Presupposti del diritto all'assegno di mantenimento

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

La funzione dell'assegno di mantenimento

L'assegno di mantenimento dovuto al coniuge in caso di separazione è considerato la proiezione degli obblighi di mantenimento reciproci derivanti dal matrimonio (art. 143 c.c.) nonché estrinsecazione del generale dovere di assistenza materiale, che permane anche dopo la cessazione della convivenza: la separazione, infatti, instaura un regime che tende a conservare quanto più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, con il tipo di vita di ciascuno dei coniugi (Cass. I, n. 4178/2013, cfr. anche Cass. I, n. 12196/2017).

L'assegno di mantenimento in favore del coniuge, stabilito in sede di separazione personale, decorre dalla data della relativa domanda - in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio - e non dal momento della cessazione della coabitazione (Cass. III, n. 14281/2022).

Elementi da valutare per stabilire il diritto all'assegno e la misura dello stesso

Ai sensi dell'art. 156 c.c. il giudice, per stabilire se e in quale misura sia dovuto il contributo per il coniuge, deve compiere una serie di passaggi consequenziali:

a) verificare la non addebitabilità della separazione al richiedente;

b) valutare il tenore di vita in costanza di convivenza, che costituisce il parametro per l'inadeguatezza dei redditi del richiedente;

c) accertare, comparativamente, le disponibilità economiche delle parti;

d) valutare le altre circostanze che, ex art. 156, comma 2, c.c., ai fini della quantificazione in concreto dell'importo mensile dovuto.

Una volta stabilito che il coniuge non è responsabile della frattura coniugale e che non ha redditi sufficienti a fargli mantenere un tenore di vita analogo (ma non necessariamente identico) a quello goduto in costanza di convivenza, il giudice procede alla valutazione comparativa dei mezzi a disposizione di ciascun coniuge e delle altre circostanze. In questa analisi entrano in gioco tutti i fattori di carattere economico o suscettibili di valutazione economica (Cass. VI, n. 16809/2019; Cass, VI, n. 3709/2018): reddito al netto della fiscalità (Cass. VI, n. 13954/2018) e patrimonio. All'esito di tale valutazione complessiva, se sussiste sproporzione tra le parti, il giudice procederà al riconoscimento dell'assegno, diversamente no.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali criteri assumono rilievo ai fini del riconoscimento e della determinazione dell'assegno di mantenimento?

Orientamento consolidato

Criterio del tenore di vita

Al coniuge al quale non è addebitabile la separazione spetta, ai sensi dell'art. 156 c.c., un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, purché non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione e sussista una differenza di reddito tra i coniugi.

Al fine di quantificare l'ammontare dell'assegno di mantenimento, si impone dunque l'accertamento del tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, per poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo di questo esame, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. A riguardo, è stato più volte ribadito che la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede la determinazione dell'esatto importo dei redditi posseduti attraverso l'acquisizione di dati numerici, in quanto è necessaria, ma anche sufficiente, una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, in relazione alle quali sia possibile pervenire a fissare l'erogazione, in favore di quello più debole, di una somma corrispondente alle sue esigenze (cfr. in tal senso Cass., n. 13592/2006; Cass., n. 25618/2007; v. anche Cass., n. 605/2017).

Con riferimento al tenore di vita mantenuto dalla coppia prima del verificarsi della crisi coniugale, che costituisce il parametro principale per la determinazione degli eventuali obblighi di mantenimento, va inoltre sottolineato che ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento del coniuge separato, il tenore di vita che quest'ultimo ha diritto di mantenere non è quello di fatto consentitogli dall'altro coniuge prima della separazione, ma quello che l'altro coniuge avrebbe dovuto consentirgli in base alle sue sostanze.

Pertanto, occorrerà fare riferimento al tenore di vita corrispondente a quello che ragionevolmente avrebbe potuto permettere la posizione economica complessiva della famiglia, indipendentemente dal tenore di vita tollerato prima della separazione (Cass. n. 7437/1994).

L'idoneità allo svolgimento di un'attività lavorativa

È principio consolidato quello secondo cui in tema di separazione fra coniugi l'attitudine al proficuo lavoro dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tener conto non solo dei redditi in denaro, ma anche di ogni utilità o capacità suscettibile di valutazione economica; con l'avvertenza, però, che l'attitudine al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale, e non già di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass. 789/2017; Cass. 3502/2013, Cass. 18547/2006, Cass. 12121/2004). Questo principio non può essere amplificato fino al punto di ritenere che una concreta attitudine al lavoro, capace di trovare un positivo riscontro sul mercato, possa rimanere non sfruttata a causa dell'inerzia dello stesso richiedente l'assegno, con il risultato di addossare l'onere del suo mantenimento sul coniuge separato e occupato, in quanto un simile contegno inattivo si pone in contrasto con il reale contenuto del dovere di assistenza coniugale, comunque persistente in caso di separazione fino allo scioglimento del matrimonio (Cass. 12196/2017).

In vero, se l'assegno di mantenimento di cui all'art. 156 c.c., trova giustificazione nella persistenza di tale dovere, onde consentire al coniuge che non abbia adeguati redditi propri di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, la richiesta di assistenza incontra un limite nel non potere ampliata sino a pretendere quanto lo stesso coniuge meno abbiente potrebbe procurarsi mettendo ragionevolmente a frutto le proprie attitudini. Pertanto, il riconoscimento dell'assegno di mantenimento per mancanza di adeguati redditi propri previsto dall'art. 156 c.c., essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non può estendersi a ciò che l'istante sia in grado, secondo il canone dell'“ordinaria diligenza”, di procurarsi da solo. Rimane perciò a carico del coniuge richiedente l'assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua possibilità di lavorare, l'onere di dimostrare di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato occupazionale per mettere a frutto le proprie attuali attitudini professionali (v., tra le molte, Cass. I, n. 20866/2021).

La durata del matrimonio

Nella quantificazione della misura dell'assegno di mantenimento deve essere valutata altresì la durata del matrimonio, circostanza che se, per un verso, non può assumere efficacia preclusiva del diritto all'assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, può assumere rilievo ai fini della determinazione della sua misura (cfr., ex plurimis, Cass., n. 23378/2004; Cass., n. 1162/2017).

Domanda
Nella determinazione dell'assegno di mantenimento assume rilievo anche l'assegnazione della casa familiare al beneficiario?

L'assegnazione della casa familiare è in ogni caso un'utilità economica da considerare per la determinazione dell'assegno di mantenimento

In materia di quantificazione dell'assegno di mantenimento a seguito della separazione dei coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all'assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell'ambiente domestico, indubbiamente costituisce un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, come del resto espressamente precisato dall'art. 337-sexies c.c., e tale principio trova applicazione anche qualora il coniuge separato assegnatario dell'immobile ne sia comproprietario, perché il suo godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà del bene, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota dell'immobile e si traduce in un pregiudizio economico, anch'esso valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto (Cass. I, n. 20858/2021).

Domanda
Il coniuge obbligato al versamento dell'assegno può dedurre il relativo importo dalla dichiarazione dei redditi?

L'assegno di mantenimento periodico del coniuge per l'altro è considerato onere deducibile

La risposta deve essere affermativa. Invero, come ha anche di recente ribadito la S.C., ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. (d.P.R. n. 917/1986), sono oneri deducibili l'assegno di mantenimento periodico corrisposto da un coniuge all'altro, in conseguenza di separazione legale (ed effettiva), nella misura risultante dal provvedimento dell'autorità giudiziaria o dall'accordo di separazione (Cass. n. 5984/2021; Cass. VI, n. 6794/2015; Cass. I, n. 20139/2013). Peraltro, l'art. 10, comma 1, lett. g), del d.P.R. n. 597/1973 (al pari dell'art. 10, comma 1, lett. c, d.P.R. n. 917/1986) limita la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'I.R.PE.F., solo all'assegno periodico ‒ e non anche a quello corrisposto in unica soluzione ‒ al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell'autorità giudiziaria (Cass. n. 16462/2002).

Tale differente trattamento ‒ come affermato dalla Corte cost. ord. n. 383/2001 ‒ è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l'altra idonea a definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta né irragionevole né in contrasto con il principio di capacità contributiva.

Il coniuge obbligato al versamento dell'assegno può dedurre il relativo importo dalla dichiarazione dei redditi anche se corrisponde in modo cumulativo il contributo?

 

Si perché la deducibilità dipende dalla natura giuridica dello stesso

La deducibilità dell'assegno periodico corrisposto al coniuge ex art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. é legata esclusivamente alla sua natura giuridica, e non alla scelta circa le modalità di adempimento, sicché, così come non può dedursi l'assegno divorzile una tantum, nonostante che le parti ne abbiano (con l'autorizzazione del giudice) stabilito il versamento in più tranches, allo stesso modo non può escludersi la deduzione degli assegni periodici di mantenimento stabiliti con la pronuncia di separazione personale solo perché oggetto di una corresponsione cumulativa da parte del contribuente che non abbia adempiuto al pagamento dei singoli assegni alle scadenze previste (Cass. trib., n. 7123/2024).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Di regola, le questioni afferenti la sussistenza dell'obbligo di uno dei coniugi separati di versare all'altro un assegno di mantenimento viene in rilievo nel procedimento di separazione giudiziale.

La relativa domanda sarà quindi proposta, a seconda della posizione processuale assunta in giudizio dal coniuge richiedente, in sede di ricorso per la separazione giudiziale ovvero di memoria di costituzione nel procedimento.

Detti provvedimenti sono assunti alla prima udienza non più dal Presidente ma direttamente dal Giudice istruttore assegnatario del fascicolo. Tali provvedimenti sono reclamabili, ai sensi dell’art. 473-bis.24 c.p.c., dinanzi alla Corte d’appello.

Aspetti preliminari

Competenza

La competenza per materia sulla domanda di riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole correlata a un ricorso per separazione giudiziale (ovvero alla comparsa di costituzione nel relativo procedimento) appartiene al Tribunale.

Quanto alla competenza per territorio, ai sensi dell'art. 473-bis.11 c.p.c., se vi sono figli minori, la domanda va proposta al Tribunale del luogo di residenza abituale degli stessi; in assenza di figli minori, invece, la domanda deve essere proposta, in caso di separazione, nel luogo dell'ultima residenza comune ovvero in quello di residenza del coniuge convenuto.

Profili di merito

Onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. il richiedente l'assegno è onerato della prova del complesso dei presupposti per il riconoscimento e la quantificazione dello stesso.

Con riferimento all'accertamento dei redditi dei coniugi, tuttavia, la S.C. ha precisato più volte che non è necessario che lo stesso venga compiuto nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una ricostruzione attendibile delle loro situazioni patrimoniali complessive (Cass., n. 605/2017).

Inoltre, il coniuge che richiede l'assegno è tenuto a provare, adducendo a tal fine ogni idoneo fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche, di essere privo di un'attitudine allo svolgimento di una proficua attività lavorativa (cfr. Cass. VI, n. 12329/2021, la quale ha confermato il diritto all'assegno di mantenimento per la moglie, atteso che in ragione dell'età, del fatto che fosse stata a lungo lontana dal mondo del lavoro e che potesse contare su una formazione ormai obsoleta, il lavoro part-time che aveva reperito poteva considerarsi l'unica opzione possibile).

Contenuto del ricorso o della comparsa di costituzione e risposta nel procedimento di separazione giudiziale

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Gli stessi elementi devono essere contenuti, ove la domanda di riconoscimento dell'assegno di mantenimento sia proposta dal coniuge convenuto, nella comparsa di costituzione e risposta.

L'art. 1, comma 23, della l. n. 206/2021 (legge delega di riforma del processo civile), ha delegato il Governo a prevedere che, a differenza di quanto stabilito nell'assetto attuale, le parti abbiano un onere di svolgere compiutamente le proprie deduzioni, a pena di preclusione (sotto ogni aspetto anche istruttorio), nel ricorso e nella memoria difensiva nei giudizi di separazione e divorzio.

Richieste istruttorie

Una ricostruzione complessiva della situazione reddituale dei coniugi può essere effettuata, oggi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c.

In proposito, occorre considerare che dopo alcuni contrasti emersi sulla questione nella giurisprudenza amministrativa, di recente l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che è possibile, nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, esercitare l'accesso documentale difensivo ‒ e in particolare l'accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell'anagrafe tributaria ‒ indipendentemente dalla previsione e dall'esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile (disciplinati ai sensi degli artt. 210,211 e 213 c.p.c. e, nello specifico, dagli artt. 155-sexies disp. att. c.p.c. e 492-bis c.p.c.) (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 4/2021).

4. Conclusioni

L'assegno di mantenimento del coniuge al quale non sia addebitabile la separazione è funzionale ad assicurare allo stesso un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio ove vi sia una disparità tra i redditi dei coniugi stessi. Invero, la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio.

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