Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 7 - Costituzione di societa' a partecipazione pubblicaCostituzione di società a partecipazione pubblica
1. La deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con: a) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali; b) provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali; c) deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali; d) delibera dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche. 2. L'atto deliberativo è redatto in conformità a quanto previsto all'articolo 5, comma 1. 3. L'atto deliberativo contiene altresì l'indicazione degli elementi essenziali dell'atto costitutivo, come previsti dagli articoli 2328 e 2463 del codice civile, rispettivamente per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata. 4. L'atto deliberativo è pubblicato sui siti istituzionali dell'amministrazione pubblica partecipante. 5. Nel caso in cui sia prevista la partecipazione all'atto costitutivo di soci privati, la scelta di questi ultimi avviene con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016. 6. Nel caso in cui una società a partecipazione pubblica sia costituita senza l'atto deliberativo di una o più amministrazioni pubbliche partecipanti, o l'atto deliberativo di partecipazione di una o più amministrazioni sia dichiarato nullo o annullato, le partecipazioni sono liquidate secondo quanto disposto dall'articolo 24, comma 5. Se la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo riguarda una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2332 del codice civile. 7. Sono, altresì, adottati con le modalità di cui ai commi 1 e 2: a) le modifiche di clausole dell'oggetto sociale che consentano un cambiamento significativo dell'attività della società; b) la trasformazione della società; c) il trasferimento della sede sociale all'estero; d) la revoca dello stato di liquidazione. InquadramentoL'art. 7 del d.lgs. n. 175/2016, rubricato «Costituzione di società a partecipazione pubblica», reca previsioni concernenti: a) la forma e i contenuti degli atti deliberativi (in aggiunta a quelli indicati all'art. 5 del Testo Unico) (comma 1, 2, 3 e 5); b) le forme integrative della pubblicità dell'atto deliberativo (comma 4); c) i casi di mancanza o invalidità dell'atto con cui un'Amministrazione pubblica delibera la costituzione di una società (comma 6); d) la forma e i contenuti degli atti con i quali vengono sancite le più rilevanti vicende societarie (comma 7). In linea generale, l'iter procedimentale di costituzione della società partecipata è articolato in due fasi: da un lato, vi è l'atto amministrativo con il quale l'amministrazione pubblica delibera la costituzione della società (c.d. fase amministrativa); dall'altro, l'atto costitutivo della medesima società (c.d. fase negoziale). La fase amministrativa è prodromica e precede quella negoziale che, quindi, presuppone l'esaurimento del procedimento amministrativo con il quale l'amministrazione pubblica valuta e decide sull'opportunità di utilizzare il modello societario per una delle attività di cui all'art. 4 del TUSP (Pineschi, 56). La norma in esame si pone in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza nel periodo antecedente l'emanazione del TUSP, che: a) aveva suddiviso il procedimento di costituzione delle società partecipata in due momenti distinti, il primo dei quali si traduce nell'adozione di «atti unilaterali prodromici ad una vicenda societaria, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima»; e b) aveva precisato che gli «atti prodromici vanno, sul piano logico, cronologico e giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti negoziali, sempre imputabili all'ente pubblico, con cui l'ente, spendendo la sua capacità di diritto privato, pone in essere un atto societario (costituzione di una società, acquisto o vendita di quote societarie, modifica o scioglimento di una società). Gli atti prodromici attengono al processo decisionale, che da ultimo si esterna nel compimento di un negozio giuridico societario» (Cons. St., sez. P, n. 10/2011). Questa impostazione, oltre ad essere stata codificata nella norma in commento, è stata confermata dal Giudice Amministrativo nel periodo successivo all'entrata in vigore del Testo Unico. Sul punto, viene in rilievo una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. St.V, n. 578/2019), nella quale è stato affermato che: a) «La volontà del soggetto pubblico [...], analogamente a di quella di ogni soggetto collettivo socio di una società di capitali, e a differenza di quanto accade per il socio persona fisica, non si forma nel foro interno per essere, poi, esternata mediante dichiarazione e il voto in assemblea; ma all'esito di un evidente procedimento amministrativo, il cui atto principale è deliberato dall'organo competente per legge. Se il soggetto collettivo è un soggetto privato, si tratta di interna corporis rilevanti solo per i partecipanti a quel soggetto stesso; ma se è ente pubblico, questo è un procedimento amministrativo che rileva per la generalità e rispetto al quale ben vi possono essere posizioni differenziate, sindacabili davanti al giudice amministrativo quale giudice del legittimo esercizio del potere pubblico»; b) «V'è, dunque, una fase pubblicistica che precede la fase privatistica interna alla società e che si conclude con l'adozione della delibera da parte degli organi societari. Il socio pubblico, infatti, agisce prima come autorità e, poi, come socio: per così dire, come autorità determina e come socio delibera»; c) «La determinazione amministrativa precede ed è prodromica alla delibera societaria, secondo l'usuale schema dell'atto amministrativo prodromico all'adozione di un atto negoziale, ampiamente praticato in tema di contratti stipulati da una pubblica amministrazione»; d) «La volontà del socio pubblico si forma nella prodromica determinazione amministrativa, e va a produrre i suoi reali effetti nei confronti della società, come nei confronti degli altri soci». Quella descritta, non è l'unica modalità attraverso cui è possibile pervenire alla costituzione di una società a partecipazione pubblica. Infatti, oltre alle società a partecipazione pubblica «di fonte contrattuale o comunque negoziale» – alle quali fa riferimento l'art. 7 qui commentato – è possibile individuare «società a partecipazione pubblica di fonte legale» (Ibba, 2). Le società legali, a loro volta, possono essere ripartite in tre distinte sotto-categorie, a seconda che la legge si ponga: a) come fonte di una facoltà avente ad oggetto alla costituzione della società considerata (società autorizzate), b) come fonte dell'obbligo, per i soggetti prescelti dalla legge stessa, di costituire o concorrere a costituire la società (società obbligatorie), c) come fonte diretta del rapporto sociale (fra i soggetti designati come soci) nonché della personalità giuridica del «gruppo» (società coattive). Le due fasi in cui si articola il procedimento costitutivo della società a partecipazione pubblica di cui si è detto comportano una distinzione che rileva anche sul piano processuale, in quanto l'atto amministrativo sarà impugnabile dinanzi al giudice amministrativo negli ordinari termini di legge e l'atto costitutivo (di diritto societario) sarà assoggettato alla cognizione del giudice ordinario. In tal senso è infatti orientata la giurisprudenza: «In tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito. Ne consegue che appartengono alla giurisdizione ordinaria le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all'acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa, mentre appartengono al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché quella relativa all'affidamento della gestione del servizio» (Cass. S.U., n. 21588/2013; n. 19676/2016; n. 5424/2021; Cons. St.V, n. 1894/2017; T.A.R. Sardegna n. 280/2013). Sebbene la distinzione tra atto deliberativo (di natura amministrativa) e l'atto costitutivo (di natura privatistica) richiamino la separazione tra fase di scelta del contraente e la stipulazione del contratto nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica, sussiste una fondamentale distinzione con la disciplina relativa alla contrattazione pubblica. Infatti, a differenza di ciò che accade nel caso di annullamento degli atti di gara a monte agli atti contrattuali a valle, nel caso di specie si ritiene che l'«annullamento degli atti pubblicistici funzionali alla costituzione di un organismo societario non comporta la caducazione automatica degli atti privatistici che ne conseguono ma produce un effetto viziante che mantiene inalterato l'ordinario riparto di giurisdizione», non essendo applicabile l'art. 133, lett. e) del c.p.a. che è norma eccezionale che non può essere applicata estensivamente (Figliolia, 235; Figliolia, Ambrosio, 451). Pertanto, per ciò che attiene al caso di specie, resteranno attratte dalla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative alle patologie negoziali a prescindere che siano interne alla struttura del contratto o derivino dalla illegittimità della procedura a monte. Sul punto il Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2011 e Cons. St. V, n. 5386/2017) ha affermato che: «[n]ei casi in cui un negozio di diritto privato posto in essere da una pubblica amministrazione è preceduto da un procedimento amministrativo, l'annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di regola, l'automatica caducazione del negozio giuridico a valle (c.d. effetto caducante), producendo piuttosto una invalidità derivata (c.d. effetto viziante), che deve essere dedotta davanti al giudice avente giurisdizione sull'atto negoziale»; e che, «[a]l di fuori dei casi in cui l'ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla «sorte del contratto» che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato (v. art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., in tema di contratti pubblici relativi a lavori, servizi, e forniture), secondo l'ordinario criterio di riparto di giurisdizione spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto». Nello stesso senso, ancor più di recente il medesimo Consesso (Cons. St.V, n. 3969/2020) ha ritenuto che «spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con la quale un ente pubblico delibera di costituire una società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa. Sono, invece, attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari a valle della scelta di utilizzo del modello societario, i quali restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito: quindi appartengono alla giurisdizione ordinaria le domande relative alla validità ed efficacia della costituzione della società mista pubblico-privata, nonché all'acquisizione, da parte del socio privato minoritario, del quarantanove per cento delle azioni della società stessa, mentre appartengono al giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la procedura di selezione del socio privato, la conseguente aggiudicazione, nonché quella relativa all'affidamento della gestione del servizio». E parimenti, la Cassazione ha ripetutamente affermato che «la linea che segna, in materia, il confine fra giurisdizione del giudice amministrativo e giurisdizione del giudice ordinario va tracciata attribuendo al primo le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti unilaterali di natura autoritativa – preliminari rispetto alle successive deliberazioni societarie – con i quali l'ente pubblico delibera di costituire la società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della stessa o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della medesima, ed al secondo quelle aventi ad oggetto gli atti societari ‘a valle' della scelta di fondo dell'utilizzazione del modello societario, aventi ad oggetto l'attività della compagine societaria partecipata con cui l'ente esercita le facoltà proprie del socio, fra le quali rientrano quelle volte da accertare l'intera gamma delle patologie e delle inefficacie negoziali inerenti la struttura del contratto sociale, ancorché ad essa estranee e/o sopravvenute e derivanti da irregolarità- illegittimità della procedura amministrativa a monte» (Cass. S.U., n. 16335/2019; Cass.S.U., n. 21588/2013; Cass.S.U., n. 30167/2011). La forma e il contenuto dell'atto deliberativo.L'art. 7, comma 1, del TUSP dispone che la «deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata» con: a) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (emanato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri) in caso di partecipazioni statali; b) provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali; c) deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali; d) deliberazione dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche (si dovrebbero ricomprendere in tale ultima categoria anche le città metropolitane). Nella medesima forma indicata dall'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 175/2016, peraltro, devono essere deliberate anche: a) le operazioni, anche mediante sottoscrizione di un aumento di capitale o partecipazione a operazioni straordinarie, che comportino l'acquisto da parte di un'amministrazione pubblica di partecipazioni in società già esistenti (art. 8, comma 1 del TUSP); b) la conclusione, la modificazione e lo scioglimento della società (art. 9, comma 5 del TUSP); c) gli atti deliberativi aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche (art. 10, comma 1 del TUSP); d) le deliberazioni per la quotazione di azioni o altri strumenti finanziari in mercati regolamentati di cui all'art. 18, commi 1 e 2 del TUSP. Il riferimento alle «partecipazioni statali» contenuto nell'art. 7, comma 1 del Testo Unico deve intendersi esteso anche agli organi dello Stato che, pur dotati di un particolare grado di autonomia organizzativa e/o finanziaria, sono privi di autonoma personalità giuridica (ad es. i Ministeri). Per le Regioni, la competenza a adottare la deliberazione è rimessa al «competente» organo. Quindi il Testo Unico lascia alle singole Regioni l'individuazione dell'organo competente, evitando sovrapposizioni con le prerogative regionali. Per gli Enti Locali, l'art. 7 del TUSP conferma la competenza consiliare già prevista ai sensi dell'art. 42, comma 2, lett. e) del d.lgs. n. 267/2000. Le città metropolitane sono ricomprese nell'ipotesi residuale relativa a «tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche» deliberate, ai sensi della lett. d) del comma 1 dell'articolo in commento, dall'organo amministrativo dell'ente e non anche, come avrebbe potuto ritenersi sulla base di una interpretazione analogica all'Ente Comunale, al Consiglio Metropolitano. In tal senso, infatti, si è espressa la relazione illustrativa al testo del TUSP. L'art. 7, comma 2 del TUSP prescrive che l'atto deliberativo deve essere redatto in conformità all'art. 5, comma 1. Pertanto, l'atto deliberativo: a) deve essere «analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'art. 4», b) deve evidenziare «le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato» e c) deve dare «conto della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa». Quanto precede non sembra potersi affermare per le delibere assunte a norma degli artt. 9 comma 5, 10, comma 1 e 18, commi 1 e 2 del TUSP, i quali si limitano a rinviare all'art. 7, comma 1 e non anche al secondo comma di quest'ultima disposizione che contiene il rinvio interno al sopra citato art. 5 del Testo Unico. L'atto deliberativo privo della motivazione, o con una motivazione carente sotto i profili appena indicati, è illegittimo e comporta le conseguenze previste dal comma 6 dell'art. 7 del Testo Unico di cui si dirà infra. Tuttavia, come si evince dall'art. 5, comma 1 del Testo Unico, la motivazione può mancare «nei casi in cui la costituzione di una società (...) avvenga in conformità a espresse previsioni legislative» (Pineschi, 57). L'atto deliberativo di costituzione della società, pur in assenza di un espresso richiamo ai successivi commi dell'art. 5 del TUSP, deve rispettare questi ultimi e, quindi, deve anzitutto dare atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Se si tratta di un atto deliberativo adottato da un ente locale, lo schema deve essere sottoposto a forme di consultazione pubblica (art. 5, comma 2 del Testo Unico che fa riferimento «atto deliberativo di cui al comma 1» e, dunque, anche all'atto deliberativo di una società a partecipazione pubblica). Il medesimo schema di atto deliberativo deve essere poi inviato alla Corte dei Conti e motivato con riferimento ai rilievi dalla stessa eventualmente formulati; l'atto deliberativo deve essere, inoltre, inviato all'AGCM, che può esercitare i poteri previsti dall'art. 21-bis l. n. 287/1990 (art. 5, comma 3 del TUSP). L'atto deliberativo deve contenere, ai sensi dell'art. 7, comma 3 del TUSP, «l'indicazione degli elementi essenziali dell'atto costitutivo, come previsti dagli artt. 2328 e 2463 del codice civile, rispettivamente per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata». L'art. 7, comma 3 del TUSP è tuttavia incompleto, perché non reca alcun riferimento anche all'art. 2521 c.c., nonostante le società cooperative rientrino fra i tipi di società nei quali è ammessa la partecipazione pubblica ai sensi dell'art. 3, comma 1 del TUSP (Pineschi, 57). Gli elementi indicati nelle disposizioni del codice civile richiamate dal citato art. 7, comma 3 del Testo Unico non tutti sono necessari ai fini della costituzione della società: alcuni di essi sono infatti «espressamente o sistematicamente» previsti come eventuali. Inoltre, gli elementi necessari non coincidono con quelli essenziali ai fini della validità della deliberazione, che sono soltanto quelli la cui mancanza comporta la nullità (denominazione della società, conferimenti, ammontare del capitale sociale, oggetto sociale) ai sensi dell'art. 2332, comma 1, n. 3 c.c. (M. Stella Richter Jr.). Devono ritenersi elementi essenziali ai fini della costituzione della società: a) l'indicazione del socio o dei soci fondatori (una o più amministrazioni pubbliche, secondo la definizione datane dall'art. 2, comma 1, lett. a, del Testo Unico; se vi sono anche uno o più soci privati, questi dovranno essere previamente selezionati secondo procedure ad evidenza pubblica, in base a quanto previsto dal comma 5 della norma in commento di cui si dirà infra), nonché il numero delle azioni ad essi assegnate (ovvero la quota di partecipazione di ciascun socio, se si tratta di una s.r.l.); b) la denominazione sociale (la cui funzione non è – come noto – soltanto quella di indicare il nome della società, ma anche di scelta del tipo sociale e di rinvio alle regole legali del modello organizzativo prescelto; funzione alla quale non deve rinunciarsi – secondo l'opinione preferibile – neppure nelle società a partecipazione pubblica, con l'avvertenza, ovviamente, che tali regole troveranno applicazione in quanto non derogate dalle disposizioni del Testo Unico); c) la sede della società; d) l'attività che costituisce l'oggetto sociale (occorre sottolineare che, con riferimento alle società a partecipazione pubblica, la determinazione dell'oggetto sociale dovrà rigorosamente attenersi a quanto previsto dall'art. 4 del Testo Unico, il cui comma 1 vieta la costituzione di società «aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali», consentendo, entro tali limiti, esclusivamente l'esercizio delle attività indicate nel comma 2 e seguenti del medesimo articolo); e) l'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato (occorre considerare, in proposito, che gli artt. 2328, comma 2 e 2463, comma 2 c.c. dettano il contenuto di un atto costitutivo già stipulato, mentre nel caso in esame si tratta di indicazioni che dovranno solo in un secondo momento essere dal medesimo recepite: per cui, a ben vedere, l'atto deliberativo dovrà indicare il capitale da sottoscrivere e non l'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato); f) il numero delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione; g) solo per le s.p.a. (non più per le s.r.l.) il numero degli amministratori e dei componenti il collegio sindacale (si tenga presente che la regola, nelle società a controllo pubblico, è la nomina di un amministratore unico: regola che, pertanto, non trova applicazione con riferimento alle società a partecipazione pubblica che non siano a controllo pubblico); h) la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti o, se si tratta di una s.r.l., le persone cui è affidata l'amministrazione e l'eventuale soggetto incaricato della revisione legale dei conti (per la medesima ragione vista prima in questo paragrafo, sub lett. e, l'atto deliberativo non potrà contenere la nomina vera e propria degli amministratori, ma dovrà al più limitarsi ad indicare – ove possibile – il soggetto che sarà poi nominato nell'atto costitutivo; vi è da chiedersi se discorso in parte diverso possa farsi nel caso in cui l'atto deliberativo preveda che la nomina degli amministratori della società avvenga direttamente da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'art. 2449 c.c.); i) l'indicazione delle spese necessarie per la costituzione della società e poste a carico della medesima; l) la durata della società, potendo la stessa essere anche a tempo indeterminato. Il riferimento, contenuto nell'art. 7, comma 3 del TUSP, agli «elementi essenziali dell'atto costitutivo» fa pertanto ritenere che l'atto deliberativo debba contenere, quanto meno, gli elementi appena ricordati. Gli elementi eventuali, invece, possono essere i seguenti: le generalità dei promotori, le sedi secondarie, l'indicazione del valore nominale delle azioni, il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura, le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti, i benefici accordati ai promotori e ai soci fondatori, il sistema di amministrazione adottato (Sanna, 206 ss.). Si tratta di elementi eventuali c.d. in senso lato, o perché alla loro mancanza supplisce la legge (ad esempio le norme sulla ripartizione degli utili), o perché è eventuale il loro presupposto (la società potrebbe non avere sedi secondarie). Ci si chiede se l'amministrazione debba preventivamente definire il contenuto dello statuto della costituenda società fin dall'adozione dell'atto deliberativo. L'art. 7, comma 3 del TUSP richiede espressamente solo l'indicazione degli elementi essenziali dell'atto costitutivo: pertanto, se tali elementi non sono presenti nell'atto costitutivo ma nello statuto, gli stessi devono essere altresì indicati nell'atto deliberativo. Con riguardo alle conseguenze nel caso di mancanza nella deliberazione dell'amministrazione di uno od altro elemento essenziale del futuro atto costitutivo, deve osservarsi che, da un lato, soltanto alcuni di quegli elementi sono richiesti a pena di nullità della società e che, dall'altro lato, deve tenersi presente che il notaio dovrebbe rifiutare la stipulazione di un atto costitutivo carente di indicazioni essenziali (comprese, perciò, quelle diverse dalle indicazioni la cui assenza può comportare la nullità della società). Ciò precisato, si possono prospettare due soluzioni interpretative: la prima, secondo la quale nell'atto deliberativo devono necessariamente essere presenti tutti gli elementi essenziali ai fini della costituzione della società; la seconda, per la quale invece il contenuto imprescindibile dell'atto deliberativo potrebbe anche limitarsi alle sole indicazioni richieste a pena di nullità della società, ferma restando però la necessità che le ulteriori indicazioni essenziali vengano comunque integrate, al più tardi, al momento della stipulazione dell'atto costitutivo. La dottrina si è anche interrogata in ordine alla necessità che gli elementi eventuali – sui quali si è detto – debbano, o meno, essere previsti già nell'atto deliberativo e non solo nella successiva adozione dell'atto costitutivo. Due sono le soluzioni prospettate: una prima che intende garantire maggiore coerenza con la ratio della disposizione propende per la necessità che gli elementi eventuali siano inseriti anche nell'atto deliberativo (Donativi, 361); una seconda che privilegia una lettura testuale della disposizione che impone la presenza nell'atto deliberativo solo degli «elementi essenziali dell'atto costitutivo» (Sanna, 105). Ai sensi dell'art. 7, comma 4 del TUSP, inoltre, l'atto deliberativo deve essere pubblicato sui siti istituzionali dell'amministrazione pubblica partecipante. L'ultimo comma dell'articolo 7 del TUSP amplia – enucleando un elenco tassativo – le ipotesi in cui è necessario ricorrere ad un atto deliberativo, ovverosia anche nei casi di «a) le modifiche di clausole dell'oggetto sociale che consentano un cambiamento significativo dell'attività della società; b) la trasformazione della società; c) il trasferimento della sede sociale all'estero; d) la revoca dello stato di liquidazione». Si tratta di tutte ipotesi che incidono in modo pregnante sull'assetto societario e per questo è necessario un nuovo atto deliberativo. È stato ritenuto che «l'amministrazione deliberante dovrà operare una duplice valutazione: a) una verifica di conformità delle modifiche proposte alle esigenze di interesse pubblico che hanno determinato la originaria delibera di costituzione della società e b) una valutazione di aderenza delle stesse rispetto alle finalità istituzionali proprie dell'amministrazione deliberante», poiché con la «disposizione in parola il legislatore ha inteso instaurare un evidente parallelismo tra l'originaria deliberazione costitutiva della società e quelle successive che ne modifichino l'assetto sostanziale, estendendo il controllo dell'amministrazione dal momento genetico della società al suo intero ciclo di vita» (Figliolia, 233). Sebbene l'ultimo comma dell'art. 7 del TUSP non richiami espressamente il precedente comma 4 in ordine all'obbligo di pubblicazione dell'atto deliberativo sul sito istituzionale dell'amministrazione, deve ritenersi che tale obbligo sia previsto anche per le fattispecie previste dal comma 7. La conferma dell'applicabilità anche alle ipotesi in commento della disciplina sulla pubblicazione degli atti si può rinvenire nell'art. 22, comma 1, lett. d-bis del d.lgs. n. 33/2013 ai sensi del quale «ciascuna amministrazione pubblica e aggiorna annualmente» anche «i provvedimenti in materia di costituzione di società a partecipazione pubblica, acquisto di partecipazioni in società già costituite, gestione delle partecipazioni pubbliche, alienazione di partecipazioni sociali, quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati e razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche» (Donativi, 367). La forma e il contenuto dell'atto costitutivo.Nella stipulazione dell'atto costitutivo ci si deve attenere rigorosamente a quanto indicato nell'atto deliberativo dall'amministrazione partecipante, o dalle amministrazioni partecipanti, che ne costituisce il presupposto necessario. L'atto costitutivo potrà essere un contratto o un atto unilaterale e dovrà essere redatto nella forma dell'atto pubblico (art. 2328, commi 1 e 2 c.c., art. 2463, commi 1 e 2 c.c.), in virtù del rinvio operato dall'art. 1, comma 3 del d.lgs. n. 175/2016 alle norme del codice civile, per tutto ciò non derogato dalle disposizioni del TUSP. Nella stipulazione dell'atto costitutivo ci si deve attenere a quanto stabilito nell'atto deliberativo adottato dall'amministrazione partecipante che, come visto, deve contenere gli elementi essenziali dell'atto costitutivo e/o quelli eventuali. Ci si potrebbe allora domandare quali siano le conseguenze di una eventuale difformità fra i due atti (atto deliberativo ed atto costitutivo), sebbene, si ritenga che il notaio debba controllare l'esistenza dell'atto deliberativo e debba perciò verificare anche la corrispondenza fra il suo contenuto e quanto indicato nell'atto costitutivo (e nello statuto, là dove sia previsto) (Sanna, 106 ss.). Nel caso in cui l'atto costitutivo contenga elementi non presenti nell'atto deliberativo (e dovendosi escludere la riconducibilità del caso in esame ad una delle ipotesi tassative di nullità previste dall'art. 2332 c.c.) una possibile soluzione è quella di ritenere applicabile la disciplina dettata dal comma 6 della norma in commento, la quale, pur riferendosi espressamente soltanto alla mancanza o alla invalidità dell'atto deliberativo, potrebbe essere interpretata estensivamente, nel senso di assimilare alla mancanza dell'atto deliberativo anche l'assenza in esso di singole clausole invece presenti nell'atto costitutivo (ovvero nello statuto). Analogo discorso può farsi per il caso di difformità tra l'atto deliberativo e l'atto costitutivo. Nel caso in cui sia l'atto deliberativo che l'atto costitutivo non contengano uno o più degli elementi essenziali o l'atto costitutivo non contenga gli elementi essenziali che erano presenti nell'atto deliberativo, il notaio potrebbe inoltre rifiutarsi di stipulare l'atto costitutivo. Se il notaio non si rifiuta, allora la società potrebbe essere dichiarata nulla se manca uno degli elementi previsti dall'art. 2332, commi 1, n. 3 c.c. e, nel caso manchino gli altri elementi essenziali, l'iscrizione nel registro delle imprese sana il vizio. Si è tuttavia ipotizzato che sussista comunque la necessità di integrare o regolarizzare l'atto costitutivo e che, in difetto di delibere a ciò finalizzate, si potrebbe addivenire allo scioglimento della società ai sensi dell'art. 2484 c.c. per impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell'assemblea o per impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale (Sciuto, 440). Ad ogni modo, stipulato l'atto costitutivo, il procedimento di costituzione della società proseguirà, in forza del rinvio alla disciplina del codice civile operato dall'art. 1, comma 3 del TUSP, secondo le disposizioni di cui agli artt. 2329,2330 e 2331 c.c. (Sanna, 214). Mancanza o invalidità dell'atto deliberativo.L'art. 7, comma 6 del TUSP disciplina le conseguenze giuridiche nel caso di mancanza dell'atto deliberativo di una o più amministrazioni pubbliche partecipanti, o nel caso in cui l'atto deliberativo di partecipazione di una o più amministrazioni sia dichiarato nullo o annullato. La norma in esame prevede che «le partecipazioni sono liquidate secondo quanto disposto dall'art. 24, comma 5» e che «se la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo riguarda una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale, si applicano le disposizioni di cui all'art. 2332 del c.c.». Il regime giuridico, pertanto, cambia a seconda che la partecipazione dell'amministrazione sia o meno essenziale ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale. Nel caso in cui la partecipazione dell'amministrazione sia essenziale per il conseguimento dell'oggetto sociale, si applica l'art. 2332 c.c. che individua tassativamente le cause di nullità dell'atto costitutivo e in base al quale, una volta iscritta nel registro delle imprese, una società può essere dichiarata nulla nei seguenti casi: 1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico; 2) illiceità dell'oggetto sociale; 3) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale. Alcuni commentatori hanno osservato che con il rinvio all'art. 2332 c.c. il legislatore avrebbe ampliato l'elencazione tassativa delle ipotesi di nullità ivi previste con l'ulteriore ipotesi di mancanza o invalidità dell'atto deliberativo di una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento delle finalità sociali. Ciò al fine di tutelare, oltre alla certezza dei rapporti giuridici istaurati con i terzi, salvaguardata dalla disciplina privatistica con la nullità nelle ipotesi di previa iscrizione nel registro delle imprese, anche le prerogative istituzionali delle amministrazioni titolari in tutto o in parte del capitale sociale (Figliolia, 230). Tuttavia, altri commentatori hanno ritenuto che non sia possibile ampliare le ipotesi di nullità previste dal legislatore nell'art. 2332 c.c. poiché altrimenti si violerebbe il principio di tassatività delle cause di nullità della società (Sanna, 111). La nullità della società è rilevabile da chiunque ne abbia interesse o d'ufficio dal giudice. Anche alle società partecipata, inoltre, si applica la deroga al principio di retroattività l'art. 2332 c.c. comma 2 in ordine agli effetti della nullità che fa espressamente salva l'efficacia degli atti compiuti in nome della società successivamente all'iscrizione nel registro delle imprese sino al passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della nullità. La norma civilistica richiamata, al fine di tutelare l'esigenza della certezza e di conservazione delle attività svolte, individua una nullità sanabile prevedendo che non potrà essere dichiarata se la causa di nullità sia stata eliminata e dell'eliminazione sia stata data pubblicità nel registro delle imprese (comma 5). Inoltre, permane in capo ai soci il vincolo obbligatorio alla soddisfazione dei creditori sociali (comma 3). Nel caso in cui la partecipazione dell'amministrazione non sia essenziale per il conseguimento dell'oggetto sociale, l'atto costitutivo resta valido ed efficace. Il socio pubblico verrà escluso dalla società e la mancanza o l'invalidità dell'atto deliberativo non incide sull'atto di diritto privato di costituzione della società. Occorre a questo punto domandarsi come ritenere la partecipazione essenziale o meno ai fini del conseguimento dell'oggetto sociale. La partecipazione è facilmente riconducibile ad essere essenziale laddove sia totalitaria o la società sia partecipata da una sola amministrazione. Il che trova conferma dal c.d. «nesso di inerenza funzionale» che deve sussistere tra le finalità istituzionali dell'amministrazione e la costituzione dell'organismo societario ai sensi dell'art. 4 del TUSP secondo il quale «Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società». Pertanto, laddove la partecipazione sia totalitaria o partecipi un'unica amministrazione, l'invalidità dell'atto deliberativo determinerebbe il venir meno della causa giustificativa della società (Figliolia, 232). Nei restanti casi, invece, al fine di individuare l'essenzialità o meno della partecipazione, si può utilizzare il criterio quantitativo relativo alla quota di partecipazione della società ovvero all'ammontare del conferimento della amministrazione con riguardo agli obiettivi della società. Tuttavia, anche utilizzando il criterio «economico», si ritiene che non si possa prescindere da una valutazione in concreto che consideri le finalità della società e il «peso specifico» delle diverse partecipazioni per il conseguimento dello specifico oggetto sociale, così che anche le partecipazioni minoritarie, se indispensabili al conseguimento dell'oggetto sociale, possano essere ritenute essenziali (Figliolia, 232). L'art. 7 comma 7 del Testo Unico non disciplina le conseguenze derivanti dalla mancanza dell'atto deliberativo o di una sua invalidità nelle operazioni ivi indicate. Due le possibili soluzioni. Da un lato, si potrebbe ritenere applicabile la disciplina dettata dal comma 6 dell'art. 7 del TUSP in via analogica e/o attraverso una interpretazione estensiva. Chi aderisce a questa impostazione osserva che, diversamente, sarebbe consentito eludere la portata sanzionatoria in ipotesi che potenzialmente hanno la stessa portata dell'atto deliberativo di costituzione della società (Figliolia, 234). Altri commentatori, invece, sostengono che, in mancanza di espresso rinvio, non possa applicarsi una disciplina – quella prevista dall'art. 7, comma 6 del TUSP – prevista per la sola ipotesi di «costituzione» della società partecipata ad altri e diversi tipi di operazione societaria (Sanna, 131). BibliografiaAmbrosio, Costituzione e statuti delle società pubbliche: tra autonomia privata e tutela dell'interesse pubblico, in Fimmanò, Catricalà, Cantone (a cura di), Le Società Pubbliche, Napoli, 2020, 427 ss.; Donativi, Le società a partecipazione pubblica, Milanofiori Assago, 2016, 361 ss.; Figliolia, Commento all'art. 7, in Morbidelli (a cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, 2018, 223 ss.; Ibba, Le società legali, Torino, 1992, 41 ss.; Ibba, Le società a partecipazione pubblica: tipologia e discipline, in Ibba, Malaguti, Mazzoni (a cura di), Le società «pubbliche», Torino, 2011, 2 ss.; Pecoraro, La costituzione delle società, in Ibba, Demuro (a cura di), Le società a partecipazione pubblica, Bologna, 2018; Pineschi, Commento all'art. 7 del d.lgs. n. 175/2016, in Caringella, Ciaralli, Bottega (a cura di), Codice ragionato delle società pubbliche. Commento organico al Testo Unico delle Società pubbliche e alle norme complementari, Roma, 2018, 55 ss.; Sanna, La costituzione delle società a partecipazione pubblica e l'acquisto di partecipazioni in società già costituite, in Garofoli, Zoppini (a cura di), Manuale delle società a partecipazione pubblica, Molfetta, 2018, 202 ss.; Sanna, I vizi della costituzione (e di talune modifiche dell'atto costitutivo): profili problematici, in Ibba (a cura di), Le società a partecipazione pubblica a tre anni dal Testo Unico, Milano, 2019, 104 ss.; Sciuto, La nullità della società, in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2006, 440; Stella Richter jr., Forma e contenuto dell'atto costitutivo della società per azioni, in Colombo, Portale (diretto da), Trattato delle s.p.a., Torino, 2004, 1*, 191 ss., 198 e 316. |