Rinuncia al mandato del difensore domiciliatario e presunzione di conoscenza del processo

Andrea Nocera
13 Maggio 2022

La questione affrontata nella pronuncia in esame involge i limiti di ammissibilità del rimedio della rescissione del giudicato e la corretta applicazione del presupposto della rinnovata disciplina del processo in assenza dell'imputato nel caso in cui sussista uno degli indicatori previsti dall'art. 420-bis, comma 2, c.p.p. dai quali il giudice possa derivare in via presuntiva la conoscenza certa del procedimento o del giudizio.
Massima

In tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza non può essere desunta dalla nomina, nelle fasi iniziali del procedimento, di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato difensivo, in assenza di elementi di fatto che consentano di ritenere effettivamente instaurato e stabilizzato il sistema di informazioni e conoscenze diligentemente legate all'evoluzione del rapporto professionale.

Il caso

Con ordinanza della Corte distrettuale è stata rigettata la richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis c.p.p. della sentenza di condanna emessa dal giudice di primo grado, nel giudizio svoltosi in assenza dell'imputato, divenuta irrevocabile.

La difesa del ricorrente ha proposto ricorso, per violazione di legge e vizio della motivazione, deducendo che il giudice di merito, nel procedere in assenza dell'imputato, che aveva nominato un difensore di fiducia domiciliatario in fase di indagini preliminari, non ha verificato se l'imputato avesse effettivamente avuto modo di conoscere il procedimento in corso, anche in considerazione del fatto che durante l'intera fase delle indagini preliminari, della loro conclusione e della successiva fissazione dell'udienza dibattimentale si era trovato in stato di detenzione per altra causa.

La Suprema Corte, valorizzando il presupposto della effettività della conoscenza del processo, legittimante la dichiarazione di assenza dell'imputato, ha ritenuto fondato il ricorso censurando la decisione della Corte distrettuale poichè non ha tenuto conto del fatto che l'elezione di domicilio da parte del ricorrente è avvenuta nella fase delle indagini preliminari e che il difensore di fiducia da lui nominato non risulta aver esercitato il proprio ufficio, essendo stato sempre sostituito da un difensore di ufficio ex art. 97, comma 4, c.p.p. Nella specie, come la Corte rileva dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato, nel corso del dibattimento di primo grado il difensore di fiducia aveva comunicato al Tribunale la propria rinuncia al mandato, segnalando che egli comunque non aveva accettato la propria nomina a difensore di fiducia e che, da molti anni, l'imputato si era reso irreperibile.

L'indirizzo giurisprudenziale, che richiama il quadro dei principi stabiliti da Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2019, n. 23948, P.G. c/ Ismail Darwish Mhame, Rv. 279420-01, in tema di presupposti della dichiarazione di assenza e di necessaria verifica, da parte del giudice, della presenza di elementi idonei a dimostrare che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, perviene a conclusioni dissonanti rispetto ad un coevo opposto indirizzo della medesima Sezione Sesta (Cass. pen., sez. VI, 6 dicembre 2021 (dep. 24 gennaio 2022), n. 2618) che, con riferimento ad un caso immediatamente sovrapponibile, richiamando il medesimo principio espresso da Sezioni Unite, “P.G. c/ Ismail Darwish Mhame”, ha ritenuto che la notifica al difensore domiciliatario del decreto di citazione a giudizio è certamente funzionale ad una compiuta conoscenza dei termini dell'accusa rivoltagli, risultando correlato al duplice presupposto – il rapporto di fiducia con il difensore e l'elezione di domicilio presso quest'ultimo al quale venne fatta rituale notifica della citata vocatio in ius –, tale da farritenere comprovata l'utile conoscenza del processo in capo all'imputato giudicato in absentia, in assenza di elementi di segno opposto che incidano sull'ordinario rapporto professionale tra assistito e difensore di fiducia.

La questione

La questione involge i limiti di ammissibilità del rimedio della rescissione del giudicato e la corretta applicazione del presupposto della rinnovata disciplina del processo in assenza dell'imputato nel caso in cui sussista uno degli indicatori previsti dall'art. 420-bis, comma 2, c.p.p. dai quali il giudice possa derivare in via presuntiva la conoscenza certa del procedimento o del giudizio. Nel nuovo processo “in assenza”, introdotto dalla legge 28 aprile 2014 n. 67, che non ha più previsto la notificazione della sentenza all'imputato assente (già contumace), spetta al giudice della cognizione accertare la corretta instaurazione del rapporto processualee, soprattutto, la conoscenza (rectius: conoscibilità) del processo da parte dell'imputato.

Ai fini della procedibilità in absentia, l'art. 420-bis c.p.p. provvede ad equiparare le ipotesi di assenza consapevole dell'imputato, che, libero o detenuto, non sia presente all'udienza e dichiari espressamente, anche se impedito, di rinunciare ad assistervi, ad una serie di situazioni che sembrano strutturarsi come mera presunzione di conoscenza del processo, tra le quali il caso in cui l'imputato nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero abbia nominato un difensore di fiducia. La presunzione di certa conoscenza del processo si fonda sul riconoscimento di uno specifico onere di diligenza dell'imputato di tenersi continuamente informato in conseguenza della generica conoscenza della pendenza di un procedimento penale a suo carico, non potendo ignorare in tali casi la possibilità di celebrazione di un processo.

Tali clausole o “indici di conoscenza” del processo, secondo l'interpretazione offerta dalla citata Sezioni Unite, “P.G. c/ Ismail Darwish Mhame”, alla luce della interpretazione convenzionale (Corte Edu, 18 maggio 2004, Somogy c. Italia, e 10 novembre 2004 – 1° marzo 2006, Sejdovic c. Italia, Corte Edu, Sez. I, 01/09/2016, n.36043, Huzuneanu c. Italia) non costituiscono presunzioni assolute, in quanto per giustificare una sentenza pronunciata in absentia non è sufficiente la prova generica della mera conoscenza della pendenza del procedimento, né la dimostrazione di una serie di situazioni dalle quali è semplicemente possibile desumere una conoscenza, anch'essa del tutto generica, del procedimento, dovendo invece essere garantita la necessità della conoscenza effettiva del processo.

Nel caso di elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato difensivo, occorre interrogarsi sulla idoneità di siffatto elemento di presunzione a dimostrare l'effettiva stabilizzazione di un rapporto professionale tra il legale e l'imputato, tale da configurare a carico di quest'ultimo un onere di tenersi informato circa l'evoluzione del rapporto professionale e lo sviluppo del processo.

Le soluzioni giuridiche

Premessa.

L'equivoco di fondo, che alimenta il contrasto interpretativo in esame investe la valenza ed il significato delle clausole di cui all'art. 420-bis, comma 2, c.p.p., ossia la valutazione della “tenuta” del rapporto informativo tra imputato e difensore di fiducia, ai fini della rescissione del giudicato, involgendo il contenuto dei doveri di diligenza che gravano sull'imputato che decida di avvalersi di un difensore di fiducia, eleggendo domicilio presso quest'ultimo, e l'incidenza della successiva dichiarazione del difensore di rinunciare al mandato sulla garanzia dell'imputato all'effettiva conoscenza del procedimento penale.

Presupposto, infatti, anche in tema di rescissione del giudicato, è che l'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium. Sul punto, Cass. pen., sez. VI, 18 giugno 2020 (dep. 22 luglio 2020), n. 21997, Rv. 279680-01, ha affermato che l'effettiva conoscenza del procedimento non può essere desunta dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell'atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l'atto, come nel caso della notifica effettuata presso il difensore d'ufficio ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., in quanto l'esecuzione in luogo diverso dal domicilio indicato, rivelatosi inidoneo, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell'imputato.

Si tratta di assunto condiviso dagli orientamenti di seguito illustrati che costituisce applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite con le sentenze Cass. pen. sez. un., 28 febbraio 2019, n. 28912, Innaro, Rv. 275716 e Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2019, n. 23948, P.G. c/ Ismail Darwish Mhame, Rv. 279420) che operano un forte richiamo al canone di conoscenza effettiva e non soltanto presunta né meramente legale dell'atto di citazione a giudizio con la precisazione che il processo può ritenersi legittimamente celebrato in assenza dell'imputato soltanto nel caso in cui egli, consapevolmente informato della citazione in giudizio e dell'accusa penale a lui rivolta, abbia rinunciato a comparire, ovvero si sia deliberatamente sottratto alla conoscenza del processo.

L'orientamento che ritiene che la rinuncia del difensore di fiducia domiciliatario implichi la verifica dell'effettiva conoscenza del processo.

Secondo un primo orientamento, espresso dalla citata Cass. pen., sez. II, 16 novembre 2021 (dep. 12 gennaio 2022), n. 756, sulla base dei principi stabiliti dalla richiamata decisione Sezioni Unite, “P.G. c/ Ismail Darwish Mhame”, anche nel caso di nomina del difensore di fiducia domiciliatario deve essere garantita l'effettività della conoscenza del procedimento, nel senso che tale nomina assume rilievo processuale solo ove si instauri un regolare rapporto informativo tra il difensore e l'assistito, come nel caso in cui “la nomina sia stata accettata”.

In tal senso, Cass. pen., sez. V, 6 aprile 2021 (dep. 19 maggio 2021), n. 19949, Rv 281256-01, nel caso di nomina, in fase di indagini preliminari, di un difensore di fiducia domiciliatario, successivamente cancellatosi dall'albo, ha ritenuto che non possa essere desunta l'effettiva conoscenza del processo ove non vi sia prova che tale circostanza sia stata comunicata all'interessato o che questi ne sia venuto comunque a conoscenza.

In tale prospettiva ermeneutica si osserva che gli “indici” previsti dall'art. 420-bis, comma 2, c.p.p., assolvono alla funzione tipica delle presunzioni, ossia di una comprensibile '"facilitazione" del compito del giudice nell'accertamento della certezza della conoscenza della vocatio in ius e del processo, attraverso la tipizzazione di situazione equiparabili alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio a mani proprie dell'imputato (per una ricostruzione della natura e valenza delle ipotesi tipizzate di conoscenza di cui all'art. 420-bis comma 2, c.p.p., alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite penali, cfr. Cass. pen., sez. II, 17 novembre 2021 (dep. 25 gennaio 2022), n. 2875).

Si tratta di situazioni che, alla luce delle indicazioni delle Sezioni Unite, non consentono ex se, alla sola ricorrenza del dato formale, di ritenere conosciuto il processo e non più necessaria la prova della notifica, ma individuano dei casi in cui, nelle date condizioni, è ragionevole ritenere che l'imputato abbia effettivamente conosciuto l'atto regolarmente notificato secondo le modalità predefinite dalla norma.

Sulla base di tali premesse, la pronuncia in commento giunge ad affermare che, «in tema di rescissione del giudicato, l'effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza non può essere desunta dalla nomina, nelle fasi iniziali del procedimento, di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato difensivo, in assenza di elementi di fatto che consentano di ritenere effettivamente instaurato e stabilizzato il sistema di informazioni e conoscenze diligentemente legate all'evoluzione del rapporto professionale».

La variegata casistica applicativa.

L'arresto in esame, in realtà, è solo apparentemente innovativo, in quanto esprime la necessità della verifica giudiziale, ai fini della presunzione di conoscenza del processo da parte dell'imputato rimasto assente, al di là della legittimità formale della notifica a mani del difensore domiciliatario. Si accorda specifica rilevanza alla rinuncia al mandato in ragione delle peculiari modalità, del momento e delle condizioni in cui è effettuata la relativa dichiarazione dal difensore.

Dall'analisi delle pronunce della Corte deriva l'elaborazione di una articolata casistica applicativa, in cui la Corte esalta la necessità di un pieno accertamento dell'indice di conoscenza del processo, superando il dato formale del doppio presupposto di conoscenza della nomina del difensore di fiducia e dalla elezione di domicilio.

In particolare, nel caso di rinuncia al mandato difensivo da parte del difensore domiciliatario, che abbia appreso della nomina solo al momento della notifica del decreto di fissazione dell'udienza fissata davanti al GIP, a seguito del mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata, evidenziando come, sotto il particolare angolo di visuale dell'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio o di fiducia (stante la parificazione tra le due ipotesi operata da Sez. U, “P.G. c/ Ismail Darwish Mhame”), la consegna al difensore domiciliatario è idonea a consentire la celebrazione del processo in absentia, garantendone la conoscenza all'imputato, a condizione che la notificazione "risulti ‘possibile"‘ sulla base di un "effettivo", ossia reale, collegamento dell'imputato con il domicilio, in ragione di una concreta ed attuale operatività della domiciliazione. La rappresentata impossibilità per il difensore rinunciante di rintracciare l'imputato esclude che quest'ultimo possa aver avuto conoscenza del processo (Cass. pen., sez. II, 17 novembre 2021 (dep. 25 gennaio 2022), n. 2875).

Nel diverso caso in cui la rinuncia al mandato sia intervenuta in data precedente alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio, ma successivamente alla notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., si segnalano gli arresti di Cass. pen., sez. VI, 13 dicembre 2021 (dep. 3 febbraio 2022), n. 3930 e Cass. pen., sez. VI, 13 dicembre 2021 (dep. 3 febbraio 2022), n. 3929. In entrambe le pronunce si rileva che la «inottemperanza all'onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate 420-bis c.p.p.», da cui deriva una presunzione relativa di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo alla luce dell'art. 420-bis comma 4 c.p.p. e art. 629-bis comma 1 c.p.p. che onerano l'interessato (rispettivamente, imputato o condannato) della dimostrazione di una sua "incolpevole mancata conoscenza del processo", non giustifica la estensione della presunzione di conoscenza a tutte le ipotesi in cui si sia in presenza di notifiche in apparenza "rituali". In tal senso, la recente Cass. pen., sez. un., 26 novembre 2020 (dep. 2021), n. 15498, Lovric, nel precisare presupposti e portata del rimedio della rescissione, ha attribuito al giudice della rescissione il compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall'imputato rimasto assente nel corso dell'intero processo, specie nel caso in cui abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento, riconoscendone la legittimazione ad allegare l'ignoranza del processo a lui non imputabile «anche ai casi in cui la declaratoria di assenza sia stata preceduta da notificazioni dell'atto di citazione a giudizio, inficiate da nullità assoluta - non rilevate nel processo di cognizione - che abbiano pregiudicato l'informazione sull'esistenza del processo e sulla fissazione dell'udienza e non abbiano consentito al destinatario di scegliere se parteciparvi o meno».

Da tale assunto, la Corte deriva che il giudice della rescissione deve agire nella consapevolezza di dover assicurare tutela al condannato che abbia subito gravi forme di violazione del diritto di difesa per coordinare il processo penale alle garanzie costituzionali e convenzionali dettate dalla Corte EDU – e recepite dalle citate pronunce delle Sezioni Unite – quando pretende meccanismi efficaci e realmente restitutori di facoltà perdute nella fase dei controlli volti a garantire la posizione dell'imputato non presente al processo ed i suoi diritti fondamentali, primo tra tutti il diritto ad un processo equo sancito dall'art. 6 Cedu, che implica la certa conoscenza del processo da parte dell'imputato e la sua inequivoca e non presunta rinuncia a presenziarvi (l'imputato, all'atto della scarcerazione nell'ambito di altro procedimento, aveva dichiarato un nuovo domicilio).

In particolare, nella citata Cass. pen., sez. VI, n. 3929/2022, tra gli indici da cui derivare l'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che legittima il rimedio restitutorio di cui all'art. 629-bis c.p.p. individua l'ipotesi del mutamento di domicilio dell'imputato con sua constatata irreperibilità per avvenuto cambio di residenza (e non per mero e temporaneo allontanamento) e della concorrente rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, con conseguente notifica della citazione a giudizio presso il difensore di ufficio, la cui nomina non sia stata parimenti mai notificata all'imputato: la concomitanza di tali circostanze, nel caso di specie, consente di escludere la sussistenza di un'ipotesi di "finta inconsapevolezza" del processo, stante la carenza di prova della deliberata intenzione di sottrarsi ad esso.

Più in generale, la rinuncia al mandato difensivo da parte del difensore domiciliatario, con conseguente nomina di un difensore di ufficio, assume rilevanza solo ove, in relazione alle condizioni in cui è espressa, sia indicativa della assenza di un rapporto con l'imputato, ciò che legittima i giudici chiamati a decidere sulla rescissione del giudicato all'attivazione di effettivi poteri di verifica della corretta celebrazione del processo in absentia.

In tal senso,Cass. pen., sez. II, 10 marzo 2021 (dep. 13 aprile 2021), n. 13802, ha censurato la impugnata sentenza di rigetto della richiesta di rescissione evidenziando che l'elezione di domicilio e nomina del difensore intervenute in fase di indagini preliminari, la successiva rinuncia al mandato da parte del difensore, in uno con l'attestazione della mancata "presa di contatto" tra imputato e difensore di fiducia non consentono di dedurre con il sufficiente grado di certezza l'effettiva volontà dell'imputato, che si era negato alla corrispondenza con il difensore, di sottrarsi alla conoscenza del processo. Nel caso di specie, la Corte pone l'accento sulla emergenza di elementi indicativi, pur a fronte della nomina fiduciaria e della elezione di domicilio presso il difensore in fase di indagini preliminari, della rappresentata (dal difensore) assenza di contatti effettivi tra il professionista e l'assistito, in forza della quale è intervenuta rinuncia al mandato.

L'orientamento che privilegia il dato formale della nomina del difensore di fiducia domiciliatario.

Un opposto orientamento, espresso dalla coeva Cass. pen., sez. VI, 6 dicembre 2021 (dep. 24 gennaio 2022), n. 2618, si pone in dissonanza con la sentenza in esame con riferimento ad un caso del tutto analogo. Il ricorrente, infatti, deduceva la violazione dell'art. 629-bis c.p.p. per non aver considerato la Corte territoriale, nel rigettare la richiesta di rescissione del giudicato, che egli, pur avendo eletto nel corso delle indagini preliminari domicilio presso lo studio del difensore di fiducia, non aveva avuto contezza del processo, sfociato nella sentenza da rescindere, nel quale era stato giudicato in assenza, perché questi aveva rimesso il mandato senza che allo stesso, ristretto in carcere sino a epoca successiva alla definizione del relativo giudizio, ne fosse pervenuta notizia o avesse ricevuta notifiche di atti del processo.

La Corte osserva che le circostanze dedotte non sono suscettibili di mettere in discussione il dato in forza del quale il decreto di citazione a giudizio relativo al processo definito dalla sentenza oggetto della rivendicata rescissione venne notificato all'imputato presso il difensore di fiducia domiciliatario, peraltro in un periodo nel quale l'imputato era in stato di libertà. La sussistenza di un rapporto fiduciario ancora in corso all'atto della notifica al difensore del decreto di citazione a giudizio (risalendo la rinuncia al mandato, a prescindere dalla relativa efficacia, a data successiva) costituisce dato “certamente funzionale ad una compiuta conoscenza dei termini dell'accusa” rivolta all'imputato in quel determinato procedimento. Tale conoscenza risulta, infatti, correlata al duplice presupposto del(la instaurazione di un) rapporto di fiducia con il difensore e dell'elezione di domicilio presso quest'ultimo, in grado di incidere in modo dirimente sulla logica possibilità di ritenere comprovata l'utile conoscenza del processo in capo all'imputato giudicato in absentia, in considerazione del' tipico atteggiarsi del rapporto fiduciario.

Il ricorrere di siffatti presupposti e la verifica del dato formale della rituale notifica della vocatio in ius presso il difensore domiciliatario rende ininfluenti eventuali successivi momenti di inconsapevolezza dell'ulteriore iter processuale ed indifferente, nell'ottica della iniziativa soggetta a scrutinio del giudice, la successiva rinuncia al mandato da parte del difensore (risalente a circa dieci mesi dopo).

Secondo la Corte, la sussistenza di un rapporto fiduciario in atto lascia coerentemente pensare, in assenza di elementi di segno opposto alla intervenuta comunicazione all'imputato della detta notifica da parte del difensore, nell'ottica dell'ordinario flusso comunicativo che deve connotare il relativo rapporto professionale tra assistito e difensore di fiducia. Si valorizza in tal modo, il dato formale della continuità del rapporto fiduciario e degli oneri di comunicazione ed informazione ad esso connessi, rispetto al quale alcun effetto di frattura assume la successiva interruzione conseguente alla rinuncia al mandato, avendo l'imputato già compiutamente acquisito la conoscenza effettiva del processo.

La pronuncia si inserisce in un più solido orientamento che privilegia il dato formale dell'indicatore presuntivo di conoscenza connesso alla ritualità della notifica della citazione a giudizio nelle mani del difensore domiciliatario, pur se successivamente rinunciante.

L'indirizzo è espresso da Cass. pen., sez. I, 25 novembre 2021 (dep. 3 febbraio 2022), n. 3845, che con riferimento ad una domanda di annullamento di provvedimento di cumulo, nel dichiarare la legittimità del procedimento in assenza per una delle condanne, ha rilevato che l'elezione di domicilio da parte dell'imputato solo se effettuata prima dell'accertamento della regolare costituzione delle parti consente di presumere la conoscenza del processo e di conseguenza di addebitare all'imputato l'onere di tenersi informato sul prosieguo (Cass. pen., sez. V, 17 gennaio 2020 (dep. 4 aprile 2020), n. 11313, Rv. 278924-01).

Secondo la Corte, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia domiciliatario avvenuta dopo la notifica del decreto di citazione a giudizio non fa venir meno la pregressa elezione di domicilio, che conserva valore sino a quando non è espressamente revocata nelle forme prescritte.

In senso conforme, Cass. pen., sez. II, 2 novembre 2021 (dep. 25 novembre 2021), n. 43547 e Cass. pen., sez. VI, 15 giugno 2021 (dep. 9 settembre 2021), n. 33567,con riferimento al caso in cui il difensore domiciliatario aveva comunicato anche all'imputato la rinuncia al mandato dopo la notifica dell'atto di citazione in giudizio, hanno ritenuto configurabile una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all'art. 625-ter c.p.p., perché la condotta di inerzia dell'imputato assume innegabile valenza significativa dell'intenzione di sottrarsi, sin dall'origine, alle comunicazioni relative al procedimento e di un rifiuto di ogni interlocuzione non logicamente giustificabile con il proprio difensore di fiducia domiciliatario, soprattutto se manifestata in immediata prossimità della celebrazione della udienza.

Ancora, Cass. pen., sez. V, 11 giugno 2021 (dep. 19 luglio 2021), n. 27965, ha valutato la scelta del domicilio da parte dell'imputato "seria" e reale, sussistendo un apprezzabile rapporto con lo studio di colui che è stato il suo difensore di fiducia, nonché un regolare rapporto informativo tra difensore ed assistito, in ragione della accettazione della nomina fiduciaria, restando irrilevante la rinunciato al mandato in un momento successivo alla vocatio in ius, in assenza di specifici elementi che facciano ritenere la inidoneità della notifica, alla cui allegazione è onerato il ricorrente.

Tale ultimo arresto si colloca nella scia dei precedenti Cass. pen., sez. V, 6 maggio 2021 (dep. 16 giugno 2021), n. 23733; Cass. pen., sez. V, 5 maggio 2021 (dep. 23 giugno 2021), n. 24626; Cass. pen., sez. V, 30 aprile 2021 (dep. 14 luglio 2021), n. 27119, in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'imputato elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, al quale erano stati regolarmente notificati l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ed il decreto di citazione a giudizio, e che aveva in epoca successiva una dichiarazione di non accettazione dell'incarico, affermando anche di non essere stato da questi contattato (la Corte ha osservato come «la nomina di fiducia instauri fra l'imputato ed il difensore un rapporto, appunto fiduciario, che consente di ritenere che vi sia un costante aggiornamento dello stato del processo, l'eventuale assenza del quale va ascritta a colpa dell'imputato stesso»).

Infine, Cass. pen., sez. II, 10 marzo 2021 (dep. 7 maggio 2021), n. 17864, ha rilevato come, nei casi suindicati, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia intervenuta dopo la celebrazione dell'udienza preliminare sia indice di effettività del rapporto professionale con l'imputato, valorizzando il fatto che il difensore non aveva fatto presente che tale scelta fosse stata dovuta alla perdita di contatti con l'imputato, che aveva mantenuto la domiciliazione dopo la rinuncia al mandato ed era rimasto sempre reperibile.

Da ultimo, l'indirizzo in esame è stato ribadito da Cass. pen., sez. IV, 24 marzo 2022 (dep. 7 aprile 2022), n. 13243, con riferimento ad un caso di rinuncia del difensore di fiducia domiciliatario intervenuta alcuni mesi prima della notifica del decreto di citazione a giudizio. La Corte ha affermato che, ai fini della ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 420-bis c.p.p., non sia sufficiente la mera rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, dovendo alla stessa accompagnarsi circostanze ulteriori sulla base delle quali sia possibile affermare che l'imputato non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che tale mancata conoscenza non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale.

Nella pronuncia si evidenzia che il difensore, nel compiere la rinuncia, non ha escluso di aver avuto contatti con l'imputato, sostenendo solo di non essere riuscito ad incontrarlo, e, soprattutto, non ha ricusato la domiciliazione e ha sempre accettato di ricevere le notifiche degli atti destinati all'imputato, sicché la mancata conoscenza della celebrazione del processo finisce per esaurirsi, in concreto, in una mera allegazione formulata dal ricorrente.

Osservazioni

Il segnalato contrasto interpretativo investe i canoni applicativi degli indici presuntivi della conoscenza del processo tipizzati dall'art. 420, comma 2, c.p.p., nei casi in cui la rappresentanza dell'imputato sia affidata ad un difensore di fiducia presso il quale risulta eletto domicilio.

Come si rileva dall'analisi delle pronunce di legittimità, la nomina di un difensore di fiducia e l'elezione di domicilio, quali espressioni di scelta ponderata dell'imputato, costituiscono indici dai quali, come indicato da Cass. pen., sez. un., 28 novembre 2019, n. 23948, P.G. c/ Ismail Darwish Mhame, è ragionevole presumere con un certo grado di certezza la conoscenza del processo e ritenere giustificato l'onere, a suo carico, di dimostrare il contrario. Sul tema, Cass. pen., sez. II, 20 novembre 2020 (dep. 1° dicembre 2020), Rv. 280305-01, ha ritenuto che l'ignoranza incolpevole, rilevante ai sensi dell'art. 6 Cedu, è esclusa in tutti i casi in cui l'imputato, attraverso singoli atti della progressione processuale quali l'elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia oppure l'arresto, il fermo o la sottoposizione a misura cautelare, sia venuto a conoscenza dell'esistenza del procedimento a suo carico, derivando da ciò un onere di diligenza di mantenere i contatti con il proprio difensore, ancor più se nominato di fiducia.

Tuttavia, come osservato da Cass. pen., sez. un., n. 15498/2021, “Lovric”, deve essere garantita la piena legittimazione dell'imputato dichiarato assente, al di là della legittimità formale di tale dichiarazione fondata su indici presuntivi, ad allegare l'ignoranza del processo a lui non imputabile, in modo che non ne sia pregiudicato l'informazione sull'esistenza del processo e sulla fissazione dell'udienza e non sia stato posto in grado di scegliere se parteciparvi o meno.

Nello spirito delle indicazioni dettate dalle Sezioni Unite, rifuggendo da letture meramente formali, gli indici presuntivi di conoscenza connessi alla dichiarazione di domicilio ed alla nomina di un difensore di fiducia devono essere reinterpreti secondo la loro propria “funzione”, evitando di esasperarne la valenza e dar vita ad una presunzione “legale” di conoscenza del tutto sganciata dalla sostanziale ineffettività della notifica. La rinuncia del difensore domiciliatario diviene, in ragione delle modalità e dei presupposti che guidano la relativa dichiarazione del difensore, elemento indicatore della assenza di un ordinario rapporto di informazione o comunicazione tra difensore ed imputato, dalla quale derivare la inoperatività della presunzione relativa di conoscenza.

Di qui l'ampio ventaglio di soluzioni individuate a fronte della pluralità di indicatori concreti emergenti dalla casistica processuale relativa alla rinuncia al mandato del difensore, per tempi (in fase antecedente alla notifica dell'atto di vocatio in iudicium o in fase successiva), per forme (comunicazione al giudice procedente e/o all'imputato, per presupposti fattuali (assistenza prestata dal difensore in attività quali sequestri o perquisizioni o di impugnazione cautelare). Solo alla luce di un accertamento concreto circa la ricorrenza di siffatte emergenze fattuali è possibile valutare l'incidenza della rinuncia al mandato sulla effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato dichiarato assente, tenendo conto della concreta idoneità dimostrativa della volontaria e manifesta interruzione del rapporto tra imputato e difensore di fiducia e della sintomaticità elusivo del conseguente comportamento di inerzia tenuto dal primo.

Riferimenti
  • F. Alonzi, Le Sezioni Unite sulla rescissione del giudicato, in dir. pen. proc., 2015, 3, 291;
  • R. Casiraghi, La rescissione del giudicato: molte questioni interpretative sul tappeto, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen., fasc.1, 2018;
  • B. Nacar, Il processo in absentia tra fonti internazionali, disciplina codicistica e recenti interventi riformatori, Padova, 2014, p. 110;
  • Mangiaracina, Garanzie partecipative e giudizio in absentia, Torino, 2012, 229 ss.;
  • G. Ranaldi, La rescissione del giudicato: esegesi di una norma imperfetta, in Proc. pen. giust., 2015, n. 1, p. 128.

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