Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 22 - Comitato dei garanti 1.

Ciro Silvestro

Comitato dei garanti 1.

 1. I provvedimenti di cui all'articolo 21, commi 1 e 1-bis, sono adottati sentito il Comitato dei garanti, i cui componenti, nel rispetto del principio di genere, sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Comitato dura in carica tre anni e l'incarico non e' rinnovabile.

2. Il Comitato dei garanti e' composto da un consigliere della Corte dei conti, designato dal suo Presidente, e da quattro componenti designati rispettivamente, uno dal Presidente della Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico, e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, uno dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, scelto tra un esperto scelto tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico, e due scelti tra dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui almeno uno appartenente agli Organismi indipendenti di valutazione, estratti a sorte fra coloro che hanno presentato la propria candidatura. I componenti sono collocati fuori ruolo e il posto corrispondente nella dotazione organica dell'amministrazione di appartenenza e' reso indisponibile per tutta la durata del mandato. Per la partecipazione al Comitato non e' prevista la corresponsione di emolumenti o rimborsi spese.

3. Il parere del Comitato dei garanti viene reso entro il termine di quarantacinque giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere.

Inquadramento

L'art. 22 del decreto n. 165 istituisce un vero e proprio organismo di tutela dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato e di garanzia dell'imparzialità dell'azione della pubblica amministrazione, con il compito di esprimere pareri sulle sanzioni conseguenti a responsabilità dirigenziale ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. n. 165/2001.

L'intervento dell'organismo in oggetto è finalizzato ad evitare che l'attivazione della responsabilità dirigenziale possa risultare soggetta esclusivamente alle valutazioni dell'organo politico, garantendo maggiore imparzialità, interponendosi rispetto ad eventuali iniziative discriminatorie o arbitrarie. Tale intervento rappresenta un «momento» o «fase» di un procedimento in tutto e per tutto imputato al potere (e alla responsabilità) datoriale dell'amministrazione.

Per T.A.R. Lazio, Roma III- ter, ord. n. 5935/2000, il Comitato «non appare concepito dal legislatore come organo a carattere rappresentativo destinato a dirimere contrapposti interessi dei dirigenti compresi nel ruolo unico, ma come organo imparziale in funzione di garanzia di una ponderata valutazione nell'adozione, tra l'altro, di atti gravemente lesivi della posizione soggettiva di ogni dirigente»

Prima della modifica apportata all'art. 22 dalla l. n. 145/2002, l'intervento del Comitato dei garanti era espressamente previsto solo per i casi di maggiore gravità della responsabilità. La richiesta generalizzata del parere del Comitato dei garanti per ogni ipotesi di responsabilità dirigenziale «realizza un contemperamento, in chiave garantista, rispetto al possibile ampliamento dei margini di discrezionalità dell'organo politico circa i «motivi» della responsabilità, recuperando, ancora in fase procedurale, un possibile deficit di tutela verificabile in sede di individuazione delle condotte sanzionabili a titolo di responsabilità» (Mainardi, 1080).

Secondo quanto evidenziato dalla Nota circolare del Comitato dei garanti del 2018, «le situazioni che debbono essere portate all'esame del Comitato ai fini del rilascio del parere, obbligatorio sebbene non vincolante, sono le ipotesi in cui si configura responsabilità dirigenziale, che dà luogo all'applicazione delle conseguenti sanzioni, rientranti nelle fattispecie generali disciplinate dal predetto art. 21 o ricondotte all'ipotesi della responsabilità dirigenziale ad opera di altre disposizioni».

Cass. sez. lav., n. 14628/2010 sottolinea, a sua volta, che «dal d.lgs. n. 165/2001, artt. 21 e 22 si ricava il principio secondo cui l'intervento del Comitato dei Garanti riguarda le ipotesi di responsabilità dirigenziale, salva la sua estensione – come affermato nella sentenza 3929/2007 di questa Corte – anche ai casi di indissolubile intreccio fra tale tipo di responsabilità e quella, tipicamente disciplinare, per mancanze, con l'ulteriore precisazione che si tratta di principio non derogabile dai contratti collettivi».

Il ruolo del Comitato.

Il Comitato è tenuto a rendere il parere sulle proposte di provvedimento entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta, senza che sia prevista la possibilità di sospensione o interruzione del termine. Decorso inutilmente tale termine, si prescinde dal parere.

L'attuale formulazione della norma in commento è debitrice del corposo intervento operato dal d.lgs. n. 150/2009.

La riforma Brunetta ha inciso sulle caratteristiche dell'intervento del Comitato dei garanti, ridimensionando parzialmente il ruolo di tale organismo sui processi decisionali concernenti il rapporto di lavoro della dirigenza pubblica.

Il nuovo testo dell'art. 22 del decreto n. 165, infatti, elimina il riferimento alla necessità di un «parere conforme» del Comitato riguardo i provvedimenti conseguenti all'accertamento di responsabilità dirigenziale, prevedendo che esso debba solo essere «sentito» nel corso dei relativi procedimenti. Quindi, il parere conforme del Comitato viene degradato a semplice parere obbligatorio, come tale soggetto ad essere eventualmente disatteso (previo aggravio motivazionale).

Viene, poi, fissato un termine di 45 giorni, e non più di 30, oltre il quale all'amministrazione è consentito prescindere dal parere del Comitato.

È sempre con il d.lgs. n. 150/2009 che i membri del Comitato da tre sono passati a cinque. Dei primi tre componenti, uno è designato dal Presidente della Corte dei conti tra i consiglieri della medesima (la precedente e più puntuale formulazione richiedeva «un magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione»), uno dal Presidente della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (l'ex Civit, ora ANAC –Autorità nazionale anticorruzione) e uno dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, scelto tra un esperto con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico. Gli altri due componenti sono scelti tra dirigenti di uffici dirigenziali generali (almeno uno appartenente agli Organismi indipendenti di valutazione) ma non sono più elettivi, bensì sorteggiati fra quanti si sono candidati.

A parere di una parte della dottrina, «il Comitato viene, così, in certa misura a perdere quel carattere «para arbitrale» che ad esso si era voluto dichiaratamente attribuire al momento della sua istituzione. In particolare, la posizione della parte dirigenziale risulta indebolita, in quanto verrebbe ad essere rappresentata da soggetti nei quali non necessariamente essa si riconosce» (D'Alessio).

Va, infine, ricordato il limite dei tre anni nella durata in carica dei componenti del Comitato – nominati, «nel rispetto del principio di genere», con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – assieme alla regola della non rinnovabilità dell'incarico. La legge specifica che «per la partecipazione al Comitato non è prevista la corresponsione di emolumenti o rimborsi spese». I componenti sono, altresì, collocati fuori ruolo per la durata del mandato.

Amministrazioni destinatarie.

Come sottolineato dalla già citata Nota circolare del Comitato dei garanti del 2018, l'art. 22 è collocato nel capo II del decreto n. 165, che in apertura reca, all'art. 13, la precisazione che le disposizioni del capo in questione si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo. «L'ambito di operatività del Comitato non coincide quindi con quello definito nell'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001, dovendosi piuttosto delimitare in un perimetro più ristretto comprensivo delle sole Amministrazioni centrali dello Stato in indirizzo. Per quanto concerne le altre pubbliche amministrazioni preme osservare che il successivo art. 27 sotto la rubrica «Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali», dispone che le pubbliche amministrazioni non statali adeguino i propri ordinamenti ai principi dell'art. 4 e dello stesso Capo II: fra i principi rinvenibili da una ricognizione del Capo in esame non può sottacersi quello della previsione di un apposito meccanismo garantistico a favore dei dirigenti sottoposti a procedimenti concernenti profili di responsabilità dirigenziale. Detto adeguamento può avvenire mediante la costituzione di propri organismi di garanzia istituiti e disciplinati nell'ambito del proprio ordinamento».

Ambito del parere del Comitato e sua sindacabilità

In dottrina, è stato sostenuto che «poiché l'intervento del Comitato dei Garanti è previsto in tutti i casi del nuovo art. 21 e poiché lo stesso art. 21 non richiama più l'art. 2119 c.c., bisogna ritenere che la norma codicistica, essendo peraltro sicuramente e permanentemente applicabile ai dirigenti, valga a configurare ipotesi di recesso autonomo dal rapporto di lavoro, non partecipate dall'intervento del Comitato dei Garanti, per tutti i casi in cui il comportamento del dirigente, appunto al di fuori delle fattispecie previste dall'art. 21, dia luogo a situazioni che non consentano la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro». Inoltre, sotto il profilo del controllo sulla legittimità del parere, una volta «che il Comitato si sia riunito nel rispetto dei principi generali previsti per qualunque organo collegiale e delle regole specificamente previste dalla legge e dal contratto collettivo (validità della composizione, quorum, compatibilità di tutti i suoi membri ecc.), occorre che la decisione adottata sia conforme ai principi di logicità, non manifesta contraddittorietà, non erroneità, equità nell'apprezzamento dei fatti, ovvero che tale decisione non sia il frutto di una valutazione erronea o addirittura dolosa dei fatti. In tutte queste ipotesi, in ossequio ad esigenze di certezza del diritto e dei principi essenziali di civiltà giuridica posti alla base del nostro ordinamento, deve comunque garantirsi almeno una possibilità di controllo giudiziale sul parere espresso dal Comitato di Garanti circa il provvedimento dell'amministrazione procedente. Tale conclusione pare rafforzata per via dell'assenza di una qualunque prescrizione circa le modalità di valutazione ed istruttoria che il Comitato può svolgere: essendo questa fondamentale attività del tutto libera e discrezionale, è indispensabile ammettere un controllo del Giudice in caso di gravi errori od omissioni nella valutazione dei fatti e delle prove» (Mainardi, 1081).

Organo legittimato alla richiesta di parere.

La legittimazione attiva ad investire il Comitato della richiesta di parere è inscindibilmente connessa alla titolarità del potere di adozione della motivata determinazione di conclusione del procedimento per responsabilità dirigenziale e di concreta irrogazione dell'eventuale sanzione. Il richiamo al sistema di valutazione ricollega la fattispecie in esame al sistema dei controlli dei cui al d.lgs. n. 286/99 ed in particolare al sistema di misurazione e valutazione della performance exd.lgs. n. 150/2009. A tal riguardo l'art. 1, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 286/1999 prescrive che «l'attività di valutazione dei dirigenti [...] è svolta da strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al vertice dell'unità organizzativa interessata». Coerentemente, il quadro ordinamentale individua espressamente nel dirigente dell'ufficio dirigenziale generale il soggetto preposto a proporre l'adozione nei confronti dei dirigenti di II fascia delle misure previste dall'art. 21 (cfr. l'art. 17, comma 1 lett. e) d.lgs. n. 165/2001), mentre non si ravvisa un'analoga individuazione ex lege dell'organo preposto all'adozione del provvedimento conclusivo (vuoi di archiviazione vuoi di accertamento di responsabilità e irrogazione di sanzione). Stante la lacuna e vista la comunanza di ratio, può trovare applicazione in via analogica quanto previsto con riferimento all'azione disciplinare all'art. 55-bis, comma 4 laddove si demanda agli ordinamenti delle singole Amministrazioni l'individuazione dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Nell'ipotesi di responsabilità dirigenziale addebitata a dirigenti generali nell'ambito di amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale resta rimesso ai rispettivi ordinamenti ai sensi dell'art. 17, comma 5 definire compiti e poteri di tali figure apicali relativamente all'eventuale potere di proposta delle misure previste per responsabilità dirigenziale, alla connessa competenza istruttoria e all'adozione delle determinazioni conclusive del procedimento (cfr. la Nota circolare 2018 del Comitato dei garanti, anche per l'attività istruttoria necessaria per esprimere il parere).

Bibliografia

D'Alessio, Osservazioni sul decreto legislativo attuativo della legge delega n. 15/2009, con specifico riferimento alle disposizioni sulla dirigenza, Audizione alla Camera dei Deputati – Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro - del 17 giugno 2009; Mainardi, La responsabilità dirigenziale e il ruolo del Comitato dei Garanti, in Il lavoro nelle p.a., 2002, 6, 1078.

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