Riforma processo civile: la mediazione familiare e una nuova negoziazione assistita

Daniela Rodella
Greta Pizzocri
27 Aprile 2022

La negoziazione assistita e la mediazione familiare, insieme agli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, sono valorizzate nell'attuale riforma di cui alla l. 206/2021. L'obiettivo non è solo quello di incentivare una degiurisdizionalizzazione, finalizzata a contenere il numero di contenziosi, ma di superare una logica avversariale dicotomica tipica del processo per favorire una modalità compositiva dei conflitti.
Premessa

«La nostra società ha un gran bisogno di imparare a ricomporre i conflitti … imparare a disinnescare il potenziale esplosivo del conflitto – di qualunque natura esso sia – prima che deflagri, e offrire strumenti giuridici per farlo, [è, n.d.r.] oltre che un bene in sé, il più efficace contributo alla modernizzazione della macchina della giustizia che potremo consegnare alle generazioni future». Con queste parole il Ministro della Giustizia, professoressa Marta Cartabia, in uno dei molteplici interventi sulla riforma della giustizia, sottolinea il senso più profondo della valorizzazione degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, le cd. ADR, ossia la mediazione civile, la negoziazione assistita e l'arbitrato.

La riforma della giustizia, nell'attuare le direttrici del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza, ha seguito questa direttiva, riconoscendo alle ADR, ma non solo, un ruolo saliente nel realizzare un modello di giustizia, connotato dalla sostenibilità, dall'effettività, ossia fatto di regole capaci di tradursi in fatti, dalla prossimità ai reali bisogni dei cittadini e al territorio, con le sue molteplici diversità.

Non si tratta, semplicemente, di una incentivazione alla degiurisdizionalizzazione finalizzata a contenere il numero di contenziosi e ridurre il carico ai giudici, ma di agire su un altro piano, proiettato a superare una logica avversariale dicotomica tipica del processo per favorire una modalità compositiva dei conflitti che sfociano nelle controversie, una modalità altra rispetto alla semplice media salomonica fra due posizioni.

In quest'ottica, che riposa su un vero e proprio cambio di paradigma, anche culturale, di approccio al conflitto, sia che si manifesti nelle famiglie che nei contesti sociali più allargati, si colloca lo spazio riconosciuto alla mediazione familiare; spazio pensato nel contesto di un processo unitario radicato avanti un Tribunale unico per la famiglia.

Fino ad oggi, la mediazione familiare è stata oggetto di richiami disorganici nelle norme, mancando una visione d'insieme rispetto a quelle che sono le reali potenzialità di questo strumento. Forse ciò dipende da una scarsa o non chiara conoscenza delle finalità e del senso del lavoro che il mediatore familiare realizza con i genitori che si trovano ad affrontare la vicenda separativa in tutta la sua complessità e il suo dolore, consapevole delle dannose ricadute che essa può avere sui figli se se ne affida la «gestione» e la «soluzione» alla logica avversariale del processo.

La riforma nell'attuare le linee direttrici del PNRR rispetto alle famiglie «infelici», ciascuna a modo suo, come diceva Tolstoj e nel realizzare, finalmente, quell'unificazione dello stato di figlio anche sul piano processuale, immagina un unico Tribunale ed un unico rito per i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglia.

In questo contesto di riorganizzazione degli strumenti processuali - cui si ricollega una riorganizzazione delle risorse degli uffici giudiziari - il Legislatore richiama l'attenzione alla mediazione familiare proponendola come risorsa e opportunità per i genitori, da conoscere e tentare di percorrere prima di affidare le decisioni sulla loro vita e su quella dei loro figli ad un giudice che, per quanto attento, profondo e competente, ben difficilmente potrà cogliere l'unicità di quella famiglia che si sta disgregando e dei suoi bisogni.

Negoziazione assistita nell'ambito delle questioni di famiglia e mediazione familiare, nelle loro distinzioni ontologiche e procedimentali, rappresentano gli strumenti che il Legislatore ha pensato per attuare quella direttrice di composizione della conflittualità che tanto lacera le famiglie divise. È, pertanto indispensabile, proprio alla luce di questi profondi cambiamenti, cogliere le aree di operatività di questi strumenti e le loro differenze così da, realmente, valorizzarle nelle loro specificità.

La negoziazione assistita, in ambito familiare, oggi

Istituto - Il d.l. 132/2014, convertito nella l. 162/2014, ha introdotto l'istituto della negoziazione assistita finalizzato a definire le controversie in un contesto extraprocessuale, affidato esclusivamente alle parti e ai loro avvocati che hanno l'«obbligo deontologico in sede di conferimento dell'incarico di informare il cliente della possibilità di ricorrere di fornire ai propri clienti l'informativa sulla possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita strumento» (così prevede l'art. 2, comma 7, d.l. 132/2014).

L'art. 2, comma 1, d.l. 132/2014 definisce la convenzione di negoziazione assistita come «un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole una controversia». La positiva conclusione della procedura di negoziazione assistita conduce a siglare un accordo di composizione della lite.

L'art. 6 d.l. 132/2014 ha introdotto la negoziazione assistita familiare declinando regole specifiche e autonome rispetto alla negoziazione disciplinata negli artt. 2 e seguenti della norma.

Le caratteristiche e il perimetro di applicabilità dell'istituto possono essere così sintetizzati:

1. la negoziazione assistita familiare ha un'area di operatività circoscritta in quanto è consentita per raggiungere una soluzione consensuale unicamente nelle ipotesi di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni, di separazione o di divorzio; è, quindi, esclusa l'esperibilità della negoziazione assistita: i) agli accordi tra genitori non legati da vincolo di coniugio per la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, dell'assegnazione della casa familiare e del mantenimento dei figli; ii) agli accordi di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile per cause diverse dalla separazione personale dei coniugi; iii) per il riconoscimento dell'assegno alimentare eventualmente spettante al convivente di fatto ex art. 1, comma 665, l. 76/2016; iv) per le controversie tra figli maggiorenni non autosufficienti economicamente che richiedano ai genitori un contributo al proprio mantenimento nelle ipotesi in cui detto contributo non sia già stato definito nell'accordo di separazione o divorzio o modifica delle condizioni di separazione o divorzio;

2. la negoziazione assistita familiare è facoltativa e non costituisce mai condizione di procedibilità della domanda;

3. è necessario che ciascuna delle parti sia assistita da almeno un avvocato;

4. è imprescindibile, una volta raggiunto l'accordo, ai fini della sua efficacia l'intervento del Procuratore della Repubblica e potrebbe essere anche necessario, come si vedrà meglio infra, l'intervento del Presidente del Tribunale;

5. è esclusa la possibilità di concordare in sede di negoziazione assistita l'erogazione dell'una tantum divorzile prevista dall'art. 5, comma 8, l. 898/1970;

6. è preclusa la possibilità di effettuare trasferimenti immobiliari con effetti traslativi attraverso l'accordo di negoziazione assistita.

Iter - L'iter della procedura prende avvio dall'invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita,sottoscritto dalla parte e dal suo legale che autentica la firma. L'invito non è un passaggio obbligato, ben potendo le parti concordare per il tramite dei difensori di dar corso alla negoziazione.

La convenzione, che deve a pena di nullità avere forma scritta, ha un contenuto specifico:

i) l'impegno delle parti a cooperare secondo buona fede, correttezza e trasparenza;

ii) l'indicazione della durata, non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi, salvo concorde proroga del termine;

iii) l'oggetto della controversia.

La procedura si articola in una serie di incontri, presenti sempre le parti e i loro difensori; la legge non prevede regole precise cui attenersi ne impone una formazione specifica dell'avvocato che affianca il cliente.

In caso di mancato accordo – che viene certificato dagli avvocati ex art. 4, comma 3, d.l. 132/2014 - le parti saranno costrette a rivolgersi al Tribunale, radicando una procedura contenziosa.

L'esito positivo della negoziazione invece si tradurrà nella stesura di un accordo che dovrà, obbligatoriamente, contenere, oltre ovviamente alle condizioni concordate dalle parti in relazione ai figli, alla casa familiare e al coniuge economicamente debole:

  • i dati delle parti, dei figli e il riferimento all'atto di matrimonio;
  • la dichiarazione delle parti di volersi separare o voler divorziare;
  • la conferma che le parti sono state informate dai loro legali della possibilità di esperire la mediazione familiare;
  • la conferma che i legali hanno informato le parti dell'importanza per i figli minori di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore;
  • la presa d'atto dell'esito negativo del tentativo di conciliazione per il caso di separazione personale;
  • la dichiarazione dei legali di garanzia circa la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico.

Si può ritenere poi che l'accordo possa contenere anche la risoluzione degli assetti patrimoniali esulanti dalla determinazione del contributo al mantenimento dei figli ed eventualmente del coniuge economicamente debole. Simili accordi, infatti, ben potrebbero essere oggetto di una negoziazione assistita tradizionale; essi avranno solo efficacia obbligatoria e semmai il Procuratore della Repubblica potrebbe omettere una valutazione che conduca al rilascio dell'autorizzazione e del nulla osta, di cui subito infra.

L'accordo deve essere sottoscritto dalle parti e dai loro difensori, anche ai fini della certificazione di autenticità delle firme apposte.

Intervento del Procuratore della Repubblica - Diversamente dalla negoziazione assistita tradizionale, in quella familiare la sottoscrizione non è sufficiente a far sì che l'accordo possa esplicare i propri effetti. È necessario un ulteriore passaggio, per così dire di «vaglio» da parte del Procuratore della Repubblica.

L'accordo raggiungo deve quindi essere trasmesso al Procuratore della Repubblica del Tribunale territorialmente competente entro 10 giorni dalla sua sottoscrizione, a pena di irricevibilità, unitamente ai certificati anagrafici, alle ultime tre dichiarazioni dei redditi, e ai documenti specifici normalmente richiesti in ipotesi di analoga procedura congiunta radicata avanti al Tribunale. Il «vaglio» del PM assume connotato differente a seconda che siano o meno presenti figli minori e/o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave.

Se la coppia ha figli comuni minorenni oppure maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap grave, l'accordo deve essere autorizzato dal Procuratore della Repubblica.

Lo scenario che si profila è il seguente:

  • se l'accordo risponde all'interesse dei figli, il PM lo autorizza ed esso tiene luogo,producendo i medesimi effetti, dei corrispondenti provvedimenti giudiziali di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile, modifica delle condizioni di separazione o divorzio o scioglimento dell'unione civile;
  • se il PM ravvisa irregolarità formali o sostanziali, nega l'autorizzazione e nel termine di 5 giorni trasmette gli atti al Presidente del Tribunale che è tenuto a fissare, entro i successivi 30 giorni, un'udienza di comparizione delle parti e a provvedere senza ritardo (art. 6, comma 2, d.l. 132/2014).

La fase c.d. presidenziale, che si apre in caso di diniego dell'autorizzazione, ha natura contenziosa ed è monocratica. Il Presidente non deve esperire il tentativo di conciliazione ma deve valutare l'accordo; nel far ciò non è vincolato ai rilievi del Procuratore della Repubblica. Il Presidente tuttavia non potrà adottare provvedimenti che non siano concordati dalle parti; se quindi non si raggiungesse un'intesa, egli si limiterà a confermare il diniego di autorizzazione e le parti saranno libere di esperire una nuova negoziazione assistita, ricorrere congiuntamente al Tribunale sulla base di nuovi accordi medio tempore raggiunti o radicare un procedimento contenzioso.

Se la coppia non ha figli comuni o ha figli maggiorenni economicamente autosufficienti (l'autosufficienza dei figli dovrebbe essere documentata, anche se la norma sul punto non dà indicazioni) il «vaglio» del Procuratore della Repubblica si limita alla verifica della regolarità dell'accordo in relazione ai requisiti previsti dall'art. 6 d.l. 132/2014. Se il controllo dà esito positivo, il PM appone il nulla osta. Il rifiuto del nulla osta non dà luogo ad una fase presidenziale; considerato che il provvedimento del PM non è impugnabile, in tale ipotesi le parti dovranno o redigere un nuovo accordo o ricorre al Tribunale.

L'accordo con il nulla osta o l'autorizzazione deve essere trasmesso a cura di uno dei due avvocati che hanno assistito le parti nel termine di 10 giorni dalla sua comunicazione all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato iscritto o trascritto.

La mediazione familiare e il mediatore familiare

Definizione – Muovendo da una logica di aiuto ai genitori, che affrontano la vicenda separativa, a vari livelli, a ritrovare fiducia, speranza, capacità di comprensione e riconoscimento reciproco, e dalla finalità di protezione dell'infanzia (o meglio, di tutti i figli, grandi o piccoli che di quella famiglia fanno parte), la mediazione familiare può, realmente, contribuire a concretizzare quello che è uno degli obiettivi salienti della Riforma Cartabia: la ricomposizione del conflitto. Un conflitto che, se disinnescato, gioverà non solo ai componenti di quel nucleo familiare ma all'intera collettività.

Una delle finalità della mediazione familiare e il far sì che i genitori si riapproprino della loro responsabilità genitoriale che è un dovere consacrato già dall'art. 30 Cost. La mediazione familiare considerando il conflitto fra i genitori, non solo come evento distruttivo ma anche come occasione di crescita e di trasformazione delle relazioni, consente agli stessi di tornare a svolgere il proprio ruolo senza delegarlo ad un giudice, senza affidare la propria vita ad un terzo che, per quanto professionista attento e preparato, mai potrà calarsi nell'unicità di quella storia familiare.

La mediazione familiare è infatti un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alle vicende separative di una coppia, quale che sia la natura del vincolo che la unisce. Il mediatore familiare, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall'ambito giudiziario, si adopera affinché padre e madre, insieme, elaborino in prima persona un programma di separazione (che tenga conto degli aspetti psicologici, relazionali, patrimoniali e organizzativi) soddisfacente per sé e per i figli in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.

Presupposto fondamentale per l'avvio del percorso di mediazione familiare e per consentire che il lavoro svolto dal mediatore possa realmente condurre a esiti positivi è la tregua legale, intesa come la sospensione, quanto meno momentanea, del giudizio di separazione o divorzio o modifica delle condizioni di separazione o divorzio radicato e l'astensione delle parti dal presentare denunce o querele.

Lo stato dell'arte sul piano legislativo - Il Legislatore, sino ad oggi, ha menzionato la mediazione familiare solo con richiami sporadici e non coordinati; nulla dice la legge del mediatore familiare.

L'art. 337-octies, comma 2, c.c. recita: «Qualora ne ravvisi l'opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli». La norma prevede la facoltà, e non l'obbligo, del giudice di prospettare la mediazione familiare ai coniugi; quindi, l'invito a tentare la mediazione familiare è rimesso alla discrezionalità del giudice.

Anche l'art. 6, comma 3, l. 162/2014 fa riferimento alla mediazione familiare e configura un obbligo deontologico degli avvocati di rendere edotti i coniugi della possibilità di esperire la mediazione familiare. Questa norma rappresenta l'unica previsione di obbligo di informativa sulla mediazione familiare.

Percorso - La mediazione familiare offre ai genitori, che autonomamente ritengano di accedervi, l'opportunità di uno spazio protetto in cui contenere un conflitto potenzialmente distruttivo per loro stessi e per i loro figli. E quando si parla di «protezione», il riferimento non è solo alle regole che il mediatore familiare chiederà ai genitori di rispettare per consentir loro il confronto durante il percorso di mediazione, spazio protetto è lo spazio in cui i genitori possano sentirsi liberi di esprimere le loro emozioni ma anche le loro preoccupazioni nella consapevolezza che ciò avverrà nel rispetto della riservatezza degli incontri, posto che gli argomenti tratti e quanto dovesse emergere nella stanza di mediazione rimarranno, assolutamente, confidenziali.

Il mediatore familiare funge da catalizzatore e facilita la comunicazione e il confronto tra i genitori su tutti gli aspetti inerenti la relazione con i loro figli.

Il percorso si articola in una serie di incontri a tre in un contesto in cui è garantita l'autonomia dall'ambito giudiziario, l'imparzialità del mediatore, e la riservatezza del suo intervento.

Mediatore familiare - Il mediatore familiare è un terzo, imparziale, facilitatore della comunicazione fra le parti, capace, attraverso appositi strumenti acquisiti grazie ad una formazione specifica che si snoda in più anni, di stimolare gli individui a gestire in maniera cooperativa il loro conflitto coniugale o genitoriale, in vista o in seguito a una separazione o un divorzio (Scaparro-Vendramini, Pacificare le relazioni familiari, Erickson, 2018).

Il mediatore familiare ha una professionalità ben definita che gli deriva da una formazione i cui tratti essenziali sono individuati dalla Norma Tecnica UNI 11644/2016 (richiamata dalla l. 4/2013, cui fa riferimento la l. delega 206/2021) che «si prefigge lo scopo di definire in modo adeguato ed univoco i riferimenti della figura professionale di mediatore familiare, stabilendone altresì una omogeneizzazione dei programmi di formazione promossi da enti pubblici e/o privati, al fine di garantire un livello di formazione e garanzia all'utenza nell'incontrare mediatori dotati di adeguata professionalità e dei professionisti stessi».

Nello specifico, la formazione alla mediazione familiare prevede un percorso teorico-pratico biennale, cui fa seguito un tirocinio e la conduzione di un caso in supervisione.

Nulla di lontanamente analogo è richiesto all'avvocato che affronta una negoziazione in un contesto come quello familiare dove gli aspetti giuridici non sono gli unici in gioco.

Finalità - La finalità principale di un percorso di mediazione familiare è quella di aiutare i genitori a recuperare la capacità di comunicare e confrontarsi in vista della riorganizzazione delle loro relazioni familiari. I genitori attraverso un'autodeterminazione ritrovata, si adoperano per raggiungere, in prima persona, accordi direttamente negoziati, rispetto a bisogni ed interessi da loro stessi individuati, con particolare attenzione ai figli, attraverso l'esercizio e il mantenimento della comune responsabilità genitoriale.

L'obiettivo principale è, di là del raggiungimento o meno di un accordo, consentire ai genitori di riacquisire una modalità di confronto su temi che continueranno a vederli uniti; gli accordi sono eventuali e ben potranno essere confezionati con i legali.

L'accordo eventualmente raggiunto in mediazione familiare dovrà essere trasfuso in un provvedimento del Tribunale o in un accordo di negoziazione assistita per produrre effetti giuridici.

La riforma Cartabia: la nuova negoziazione assistita familiare e lo spazio riconosciuto alla mediazione familiare

La riforma, in ossequio alle direttrici di valorizzare il più possibile le ADR, ha superato molte delle criticità che si erano poste all'indomani dell'entrata in vigore della l. 162/2014.

L'art. 1, comma 35, della l. 206/2021 ha innanzitutto introdotto un nuovo comma (il comma 1-bis) all'art. 6, estendendo l'istituto della negoziazione assistita a quegli ambiti in cui era, ad oggi ancora è, inspiegabilmente preclusa.

L'art. 1, comma 35, della l. 206/2021 entrerà in vigore fin dal 22 giugno 2022 e da tale data, la negoziazione assistita non sarà più solo esperibile per le separazioni, per i divorzi, per lo scioglimento delle unioni civili e per le modifiche delle condizioni assunte in queste procedure, ma potrà essere impiegata al fine di raggiungere una soluzione consensuale:

1. per la disciplina e le modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori dal matrimonio;

2. per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio;

3. per la modifica delle condizioni già determinate nelle procedure di cui ai punti 1 e 2;

4. per la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente;

5. per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell'art. 433 c.c.;

6. per la modifica delle determinazionidi cui ai punti 4 e 5. (in corsivo il testo della legge, n.d.r.)

Anche per gli accordi riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio, siano essi minori oppure maggiorenni non autonomi economicamente oppure portatori di handicap grave, sarà necessaria l'autorizzazione (e non il semplice nulla osta) del Procuratore della Repubblica e, in caso di diniego, si aprirà la fase presidenziale.

Varranno le medesime regole previste per la negoziazione assistita attuata da coppie che si separano con figli, anche in relazione alla risoluzione di possibili questioni patrimoniali altre esulanti dal contesto specifico del legame che lega la coppia, escluse però le agevolazioni fiscali espressamente dettate per le coppie matrimoniali. Gli avvocati non saranno tenuti ad esperire il tentativo di conciliazione.

La riforma, come si è detto, estende la negoziazione assistita anche alle controversie tra genitori e figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, quale che sia il legame che unisce i loro genitori. Con la riforma:

  • il figlio maggiorenne di genitori coniugati potrà partecipare alla negoziazione assistita finalizzata a raggiungere un accordo sulla separazione o sul divorzio;
  • il figlio maggiorenne di genitori già separati o divorziati o conviventi more uxorio che abbiano già regolato il contributo per il mantenimento potrà partecipare alla negoziazione assistita avviata dai genitori se convivente con uno di essi, oppure proporne una autonoma verso uno o entrambi i genitori se non convivente;
  • il figlio maggiorenne di genitori non legati da matrimonio potrà promuovere la negoziazione assistita nei confronti di uno solo o di entrambi i genitori, fatta salva naturalmente l'inopponibilità dell'accordo raggiunto al genitore che non avesse ricevuto l'invito alla negoziazione.

Ciascun partecipante alla procedura dovrà essere assistito da un proprio legale. L'accordo necessiterà dell'autorizzazione del Procuratore della Repubblica ai fini della sua efficacia. Verosimilmente esso non conterrà né la dichiarazione degli avvocati circa l'informativa delle parti di avvalersi della mediazione familiare né quella circa l'importanza per i figli di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore.

L'art. 6, d.l. 132/2014 escludeva, il diritto agli alimenti essendo indisponibile, che la negoziazione assistita potesse riguardare la liquidazione degli alimenti a mente dell'art. 433 c.c. (dal 2016 anche il convivente fa parte dell'elenco dei tenuti al versamento degli alimenti in misura proporzionale alla durata della convivenza e nel caso in cui coloro che erano tenuti prima di lui si trovassero nell'impossibilità di provvedere). Con la riforma detta preclusione verrà meno, poiché è testualmente prevista la possibilità di negoziare accordi per la determinazione di alimenti ex art. 433 c.c. o modificarli.

Naturalmente, la procedura non dovrà prevedere il tentativo di conciliazione, né sarà necessario informare sul diritto dei figli a godere di adeguati tempi con ciascuno dei genitori. V'è da chiedersi se in questo ambito in cui gli aspetti giuridici si intersecano, inesorabilmente, con componenti emotive importanti e con i vissuti delle parti non si potrebbe pensare a mantenere l'obbligo per gli avvocati di sondare la possibilità di ricorrere ad un mediatore familiare che di sicuro opera su un fronte differente ma ha una serie di strumenti e competenze che ben potrebbero essere impiegati utilmente nell'affrontare un tema così delicato e foriero di conflittualità irrisolta.

Ai fini dell'efficacia dell'accordo sarà necessaria l'apposizione dell'autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica e, in caso di diniego, gli atti verranno trasmessi al Presidente del Tribunale, analogamente alle previsioni di cui all'art. 6, comma 2, d.l. 132/2014. L'accordo intervenuto potrà essere fatto valere solo nei confronti di chi abbia partecipato alla negoziazione assistita.

L'art. 1, comma 4, lett. u), l. 206/2021 introduce, inoltre, ulteriori indicazioni per il Legislatore delegato, il quale, entro un anno dalla pubblicazione della delega, dovrà intervenire sulla l. 162/2014 prevedendo altresì:

i) la possibilità di inserire negli accordi conclusi in sede di negoziazione assistita anche i patti di trasferimento immobiliare con effetti obbligatori; il Legislatore ha trasposto nella norma l'orientamento prevalente della Corte di Cassazione che ammette unicamente la possibilità di patti traslativi con effetti obbligatori (cui necessariamente dovrà seguire il rogito che esplicherà effetti reali);

ii) l'attribuzione agli avvocati del potere di valutazione della congruità (l'art. 5, l. 898/1970 utilizza il termine «equità») dell'una tantum concordata in sede divorzile, attestata dalla certificazione dell'accordo;

iii) la conservazione degli originali degli accordi conclusi a seguito della negoziazione assistita, muniti di autorizzazione o nulla osta da parte del procuratore della Repubblica presso il Consiglio d'Ordine che «rilascia copia autentica dell'accordo delle parti ai difensori che hanno sottoscritto l'accordo e ai terzi interessati al contenuto patrimoniale dell'accordo stesso» (testualmente, art. 1, comma 4, lett. u) l. 206/2021); previsione, questa, non priva di criticità nella parte in cui elenca tassativamente i legittimati a richiedere le copie autentiche.

Da ultimo, la riforma ha previsto (art. 1, comma 4, lett. a) l. 206/2021) che, approvati i decreti delegati, la parte che partecipa alla procedura di negoziazione assistita possa richiedere, ove ricorrano i presupposti di legge, il patrocinio a spese dello Stato; norma questa finalizzata ad allargare, in un'ottica di superamento delle possibili discriminazioni nell'accesso alla negoziazione assistita, il bacino di operatività di questa ADR a contesti in cui la logica del componimento, scontandosi anche con le modeste risorse economiche, diventa strumento di superamento di diseguaglianze e sperequazioni.

La mediazione familiare nella prospettiva della riforma

Il Legislatore nel definire un unico rito applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie (art. 1, comma 23, lett. a) l. 206/2021) ha pensato ad uno spazio per la mediazione familiare quale risorsa per disinnescare la conflittualità che accompagna le vicende separative.

Gli interventi legislativi riguardano:

- l'informativa

- l'invito ad esperire il tentativo di mediazione familiare

- l'impossibilità di avviare un percorso di mediazione familiare in situazioni di violenza

- la formazione del mediatore familiare

- l'istituzione di elenchi di mediatori familiari presso i Tribunali.

Informativa - L'art. 1, comma 23, lett. f) l. 206/2021 prevede che il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, emesso a seguito del deposito del ricorso introduttivo del giudizio, debba «informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare».

Il decreto presidenziale, che contiene molteplici informazioni (data dell'udienza, giudice, termine di notifica, termine di costituzione in giudizio, documenti di cui si chiede, obbligatoriamente, il deposito, ecc.) potrebbe limitarsi a menzionare la mediazione familiare senza chiarire di cosa si tratti; d'altra parte, nella legge delega non compare mai la definizione di mediazione familiare.

In un simile contesto, il ruolo dell'avvocato, che dovrà riferire il contenuto del decreto presidenziale al proprio assistito, sarà determinante poiché spetterà proprio a lui motivare il genitore affinché raccolga le informazioni necessarie a comprendere le finalità del percorso. Spetterà a lui riempire di contenuto l'indicazione laconica data dal giudice.

Il Legislatore si immagina, poi, che l'informativa possa essere raccolta presso l'UPP, l'ufficio per il processo descritto nell'art. 1, comma 24, lett. i) l. 206/2021, dove il Legislatore si immagina giudici onorari che, fra l'altro, rendano informazioni sulla mediazione familiare. Considerato tuttavia che l'UPP sarà gravato di molteplici complesse funzioni, sarebbe auspicabile che nei Tribunali si creassero degli spazi informativi organizzati secondo il modello, proficuamente sperimentato, presso il Tribunale di Milano.

Invito ad esperire il tentativo di mediazione familiare - L'art. 1, comma 23, lett. n) l. 206/2021 prevede «che il giudice relatore possa…invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto di una delle parti il giudice pronuncia i provvedimenti temporanei ed urgenti».

Il giudice ha la possibilità di prospettare la mediazione familiare nelle prime battute del giudizio. Si tratta di un invito che non può e non deve condizionare la volontà delle parti nella scelta di avvio del percorso che deve mantenere la sua connotazione di volontarietà nell'accesso.

«In mediazione familiare, nulla può essere obbligatorio e nessuno può essere obbligato» (Scaparro-Vendramini, Pacificare le relazioni, Erikson, 2018). L'invito dovrà sempre essere subordinato al consenso di entrambi i genitori. Analogamente, il mancato esperimento del tentativo di conciliazione non dovrà mai condizionare le statuizioni del giudice.

Possibilità di avviare un percorso di mediazione in situazioni di violenza – La riforma esclude:

- l'informativa sulla mediazione familiare «nei casi in cui una delle parti sia stata destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti dagli artt. 33 e ss. della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77» (art. 1, comma 23, lett. f) l. 206/2021);

- l'invito ad esperire il tentativo di mediazione nelle «fattispecie in cui siano allegate violenze di genere o domestiche, secondo quanto previsto dalla…Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica».

Ai decreti attuativi è affidato, su questo tema, il delicato compito di individuare la linea di confine fra situazioni in cui, pacificamente, non è neppure pensabile l'avvio di un percorso di mediazione familiare e situazioni in cui l'esclusione dell'informativa meriterebbe una valutazione più approfondita, che spesso è quella che svolge il mediatore per verificare l'esperibilità della mediazione. Questo vale, a maggior ragione, nei casi in cui si è scelto di dare rilievo alle mere allegazioni delle parti (art. 1, comma 23, lett, n) l. 206/2021), che ben potrebbero prestarsi a strumentalizzazioni, facendo discendere con una sorta di automatismo conseguenze che non potranno non segnare la vita di quei genitori e, soprattutto, dei loro figli.

Formazione del mediatore familiare – L'art. 1, comma 23, lett. o) l. 206/2021 prevede «che l'attività professionale del mediatore familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili siano regolate secondo quanto previsto dalla Legge 14 gennaio 2013, n. 4». Come si è già anticipato supra, la l. 4/2013 riconosce valore, fra le altre, alla Norma Tecnica UNI 11644/2016, la quale definisce quali siano i parametri della figura professionale di un mediatore familiare. Il richiamo alla l. 4/2013 non è tuttavia sufficiente a definire con esaustività i contorni di questa figura: ad esempio la l. 4/2013 nulla dice in tema di tariffe.

All'art. 1, comma 23, lett. p), l. 206/2021 si prevede «[…] che i mediatori familiari siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica e che i mediatori abbiano l'obbligo di interrompere la loro opera nel caso in cui emerga qualsiasi forma di violenza».

Il Legislatore pare intervenire in tema di formazione del mediatore familiare imponendo che questi acquisisca specifiche conoscenze e competenze proprio in quel settore, quello della violenza, sul quale sente l'urgenza di un intervento fermo in un'ottica di esclusione a tutti i livelli di generazione di contesti di vittimizzazione secondaria.

Il Legislatore richiede al mediatore familiare di acquisire conoscenze su due aree:

  • quella relativa alla «disciplina giuridica della famiglia», così' da comprendere aspetti sostanziali e processuali della vicenda separativa;
  • quella in materia «di tutela del minore e di violenza contro le donne e di violenza domestica».

In merito a questo secondo aspetto pare che l'intento del Legislatore vogli essere quello di imporre al mediatore una formazione che gli consenta di distinguere fra quelle situazioni ad elevata carica conflittuale ma che restano, potenzialmente, mediabili da quelle in cui la violenza gli impone l'interruzione del percorso.

Il tema della formazione è un tema delicato che, ci si auspica, possa essere oggetto di una riflessione attenta a tutti i livelli, legislativo e di categoria anche perché nella definizione delle competenze e delle conoscenze da acquisire occorrerà prestare attenzione a che il mediatore familiare mantenga la sua connotazione in aderenza alla figura professionale definita nella Norma Tecnica UNI.

Istituzione di elenchi di mediatori familiari presso i Tribunali – L' art. 1 comma 23, lett. p), l. n. 206/2021 prevede «l'istituzione, presso ciascun tribunale, di un elenco dei mediatori familiari iscritti presso le associazioni del settore […]». Verosimilmente occorrerà pensare ad un'interazione fra associazioni di categoria e Tribunali così da garantire un aggiornamento costante degli elenchi anche sulla base dei requisiti formativi richiesti ai mediatori familiari. La legge delega in ogni caso pare mantenere salva l'autonomia delle parti di ricorrere a mediatori non ricompresi in detto elenco.

Conclusioni

È innegabile che negoziazione assistita familiare e mediazione familiare riposino sulla medesima «filosofia» di intervento nei rapporti conflittuali fra genitori che si separano, con una modalità altra rispetto alla logica avversariale propria del processo con lo scopo di «andare oltre» le rivendicazioni per cogliere i bisogni dei singoli. Altro aspetto connotante entrambi gli approcci è quello della riservatezza, anche se tale concetto nella negoziazione assistita ha un significato meno stringente rispetto agli analoghi obblighi che riguardano il mediatore familiare.

Detto questo, la negoziazione assistita familiare è una vera e propria ADR, ossia una procedura necessariamente finalizzata a definire il contenzioso, seppur con un approccio differente, fuori dall'aula del tribunale; tant'è che il Legislatore ha individuato un iter perché l'accordo delle parti acquisisca un'efficacia tale da far luogo ai provvedimenti del giudice.

Nella negoziazione assistita gli avvocati continuano a mantenere un ruolo centrale; affiancano i propri assistiti nella gestione della controversia e ne diventano spesso i portavoce interagendo fra loro. L'obiettivo è l'accordo raggiunto mettendo in campo abilità conciliative che non si richiede debbano essere acquisite attraverso un percorso formativo.

Diverso è, invece, il ruolo dei genitori nella mediazione familiare e la prospettiva di intervento: «una buona mediazione, una mediazione che porti ad accordi durevoli, ha come obiettivo la trasformazione delle relazioni tra genitori e non soltanto la soluzione di un problema contingente, … riducendo lo squilibrio di potere esistente così da metterle in condizione di negoziare con pari efficacia» (Scaparro-Vendramini, Pacificare le relazioni familiari, Erickson, 2018). La mediazione trasformativa, quale quella promossa fin dal 1987 dall'Associazione GeA Genitori Ancóra, pioniera in Italia della mediazione familiare, è da sempre finalizzata a migliorare, a lungo termine, le relazioni tra le parti fornendo, ai genitori che concludono positivamente il percorso, gli strumenti per essere in grado, in un qualsiasi momento futuro della loro esperienza genitoriale, di affrontare insieme gli ostacoli che incontreranno.

Avendo chiare le finalità e gli ambiti, la negoziazione assistita familiare e la mediazione familiare ben potrebbero rappresentare entrambe strumenti da attivare nell'affrontare la vicenda separativa di una coppia di genitori.

La mediazione familiare potrebbe consentire ai genitori di recuperare consapevolezza del loro ruolo e dell'importanza di assumere, in prima persona, tutte le scelte che li riguardano e che coinvolgono inevitabilmente i loro figli. Quegli stessi genitori, recuperato uno spazio di pensiero sui propri figli e sulle proprie responsabilità, potrebbero affrontare l'iter della negoziazione assistita da effettivi protagonisti, seppur accompagnati dai legali e costruire accordi sostenibili e duraturi. Avvocati formati e mediatori familiari formati dovrebbero superare quella diffidenza che, in certi contesti, li «schiera» come antagonisti per comprendere le sinergie potenti che possono mettere in campo, mossi, entrambi, da un imperativo comune che è la protezione dei minori, a maggior ragione oggi, rispetto ad una riforma che nelle sue direttrici chiede a tutti i suoi protagonisti di lavorare per diffondere una cultura del mediare trasversale a tutte le aree del diritto.

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