Rischio Covid-19: gli obblighi indelegabili del datore di lavoro restano tali

26 Aprile 2022

La questione affrontata dalla Corte di cassazione nella pronuncia in commento riguarda il tema degli obblighi del datore di lavoro cd. “non delegabili”.
Massima

L'unicità del concetto di datore di lavoro di cui all'art. 2, lett. b) d.lgs. n. 81/2008 impone di escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi e che la medesima organizzazione, ove unitaria, o una sua unità produttiva possano conoscere la compresenza di più datori di lavoro.

Il caso

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, assolveva con la formula perché il fatto non sussiste, il Sig. M.C., consigliere delegato, CEO e capo azienda dell'istituto bancario Intesa San Paolo, dai reati a lui ascritti: A) artt. 29, comma 1, e art. 55, comma 1, lett. a); B) artt. 17, comma 1, lett. b), e art. 55, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008, per condotte riferite alla valutazione del rischio (DVR) connesso alle “malattie trasmissibili pandemia Covid-19” oggetto del DVR n. 24 del 20/5/2020 e alla designazione del responsabile per la sicurezza (RSPP).

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Savona propone ricorso in Cassazione per violazione di legge per avere il giudicante erroneamente interpretato il dato normativo e pronunciato sentenza assolutoria.

In particolare, il ricorrente sostiene che nel caso di specie la qualifica di “datore di lavoro” rilevante ai fini delle violazioni contestate, non può che competere al Sig. M.C., e non già al Sig. R.F., suo dipendente, delegato con atto notarile e avente la qualifica di dirigente; è vero che il datore di lavoro può, in via generale, delegare i suoi poteri a un soggetto specifico che possieda i requisiti richiesti dalla legge, ma l'art. 17 d.lgs. n. 81/2008 esclude espressamente che la facoltà di delega possa operare per la valutazione dei rischi e la designazione del responsabile per la sicurezza. Sulla scorta della chiarezza di tale dato normativo, il ricorrente ritiene, dunque, che l'imputato debba rispondere delle omissioni contestategli, e di conseguenza chiede l'annullamento della sentenza impugnata.

La questione

La questione riguarda il tema degli obblighi del datore di lavoro cd. “non delegabili”. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro non può, infatti, essere esercitata con riguardo a talune peculiari attività, che per la loro importanza e per l'intima correlazione con le scelte aziendali di fondo rimangono attribuite al potere-dovere del datore di lavoro (v. art. 17 d.lgs. n. 81/2008). Si tratta: a) dell'attività di valutazione di tutti rischi per la salute e la sicurezza al fine della redazione del documento previsto dall'art. 28 d.lgs. n. 81/2008, contenente non solo l'analisi valutativa dei rischi ma anche l'indicazione delle misure di prevenzione di protezione attuate; nonché b) della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ritiene fondato il ricorso, e pertanto annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Savona.

Più nel dettaglio, il Collegio, anzitutto, sgombra il campo da eventuali equivoci, chiarendo che nel caso di specie viene in rilievo l'omissione di atti dovuti da parte del Sig. M. e non il tema, collegato ma distinto, della validità ed efficacia del documento di valutazione del rischio (DVR) rispetto a soggetti terzi (inclusi i dipendenti e i lavoratori), né tantomeno la tematica relativa all'eventuale responsabilità in capo al datore di lavoro in caso di eventi dannosi successivi alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza oppure alla adozione del DVR.

La Corte rileva come il Tribunale abbia erroneamente accertato e ritenuta condivisibile la dichiarazione del Sig. R. secondo la quale, sulla base della delega ricevuta, egli doveva essere ritenuto titolare del rapporto di lavoro “in senso prevenzionale/sicuristico”, ma “non anche in senso giuslavoristico”. Una circostanza che, invece, «impone di concludere che la posizione giuridica del sig. R. non è assimilabile a quella del datore di lavoro come fissata dall'art. 2, lett. b) d.lgs. n. 81/2008. Tale disposizione, infatti, individua il datore di lavoro nella persona che è “titolare del rapporto di lavoro” o che comunque “ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” con riferimento a tutta l'operatività aziendale. L'unicità del concetto di datore di lavoro impone di escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi e che la medesima organizzazione, ove unitaria, o una sua unità produttiva possano conoscere la compresenza di più datori di lavoro».

Dopo aver appurato che, nella fattispecie, l'atto notarile non avesse per oggetto l'intera organizzazione e l'intero rapporto giuslavoristico, la Corte conclude che lo stesso R. non rivestiva la qualifica di datore di lavoro (rimasta sempre in capo al sig. M.), ma era stato investito di una delega parziale di funzioni e responsabilità che non includeva l'attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all'intera struttura organizzativa; di conseguenza, le condotte omesse ascritte nei capi di imputazione – riferite alla valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili pandemia Covid-19 e alla designazione del R.S.P.P. – costituiscono «adempimenti previsti in materia di sicurezza, non delegabili ai sensi dell'art. 17 d.lgs. n. 81/2008», e che si tratta «di adempimenti che l'imputato pacificamente non ha curato».

Osservazioni

Secondo la definizione contenuta nell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro è «il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque il soggetto che secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, alla responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa».

Si tratta, come è noto, di una nozione volutamente ampia, ispirata a criteri di tutela sostanziale, tale per cui “datore di lavoro” destinatario delle norme di prevenzione è colui il quale, posto al vertice dell'impresa, abbia i poteri decisionali e di spesa. La ratio è evidentemente quella di evitare la possibile deresponsabilizzazione di chi realmente diriga l'impresa o l'organizzazione del lavoro.

Nell'adempimento degli obblighi di sicurezza, l'eventuale presenza di una delega di funzioni – la cui disciplina è contenuta nell'art. 16 d.lgs. n. 81/2008 che subordina la sua validità ad una serie di requisiti specifici – non è tuttavia idonea ad escludere l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro (e la conseguente responsabilità in capo allo stesso) in ordine al corretto espletamento da parte del soggetto delegato delle funzioni trasferite, ma soprattutto l'obbligo di predisposizione del documento di valutazione dei rischi e l'obbligo di designazione del Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione. Per espressa previsione dell'art. 17 del citato decreto, queste ultime attività non sono infatti in alcun modo delegabili.

Dunque, la soluzione adottata dalla Corte di cassazione nella sentenza in oggetto appare del tutto condivisibile nella misura in cui chiarisce che, sulla scorta della cornice normativa delineata dal Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, le attività di valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili a causa del Covid-19 ricadono sempre nella sfera di responsabilità del datore di lavoro. Si è visto, infatti, come le condotte omesse nella fattispecie – cioè quelle di valutazione di tutti rischi per la salute e la sicurezza e di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi – costituiscono adempimenti di esclusiva pertinenza del datore di lavoro, e pertanto non delegabili.

Insomma, la responsabilità penale diretta del datore di lavoro per l'inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex sé per il solo fatto che egli possa investire un proprio dipendente di una delega di funzioni parziale, che non determini l'attribuzione di poteri decisionali e di spesa con riguardo all'intera struttura organizzativa.

Riferimenti
  • Aldrovandi, la delega di funzioni nella sicurezza sul lavoro: riflessioni alla luce del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in Bellantoni-Vigoni (a cura di), Studi in onore di Mario Pisani, III, Piacenza, 2010;
  • D'Altilia L., Il rischio penale nei rapporti di lavoro, Milano, 2015, 12 ss.;
  • Deidda, Sicurezza sul lavoro (tutela penale della), Enc. dir., X, 2017, 881 ss.;
  • Zoppoli-Pascucci-Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Commentario al D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Aggiornato al d.lgs. 3 agosto 2009, n. 106, Milano, 2010.

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