Tribunale di Torino e infezione da Covid: le relative conseguenze possano rientrare nelle assicurazioni infortuni private o nelle assicurazioni malattia?

12 Aprile 2022

Richiamate sinteticamente le discussioni sorte per l'inquadramento delle infezioni da Covid in ambito assicurativo, segue l'esame della sentenza n. 184/2022 del Tribunale di Torino, evidenziando il percorso argomentativo ivi adottato che ha portato alla collocazione dell'infezione da Covid nell'ambito degli infortuni. Si procede poi all'esame delle condizioni contrattuali adottate nel contratto di assicurazione invocato da parte attrice con richiami alle norme che regolamentano l'interpretazione dei contratti. Infine, con le conclusioni adesive alla decisione adottata dal Tribunale, si richiamano alcune considerazioni in ordine alla differenza esistente tra malattia e infortunio.
L'inquadramento delle conseguenze del Covid in ambito assicurativo

Una delle questioni sorte in seguito all'epidemia di coronavirus ha riguardato l'inquadramento sotto il profilo assicurativo delle sue conseguenze.

Nelle assicurazioni sociali si è imposta la classificazione delle conseguenze di tale infezione nell'ambito dell'infortunio sul lavoro e non della malattia (per un primo esame della normativa in argomento v. M. Marinelli, Infortuni sul lavoro e Covid: molto strepito per nulla, in Lavoro nella Giurisp. 2020,7,677).

Nell'ambito delle assicurazioni private si sono invece prospettate in dottrina posizioni diverse nel senso che una corrente si è pronunciata per l'inquadramento delle predette conseguenze dell'infezione da coronavirus nell'ambito della malattia con le relative conseguenze e altra, invece, per l'inquadramento nell'ambito dell'infortunio, come d'altronde fatto dall'assicuratore sociale, considerandole così sinistro indennizzabile anche dalle polizze infortuni.

Come già in altre occasioni rilevato, occorre tener presente che la questione, indubbiamente molto delicata, può essere influenzata oltre che dalla scelta della definizione di infortunio o malattia, anche dal tenore delle clausole contrattuali adottate nel singolo contratto di assicurazione.

È chiaro infatti che, anche volendo inquadrare l'infezione da Covid nell'ambito dell'assicurazione infortuni, le garanzie potrebbero non operare in tale ipotesi laddove siano previste esclusioni espresse come ad esempio risulta da certi contratti per l'infezione da HIV che viene esclusa o comunque, per l'esclusione delle conseguenze di infezioni microbiche o virali (per un esame delle argomentazioni esposte in argomento vedi: per la comparazione del Covid alla malattia, M. Rossetti, L'assicurazione e l'emergenza Covid, in Assicurazioni; per la tesi opposta v. invece A. Polotti di Zumaglia, Le infezioni da coronavirus e le assicurazioni contro i danni alla persona in Ridare e Alberto Polotti di Zumaglia, Indennizzabilità dei danni da coronovirus nelle assicurazioni private contro gli infortuni. Le opposte posizioni, in Ridare)

Analogo discorso sulla presenza di eventuali esclusioni potrebbe, peraltro, essere fatto anche nelle assicurazioni malattia laddove siano previste espresse esclusioni per determinate infezioni come il Covid, sempre che si ritenesse di inquadrare la relativa infezione nell'ambito delle malattie anziché dell'infortunio. È comunque chiaro che in presenza di assicurazione che copra sia le malattie che l'infortunio il problema potrebbe non porsi, posto che l'assicurato risulterebbe in ogni caso validamente coperto.

Non può quindi che ripetersi che al di là delle discussioni sull'inquadramento della predetta infezione in una od in altra categoria la questione dell'operatività delle garanzie assicurative consegue sempre ad un accurato esame delle singole clausole richiamate nel singolo contratto ed alla loro interpretazione.

La decisione del Tribunale di Torino

Le discussioni sorte in ordine alla possibilità di inquadrare le conseguenze delle infezioni da Covid nell'ambito della polizza privata contro gli infortuni o della polizza malattia sono anzitutto impostate sulla differenza tra il concetto di malattia e quello di infortunio e nel caso si intenda far riferimento a quest'ultimo tipo di assicurazione alla definizione di infortunio adottata nel singolo contratto ed alle eventuali esclusioni.

La sentenza qui riportata (Trib. Torino, Sez. IV Civile 19 gennaio 2022, n. 184), che si è occupata di un caso in cui l'infezione da coronavirus ha portato alla morte l'assicurato, si è espressa nel senso di ritenere che le conseguenze da coronavirus siano da considerarsi infortunio e non malattia, condannando l'assicuratrice convenuta al pagamento dell'indennizzo previsto dalla polizza infortuni con essa stipulata per il caso morte.

Il ragionamento attraverso il quale la sentenza motiva la sua decisione si articola anzitutto in un esame approfondito delle modalità utilizzate dal virus per infettare il soggetto che ne viene aggredito cui segue una completa disamina delle clausole contrattuali e della definizione di infortunio adottate nello specifico caso.

Dimostrato poi che nel caso di specie sono presenti tutte e tre le cause che qualificano l'infortunio e cioè la causa violenta, quella fortuita e quella esterna, si giunge alla conclusione, in mancanza di espresse esclusioni, che l'infezione da coronavirus rientra nella definizione di infortunio e che le sue conseguenze devono essere indennizzate a sensi del contratto invocato da parte attrice.

Nel procedere all'esame delle clausole contrattuali si effettuano anche corretti richiami alle norme dettate per l'interpretazione dei contratti ed in particolare all'art. 1370 c.c. che, come noto, prevede che le condizioni contrattuali predisposte da uno dei contraenti siano interpretate, nel dubbio, a favore dell'altra parte.

Si può subito rilevare che anche in questo caso la definizione di infortunio adottata dalla polizza in questione ricalca quella che si potrebbe definire classica che considera infortunio l'evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna in grado di determinare constatabili lesioni che possono determinare come conseguenza anche la morte.

La presenza della causa fortuita viene individuata in sentenza nel fatto che l'infezione da Covid consegue ad un atto assolutamente non volontario ed estraneo a un'attività consapevole del soggetto infettato. Se in punto si può concordare resta pur sempre il fatto che qualche generica perplessità sulla presenza della causa fortuita potrebbe invece presentarsi in determinati e chiaramente ben diversi casi, allorché, ad esempio, un soggetto senza protezione alcuna frequenti altri soggetti palesemente infetti. Sarebbe comunque pur sempre una questione di prove che le parti (o meglio la parte convenuta) dovrebbero fornire.

In ordine alla causa violenta il Tribunale ne ravvisa la presenza nel fatto che il contatto che provoca l'infezione non è dilatato nel tempo e comunque “ …determina uno stravolgimento violento delle regole naturali della vita di un organismo che si trovi in situazione normale” e viene parificata la causa violenta rappresentata dalla ferita provocata dalla caduta di un mattone sulla testa di una persona all'infezione da Covid che provoca un'alterazione dello stato normale di intere parti dell'organismo.

Anche su queste argomentazioni non si trova alcunché da eccepire vista la subitaneità dell'ingresso dell'infezione nel corpo del soggetto che viene infettato. Ci si permette solo di richiamare, con riferimento all'esempio fatto in sentenza, la differenza che si può trovare tra le cause traumatiche come la caduta del mattone sul capo di una persona cui provoca una lesione e le cause non traumatiche, ma pur sempre violente, come l'aggressione di batteri o virus, che provocano anch'esse una lesione del soggetto aggredito ma non necessariamente comportano una lesione immediata od un sanguinamento.

Altro esempio, cui si può fare riferimento, potrebbe essere quello dell'infortunio rappresentato dall'epatite contratta da un infermiere che si era punto con una siringa mentre faceva una iniezione ad un malato (Cass. Civ., 1° giugno 2000, n. 7306 e Cass. sez. lav., 27 giugno 1998, n. 6390). In tal caso si ha certamente la causa fortuita, quella esterna e quella violenta che è rappresentata dall'ingresso del virus dell'epatite per il tramite della siringa, che è appunto il mezzo attraverso il quale il virus entra nel corpo del soggetto ma non il mezzo infettante che è invece l'ingresso del virus sia pur per quella via.

Se si tiene conto che nell'infezione da coronavirus l'ingresso del virus si ha per il tramite delle goccioline infettanti veicolate dall'aria o dal loro deposito su superfici poi toccate dal malato si deve conseguentemente ammettere che si ha solo un mezzo diverso di infezione da quello dell'appena accennato caso dell'infermiere infettato dal virus dell'epatite che per introdursi nel corpo del malato aveva utilizzato come mezzo di ingresso la puntura della siringa. Si tratta quindi solo di prendere atto che se pur cambia il mezzo di ingresso del virus il risultato finale non cambia.

L'individuazione della causa esterna presa in considerazione dal Tribunale e rappresentata dal fatto che il virus è pur sempre un qualcosa di estraneo al corpo umano nel quale viene ad inserirsi provenendo appunto dall'esterno, risulta poi corretta per cui l'esame della contemporanea presenza delle cause rappresentanti l'infortuni è senz'altro da condividere.

Conclusioni

Non resta a questo punto che prendere atto che nel contratto di assicurazione esaminato non si riporta alcuna esclusione relativamente alle infezioni batteriche o virali e che è stato effettuato un corretto richiamo alle norme regolante l'interpretazione dei contratti per cui si ritiene di aderire senz'altro alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Torino con una ineccepibile motivazione.

Si rileva, solo per completezza, che le osservazioni formulate in sentenza con riferimento al concetto di malattia lasciano qualche perplessità anche se le stesse, non riguardando direttamente il tema affrontato, non spostano minimamente il giudizio favorevole appena espresso riguardo quanto deciso.

Contesta infatti l'estensore la distinzione tra infortunio e malattia che la difesa della convenuta ha evidentemente formulato, distinzione che “… si vorrebbe porre tra “infortunio” e “malattia “, quasi che il contrarre una malattia non costituisse un infortunio (la cui stessa etimologia latina – infortunium – squaderna il riferimento ad un evento sfortunato, malaugurato) ma semmai, allora … un colpo di buona sorte!”

Pare in punto potersi osservare che la distinzione tra infortunio e malattia e la conseguente enucleazione della seconda, non sarebbe così peregrina se si considera che il primo è qualificato dalla contemporanea presenza della causa fortuita, della causa violenta e di quella esterna.

È innegabile che anche nella malattia si potrà avere una causa fortuita e magari anche una causa violenta come si può ipotizzare nel caso di un colpo apoplettico che è senz'altro una malattia posto che si presenta senz'altro al di là della volontà del paziente e con una certa violenza ma non si potrebbe ivi rintracciare anche una causa esterna visto che la sua causa è interna all'organismo che ha determinate caratteristiche che portano al verificarsi di un tale evento.

Altro esempio che può chiarire il concetto è rappresentato dalle emorragie che quando dipendono da una causa traumatica non provocata da autolesionismo possono essere riconducibili all'infortunio per la presenza di tutte e tre le cause richieste per la sua individuazione derivando appunto da fatto esterno violento e fortuito; ma quando le emorragie derivano da processi degenerativi dei tessuti o da malattie croniche troveranno la loro causa in fattori interni all'organismo e non potrà perciò dirsi che vi sia una causa esterna rientrando quindi a ragione nella categoria delle malattie e non dell'infortunio.

Nel caso dell'infezione da Covid si ha, come già accennato in precedenza, l'introduzione del virus nel fisico del paziente tramite le goccioline od il contatto con superfici infette e non per un mezzo traumatico ma il risultato finale e cioè l'infezione provocata dall'introduzione nel corpo da parte del virus non sposta il problema, per cui se è infortunio l'introduzione nel fisico di un virus tramite la puntura di una siringa non si vede come non possa esserlo l'infezione da Covid solo perché l'introduzione del virus nel fisico del soggetto avviene in altro modo.

Con riferimento ai riflessi sul piano assicurativo privato di quanto sin qui detto si può rilevare che a seconda delle caratteristiche del singolo caso si potrà di conseguenza ritenere operante una polizza contro le malattie od una polizza contro gli infortuni.

Si può solo osservare che il riferimento a polizze malattia è del tutto generico posto che in tale categoria possono considerarsi le assicurazioni spese mediche che vengono rimborsate in caso di malattia od infortunio e che quindi finirebbero per intervenire comunque diventando indifferente la catalogazione dell'infezione da coronavirus e le assicurazioni invalidità permanente da malattia che invece non opererebbero se si considera l'infezione da coronavirus come infortunio ( Per un'analisi delle varie assicurazioni malattia si rinvia a Alberto Polotti di Zumagli – Le assicurazioni contro i danni alla persona – Milano 2019 cap.III).

La questione finisce invece per avere notevole rilevanza nel caso delle polizze infortuni che chiaramente comprendendo anche le infezioni batteriche o virali finirebbero per risultare operanti anche per le conseguenze da coronavirus mentre se si seguisse l'impostazione opposta non dovrebbero intervenire.

In ogni caso si ritiene di dover concordare pienamente con quanto correttamente deciso dal Tribunale di Torino.

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