Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 55 nonies - Identificazione del personale a contatto con il pubblico 1

Ciro Silvestro

Identificazione del personale a contatto con il pubblico 1

1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attivita' a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.

2. Dall'obbligo di cui al comma 1 e' escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali2.

[2] In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 28 luglio 2010.

Inquadramento

L'art. 55-novies del d.lgs. n. 165/2001, introdotto dall'art. 69 del d.lgs. n. 150/2009, dispone che i dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico debbono essere identificabili mediante l'uso di cartellini o targhe, da apporre presso la postazione di lavoro (sportello, scrivania, ingresso dell'ufficio, ecc.). Come specificato dal comma 2 dell'art. 73 del d.lgs. n. 150/2009, la decorrenza dell'obbligo è stata individuata dal novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto di riforma.

La norma prevede, come contenuto minimo, che sia reso conoscibile il nominativo del dipendente. La targa rappresenta una alternativa al cartellino identificativo quando l'attività a contatto con il pubblico avvenga solo e sempre presso una postazione fissa (Lostritto, 263).

L'obbligo legale previsto dall'art. 55-novies è ripreso anche dal d.P.R. n. 62/2013, Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Esso, all'art. 12 (rubricato «Rapporti con il pubblico») specifica al primo comma che «il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti». La norma prosegue esplicitando che il dipendente «opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera più completa e accurata possibile». La violazione degli obblighi previsti dalla legge e dal Codice integra un comportamento contrario ai doveri d'ufficio, fonte di responsabilità disciplinare.

L'art. 55-novies aggiunge, al comma 2, che possono essere esclusi dall'obbligo in questione categorie particolari di personale, in relazione ai compiti attribuiti, individuate mediante successivi provvedimenti, ovverosia decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro competente. In relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, i decreti sono adottati previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome o di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

In attuazione a tale disposizione è stato emanato il d.P.C.M. 28 luglio 2010 (pubblicato nella G.U. 25 settembre 2010, n. 225), con deroghe giustificate per circostanze particolari limitate dal punto di vista soggettivo ed oggettivo.

I precedenti.

La norma legifica una garanzia di trasparenza «soggettiva» che già ispirava la Circolare dal Ministro per la Funzione pubblica 5 dicembre 1990 n. 58307/7.463, emanata in sede di puntualizzazione della nuova disciplina in tema di responsabile del procedimento di cui alla l. n. 241/1990. La citata circolare disponeva che nelle sedi di servizio organizzate in funzione del contatto diretto tra un numero indefinito di utenti e l'amministrazione fosse necessario esporre, ai singoli posti di lavoro, il nome dell'impiegato addetto alla ricezione del pubblico.

Anche le varie Carte dei servizi, previste e adottate a partire dagli anni novanta, hanno prescritto, nell'ambito della disciplina degli aspetti relazionali/comunicazionali dei dipendenti a contatto con l'utenza, la riconoscibilità del personale frontline attraverso l'uso di cartellini identificativi.

L'intervento del legislatore del 2009 rappresenta, quindi, più che una novità assoluta, il recupero di una prassi diffusa in passato e ora dotata di copertura legislativa, anche al fine di disinnescare problematiche in relazione al diritto alla privacy.

Il rapporto con la privacy

Sulla diffusione dei dati personali tramite l'esibizione degli stessi su cartellini identificativi – in assenza di precise disposizioni legislative e regolamentari – era già intervenuto, prima dell'iniziativa del legislatore del 2009, lo stesso Garante per la Protezione dei dati personali. In una prima occasione – provvedimento del 11 dicembre 2000 – il Garante aveva ritenuto ingiustificata la diffusione di elementi identificativi personali non pertinenti ed eccedenti rispetto alle finalità di responsabilizzare maggiormente il personale e fornire agli utenti una conoscenza sufficiente degli operatori con cui entrano in contatto. In particolare, si era ritenuto che «non risulta di alcuna utilità che appaiano sul cartellino [..] dati personali quali quelli identificativi delle generalità e di quelli anagrafici, a differenza dell'immagine fotografica, della definizione del ruolo professionale svolto ed eventualmente di un nome, numero o sigla identificativi, che già da soli possono permettere un agevole esercizio da parte dell'utente o del cliente dei loro diritti».

Successivamente, nell'ambito delle Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico (Deliberazione n. 23 del 14 giugno 2007, in G.U. 13 luglio 2007, n. 161), il Garante aveva evidenziato che «nell'ambito del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni i cartellini identificativi possono rappresentare un valido strumento per garantire trasparenza ed efficacia dell'azione amministrativa, nonché per migliorare il rapporto fra operatori ed utenti». Riguardo la selezione dei dati personali destinati ad essere diffusi attraverso i cartellini identificativi, il Garante aveva confermato che le amministrazioni sono tenute a rispettare i princìpi di pertinenza e non eccedenza dei dati in rapporto alle finalità perseguite (art. 11 del Codice in materia di protezione dei dati personali), «specie in assenza di necessarie disposizioni di legge o regolamento che prescrivano l'adozione per determinati dipendenti di cartellini identificativi e ne individuino eventualmente anche il relativo contenuto. In tali ipotesi, alla luce di specifiche esigenze di personalizzazione e di umanizzazione del servizio e/o di collaborazione da parte dell'utente può risultare giustificato, in casi particolari e con riferimento a determinate categorie di dipendenti, riportare nei cartellini elementi identificativi ulteriori rispetto alla qualifica, al ruolo professionale, alla fotografia o ad un codice identificativo quali, ad esempio, le loro generalità (si pensi alle prestazioni sanitarie in regime di ricovero ospedaliero e al rapporto fiduciario che si instaura tra il paziente e gli operatori sanitari coinvolti)».

La Circolare n. 3/2010 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

Con la circolare esplicativa 17 febbraio 2010 n. 3 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione sono stati forniti chiarimenti in merito all'applicazione dell'art. 55-novies del d.lgs. n. 165/2001. La norma «persegue l'obiettivo di agevolare l'esercizio dei diritti e l'adempimento degli obblighi da parte degli utenti nonché quello di responsabilizzare i destinatari della prescrizione, i pubblici dipendenti, che svolgono attività a contatto con il pubblico, poiché, il processo di responsabilizzazione passa anche attraverso la pronta individuabilità del soggetto interlocutore».

La nuova disciplina si indirizza a «tutte le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. Essa rappresenta esercizio della potestà legislativa esclusiva della Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l) ed m), della Costituzione [ordinamento civile e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali], come risulta anche dall'art. 74 del d.lgs. n. 150 del 2009, e, pertanto, e immediatamente operante anche per le Regioni e gli Enti locali».

I dipendenti pubblici direttamente interessati sono, però, quelli contrattualizzati, con esclusione del personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 del d.lgs. 165 stesso. Rimane in ogni caso salva, anche per essi, «la possibilità per le amministrazioni di adottare direttive e introdurre misure per consentire una rapida identificazione del personale a contatto con il pubblico, mediante cartellini e targhe, nel rispetto dei principi di non eccedenza e pertinenza relativi al trattamento dei dati personali».

La circolare continua esplicitando cosa debba intendersi per attività a contatto con il pubblico, ossia tutte quelle svolte «in luogo pubblico e luogo aperto al pubblico nei confronti di un'utenza indistinta». Vengono offerti anche alcuni esempi, come le attività svolte per il pubblico allo sportello o presso la postazione del dipendente, quelle svolte dall'ufficio relazioni con il pubblico, le attività di servizio nelle biblioteche aperte al pubblico, le attività svolte dagli addetti ai servizi di portierato nelle pubbliche amministrazioni, le attività del personale sanitario a contatto con il pubblico nelle strutture ospedaliere e sanitarie. È, comunque, rimessa a ciascuna amministrazione la valutazione delle attività rilevanti.

Rimane, altresì, «salva la possibilità per le amministrazioni di adottare direttive e introdurre misure per consentire una rapida identificazione del personale anche se non preposto ad attività che comportano il contatto con il pubblico, nel rispetto dei principi di non eccedenza e pertinenza relativi al trattamento dei dati personali».

Sulla possibilità di adoperare cartellini identificativi o targhe da apporre presso la postazione di lavoro, la scelta è lasciata alle singole amministrazioni. Essa sarà effettuata a seconda della tipologia di attività, fermo restando che possono essere adottate contemporaneamente entrambe le modalità; non è tanto rilevante lo strumento di per sé, quanto piuttosto il soddisfacimento dell'esigenza sottesa che è quello dell'identificazione dell'addetto.

Come già osservato, gli elementi minimi per l'identificazione sono individuati dalla legge nel nominativo del dipendente. L'amministrazione può valutare «se e quando attuare l'identificazione anche attraverso ulteriori elementi soprattutto in riferimento al ruolo del soggetto nell'ambito dell'organizzazione: posizione professionale, profilo, qualifica se dirigente, ufficio di appartenenza. Nel dare attuazione alla norma, le amministrazioni debbono tenere conto della finalità della prescrizione, evitando la diffusione di dati personali non pertinenti od eccedenti la finalità». Alla stregua di tali indicazioni, non appare corretta l'indicazione nel cartellino delle generalità del dipendente, complete dell'indicazione delle data di nascita», occorrendo salvaguardare il pubblico interesse ma evitando di compromettere la sfera personale del soggetto.

Analoghe indicazioni sono state successivamente veicolate dal Vademecum del Garante della privacy del 24 maggio 2015, Privacy e Lavoro: le regole per il corretto trattamento dei dati personali dei lavoratori da parte di soggetti pubblici e privati. Nello stesso è, infatti, puntualizzato che «può essere eccessivo riportare per esteso i dati anagrafici o le generalità complete del dipendente: a seconda dei casi può bastare un codice identificativo o solo il nome o solo il ruolo professionale».

Le categorie escluse dall'obbligo di identificazione.

Il d.P.C.M. 28 luglio 2010 reca Determinazione di talune categorie escluse dall'obbligo di identificazione, sulla proposta del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'interno.

Dall'obbligo in questione sono stati esclusi:

a) i dipendenti del Ministero degli affari esteri individuati con provvedimento adottato dal direttore generale competente nell'ambito del personale in servizio all'estero, nelle sedi caratterizzate da particolari rischi connessi alla specifica situazione ambientale;

b) i dipendenti dell'Agenzia delle dogane che svolgono attività di polizia giudiziaria su delega dell'autorità competente;

c) il personale dell'Agenzia delle dogane assegnato all'ufficio centrale antifrode e agli uffici antifrode delle strutture territoriali, ad eccezione dei dirigenti, del personale in servizio presso la segreteria e dei funzionari preposti alla trattazione delle domande di tutela dei diritti di proprietà intellettuale;

d) il personale dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno impiegato negli uffici di polizia, ma solo qualora svolga la propria attività congiuntamente ad operatori di polizia e in settori a contatto con il pubblico.

Bibliografia

Lostritto, Cartellino o targa identificativa per i dipendenti: motivazioni, contenuto e casi particolari, in Azienditalia -il Personale, 2010, 5, 261.

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