo cui la delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio non produce alcun effetto di caducazione delle statuizioni contenute nella precedente sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio relative all'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile, ove su tali statuizioni si sia formato il giudicato, ai sensi dell'art. 324 c.p.c. non costituendo in sé stessa un “giustificato motivo” sopraggiunto, legittimante, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. n. 898/1970, la revisione del provvedimento economico contenuto nella sentenza di divorzio), d'ora in avanti non solo la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio resterà insensibile all'intervenuta delibazione della sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo, ma sarà consentita la prosecuzione del giudizio volto all'accertamento della spettanza dell'assegno di divorzio che prima del revirement in esame finiva con l'essere definito con una pronuncia di cessazione della materia del contendere.

Domanda
È ammessa la contemporanea pendenza del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e di quello ecclesiastico di nullità?

Sì, avendo i due giudizi un differente oggetto

La contemporanea pendenza tra le parti del giudizio civile di divorzio e del procedimento ecclesiastico di nullità del matrimonio non impedisce la deliberazione della sentenza ecclesiastica, in quanto diverso è l'oggetto dei due procedimenti: quello ecclesiastico, infatti, controverte in ordine ad una generica causa di invalidità del vincolo matrimoniale, mentre il giudizio civile controverte circa la sussistenza di una successiva causa di inefficacia di tale vincolo (App. Bari fam., 20 luglio 2017, n. 939).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Di regola, le questioni afferenti la sussistenza dell'obbligo di uno dei coniugi di corrispondere all'altro l'assegno divorzile vengono in rilievo nel procedimento di divorzio (o, rectius, nella fattispecie considerate, di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario) giudiziale.

La relativa domanda deve essere quindi proposta, a seconda della posizione processuale assunta in giudizio dal coniuge richiedente, in sede di ricorso per la separazione giudiziale ovvero di memoria di costituzione nel relativo procedimento.

Aspetti preliminari

Competenza

Nell'ipotesi di divorzio contenzioso il ricorso va proposto al Tribunale del luogo in cui il coniuge resistente ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque Tribunale della Repubblica.

Atti di parte

Contenuto del ricorso o della comparsa di costituzione e risposta nel procedimento di divorzio giudiziale

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Gli stessi elementi devono essere contenuti, ove la domanda di riconoscimento dell'assegno di mantenimento sia proposta dal coniuge convenuto, nella comparsa di costituzione e risposta.

Profili di merito

Onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. il coniuge che richiede l'assegno è onerato della prova del complesso dei presupposti per il riconoscimento e la quantificazione dello stesso.

Va premesso che, con riferimento all'accertamento dei redditi dei coniugi, la S.C. ha precisato più volte che non ne è necessario un accertamento nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una ricostruzione attendibile delle loro situazioni patrimoniali complessive (Cass., n. 605/2017).

Pertanto, ai fini del riconoscimento dell'assegno nel suo connotato assistenziale quale misura funzionale all'attuazione del principio di solidarietà post-coniugale, la parte richiedente è tenuta a dimostrarsi di trovarsi incolpevolmente a non disporre di un reddito minimo, tale da non consentirle una vita dignitosa.

Invece il riconoscimento dell'assegno divorzile anche nella sua finalità compensativa o perequativa può avvenire nei soli casi in cui vi sia la prova – della quale è onerato lo stesso coniuge richiedente l'assegno – che la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.

Richieste istruttorie

Una ricostruzione complessiva della situazione reddituale dei coniugi può essere effettuata, oggi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c.

Dopo alcuni contrasti emersi sulla questione nella giurisprudenza amministrativa, di recente l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che è possibile, nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, esercitare l'accesso documentale difensivo – ed in particolare l'accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell'anagrafe tributaria – indipendentemente dalla previsione e dall'esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile (disciplinati ai sensi degli artt. 210,211 e 213 c.p.c. e, nello specifico, dagli artt. 155-sexies disp. att. c.p.c. e 492-bis c.p.c.).

4. Conclusioni

L'incidenza della pronuncia dichiarativa della nullità del matrimonio canonico sulle statuizioni economiche nel giudizio di civile di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con rito concordatario si è progressivamente ridotta.

Se in passato sussisteva addirittura una riserva di giurisdizione in favore dei Tribunali ecclesiastici, dopo gli Accordi di modifica del Concordato Lateranense varati con l. n. 121/1985, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno riconosciuto piuttosto una concorrenza tra le due giurisdizioni, fondata sul principio di prevenzione.

Di qui nella progressiva elaborazione si è in un primo momento ritenuto che di conseguenza la pronuncia di divorzio, anche rispetto alle statuizioni economiche, non fosse travolta dalla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale se passata già in giudicato (in base al predetto principio di prevenzione).

Da ultimo, le Sezioni Unite, con la fondamentale pronuncia n. 9004/2021, hanno fatto un passo ulteriore affermando che se il giudizio di divorzio è stato definito solo sullo status, lo stesso non deve essere chiuso con una pronuncia di cessazione della materia del contendere a fronte della delibazione della sentenza rotale di nullità del matrimonio concordatario potendo ben proseguire per la decisione sulla domanda di riconoscimento dell'assegno divorzile che non si fonda sull'atto costitutivo del vincolo bensì su una solidarietà post-coniugale che si correla ad un rapporto che è esistito tra le parti.

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