Diritto agli alimenti del coniuge separato non titolare dell'assegno di mantenimento

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il diritto agli alimenti del coniuge separato in stato di bisogno

In tema di separazione personale di coniugi, il comma 3 dell'art. 156 c.c. stabilisce che resta fermo l'obbligo alimentare di cui agli artt. 433 ss. c.c. a carico del coniuge separato in favore dell'altro.

Ciò significa che, anche ove non sussistano le condizioni per disporre l'assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole ‒ ad esempio perché è stata accolta la domanda di addebito della separazione proposta dall'altro coniuge ‒ se sussistono le condizioni previste dagli artt. 433 ss. c.c. detto coniuge ha diritto ad un assegno alimentare a carico dell'altro.

L'obbligo alimentare si distingue nettamente dal diritto al mantenimento previsto dal comma 1 dell'art. 156 c.c.: invero, il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell'assegno alimentare presuppone, secondo la formulazione letterale del primo comma dell'art. 438 c.c., lo stato di indigenza del richiedente, e si è precisato che in tema di separazione legale tra coniugi, la richiesta di alimenti costituisce un minus necessariamente compreso in quella di mantenimento (ex multis, Cass. I, n. 5677/1996; Cass. n. 4198/1998; Cass. n. 5381/1997).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Come deve essere valutato lo stato di bisogno del richiedente?

Orientamento prevalente

Lo stato di bisogno va parametrato a quello necessario per la spettanza dell'assegno alimentare ex art. 438 c.c.

Presupposto per l'attribuzione in favore del coniuge separato non beneficiario del mantenimento di un assegno alimentare è la ricorrenza di uno stato di bisogno dello stesso.

L'entità del bisogno del richiedente incide sia sull'an che sul quantum dell'importo spettante: nella giurisprudenza di legittimità è stato a riguardo chiarito che la misura del bisogno deve essere vagliata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell'indigenza ‒ le quali sono prive di ogni collegamento con ragioni di solidarietà familiare, che costituiscono, invece, il fondamento della norma in esame, bensì in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del de cuius, in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti (Cass. I, n. 1253/2012; Cass. I, n. 9185/2004).

Gli alimenti, sempre ai sensi dell'art. 438 c.c., devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. L'assegno alimentare, tuttavia, non può superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale.

Impossibilità di svolgere un'attività lavorativa

Deve ravvisarsi lo stato di bisogno nell'ipotesi di impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l'abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni dell'alimentando, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie (Cass., n. 25248/2013).

Peraltro, il riconoscimento degli alimenti, anche in presenza di uno stato di bisogno, è subordinato alla dimostrazione, da parte del richiedente, dell'impossibilità di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di un'attività lavorativa, sicché è stato, inoltre, precisato che, laddove l'alimentando non provi la propria invalidità al lavoro per incapacità fisica o l'impossibilità, per circostanze a lui non imputabile, di trovarsi un'occupazione confacente alle proprie attitudini e alle proprie condizioni sociali, la relativa domanda deve essere rigettata (Cass. n. 21572/2006).

In sostanza, il diritto agli alimenti è legato alla prova non solo dello stato di bisogno, ma dell'impossibilità da parte dell'alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di attività lavorativa legata alle attitudini della persona e non considerata in termini astratti; in particolare, in tema di separazione personale, si è evidenziato, al fine del riconoscimento e della liquidazione dell'assegno alimentare, che l'attitudine di un coniuge al lavoro spiega rilievo, nella individuazione delle sue capacità di guadagno, solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore (Cass. n. 1099/1990).

Anche più di recente in termini analoghi, la stessa S.C. ha sottolineato che il diritto agli alimenti previsto dall'art. 433 c.c. è legato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità da parte dell'alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di attività lavorativa: il diritto è escluso «se questi è in grado di trovare un'occupazione confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali» (cfr. Cass. I, n. 3318/2017).

Tuttavia, all'interno della stessa Corte di cassazione si va affermando un orientamento che tende a considerare in astratto la capacità lavorativa del ricorrente, attribuendo invero allo stesso l'onere di dimostrare l'impossibilità di trovare un lavoro tanto per ragioni di salute quanto per altre circostanze che rendano impossibile o comunque altamente improbabile che ciò si realizzi (cfr. Cass. VI, n. 770/2020).

Domanda
Anche l'ex convivente ha diritto agli alimenti?

Sì, solo per le convivenze cessate dopo la data di entrata in vigore della l. n. 76/2016 e secondo i principi generali che regolano la materia

La l. n. 76/2016 (art. 1, comma 65) ha introdotto nell'ordinamento il diritto agli alimenti in favore del convivente con decorrenza dal 5 giugno 2016 (data di entrata in vigore delle nuove norme): pertanto, una pretesa alimentare del convivente more uxorio è possibile solo per quelle convivenze che siano cessate a partire dal 5 giugno 2016. Il diritto alimentare, infatti, nella convivenza di mero fatto, sorge nel momento in cui si verifica lo stato di bisogno e coincide, dunque, con la cessazione del legame (Trib. Milano IX, 23 gennaio 2017).

Presupposti del diritto a ricevere gli alimenti da parte dell'ex convivente, secondo i principi generali che regolano la materia, sono: lo stato di bisogno del richiedente; l'impossibilità del richiedente di provvedere al proprio mantenimento, il rispetto dell'ordine fissato dall'art. 433 c.c.; nella scelta del soggetto cui si richiede la prestazione alimentare, ovvero la prova, in caso di mancato rispetto dell'ordine degli obbligati, che l'obbligato precedente non si trovi nella condizione di poter soddisfare l'obbligo alimentare (Trib. Milano IX, 12 luglio 2019).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Il diritto agli alimenti del coniuge separato non titolare dell'assegno di mantenimento, anche nell'ipotesi di addebito della separazione, che si trovi in stato di bisogno sancito dall'art. 156 c.c. deve essere fatto valere in un giudizio ordinario di cognizione, introdotto con atto di citazione, nel quale dovranno essere accertati i presupposti per la spettanza dello stesso (rapporto di coniugio tra le parti; stato di bisogno del richiedente; possibilità economica del convenuto di corrispondere gli alimenti) e, in ipotesi affermativa, quantificato l'importo del contributo.

Poiché il giudizio è demandato al Tribunale in composizione monocratica, il richiedente può in alternativa optare per il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. In tale ipotesi il giudizio sarà introdotto con ricorso e non con atto di citazione e si svolgerà secondo forme destrutturate rispetto a quelle contemplate dal secondo libro del codice di procedura civile per il giudizio ordinario di cognizione.

Aspetti preliminari

Tutela cautelare

Lo stato di bisogno del coniuge richiedente potrebbe essere tale da integrare i presupposti che nel giudizio di alimenti consentono, ai sensi dell'art. 446 c.c., di disporre un assegno provvisorio in favore dello stesso.

A tal fine, il ricorrente sarà onerato della dimostrazione dell'apparente fondatezza del proprio diritto (fumus boni juris), nonché dell'impossibilità di attendere la conclusione del procedimento, che potrebbe implicare la necessità di compiere accertamenti più puntuali, in ragione dell'entità elevata del bisogno. L'assegno provvisorio potrebbe essere concesso, ad esempio, se il richiedente, nelle more della decisione sul merito, rischierebbe di non poter soddisfare le proprie esigenze di vita più elementari (es. acquistare cibo, medicine e simili).

Competenza

La competenza a decidere sulla domanda spetta al Tribunale in composizione monocratica, stante il valore indeterminabile della causa e sul piano della competenza per territorio operano i criteri generali di cui agli artt. 18 ss. c.p.c.

Legittimazione attiva

La legittimazione attiva a proporre il ricorso spetta al coniuge separato non titolare dell'assegno di mantenimento che assume di trovarsi in uno stato di bisogno tale da giustificare la previsione di un assegno alimentare a carico dell'altro coniuge.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per l'attribuzione dell'assegno alimentare verte, secondo le regole generali desumibili dall'art. 2697 c.c., in capo al richiedente.

In particolare, l'attore dovrà provare tanto la possibilità economica del convenuto di provvedere al versamento del contributo quanto il proprio stato di bisogno “incolpevole”, adducendo ragioni di salute o altre circostanze che impediscano allo stesso di trovare un lavoro confacente alle proprie attitudini.

Contenuto dell'atto introduttivo

L'atto introduttivo deve specificare le generalità dell'attore e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nell'atto, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede che venga disposto in proprio favore un assegno a carico del coniuge separato dovrà essere dedotta e documentata la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del relativo diritto.

Richieste istruttorie

Nell'ipotesi di contestazione circa la possibilità economica del convenuto di corrispondere l'assegno alimentare richiesto, vi è la possibilità per l'attore di ottenere un ordine di esibizione dall'autorità giudiziaria nei confronti dello stesso (dall'inottemperanza al quale l'autorità giudiziaria potrà desumere elementi di prova sfavorevoli al convenuto).

Nel giudizio ordinario di cognizione le istanze istruttorie in via diretta possono essere come noto formulate sino alla seconda memoria di cui all'art. 183, sesto comma, c.p.c.

Nel procedimento sommario di cognizione, pur non maturando una preclusione alla possibilità di veicolare richieste istruttorie con il ricorso introduttivo, poiché in astratto il giudice potrebbe ritenere la causa documentale e decidere anche al termine della prima udienza è opportuno inserire le richieste di prova già in detto ricorso.

Regime dei provvedimenti

È discussa la reclamabilità ex art. 669-terdecies c.p.c. dell'assegno provvisorio concesso all'alimentando ai sensi dell'art. 446 c.c.: in senso affermativo opinano quanti fanno leva sulla natura sostanzialmente cautelare del provvedimento, mentre opposta è la tesi che argomenta in base alla differente struttura dello stesso.

La decisione definitiva è assunta nel giudizio di merito con sentenza appellabile (ovvero ordinanza appellabile nell'ipotesi in cui il richiedente abbia optato per il ricorso nelle forme del procedimento sommario di cognizione).

4. Conclusioni

L'art. 156, comma 3, c.c. fa salva la possibilità per il coniuge separato, che non sia beneficiario dell'assegno di mantenimento previsto dal primo comma della stessa disposizione, di richiedere che vengano posti a carico dell'altro gli alimenti, ove ricorrano i presupposti a tal fine contemplati dall'art. 438 c.c.

Il coniuge richiedente – che potrà optare per la proposizione del giudizio nelle forme di quello ordinario o sommario di cognizione – sarà onerato della prova dei fatti costitutivi della propria pretesa e, in primis, di un incolpevole stato di bisogno, in relazione alle occasioni di lavoro coerenti con le proprie attitudini, età e stato di salute.

Lo stato di bisogno che deve essere dimostrato dal ricorrente, secondo quanto affermato nella giurisprudenza di legittimità dominante, è analogo a quello richiesto per ottenere gli alimenti a carico dei parenti dall'art. 438 c.c. e deve quindi essere valutato non in assoluto quanto in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del de cuius.

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