Risarcimento dei danni in favore dei figli per disinteresse da parte del genitore

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

La categoria degli illeciti endofamiliari

Nell'ultimo ventennio la categoria dei danni non patrimoniali risarcibili è stata significativamente ampliata.

In tale più generale contesto, è stata superata l'impostazione tradizionale che subordinava gli interessi dei singoli familiari a quello superiore del consorzio, a favore di un modello di famiglia-comunità le cui necessità si identificano con quelle dei suoi componenti.

Si è preso così atto dell'insufficienza degli strumenti tradizionali previsti dal diritto di famiglia per sanzionare comportamenti illeciti posti in essere da un membro della famiglia a danno degli altri.

È stata di qui elaborata, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, la categoria dell'illecito c.d. endofamiliare, che afferisce a qualsivoglia comportamento dannoso caratterizzato dalla sussistenza di un rapporto tra danneggiante e danneggiato in termini di coniugio e/o di filiazione e può quindi, a livello descrittivo, distinguersi tra l'ipotesi di danno cagionato all'interno del rapporto coniugale o di convivenza e quella di violazione dei doveri genitoriali.

Il danno da privazione del rapporto genitoriale

Il dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, derivante dal mero fatto della procreazione, si ritrae dal sistema costituzionale di salvaguardia della filiazione (art. 30 Cost.).

Sulla base del generale riconoscimento del dovere dei genitori di prendersi cura dei figli, una giurisprudenza ormai consolidata ha sancito il principio per il quale la condotta segnata da un completo disinteresse di un genitore nei confronti del figlio viola diritti soggettivi costituzionalmente garantiti del figlio medesimo ed integra gli estremi di un fatto illecito, con obbligo di risarcire i conseguenti danni, sia patrimoniali che non patrimoniali.

Ai fini della configurabilità di un vero e proprio illecito aquiliano non è tuttavia sufficiente, in conformità ai principi generali, una modesta violazione del dovere medesimo, occorrendo piuttosto un fatto di grave aggressione ad un diritto fondamentale della persona, mentre, per la risarcibilità del relativo danno non patrimoniale, il diritto in questione dovrà essere leso oltre una certa soglia, determinando un pregiudizio serio.

Tali principi trovano applicazione anche nell'ipotesi in cui la condotta abbandonica riguardi un figlio inizialmente non riconosciuto, atteso che in tema di filiazione, l'obbligo del genitore naturale di concorrere all'educazione ed al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., sorge al momento della procreazione, anche qualora questa sia stata accertata successivamente con la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra responsabilità genitoriale e procreazione, che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti allo "status" di genitore (Cass. III, n. 15148/2022; in sede di merito nel senso che in questo caso il genitore deve però essere almeno potenzialmente a conoscenza dell'avvenuto concepimento, v.  Trib. Tivoli, 10 settembre 2019, n. 1077 ).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Se un genitore si disinteressa dei figli può essere condannato a risarcire il danno da loro subito?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Sì, se tale comportameno determina una lesione dei diritti derivanti dal rapporto di fliazione

Costituisce ormai principio consolidato nella giurisprudenza della S.C. quello secondo cui la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell'illecito civile, ove determini la lesione di diritti costituzionalmente protetti. Invero, il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio può determinare la lesione dei diritti derivanti dal rapporto di filiazione che trovano negli artt. 2 e 30 Cost. – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell'illecito civile e legittima l'esercizio, ai sensi dell'art. 2059 c.c., di un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole (v., tra le altre, Cass., n. 27139/2021; Cass., n. 3079/2015; nel senso che l'azione risarcitoria è proponibile anche nell'ambito dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità: Cass., n. 5652/2012; Cass. n. 14382/2019).

Domanda
Come si determina il quantum debeatur? 

Orientamento della Corte di cassazione

Le tabelle di Milano possono essere adattate per quantificare il danno

La S.C. ha ritenuto legittimo l'utilizzo, per la determinazione del danno non patrimoniale subito dal figlio a causa del reiterato disinteresse del genitore abbandonico, delle tabelle utilizzate dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, pur con gli opportuni adattamenti, nell'ambito di una valutazione di carattere generalmente equitativo che resta insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivata (Cass. I, n. 16657/2014). In sostanza, occorre fare riferimento, nella liquidazione equitativa del danno ai parametri di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., e, in particolare, considerare criteri di determinazione del danno cagionato dalla morte di un genitore, riducendone il relativo importo in commisurazione del periodo della vita nel quale il danneggiato è stato privato del rapporto con il genitore.

Orientamento di merito

Si possono utilizzare le tabelle di Roma

Un'altra prospettiva nella quale si muove la giurisprudenza di merito nella non semplice attività di quantificazione del danno in esame è quella, più in linea con le tabelle del Tribunale di Roma, che considera in maniera articolata, mediante una calibrata attribuzione di punteggi, tutte le circostanze del caso: età del danneggiato, durata della condotta inadempiente, presenza di figure affettive alternative al genitore assente e così via; calcolo al quale apportare, infine, correzioni in vista di una personalizzazione che tenga conto dell'interruzione degli studi e della realizzazione personale (cfr. in tal senso, di recente, in sede applicativa, App. Genova III, 17 agosto 2020, n. 787, ha ritenuto corretta una quantificazione dei danni che tenga conto dei seguenti elementi: della durata dell'assenza del padre dalla vita del figlio; dell'incidenza di tale assenza nella vita affettiva e sociale del figlio che ha sofferto in ragione della diversità percepita rispetto agli altri coetanei che erano accompagnati e spronati dal padre durante gli eventi sportivi cui partecipavano, erano seguiti sotto il profilo affettivo educativo e scolastico, ambito quest'ultimo in cui ancora una volta i figli si sentono incoraggiati nel loro percorso di apprendimento dalla partecipazione di entrambi i genitori alle vicende dei propri studi; del raggiungimento della autosufficienza economica del figlio avvenuta all'età di 23 anni; della valida e continuativa presenza materna che ha comunque consentito al figlio di sentirsi amato ed accudito almeno dalla madre così riuscendo a mitigare la sofferenza per l'assenza del padre; dell'espresso rifiuto da parte del padre di riconoscere il figlio, manifestato direttamente allo stesso, a cui disse di non sentirlo come tale, cosa che determinò un “duro colpo” per il giovane).

Domanda
Da quando decorre il termine di prescrizione per la proposizione dell'assegnazione?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Occorre distinguere tra illecito instantaneo e permanente

L'illecito endofamiliare commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole può essere sia istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente dell'agente, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, sia permanente, se detta condotta perdura oltre tale momento e continua a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente per un periodo significativo dalla vita dei figli: la natura dell'illecito incide sul termine di prescrizione che decorre, nel primo caso, dal giorno in cui il terzo provoca il danno e, nel secondo, da quello nel quale, in assenza di impedimenti giuridici all'esercizio dell'azione risarcitoria, l'illecito viene percepito o può essere percepito, come danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, con l'ordinaria diligenza e tenendo una condotta non anomala (Cass., n. 11097/2020).

Domanda
È ipotizzabile un concorso di colpa del figlio?

Il disinteresse mostrato a propria volta dal figlio a fronte delle condotte abbandoniche del genitore non concreta un concorso di colpa ex art. 1227 c.c.

La S.C. ha escluso il concorso nella produzione e patrimoniale, del danno non patrimoniale ai sensi dell'art. 2059 c.c., in ipotesi di inerzia dei figli in ordine al momento prescelto per l'iniziativa giudiziale, in quanto liberamente e legittimamente determinabile da parte dei titolari del diritto, oltre che del tutto ininfluente rispetto alla configurazione e determinazione del danno non patrimoniale riconosciuto (v. Cass., n. 26205/2013).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La domanda di risarcimento dei danni, specie non patrimoniali, correlati al disinteresse del genitore nei confronti della prole – formulata in via autonoma o in correlazione ad un processo volto alla dichiarazione giudiziale del rapporto di filiazione – incardina un giudizio volto ad accertare i gravi pregiudizi ai diritti inviolabili della persona subiti dalla prole che ha subito la condotta abbandonica del genitore convenuto per effetto della violazione di un diritto – quello ad essere educato, istruito e mantenuto da ciascuno dei genitori – che trova fondamento nell'art. 30 Cost.

Trattandosi di un illecito aquiliano dovranno esserne dimostrati, sebbene in via presuntiva, i presupposti, i.e. la condotta contestata, il nesso di causalità tra la stessa ed i pregiudizi dedotti nonché la sussistenza e l'entità di questi ultimi.

Aspetti preliminari

Competenza territoriale

Se proposta in via autonoma la domanda per il risarcimento dei danni da illecito endofamiliare segue le regole ordinarie in tema di competenza e che, pertanto, segue rispetto alla competenza per territorio i principi espressi dagli artt. 18 ss. c.p.c.: in questo caso il foro è dunque quello del genitore convenuto.

La domanda risarcitoria può tuttavia essere anche accessoria a quella volta al riconoscimento giudiziale del rapporto parentale nei confronti del medesimo genitore (tra le altre, App. Torino fam., 19 novembre 2020, n. 1138) che, rispetto alla competenza per territorio, segue i medesimi criteri.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre la domanda compete al figlio che propone la domanda risarcitoria.

Atto introduttivo

Contenuto dell'atto di citazione

La domanda deve essere introdotta con atto di citazione – da notificarsi, dunque, prima al convenuto, nel rispetto del termine a comparire di cui all'art. 163 c.p.c. e quindi da depositarsi, entro i successivi dieci giorni, con l'iscrizione a ruolo presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita – che deve contenere le generalità dell'attore e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dall'attore e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nell'atto di citazione, prima della formulazione delle conclusioni, occorre specificare le ragioni poste a fondamento della domanda risarcitoria: potrà a tal fine essere dedotto il reiterato disinteresse del genitore, talvolta derivante anche dall'omesso riconoscimento, nei confronti del figlio.

Profili di merito

Onere della prova

La prova del danno sofferto dal figlio a causa del reiterato disinteresse, concretante una condotta abbandonica, del genitore, anche se ricade – in omaggio alla regola generale enunciata dall'art. 2697 c.c. – nell'onere istruttorio del figlio può essere nondimeno offerta dallo stesso “sulla base anche di soli elementi presuntivi” e secondo nozioni di comune esperienza, la cui valutazione è riservata evidentemente ai giudici del merito. A tal fine, ha invero sottolineato da tempo la S.C. si deve infatti considerare la particolare tipologia danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione (cfr. Cass., n. 7713/2000).

Fermo restando dunque che non sussiste alcun automatismo tra la violazione e il risarcimento del danno, in quanto è necessario che la condotta del genitore abbia prodotto un danno ingiusto da perdita, privazione e preclusione, inquadrabile nella categoria del danno non patrimoniale di natura esistenziale, danno che deve essere valutato in base agli atti acquisiti al processo e parametrato tenuto conto della gravità e della durata delle violazioni genitoriali e delle ricadute negative sulla vita e sulla salute dei figli (Trib. Savona, 13 gennaio 2020, n. 50), nondimeno la gravità del danno comporta, in buona sostanza, che il comportamento di un genitore il quale, in violazione dei doveri di istruzione, educazione e mantenimento, si disinteressi proprio figlio determina un danno non patrimoniale risarcibile per lesione dei diritti costituzionalmente tutelati dagli artt. 2 e 30 Cost., danno certamente non in re ipsa, ma che, tuttavia, può essere dimostrato mediante il ricorso ad elementi presuntivi e a nozioni di comune esperienza.

Dovrà essere semmai il genitore convenuto a dimostrare le peculiari ed eccezionali circostanze connotanti la fattispecie concreta, tali da escludere i presupposti per il risarcimento.

Presupposto per l'accoglimento della domanda nell'ipotesi di proposizione contestuale all'azione per il riconoscimento del rapporto parentale è, inoltre, come già evidenziato, la prova, da parte del figlio, della consapevolezza della procreazione da parte del genitore.

Richieste istruttorie

Le richieste istruttorie in via diretta devono essere formulate, trovando applicazione le preclusioni proprie del giudizio ordinario di cognizione, entro la seconda memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.

Le prove contrarie potranno essere invece articolate, rispetto a prove dedotte dall'altra parte nell'indicata seconda memoria, nell'ambito della terza memoria istruttoria.

È opportuno dedurre prove testimoniali volte a dimostrare, a seconda della posizione rivestita dalla parte del giudizio, la condotta abbandonica o meno del genitore convenuto, come desumibile dalla partecipazione (o dall'omessa partecipazione) sia alla vita quotidiana che ad eventi importanti nell'esistenza del figlio.

Un ruolo cruciale nella prova del danno è svolto dalle presunzioni: ne deriva che la prova postula un puntuale onere di allegazione, corroborato da testimonianze e, ove necessario, perizie psicologiche, afferenti il percorso di vita del figlio “respinto”, delle sue difficoltà esistenziali, degli ostacoli affrontati nello sviluppo della sua personalità.

Se l'azione risarcitoria è proposta unitamente a quella di riconoscimento giudiziale del rapporto parentale ai fini dell'accoglimento della prima dovranno essere inoltre dedotte prove da parte dell'attore volte a dimostrare che il genitore era consapevole della propria paternità.

Soggetti che possono essere chiamati a testimoniare

In una recentissima pronuncia, la S.C., sull'abbrivio per il quale, in tema di incapacità a testimoniare nel processo civile, tale incapacità sussiste quando il testimone è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire e a contraddire di cui all'art. 100 c.p.c., con riferimento alla domanda in concreto formulata, e non ad altra eventuale domanda ipoteticamente proponibile, ha puntualizzato che nel giudizio volto all'accertamento dell'illecito endofamiliare promosso dal figlio divenuto maggiorenne nei confronti del padre va esclusa l'incapacità a testimoniare della madre, ove oggetto del giudizio sia la violazione degli obblighi morali e materiali derivanti dalla filiazione, riferiti esclusivamente al rapporto tra padre e figlio (Cass. I, n. 7171 del 2024).

4. Conclusioni

Nell'evoluzione che ha condotto, specie nell'ultimo ventennio, alla coerenziazione della responsabilità civile, un istituto per sua natura legato ad una logica di tipo patrimonialistico, con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali, è stato coniato anche il danno da illecito endofamiliare.

Se in passato si riteneva che la famiglia, quale istituzione da tutelare in quanto tale, fosse un istituto che il diritto poteva soltanto lambire, con la a graduale realizzazione del modello di famiglia voluto dalla Costituzione ed espresso dagli artt. 29, comma 2, e 30 Cost., si pone finalmente al centro dell'attenzione la posizione del singolo all'interno del nucleo familiare, quale titolare di situazioni giuridiche tutelate dall'ordinamento, non suscettibili più di alcuna limitazione nei confronti degli altri membri della famiglia. Il ruolo centrale assunto dall'individuo nell'ordinamento giuridico ‒ rafforzato dalla parallela evoluzione giurisprudenziale del danno alla persona attraverso una rilettura dell'art. 2059 c.c. in una chiave “costituzionalmente orientata” – non consente eccezioni al principio di tutela dei diritti fondamentali, qualora la lesione di tali diritti sia riconducibile alla condotta posta in essere in violazione di un dovere familiare.

Tra le fattispecie “tipiche” di illecito endofamiliare riconosciute nell'elaborazione giurisprudenziale vi è quello posto in essere dal genitore che ha mostrato un reiterato disinteresse nei confronti della prole (purché fosse consapevole del rapporto di procreazione).

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