Costituzione della Repubblica - 27/12/1947 - n. 0 art. 116

Francesco Caringella
Ilaria Vittoria Motta

(1) [I] Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

[II] La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

[III] Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 2 l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, di cui alla nota al titolo V. Il testo precedente recitava: «Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali». V. il r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, conv. nella l. cost. 26 febbraio 1948, n. 2, per la Sicilia; la l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3, per la Sardegna; la l. cost. 26 febbraio 1948, n. 5, e, successivamente, il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, per il Trentino-Alto Adige; la l. cost. 31 gennaio 1963, n. 1, per il Friuli-Venezia Giulia; la l. cost. 26 febbraio 1948, n. 4, per la Valle d'Aosta.

 

Inquadramento

Come noto, l'art. 116 della Cost. nella sua formulazione originaria si componeva di un unico comma, atto a giustificare e a coordinare con il testo della Carta costituzionale la sussistenza di una disciplina derogatoria per le Regioni speciali, rispetto al regime regionale ordinario, delineato dalle altre disposizioni dello stesso Titolo V, valido per la generalità degli enti territoriali. La disposizione sanciva, infatti, l'attribuzione, alle Regioni speciali, di forme e condizioni particolari di autonomia, disciplinate con statuti speciali adottati con leggi costituzionali. Alcuni di questi erano stati adottati ancor prima dell'entrata in vigore della stessa Carta costituzionale, si pensi, ad esempio, allo Statuto della Regione Sicilia già approvato con r.d.l. n. 455/1946 mentre talune forme di autonomia erano già state concesse ad altre Regioni, come alla Valle d'Aosta con d.lgs. n. 545/1945, e alla Sardegna, che aveva ottenuto l'istituzione di un Alto Commissariato, con r.d.l. 27 gennaio 1944, e di una Consulta regionale, con r.d.l. n. 417/1944.

Nel corso del dibattito svoltosi in seno all'Assemblea costituente, pertanto, il problema concernente l'istituzione di Regioni a regime differenziato era marginale rispetto all'innovativa creazione e al conseguente, conferimento di funzioni alle Regioni ordinarie (Cariola-Leotta, 2184 ss.).

Tuttavia, ragioni di economia impediscono di soffermarsi sulle specifiche ragioni che hanno giustificato la concessione di forme di autonomia speciale, ricollegabili ad impegni assunti in sede internazionale, alla presenza di forti minoranze etniche nonché alla posizione geografica.

Gli statuti speciali sono stati approvati con leggi costituzionali a partire dall'entrata in vigore della Costituzione e in specie, con le leggi n. 2, 3, 4 e 5 del 1948, aventi ad oggetto rispettivamente gli Statuti speciali delle Regioni Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige. Per il Friuli Venezia Giulia, per cause connesse alla situazione internazionale (e in particolare al regime del Territorio di Trieste), lo statuto verrà approvato solo con la legge cost. n. 1 del 31 gennaio 1963.

Con la revisione disposta dall'art. 2 della legge cost. n. 3 del 2001, l'originario unico comma è stato oggetto di alcune formali modifiche, fra cui la sostituzione dell'espressione «sono attribuite» con quella «dispongono», quasi a sottolineare la natura pattizia dell'autonomia delle Regioni a statuto speciale» e l'introduzione del nome di due Regioni (Cariola - Leotta, 2184 ss.). Inoltre, è stato aggiunto un secondo comma, con la espressa menzione delle due Province autonome di Trento e di Bolzano.

Diversa ratio a cui si ispira il terzo comma, introdotto ex novo dalla legge cost. n. 3 del 2001, che riconosce la possibilità di attribuire ad altre Regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, sia nelle materie già attribuite alla competenza concorrente, sia in alcune più specifiche ricollegabili alla competenza esclusiva statale, previa intesa tra Stato e Regione interessata, in presenza di determinati presupposti e con specifiche modalità.

Come osservato da accorta dottrina, l'art. 116 della Cost., frutto di istanze volte ad ottenere l'equiparazione dell'autonomia ordinaria a quella speciale, mira ad introdurre una differenziazione tra le Regioni, postulando un livello variabile delle competenze da accertarsi in base alle peculiarità del caso di specie, in omaggio al principio di sussidiarietà, che comporta una differenziazione di competenze tra enti anche dello stesso tipo (Cariola - Leotta, 2184 ss.).

L'autonomia statutaria speciale e le riforme costituzionali del 2001 (primo e secondo comma)

L'art. 116, nel disegno originario della Costituzione, scolpiva la sussistenza di forme di autonomia più ampie per le Regioni speciali, rispetto a quelle che la Costituzione disciplinava a livello generale. In particolare, la disposizione in commento consente un regionalismo differenziato, consistente nell'attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia in relazione a talune materie e all'esito di uno specifico procedimento legislativo (Caringella, 518 ss.). I limiti e le forme dell'estensione dell'autonomia di ciascuna Regione speciale sono tuttora fissati dai rispettivi statuti.

Occorre tuttavia rilevare come lo Statuto speciale, sebbene possieda il rango di legge costituzionale, soggiace ai principi fondamentali della Costituzione, in primis quello dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica. Anche laddove la competenza sia prevista dallo Statuto speciale come «piena», la stessa sconta al limite invalicabile del rispetto della Costituzione e in particolare, dei principi fondamentali di riforma economico-sociale, riconducibili nell'alveo dalla legislazione statale.

Sicché, a seguito delle riforme operate con le leggi cost. n. 2 e 3 del 2001, si accorciano sempre di più le maglie tra Regioni speciali e quelle ordinarie, specie con riferimento alle competenze.

In siffatto contesto, gli Statuti speciali sono ormai composti più di «vuoti» che di «pieni»: restano fuori sia le norme sulla forma di Governo che, dopo la legge cost. n. 2 del 2001 sono rimesse alle leggi statutarie che ciascuna Regione speciale approva a maggioranza assoluta, sia quelle competenze non previste dagli Statuti e che le Regioni speciali «attraggono» ai sensi dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001 (Caravita, 242 ss).

Sotto il primo profilo, deve rilevarsi come con la l. cost. n. 2/2001, il legislatore costituzionale abbia proceduto ad estendere alle Regioni speciali le disposizioni concernenti le modalità di elezione del Presidente e del Consiglio, in conformità agli artt. 122 e 123 della Cost. così come formulati nel testo oggetto della revisione operata con la l. cost. n. 1/1999. Sicché, la riforma ha in parte «depotenziato» il procedimento di revisione statutaria, sotto due profili: in primo luogo, ha disposto che le future disposizioni di modifica degli Statuti speciali, pur presupponendo la forma di legge costituzionale, non siano sottoposti al referendum costituzionale ex art. 138 della Cost. e in secondo luogo ha previsto che le norme sulla forma di Governo possano, per il futuro, modificarsi con mera legge regionale.

Sotto il secondo profilo, la riforma introdotta con la l. cost. n. 3 del 2001, nell'ampliare l'autonomia regionale ordinaria, ha posto il problema del riallineamento delle competenze delle Regioni speciali, onde evitare il rischio di attribuzione nel nuovo testo costituzione di competenze meno ampie rispetto a quelle attribuite alle Regioni ordinarie.

Come opportunamente osservato in dottrina, il discrimen tra Regioni ordinarie e differenziate deve ravvisarsi nelle funzioni legislative, specie laddove le prime sono prive della competenza legislativa «piena» od «esclusiva», a differenza delle seconde, sebbene tale mancanza sia circoscritta nelle materie contemplate dai rispettivi statuti (Martinez - Ruggeri - Salazar, 19 ss). Inoltre, le Regioni differenziate godevano di una potestà «integrativo-attuativa» della legislazione di competenza statale in altre materie, tuttavia venuta meno (Martinez - Ruggeri - Salazar).

Le Regioni ordinarie, per contro, conoscevano unicamente la competenza ripartita o concorrente, circoscritta alle sole materie elencate nel testo originario dell'art. 117 Cost. Di tal che, nel nuovo sistema di ripartizione di competenze delineato dalla Costituzione, le Regioni ordinarie godono di competenza generale residuale, ossia «piena», in forza dell'art. 117, comma 4 della Cost..

Nelle more della revisione degli Statuti speciali, l'art. 10 della l. cost. n. 3/2001 ha introdotto una clausola di adeguamento automatico, che prevede in via transitoria che «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

Emerge dunque come il primo comma dell'art. 116 della Cost. debba leggersi nella prospettiva di raccordo con l'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001.

Le forme più ampie di autonomia di cui all'art. 10 della l. cost. n. 3/2001

L'ambito di operatività della clausola di cui all'art. 10 della L. cost. n. 3/2001 si ricava dalle numerose pronunce emanate sul punto da parte della Corte costituzionale, la quale ha fatto ricorso alla disposizione in parola per «integrare» gli elenchi delle materie di competenza regionale contenuti negli statuti speciali con le «nuove» materie attribuite alle regioni ordinarie dalla l. cost. n. 3 del 2001 (Musolino).

Ciò è avvenuto sia con riferimento a materie di competenza concorrente, come la produzione, il trasporto, la distribuzione nazionale dell'energia o l'ordinamento della comunicazione, sia con quelle ascritte alla competenza generale residuale, assimilabile alla legislazione primaria riconosciuta dagli Statuti speciali.

Inoltre, la clausola di adeguamento automatico ha riconosciuto alle autonomie speciali la competenza prevista dall'art. 117, commi 3, 5 e 9 della Cost. in tema di attività internazionale, superando definitivamente i limiti che gli Statuti speciali pongono all'esercizio della potestà legislativa primaria delle diverse autonomie speciali. In primis, il limite del rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica nelle ipotesi in cui la materia rientri nella competenza residuale delle Regioni ordinarie e non già in quella concorrente. Si pensi ad esempio, alle materie dell'urbanistica e dell'edilizia oggetto di vaglio della Corte costituzionale (Corte cost. n. 62/2005).

L'art. 10 inoltre ha consentito alle autonomie speciali di conservare le proprie competenze statutarie di tipo primario in quelle materie che, a seguito della Legge cost. n. 3 del 2001, sono state espressamente attribuite alla competenza esclusiva statale. Si pensi, ad esempio alla materia dell'ordinamento degli enti locali sancita dall'art. 117, comma 2, lett. p), della Cost., di competenza esclusiva statale e di competenza primaria della Regione Sardegna (Corte cost. n. 48/2003). Tuttavia, la Corte ha precisato che, laddove la competenza legislativa di una Regione a Statuto speciale si radichi sulle norme contenute nella l. cost. n. 3 del 2001 le disposizioni contenute nel titolo V troveranno applicazione nella loro interezza (Corte cost. n. 383/2005 e 370/2006). Sicché, la legge regionale dovrà regolamentare le ulteriori competenze acquisite nel rispetto dei limiti e delle condizioni che la suddetta legge costituzionale ha posto, anche a garanzia delle autonomie territoriali minori espressamente menzionate.

Ancora, in virtù del disposto dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, il giudice delle leggi ha ritenuto estensibili alle autonomie speciali le procedure inerenti ai controlli statali sull'esercizio della potestà legislativa regionale e le forme di proposizione del giudizio costituzionale previsti dal nuovo art. 127 della Cost., da leggersi come «forme di autonomia più ampie» rispetto a quelle disciplinate dagli statuti speciali (Corte cost. n. 377 e Corte cost. 408/2002). Tuttavia, detta interpretazione estensiva non opera con riferimento alle modalità di controllo previste dallo statuto della Regione Sicilia (Corte cost. n. 314/2003).

Infine, occorre precisare che il meccanismo prefigurato dal citato art. 10 della Legge cost. n. 3 del 2001 si applica solo laddove sia subordinato ad una valutazione complessiva che si risolva in una maggiore autonomia per le Regioni e non anche per gli enti territoriali minori (Corte cost. n. 370/2006).

Le ragioni del federalismo asimmetrico o differenziato di cui al comma terzo.

Il comma terzo prevede la possibilità di attribuire alle Regioni forme e condizioni particolari di autonomia su tutte le materie di competenza concorrente e su tre di competenza esclusiva statale: tutela dell'ambiente e dei beni culturali, norme generali sull'istruzione e organizzazione della giustizia di pace.

L'attribuzione di queste ulteriori forme deve avvenire con una legge statale ordinaria ma «rinforzata», su iniziativa della Regione interessata e previo parere non vincolante degli enti locali, nel rispetto dei principi dell'art. 119 della Cost. Da ciò discende che, la legge deve essere approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di una intesa con la Regione interessata.

Nel merito, l'art. 116 della Cost. tende a creare dei regimi semi-differenziati: ossia Regioni ordinarie dotate di forme particolari di autonomia, plasmando le competenze regionali in relazione alle avvertite esigenze locali, in omaggio ai principi di sussidiarietà e di adeguatezza. Si tratta di una marcata valorizzazione oltre che del principio di sussidiarietà, anche del principio di eguaglianza, entrambi volti ad attribuire alle Regioni più efficienti maggiori margini di manovra rispetto alle competenze assegnate a quelle meno efficienti.

Detta semispecialità viene pertanto a costituire un nuovo modello di differenziazione, non più basato sui privilegi conferiti a talune Regioni, stante la presenza di un regime peculiare, quanto piuttosto sulle funzioni da attribuire alle Regioni più efficienti, in grado di gestire competenze ulteriori rispetto a quelle indicate nel terzo comma dell'art. 117 della Cost. (Cariola-Leotta, 2184 ss).

La semispecialità rappresenta allora un compromesso tra il precedente sistema di – imperniato su una rigida tipologia di limiti alla normazione – e un modello di regionalismo differenziato, connotato da una notevole flessibilità, dinamicità e adeguatezza e che trova espressione in molti sistemi autonomistici.

L'art. 116 della Cost. viene giustificata dalla dottrina in ragione delle «diverse velocità alle quali viaggiano le diverse Regioni, il che rende il regionalismo italiano strutturalmente differenziato» (Caravita, 243 ss).

A detta di altri, invece, la disposizione in commento è volta ad introdurre nell'ordinamento costituzionale, forme di c.d. regionalismo differenziato, comune ad altri ordinamenti, come quello spagnolo, caratterizzato da una condizione generalizzata di specialità diffusa (Ruggeri).

Ogni Regione, pertanto, dovrebbe essere messa in condizione di «specializzarsi», attingendo ad una sorta di spazio comune nel quale sono riposte tutte le funzioni diverse da quelle trattenute dallo Stato, espressive di interessi di sicuro interesse nazionale (Martinez - Ruggeri - Salazar).

Sotto il profilo strutturale, l'elemento centrale è costituito dall'accordo, frutto dell'incontro tra l'iniziativa regionale, sull'intesa e non sulla presentazione del disegno di legge da parte del Governo e l'accettazione statale (Ruggeri). Oggetto del trasferimento sono le materie indicate dalla disposizione, con la precisazione che quelle già attribuite alla competenza concorrente diverrebbero di competenza piena mentre quelle di competenza esclusiva statale potrebbero diventare di competenza concorrente o esclusiva regionale.

Per quanto concerne il versante soggettivo, la disposizione in parola si rivolge espressamente alle sole Regioni ordinarie e non anche a quelle speciali, in ragione dell'inciso «altre Regioni».

La dottrina ha ammesso un'estensione dell'art. 116 della Cost. in combinato disposto con l'art. 10 della L. cost. 3 del 2001, alle Regioni speciali, laddove le forme di autonomia siano ancorate norme sostanziali ma anche a quelle procedurali. Tuttavia, la questione è di diritto transitorio, in quanto con la revisione degli statuti speciali si potranno ricondurre le materie di cui al terzo comma dell'art. 116 nei nuovi elenchi delle materie di competenza di ciascuna regione speciale (Cariola - Leotta).

L'adeguamento degli statuti speciali.

L'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001 rappresenta il punto di partenza di un necessario «ripensamento» della specialità regionale, essendo palese l'intenzione del legislatore costituzionale di applicare il Titolo V anche alle Regioni speciali fino al riallineamento completo delle Carte regionali al nuovo quadro costituzionale.

Accorta dottrina ha rilevato come gli statuti speciali non dovrebbero limitarsi a recepire gli istituti introdotti dalla l. cost. n. 3/2001, ma dovrebbero riplasmare la propria specialità mediante spazi nuovi di autonomia che giustifichino il mantenimento del loro peculiare status, in modo da rappresentare un modello competitivo rispetto alle altre Regioni (Cariola - Leotta).

Resta una difficoltà di fondo: le modifiche statutarie, fatta eccezione per alcuni aspetti contenuti nella l. cost. n. 2/2001, sono assoggettate a legge di revisione costituzionale, il che comporta non solo la sottoposizione ad un iter più lungo e macchinoso, ma soprattutto l'impossibilità di determinare liberamente il contenuto del proprio statuto, a differenza di quanto accade alle Regioni ordinarie. Infatti, i meccanismi di adeguamento previsti da tutti gli Statuti speciali prevedono che la Regione possa interloquire, nel procedimento che rimane statale, a mezzo di un parere non vincolante.

Al riguardo, si segnala la pendenza del d.d.l. costituzionale n. 41, presentato al Senato il 29 aprile 2008 (iniziativa sen. Peterlini), volto a sostituire lo strumento del parere con quello dell'intesa, così da consentire alle autonomie speciali di «intraprendere iniziative di modifica degli statuti attualmente inibite dal rischio dello stravolgimento del testo in sede di esame parlamentare». In ogni caso, rimane fermo il diritto in capo al Consiglio regionale di negare l'intesa con la maggioranza dei due terzi.

D'altronde, un analogo meccanismo era previsto dall'art. 38 della Legge costituzionale di riforma approvata nel 2005 ma non entrata in vigore per l'esito sfavorevole del referendum ex art. 138.

Quanto all'individuazione dei limiti di applicazione, il meccanismo sin qui descritto reca con sé il problema di una continua applicazione dell'art. 10 l. cost. n. 3/2001, anche a seguito dell'adeguamento in caso di forme di autonomia più ampie delle Regioni ordinarie.

In ogni caso, aderendo ad un'interpretazione rigorosa, risulta difficile stabilire in presenza di quali condizioni lo statuto deve ritenersi adeguato. Ci si chiede, in particolare se: è sufficiente una qualunque modifica o vi deve essere una revisione integrale? In siffatta ipotesi sarebbe opportuno che lo Statuto contenga un espresso richiamo all'avvenuto adeguamento ai sensi dell'art. 10 della l. cost n. 3/2001.

I tentativi di attuazione del terzo comma.

Preliminarmente, occorre prendere le mosse dai contrasti sorti in dottrina circa l'opportunità di procedere nell'immediatezza all'attuazione dell'art. 116, comma 3 della Cost., che reca con sé l'ampliamento delle competenze di alcune Regioni e significative difficoltà di attuazione (già affrontate nei paragrafi precedenti).

Per quanto attiene al primo quesito, attenta dottrina ha deposto a favore della soluzione negativa: in particolare, per procedere all'attuazione del terzo comma dell'art. 116 della Cost. occorre prendere atto delle ulteriori problematiche che ineriscono il nuovo Titolo V e in specie, all'attuale mancanza di un ambito di applicazione certo, chiaro e dotato di materie sufficientemente definite (Bin, 14 ss. - Ruggeri, 9 ss.).

Sicché, il processo di differenziazione deve svilupparsi attraverso l'impiego di strumenti diversi e già collaudati: si pensi, ad esempio, alle intese e agli accordi con il Governo, in grado di consentire alla Regione di «sperimentare» nuove competenze (ad es. nel campo dell'istruzione), con l'ausilio del Governo nell'attuazione di detti programmi.

Tuttavia, rimane aperta la questione relativa al dovere in capo alle Regioni di autofinanziare le nuove risorse indispensabili per l'esercizio di dette nuove competenze o se, invece, sia lo Stato a farsene carico.

Nonostante la dottrina abbia aderito alla seconda soluzione (Caravita), non è mancato chi ha ritenuto preferibile l'autofinanziamento della Regione per l'esercizio delle nuove funzioni, sulla base dell'argomento letterale che vede protagonista il richiamo per relationem all'art. 119 della Cost., onde evitare ricorso a meri trasferimenti verticali di natura non perequativa (Zanardi).

Il disegno di legge statale attuativo del terzo comma e le iniziative regionali

La dottrina ha dibattuto in ordine alla necessità di una legge statale completiva in chiave tassativa delle procedure di attuazione dell'art. 116 della Cost. nonché delle iniziative regionali.

La dottrina ha deposto a favore della soluzione positiva, anche in considerazione di esigenze di uniformità (A. Ruggeri-Bin).

Sicché, allo stato, le iniziative regionali sono state presentate dalle Regioni Lombardia e Veneto e attengono alle seguenti materie:

a) tutela dell'ambiente – beni culturali – giustizia di pace – organizzazione sanitaria – ordinamento della comunicazione – protezione civile – previdenza complementare – infrastrutture – ricerca e innovazione – università – cooperazione transfrontaliera – casse di risparmio e rurali regionali (Lombardia);

b) istruzione, tutela della salute, beni culturali, ricerca scientifica e tecnologica, potere estero regionale, giustizia di pace, tutela dell'ecosistema, ordinamento della comunicazione, previdenza complementare e integrativa, protezione civile, infrastrutture e istituti di credito a carattere regionale (Veneto).

Bibliografia

Martinez - Ruggeri - Salazar, Lineamenti di diritto regionale, Milano, 2008, 19 ss.; Cariola - Leotta, Art. 116, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco - Celotto - Olivetti, Torino, 2006; Caravita, La Costituzione dopo la riforma del titolo V. Stato, Regioni e autonomie fra Repubblica e Unione Europea, Torino, 2002; Caringella, Manuale ragionato di diritto amministrativo, Roma, 2020; Ruggeri, La legge La Loggia e le Regioni ad autonomia differenziata, tra riserve di specialità e clausola di maggior favore, in Regioni, 2004; Ruggeri, Prospettive di una «specialità» diffusa delle autonomie regionali, in Nuove autonomie, 6/2000, s.; Ruggeri, La «specializzazione» dell'autonomia regionale: se, come e nei riguardi di chi farvi luogo, in forumcostituzionale.it, 2010; Silvestri, Le Regioni speciali tra limiti di modello e limiti di sistema, in Le Regioni, 2004, 1119 ss.; Padula, L. cost. n. 3/2001 e statuti speciali: dal confronto fra norme al (mancato) confronto fra «sistemi», in Le Regioni, 2004; Bin, «Regionalismo differenziato» e utilizzazione dell'art. 116 comma 3 Cost. Alcune tesi per aprire il dibattito, in Istituzioni del federalismo, 2008, 9 ss.; Zanardi, Il federalismo differenziato nell'articolo 116 della Costituzione: una breve nota, in Federalismi.it, 22/2006; Musolino, I rapporti Stato-Regioni nel nuovo titolo V alla luce dell'interpretazione della Corte costituzionale, Milano, 2007.

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