Le sezioni unite sull'atto abnorme

09 Maggio 2022

Il tema posto al vaglio della Corte di cassazione, nella sua massima espressione nomofilattica, attiene ai poteri decisori attribuiti al Giudice per le indagini preliminari in rapporto alla richiesta di archiviazione.
Massima

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e restituisca gli atti al pubblico ministero perché effettui nuove indagini consistenti nell'interrogatorio dell'indagato, trattandosi di provvedimento non solo non avulso dall'ordinamento processuale, ma anzi espressione di poteri riconosciuti al giudice, e ciò anche nel caso in cui l'interrogatorio debba espletarsi con riguardo ad un reato diverso da quello per il quale l'archiviazione sia stata richiesta.

Il caso

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona rigettava la richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato avanzata ex art. 408 c.p.p. dal Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale, disponendo ulteriori indagini nei confronti degli indagati e, specificamente, l'assunzione dell'interrogatorio dei medesimi.

Proponeva ricorso per cassazione l'organo dell'Accusa, sulla base di un unico articolato motivo, con il quale deduceva l'abnormità dell'ordinanza reiettiva della richiesta di archiviazione, in quanto determinativa di una indebita regressione della sequenza logico-cronologica del procedimento; tanto sul presupposto che l'interrogatorio sia, ontologicamente, strumento di garanzia e difesa, presupponente la già avvenuta acquisizione di elementi astrattamente integrativi di un'ipotesi di reato, e non invece un atto investigativo.

La Corte di cassazione, rilevata l'esistenza di un contrasto interpretativo in merito, radicato nella giurisprudenza di legittimità, rimetteva la questione alle Sezioni Unite (v. Cass. pen., sez. II, 28 settembre 2021, n. 36417).

Nella requisitoria il Procuratore generale chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, avuto riguardo alla natura polifunzionale dell'interrogatorio che, oltre a consentire all'indagato di addurre elementi a propria discolpa, tende all'accertamento della verità, che è il fine primario del processo penale, ed ha dunque valenza intrinsecamente probatoria.

Le Sezioni Unite, previa accurata ricognizione della categoria, di creazione giurisprudenziale, dell'abnormità processuale, hanno concluso che «Non può essere ritenuto abnorme il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e restituisca gli atti al Pubblico Ministero perché effettui nuove indagini consistenti nell'interrogatorio dell'indagato, trattandosi di provvedimento che non solo non risulta avulso dall'intero ordinamento processuale, ma costituisce espressione di poteri riconosciuti al giudice. L'abnormità va esclusa anche nel caso in cui l'interrogatorio debba espletarsi con riguardo ad un reato diverso da quello per il quale è stata richiesta l'archiviazione, essendo dovuta, in tal caso, la previa iscrizione nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.».

La questione

Il tema posto al vaglio della Corte di cassazione, nella sua massima espressione nomofilattica, attiene ai poteri decisori attribuiti al Giudice per le indagini preliminari in rapporto alla richiesta di archiviazione.

Il quesito rimesso riguarda, in particolare, il se - in carenza di elementi che sostengano l'ipotesi d'accusa – sia affetto da abnormità il provvedimento con cui il Giudice restituisca gli atti al Pubblico Ministero perché provveda ad assumere l'interrogatorio – senza indicare indagini suppletive da compiere, bensì in vista dell'acquisizione di generici elementi cognitivi che potrebbero eventualmente dare impulso a nuove investigazioni.

La risposta al quesito implica l'individuazione del profilo funzionale dell'interrogatorio, oltre a presupporre una compiuta definizione della categoria giuridica dell'abnormità, quale ipotesi atipica di patologia degli atti processuali.

Da ultimo, la decisione in commento ha focalizzato l'ulteriore questione - sollecitata dalla peculiarità della vicenda in scrutinio – inerente al se rientri nei poteri di impulso del Giudice per le indagini preliminari, ex art. 409, comma 4, c.p.p. l'ordine di procedere ad interrogatorio in relazione ad ipotesi di reato diversa da quella già iscritta, ovvero se tale iniziativa determini una indebita invasione di campo da parte del Giudice in un'area - quella dell'esercizio dell'azione penale – riservata alla Pubblica Accusa.

Le soluzioni giuridiche

In relazione al quesito rimesso, un primo e più risalente indirizzo ermeneutico, a favore della tesi della abnormità, poggia sull'argomento secondo il quale l'interrogatorio non è uno strumento di indagine, bensì - ed esclusivamente - un atto di contestazione dell'accusa con finalità difensive, previsto a garanzia dell'indagato.

Esso presuppone, come si evince dal tenore degli artt. 375 e 65 c.p.p., un'ipotesi di reato sufficientemente definita e non può costituire oggetto di un supplemento investigativo, perché ontologicamente non è atto istruttorio (non avendo l'indagato alcun dovere di fornire elementi di riscontro alla tesi accusatoria).

Disporre l'espletamento dell'interrogatorio, per l'orientamento in disamina, significherebbe imporre al Pubblico Ministero il compimento di un atto nullo nella sostanza, determinativo di irreversibile stasi del procedimento – e per giunta, per una finalità puramente esplorativa nella vicenda rimessa allo scrutinio delle Sezioni Unite -.

Secondo una differente linea ricostruttiva, prevalsa in epoca più recente, l'interrogatorio è atto con funzione anche istruttoria, sicché l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che, richiesto dell'archiviazione, restituisca gli atti disponendone l'espletamento non riveste i caratteri della abnormità come definiti dalla elaborazione giurisprudenziale: non dell'abnormità strutturale, in quanto non evidenzia aspetti di eccentricità e, geneticamente, è pur sempre espressione dei poteri conferiti dal sistema al Giudice delle indagini; non dell'abnormità funzionale, potendo il Pubblico ministero darvi corso, se l'indagato consenta a sottoporvisi, senza che ne derivi una stasi non superabile dell'iter procedimentale, dunque senza alcuno sviamento del profilo funzionale dell'atto (tra le tante pronunce in tema di abnormità si vedano Cass. pen., sez. un., n. 25957/2009, Toni, Rv. 243590; Cass. pen., sez. un., n. 5307/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240-01; Cass. pen., sez. un., n. 22909/2005, Minervini, Rv. 231163-01).

Un significativo contributo alla soluzione della questione controversa la Corte di legittimità ha ritenuto di trarre dalle direttrici ermeneutiche tracciate dalla Corte costituzionale che, in ripetuti arresti, ha posto l'accento tonico sul controllo di legalità demandato al Giudice per le indagini preliminari, in relazione al mancato esercizio dell'azione penale. A salvaguardia del principio di obbligatorietà, presidiato dall'art. 112 Cost., la Consulta valuta immanente al sistema un'istanza di tendenziale «completezza» delle investigazioni, così da consentire al pubblico ministero di assumere causa cognita le proprie determinazioni in relazione all'esercizio dell'azione penale e, all'imputato, di esprimere ragionata opzione per i riti alternativi (Corte cost., n. 478/1993 e n. 88/1991).

Alla luce del quadro giurisprudenziale così delineato, le Sezioni Unite hanno ritenuto corretto il secondo indirizzo e riconosciuto all'interrogatorio natura polivalente.

Accanto alla vocazione propriamente difensiva, non meno rilevante è il suo potenziale “ricostruttivo" in fatto, atteso che il contraddittorio con l'indagato, tanto più se lo stesso non sia stato escusso prima, può favorire l'emersione di elementi cognitivi capaci di dare impulso ad ulteriori investigazioni; elementi che potranno, in ogni caso, essere di ausilio alla decisione che il Giudice è chiamato ad assumere - avuto riguardo alle prospettive di evoluzione dibattimentale dell'Accusa – a fronte dell'alternativa archiviazione/ordine di formulare l'imputazione coatta.

Elementi in tal senso emergono da una fitta trama di disposizioni codicistiche.

Basti pensare che le risultanze dell'interrogatorio possono essere utilizzate contra reum (arg. ex art. 64, comma 3, c.p.p.); gli esiti dell'interrogatorio sono utilizzabili nel giudizio abbreviato (art. 442, comma 1-bis c.p.p.); l'interrogatorio costituisce passaggio procedimentale ineludibile per la formulazione del giudizio di evidenza della prova, presupposto del giudizio immediato (art. 453 c.p.p.); la confessione resa in sede di interrogatorio può costituire, a date condizioni, prova autosufficiente di responsabilità del confitente e, altresì, presupposto del giudizio direttissimo (art. 449, comma 5, c.p.p.). Si consideri, ancora, che i tempi del preavviso a rendere interrogatorio possono essere contratti, ai sensi dell'art. 364, comma 5, c.p.p., per l'esigenza di non pregiudicare la ricerca e l'assicurazione delle fonti di prova, e che può essere disposto l'accompagnamento coattivo della persona sottoposta ad indagini che, senza addurre legittimo impedimento, non si sia presentata a rendere interrogatorio, secondo quanto previsto dall'art. 376 c.p.p.

Altro argomento logico addotto a sostegno della interpretazione preferita fonda sulla giurisprudenza di matrice eurounitaria. Le Sezioni Unite hanno ritenuto essere applicabile anche all'interrogatorio l'affermazione della natura istruttoria dell'esame dibattimentale espressa dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo, Prima Sezione, 8 luglio 2021, Maestri ed altri c. Italia, n. 20903/15, la quale aveva riconosciuto la violazione dell'art. 6 della Convenzione EDU, per non avere la Corte di appello italiana disposto l'esame degli imputati, necessario per lo scrutinio dell'elemento soggettivo del reato, in relazione alla riqualificazione operata solo in secondo grado (§§52 e ss.), e sottolineato la distinzione tra esame e spontanee dichiarazioni, le quali non sono assimilabili al primo perché non "sollecitate" dal giudice, che si limita passivamente a "riceverle", senza potere investigare i temi che ritiene rilevanti per l'accertamento di responsabilità (§ 59).

D'altra parte, il fatto contestato all'indagato ai fini dell'interrogatorio, descritto in termini fluidi in correlazione con la fase procedimentale ancora ‘acerba', non vale certo a cristallizzare l'imputazione, ma ha il solo scopo di garantire all'interrogando la possibilità di rispondere alle domande con consapevolezza degli elementi a suo carico e, sotto altro profilo, l'esercizio – meramente eventuale - del diritto al silenzio non fa venir meno la natura investigativa dell'atto, sol che si pensi che anche dal silenzio sono traibili argomenti di riscontro obiettivo all'ipotesi d'accusa (sia pure a condizione che si sia in presenza di univoci elementi a carico e con carattere di residualità).

Dall'ampiezza dei poteri di controllo sulla notitia criminis, che spettano al Giudice in funzione della completezza dell'inchiesta, discendono infine, per le Sezioni Unite, due corollari: 1) il Giudice investito della richiesta di archiviazione non è vincolato alla prospettazione dell'Accusa, potendo disporre ulteriori investigazioni in relazione ad ipotesi di reato anche diverse da quelle formulate originariamente; 2) specularmente, il Pubblico Ministero può sviluppare in piena autonomia il tema di indagine che gli viene devoluto con l'ordine di assumere l'interrogatorio (Corte cost., n. 96/2014, n. 34/1994 e n. 88/1981).

E tuttavia, nell'ipotesi in cui le indagini debbano essere estese ad ipotesi di reato diverse (così come nel caso in cui si estendano a soggetti diversi) non può essere disposta automaticamente l'imputazione coatta, imponendo le regole di legalità formale all'organo inquirente, a tutela delle sue prerogative di organo propulsivo dell'accusa, ed a tutela dei diritti del soggetto investigato, la previa iscrizione nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni profili sottesi al ragionamento delle Sezioni unite nella decisione in esame.

Da un lato, la decisione in commento ritiene di non invertire il trend di progressivo restringimento della categoria dell'abnormità, quale patologia atipica dell'atto processuale, in deroga al principio di tassatività delle nullità e dei mezzi di impugnazione, sicché essa resta ancorata alla ricorrenza degli stringenti presupposti enucleati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, innanzi richiamati, per i quali è abnorme l'atto che evidenzi una anomalia genetica che lo renda del tutto eccentrico rispetto al sistema, ovvero che produca una stasi processuale, stasi che, a sua volta, intanto assume rilievo, in quanto il processo non possa proseguire se non attraverso il compimento di un atto nullo.

Dall'altro, la pronuncia sembra conferire maggiore dinamismo alla relazione Pubblico Ministero/Giudice per le indagini preliminari, in funzione delle determinazioni relative all'esercizio dell'azione penale, consentendo al Giudice di dare impulso ad ulteriori approfondimenti onde allargare la piattaforma cognitiva su cui fondare il proprio convincimento e, al Pubblico Ministero di coltivare ipotesi di reato anche diverse da quelle inizialmente formulate, ai medesimi fini di completezza ed utilità dell'inchiesta, ferma restando l'osservanza delle ineludibili garanzie del soggetto indagato.

Riferimenti
  • Andolina, Sub art. 64, in Conso- Grevi- Illuminati-Giuliani (a cura di), Commentario breve al codice di procedura penale, 2020, Milano-Padova, 228 ss.;
  • Bonzano, Attività del Pubblico Ministero. L'interrogatorio dell'indagato, in Trattato di Procedura Penale, diretto da Spangher, - Indagini preliminari e udienza preliminare, Torino, 338 ss.;
  • Chiavario, Diritto processuale penale, 2019, Milano, p. 234 ss.;
  • Giuliani, Indagini preliminari e udienza preliminare. L'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini, in Bargis, Compendio di procedura penale, Milano-Padova, 2020, 473 ss.

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