Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 23 bis - Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato 1.(A)Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato 1.(A) 1. In deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli appartenenti alle carriere diplomatica e prefettizia, e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato ono collocati, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale. Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta. È sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell'interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione. Quando l'incarico è espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi è a carico dell'interessato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione di destinazione non disponga altrimenti 23. 2. I dirigenti di cui all'articolo 19, comma 10, sono collocati a domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi incarichi di cui al comma 1 del presente articolo, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative4. 3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli avvocati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano il collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare ragioni ostative all'accoglimento della domanda. 4. Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni, e' rinnovabile per una sola volta e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza5. 5. L'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1 non può comunque essere disposta se: a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile; b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità. 6. Il personale di cui al comma 1, nei successivi due anni, non puo' essere destinatario di incarichi ne' essere impiegato nello svolgimento di attivita' che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5 6. 7. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l'onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione temporanea presso imprese private i predetti protocolli possono prevedere l'eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con oneri a carico delle imprese medesime7. 8. Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di assegnazione temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera. 9. Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di polizia, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. [ 10. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i soggetti privati e gli organismi internazionali di cui al comma 1 e sono definite le modalità e le procedure attuative del presente articolo. ] 8 _________________ (A) In riferimento alla fruizione dell'aspettativa per l'assunzione a tempo determinato di dipendenti pubblici vedi Parere Presidenza del Consiglio dei Ministri 01/07/2022 n. 52969 Sulla durata dell'aspettativa vedi Parere Presidenza del Consiglio dei Ministri 01/06/2022 n. 45176[1] Articolo inserito dall'articolo 7, comma 1, della legge 15 luglio 2002, n. 145. Vedi le disposizioni di cui all'articolo 101, comma 4-bis, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel testo inserito dall'articolo 7, comma 2, della legge 15 luglio 2002, n. 145. [2] Per l'interpretazione autentica del presente comma vedi l' articolo 1, comma 578, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. [3] Comma modificato dall'articolo 44, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e successivamente dall'articolo 4, comma 1, lettera a), della Legge 19 giugno 2019, n. 56. [4] Comma modificato dall'articolo 44, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [5] Comma modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera b), della Legge 19 giugno 2019, n. 56. [6] Comma sostituito dall'articolo 4, comma 1, lettera c), della Legge 19 giugno 2019, n. 56. [7] Comma sostituito dall'articolo 5, comma 1, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7. [8] Comma abrogato dall'articolo 2, comma 9-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. InquadramentoL'art. 7, comma 1, della l. n. 145/2002 (cd. legge Frattini), ha introdotto nel corpo del d.lgs. n. 165/2001 l'art. 23-bis, il cui carattere innovativo traspare già dalla rubrica: «Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato». Da evidenziare, peraltro, che tale rubrica è parzialmente fuorviante: la norma in oggetto riguarda, infatti, non solo la mobilità tra pubblico e privato ma anche la circolazione dei dipendenti tra diversi soggetti pubblici. Altri ordinamenti hanno normato da tempo la facoltà per i funzionari pubblici di coltivare carriere miste, combinando gli incarichi pubblici con periodi di lavoro nel settore privato. Il «biglietto di andata e ritorno» per una trasferta nel mondo del privato realizzato con l'art. 23-bis del decreto n. 165 si iscrive, così, prioritariamente in una prospettiva di cross fertilization. Ad assicurare tale esigenza si sono mossi strumenti diversi, quali il pantouflage (cui pure si ispira il dettato della norma in commento), in Francia, e lo spoils system, negli U.S.A., entrambi meccanismi di interazione tra alta funzione pubblica e realtà esterne (revolving doors). La possibilità di effettuare esperienze di lavoro sia nel settore pubblico che nel settore privato contribuisce certo alla promozione della crescita professionale delle risorse umane a disposizione delle P.A., con un meccanismo trasparente volto ad assicurare un continuo confronto tra culture organizzative diverse. Il meccanismo della aspettativa.L'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001 introduce una deroga al regime delle incompatibilità disposto per i dipendenti pubblici dall'art. 60 del d.P.R. n. 3/1957, norma richiamata dall'art. 53 del d.lgs. 165/2001 (anche esso modificato dalla l. n. 145/2002 con l'inserimento di un espresso riferimento all'allentamento del sistema delle incompatibilità scaturito dal medesimo art. 23-bis). I dipendenti delle pubbliche amministrazioni, compresi gli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato, sono collocati, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale. Questi ultimi provvedono al relativo trattamento previdenziale. Il periodo di aspettativa non comporta la perdita della qualifica posseduta; è, inoltre, ammessa la possibilità di ricongiunzione dei periodi contributivi. L'attuale formulazione del comma 1 dell'art. 23-bis è frutto della novella operata dall'art. 4 della l. n. 56/2019. Essa ha apportato una modifica di grande rilievo riguardo l'ambito soggettivo di applicazione, disponendo che tutto il personale delle pubbliche amministrazioni, e non solo quello dirigenziale, come precedentemente previsto, può accedere al collocamento in aspettativa senza assegni. Da aggiungere che l'art. 1, comma 578, l. n. 296/2006, aveva già interpretato autenticamente il comma 1 in commento nel senso che «ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni, agli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia nonché ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, agli avvocati e procuratori dello Stato, collocati in aspettativa senza assegni presso soggetti e organismi pubblici, è riconosciuta l'anzianità di servizio. È fatta salva l'esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge». Per l'orientamento negativo, anteriore alla norma di interpretazione autentica, cfr. T.A.R. Lazio, Roma I, n. 4470/2006. L'istituto in commento non incide bensì si aggiunge alla vigente disciplina in materia di collocamento fuori ruolo. La l. n. 145/2002 ha, anzi, a suo tempo potenziato, semplificandole, proprio alcune delle procedure di fuori ruolo funzionali all'esercizio di incarichi e impieghi temporanei presso enti o organismi internazionali ovvero all'esercizio di funzioni presso Stati esteri (cfr. l'art. 8 della l. n. 145, che modifica l'art. 1 della l. n. 1962/1114 e l'art. 1, comma 124, della l. n. 1966/662). In tema è intervenuto T.A.R. Lazio, Roma I, n. 1206/2004, precisando che «l'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001, consente ai magistrati di fruire dell'istituto del collocamento in aspettativa senza assegni, tanto nei casi in cui il collocamento fuori ruolo non sia (in astratto) previsto per il tipo di incarico per cui si chiede l'autorizzazione, quanto in quelli in cui non sia (in concreto) possibile concederlo a cagione della indisponibilità, per esaurimento, di posti fuori ruolo. In tali casi, dunque, il magistrato – sempreché ne faccia richiesta e si tratti di incarico autorizzabile – può essere collocato (anziché fuori ruolo ed in alternativa a ciò) in aspettativa senza assegni». Cons. St. IV, n. 3914/2005 ha sottolineato che l'art. 23-bis, in materia di mobilità tra pubblico e privato, «è una norma speciale in quanto derogante al regime ordinario di incompatibilità e quindi di stretta interpretazione; con essa il legislatore ha disciplinato una nuova fattispecie (possibilità per il magistrato amministrativo di assumere a domanda salvo motivi ostativi incarichi presso qualunque soggetto pubblico) che di per sé non incide sulla disciplina del fuori ruolo, alla quale si aggiunge». Sui caratteri generali dell'istituto del collocamento fuori ruolo, specifiche indicazioni sono offerte da Cons. St. IV, n. 2486/2012. In quella occasione, i magistrati di Palazzo Spada hanno rilevato che il «collocamento fuori ruolo comporta una modificazione del rapporto d'impiego che prevede una diversa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, con diretta e immediata incidenza sull'Amministrazione di appartenenza, tenendo presente che lo svolgimento dell'incarico comportante il fuori ruolo deve corrispondere ad un interesse dell'Amministrazione di appartenenza ed essere estraneo ai suoi compiti istituzionali. [...] Nel procedimento discrezionale di collocamento fuori ruolo di un dipendente pubblico, le Amministrazioni non possono: a) esercitare poteri ad esse non attribuiti dalla legge, quale, ad esempio, il valutare l'idoneità specifica dell'impiegato – e del magistrato – in relazione all'incarico per il quale vi è richiesta di autorizzazione, competendo tale valutazione all'Amministrazione richiedente, poiché essa attiene allo svolgimento di compiti ad essa affidati dall'ordinamento; b) indicare ulteriori elementi ostativi allo svolgimento dell'incarico, i quali, per la loro stessa configurazione, esulino dalla riferibilità al parametro, offerto dal Legislatore, dell'interesse della P.A. allo svolgimento di un incarico (in posizione di fuori ruolo) da parte del proprio dipendente». Campo di applicazione e limiti temporali.Il comma 2 dell'art. 23-bis in commento specifica che anche i dirigenti di cui all'art. 19, comma 10 – quelli cioè cui non è affidata la titolarità/responsabilità di strutture e uffici ma che svolgono, invece, funzioni ispettive, di consulenza, di studio e ricerca, ecc. – sono collocati a domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi incarichi esterni di cui al comma 1, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative. Il disposto dell'art. 23-bis del decreto n. 165 non trova, invece, applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di polizia, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (cfr. il comma 9). Va ricordato che il comma 2 dell'art. 7 della l. n. 145/2002 ha aggiunto, altresì, all'art. 101 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d.lgs. n. 267/2000) un comma 4-bis, in funzione della espressa estensione delle disposizioni di cui all'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001 anche ai segretari comunali e provinciali. Alla cessazione dell'incarico, il segretario comunale o provinciale viene, però, collocato nella posizione di disponibilità nell'ambito dell'albo di appartenenza (cfr. l'ultimo periodo del citato comma 4-bis). Più in generale, l'estensibilità alla dirigenza degli enti locali della mobilità tra pubblico e privato è stata positivamente riscontrata dalla Circolare del Ministero dell'Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali 4/2002 prot. n. 15700/aagg del 7 ottobre 2002, venendosi a creare, «per gli enti locali, opportunità aggiuntive, conseguenti al superamento di vincoli che, in assenza delle esplicite previsioni della l. n. 145, avrebbero potuto ritenersi persistentemente preclusivi dell'esercizio della loro potestà di autorganizzazione». Con il parere n. 7147-P-03/02/2021, il Dipartimento della Funzione pubblica ha, altresì, sottolineato che l'aspettativa può «trovare applicazione esclusivamente in termini di residualità rispetto ad altri istituti previsti da norme di rango legislativo che disciplinano con maggior dettaglio fattispecie in cui il dipendente pubblico può prestare servizio per un'amministrazione diversa da quella nei cui ruoli è inquadrato e, comunque, subordinatamente alla previa valutazione dell'esigenze organizzative e in funzione del perseguimento di obiettivi di crescita professionale del dipendente interessato». Passando al comma 4 dell'art. 23-bis, esso stabilisce che nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa: – non può superare il limite deicinque anni; – è rinnovabile per una sola volta (opzione aggiunta dalla l. n. 56/2019); – non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. La norma di legge non specifica espressamente se il limite dei cinque anni sia da intendersi come complessivo ovvero sia riferito alla durata massima di ciascun periodo di aspettativa, stante la possibilità di più richieste nel corso della vita lavorativa del dipendente interessato. Le situazioni preclusive previste dalla legge.Il comma 5 dell'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001 individua normativamente due generali ipotesi preclusive all'aspettativa, a fronte di situazioni di opacità. Il fine è quello di evitare fenomeni di connivenza/sviamento, pregiudizievoli alla trasparenza e imparzialità dell'azione amministrativa. L'aspettativa presso soggetti privati o pubblici «non può comunque essere disposta se»: a) l'interessato, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'art. 2359 c.c.; b) l'interessato intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità. Viene, altresì, specificato che il personale, nei due anni successivi all'aspettativa, «non può essere destinatario di incarichi né essere impiegato nello svolgimento di attività che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5» (cd. fase di rientro, disciplinata dal comma 6). Per completezza, va, infine, richiamato in materia anche il cd. divieto di pantouflage (o incompatibilità successiva) che trova espressione nel comma 16-ter dell'art. 53 del decreto n. 165, quale vincolo p er gli ex dipendenti di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati precedentemente controparti. Gli altri istituti recati dalla l. n. 145/2002Accanto alle disposizioni fin qui commentate, la l. n. 145/2002 ha introdotto un ulteriore istituto, normato dai commi 7 (come sostituito dall'art. 5, d.l. n. 7/2005) e 8 dell'art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le amministrazioni pubbliche possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l'onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione temporanea presso imprese private, i predetti protocolli possono prevedere l'eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con oneri a carico delle imprese medesime. Il servizio prestato dai dipendenti durante tale periodo di assegnazione temporanea costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera. La norma non contempla espressi limiti temporali, sebbene l'assegnazione temporanea sia consentita solo per singoli progetti. Di particolare rilievo anche il dettato dell'art. 9 della l. n. 145/2002 («Accesso di dipendenti privati allo svolgimento di incarichi e attività internazionali»), ugualmente partecipe della logica di un più accentuato interscambio pubblico- privato. La norma in commento prevede la possibilità per i dipendenti di imprese private di assumere, su designazione delle P.A. italiane, incarichi nell'ambito di organizzazioni internazionali. Ciò in carenza, alle dipendenze della pubblica amministrazione nazionale, di personale che disponga delle peculiari caratteristiche necessarie a ricoprire tali posti o incarichi. Il raffronto con l'aspettativa introdotta dalla l. n. 183/2010L'art. 18 della l. n. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro) ha introdotto una nuova ipotesi di aspettativa per i dipendenti pubblici, finalizzata a consentire l'avvio di attività lavorative di altra natura. Esso prevede la possibilità di collocare i dipendenti in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, rinnovabile per una sola volta (rinnovo introdotto dalla l. n. 56/2019). In questo lasso di tempo, gli interessati potranno avviare attività professionali e imprenditoriali, senza che si determino cause di incompatibilità. Rimane una facoltà per l'ente accogliere o meno le documentate istanze, tenuto conto delle esigenze organizzative. Allo scadere del periodo di aspettativa, in capo ai dipendenti interessati scatterà l'obbligo di scegliere se proseguire nell'attività privata o rientrare nell'ente di appartenenza. Il comma 3 dell'art. 18 cit., prevede espressamente che «resta fermo quanto previsto dall'art. 23-bis del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni». Intento non tanto recondito della disposizione contenuta nell'art. 18 è di favorire ipotesi di «esodo» volontario dal lavoro pubblico verso il settore privato, permettendo ai dipendenti interessati a nuove e diverse esperienze di lavoro di dedicarsi a tempo pieno alle nuove attività. Ciò secondo una strategia di diminuzione numerica del personale pubblico, con conseguente contenimento dei costi del personale. Secondo quanto precisato dal parere del Dipartimento della Funzione pubblica n. 19365 /2021, «ai dipendenti pubblici è consentito di essere collocati in aspettativa senza assegni e senza decorrenza dell'anzianità per un periodo massimo di dodici mesi non rinnovabile «per avviare attività professionali e imprenditoriali». Non rientra in tale fattispecie la stipula di contratti di lavoro subordinato con datori di lavoro privati». BibliografiaMezzacapo, Con l'aspettativa possibile il salto pubblico - privato, in Guida al Diritto- Il Sole 24 Ore, 2002, 31, 56; Pasqua, Le norme sulla mobilità, in amministrativamente.it. |