Compensazione delle somme dovute a titolo di mantenimento del coniuge1. Bussole di inquadramentoLa compensazione La compensazione è un modo di estinzione delle obbligazioni di natura satisfattiva: attraverso il suo esercizio il compensante, per un verso, si libera con effetti solutori del proprio debito e, per altro verso, si cautela contro il rischio dell'insolvibilità del proprio creditore-debitore, cui oppone l'eccezione. L'estinzione, parziale o totale, delle obbligazioni per compensazione cd. legale, ha lo scopo di evitare due distinti adempimenti ed opera retroattivamente, purché si tratti di crediti omogenei, liquidi ed esigibili e questo anche nell'ipotesi in cui le reciproche ragioni di credito, pur avendo il loro comune presupposto nel medesimo rapporto, siano fondate su titoli aventi diversa natura, l'una contrattuale e l'altra extracontrattuale (Cass. III, n. 10750/2016). La compensazione estingue ope legis i debiti contrapposti, e ciò in ragione del fatto oggettivo della loro coesistenza, sicché la dichiarazione giudiziale della parte, che oppone la compensazione legale, equivale ad una manifestazione di volontà diretta a giovarsi di un effetto già verificatosi, e la pronuncia del giudice non fa che accertare l'avvenuta estinzione, per compensazione legale, dei contrapposti debiti e crediti, con effetto ex tunc, cioè al momento della loro coesistenza, fermo restando che la compensazione legale ha luogo quando coesistono crediti reciproci che siano liquidi ed esigibili e, per effetto della dichiarazione della parte interessata, la compensazione legale viene ad operare in un momento anteriore a quello in cui la dichiarazione medesima e emessa, ma tale operativita ex tunc, o retroattività, non fa risalire l'effetto estintivo al momento in cui coesistono i fatti giuridici da cui sorgono i crediti-debiti contrapposti, bensì al momento in cui coesistono crediti liquidi ed esigibili, dato che la compensazione legale ha per presupposto la liquidità ed esigibilità dei crediti, a differenza della compensazione giudiziale, per la quale e sufficiente che il debito opposto sia di facile e pronta liquidazione (v. già Cass. III, n. 2697/1962). È peraltro necessaria la dichiarazione di volersi valere della compensazione, che può essere effettuata anche in sede stragiudiziale, ipotesi nella quale, ove ciò risulti ex actis, il giudice potrà accertare la compensazione senza formale eccezione sulla base della ricorrenza dei rispettivi presupposti al tempo della dichiarazione stragiudiziale. Il mantenimento del coniuge separato L'assegno di mantenimento dovuto al coniuge in caso di separazione è considerato la proiezione degli obblighi di mantenimento reciproci derivanti dal matrimonio (art. 143 c.c.) nonché estrinsecazione del generale dovere di assistenza materiale, che permane anche dopo la cessazione della convivenza: la separazione, infatti, instaura un regime che tende a conservare quanto più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, con il tipo di vita di ciascuno dei coniugi (Cass. I, n. 4178/2013, cfr. anche Cass. I, n. 12196/2017). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Il coniuge obbligato richiesto del pagamento dell'assegno di mantenimento può eccepire l'esistenza di contro-crediti in compensazione?
Orientamento prevalente L'importo dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge è compensabile con altri crediti senza possibilità di scinderne la parte “alimentare” Alla stregua di quanto ritenuto di recente da Cass., n. 9686/2020, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso di ritenere che possa essere opposto in compensazione al coniuge che agisce per ottenere, in caso di inadempimento, la corresponsione dell'assegno un contro credito da parte dell'obbligato. Invero, a differenza del credito dei figli rispetto all'obbligo di mantenimento dei genitori che ha natura alimentare, non si può pervenire alle medesime conclusioni per il credito dovuto a titolo di mantenimento del coniuge, che non ha pari struttura, posto che trova la sua fonte legale nel diritto all'assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nell'incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere materialmente a sé (Cass., n. 6519/1996; Cass., n. 11489/2014). La stessa Corte costituzionale ha del resto da tempo riconosciuto che l'assegno di mantenimento al coniuge separato non è qualificabile quale credito alimentare, posta la sua maggior latitudine, in cui è ricompresa la funzione e causa di alimenti riferibile al coniuge in parola che si trovi incolpevolmente «in stato di bisogno e nell'impossibilità di svolgere attività lavorativa» (Corte cost., n. 1041/1988). Il ben più esteso perimetro, rispetto a quello alimentare, del credito al mantenimento del coniuge separato, è stato confermato del resto dalla complessiva rilettura dell'assegno divorzile e di mantenimento a seguito di separazione, data dalla giurisprudenza di questa Corte: l'assegno di separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; diversamente, l'assegno divorzile dev'essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati dall'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, essendo volto ‒ seppur non alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ‒ al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. S.U., n. 18287/2018; Cass., n. 17098/2019); In sostanza, il distinguo essenziale con l'importo a titolo di mantenimento, che si caratterizza dunque per vincoli solidaristici chiaramente più ampi di quelli rapportati a primarie esigenze di sopravvivenza, è testualmente confermato dall'art. 156, c.c., con cui il legislatore, nell'ipotesi della separazione, ha subordinato la corresponsione di un assegno alimentare alla pronuncia di addebito, sul presupposto che in quest'ultimo caso non vi sia la più lata spettanza. Di qui, la S.C. ha rimarcato che non sarebbe possibile scindere, al fine di perimetrare la compensazione, una quota alimentare nel credito di mantenimento azionato coattivamente, senza incidere sul titolo non modificabile dal giudice dell'esecuzione, privo di poteri sul punto, e, del resto, agibilità istruttorie idoneamente funzionali a questo scopo. Neppure ad avviso della S.C. potrebbe ipotizzarsi di differire sistematicamente la verifica al giudice dell'opposizione all'esecuzione poiché: a) si tratta di un incidente distintamente cognitivo pur sempre correlato alla procedura coattiva; b) al contempo anch'egli, quale giudice di una differente cognizione, non potrebbe incidere sullo specifico titolo esecutivo – formato in altra sede giurisdizionale – e con valutazione casistica; c) una diversa soluzione, oltre a non essere ipotizzabile per quanto appena osservato, si risolverebbe in un avallo alla lesione della ragionevole durata del procedimento esecutivo, comportando una dilazione procedimentale nei fatti sempre necessaria una volta che si assuma l'individuabilità di un'incomprimibile anche se magmatica quota alimentare nel credito azionato, unica non compensabile e, dunque, fisiologicamente inidonea a venir meno in tal modo (anche per compensazione legale). In via ulteriore la Corte di Cassazione, nella stessa decisione, ha ricordato che è consentito al debitore esecutato opporre in compensazione (giudiziale) al creditore esecutante un controcredito: 1) certo perché definitivamente verificato giudizialmente o incontestato (Cass., S.U., n. 23225/2016); 2) anche se ancora illiquido, che sia di importo certamente superiore al credito azionato esecutivamente, atteso che, in tali casi, l'illiquidità del controcredito opposto non impedisce al giudice dell'opposizione di accertarne l'entità, ove possibile senza dilazioni, avendo il solo effetto, nelle more del giudizio di opposizione, di precludere al giudice dell'esecuzione la sospensione di quest'ultima (Cass., n. 30323/2019; Cass., n. 11449/2003). Il giudice dell'opposizione all'esecuzione sarebbe vincolato nell'ipotesi in esame perché una eventuale “scissione” della parte alimentare dell'assegno implicherebbe quella della stessa struttura del credito azionato ed una necessaria rivalutazione dei relativi presupposti intrinseci; d'altra parte le ipotesi nelle quali ex art. 1246 n. 3 c.c. opera il divieto di compensazione sono tassative. Pertanto, deve escludersi che al credito per mantenimento del coniuge azionato esecutivamente non possa in alcun caso opporsi in compensazione, ex art. 615 c.p.c., un controcredito certo e illiquido ma di pronta liquidazione. Rimessione alle Sezioni Unite Possibilità di contemplare un orientamento diverso per la quota “para-alimentare” dell'assegno Di recente, la Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria (Cass. I, n. 36509/2021), ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c., tenuto conto di un quadro giurisprudenziale composito, di alcune, interconnesse questioni, in tema di assegno di mantenimento in favore del coniuge separato, così declinate: a) se i crediti afferenti agli assegni che traggono pretesto dalla crisi del rapporto di coniugio ripetano tutti indistintamente i caratteri della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità propri dei crediti alimentari; b) se tali caratteri possano farsi dipendere dall'entità delle somme erogate e se, in particolare, ne sia obbligatorio il riconoscimento in presenza di importi di ammontare modesto che inducano a ravvisare la destinazione para-alimentare; c) se, nel caso in cui sia in discussione la non debenza dell'assegno, sia possibile scorporare da esso, al fine di riconoscervi i caratteri di cui sopra, la quota avente destinazione para-alimentare; d) se il regime giuridico individuato in base all'accertamento da condursi in relazione al punto a) sia estensibile anche all'assegno in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti di cui venga accertato l'indebito. 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Quando viene in rilievo una compensazione tra crediti la situazione processuale è quella di un soggetto che ha ricevuto da un altro una richiesta di corrispondere una somma di denaro e deduce un contro-credito nei confronti del richiedente in compensazione. Se questo contro-credito è inferiore o pari a quello fatto valere la compensazione è oggetto di eccezione, mentre se è superiore di una domanda riconvenzionale (Cass., n. 538/1997; Cass., n. 9525/1992). Non è richiesto l'uso di formule sacramentali, ma è invece sufficiente che una volontà in tal senso risulti inequivocabilmente dalla condotta difensiva della parte (Cass., n. 10335/2014; Cass. n. 7257/2006; Cass. n. 391/2006). In ogni caso, avendo riguardo alla disciplina processuale dettata dall'art. 35 c.p.c., l'eccezione di compensazione presuppone il riconoscimento sia pure parziale e condizionato, del debito proprio della parte che eccepisce, debito del quale si afferma la estinzione — totale o parziale — per effetto della contemporanea esistenza della ragione creditoria che si allega nei confronti dell'avversario (cfr. già Cass. III, n. 1978/1966). L'eccezione di compensazione a fronte del credito fondato sull'obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge separato è proposta, di regola, dopo la notifica all'obbligato inadempiente rispetto alle prescrizioni contenute nel relativo provvedimento giudiziario di un atto di precetto. L'eccezione è così veicolata, di norma, mediante un atto di opposizione a precetto ovvero, se l'esecuzione è già incardinata, con ricorso in opposizione all'esecuzione. Il primo giudizio deve seguire le forme di quello ordinario di cognizione (v. art. 615, comma 1, c.p.c.): è introdotto con atto di citazione e deciso, all'esito di un'istruttoria disciplinata nelle forme proprie del secondo libro del codice di procedura civile, con sentenza. Il creditore che ha notificato il precetto riveste in tale giudizio, che ha ad oggetto l'accertamento della sussistenza della pretesa creditoria, la veste processuale di convenuto. Il contro-credito può essere eccepito nell'ambito di un'esecuzione già iniziata con il pignoramento nelle forme dell'opposizione all'esecuzione di cui al secondo comma dell'art. 615 c.p.c. con ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione. In entrambe le ipotesi il giudizio ha ad oggetto l'accertamento negativo della sussistenza dell'avversa pretesa creditoria, talvolta con richiesta, in via riconvenzionale, di condanna al pagamento del contro-credito superiore del credito vantato dall'altra parte opposto in compensazione. Aspetti preliminari Competenza L'atto di citazione in opposizione a precetto segue, anche per i crediti in materia familiare, le regole ordinarie in tema di riparto della competenza per valore tra giudice di pace e Tribunale. La competenza a conoscere dell'opposizione proposta dopo l'inizio dell'esecuzione spetta invece al giudice dell'esecuzione il quale, una volta assunti i provvedimenti sull'istanza di sospensione della procedura e sulla competenza, concederà alle parti termine per l'eventuale introduzione del giudizio di merito. Legittimazione La legittimazione attiva compete al genitore che assume di non aver adempiuto all'obbligo di mantenimento del coniuge vantando un contro-credito nei confronti dello stesso, legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova In applicazione delle regole generali tratte dall'art. 2697 c.c., grava sulla parte che invoca la compensazione l'onere della prova circa l'esistenza del proprio controcredito, quale fatto estintivo del debito (Cass. lav., n. 292/2016). Si tratta di un'eccezione in senso stretto, purché riferita ad un rapporto obbligatorio diverso da quello che forma oggetto del giudizio. Pertanto, poiché il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario deve ritenersi inteso non solo a tutela dell'interesse di parte, ma anche dell'interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo e alla sua spedita definizione, l'eccezione di compensazione, nel giudizio ordinario di cognizione, non può essere proposta, dopo la prima udienza di trattazione, nel termine assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 183 c.p.c. (Cass., n. 6532/2006). Contenuto degli atti di parte L'atto di citazione in opposizione a precetto o il ricorso ex art. 615, comma 2, c.p.c. al giudice dell'esecuzione devono contenere le generalità dell'attore e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta da colui il quale agisce e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Se i medesimi requisiti devono essere contenuti nella comparsa di costituzione (v. art. 167 c.p.c.) del creditore che ha notificato al precetto nel giudizio di opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., invece nell'ipotesi di opposizione proposta ad esecuzione già iniziata il creditore può costituirsi con una memoria nella quale si limita ad indicare la propria veste nella procedura esecutiva ed il nominativo dell'avvocato in quanto gli altri elementi sono già contenuti nell'atto di pignoramento. 4. ConclusioniIl codice civile contempla la compensazione tra crediti certi, liquidi ed esigibili quale istituto di carattere generale. Il soggetto convenuto da un preteso creditore che vanti un contro-credito può sollevare eccezione di compensazione fondata sullo stesso o, anche, domanda riconvenzionale, se si tratta di un contro-credito superiore al credito fatto valere in causa. Solo nelle tassative ipotesi nelle quali il credito ha natura alimentare, alle quali non può in alcun modo essere ricondotta quella dell'obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge, stante la diversa natura del credito di quest'ultimo, non può realizzarsi la compensazione con un contro-credito di altra natura. |