Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 4 - Finalita' perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche

Andrea Zoppini

Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche

 

1. Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:

a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2;

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento  1;

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

3. Al solo fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse, tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato.

4. Le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.

5. Fatte salve le diverse previsioni di legge regionali adottate nell'esercizio della potestà legislativa in materia di organizzazione amministrativa, è fatto divieto alle società di cui al comma 2, lettera d), controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Il divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti.

6. E' fatta salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, dell'articolo 42 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, e dell'articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014.2

7. Sono altresì ammesse le partecipazioni, dirette e indirette, nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici e, nel rispetto dei principi di concorrenza e apertura al mercato, le attività, le forniture e i servizi direttamente connessi e funzionali ai visitatori e agli espositori, [nonché] la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili 3.

8. E' fatta salva la possibilità di costituire, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari previste dall'articolo 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca. E' inoltre fatta salva la possibilità, per le università, di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche4.

9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1, anche al fine di agevolarne la quotazione ai sensi dell'articolo 18, può essere deliberata l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione pubblica. Il decreto è trasmesso alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti. I Presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, con provvedimento adottato ai sensi della legislazione regionale e nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, possono, nell'ambito delle rispettive competenze, deliberare l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione della Regione o delle province autonome di Trento e Bolzano, motivata con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1. Il predetto provvedimento è trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, alla struttura di cui all'articolo 15, comma 1, nonché alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti 5.

9-bis. Nel rispetto della disciplina europea, è fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, anche fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, in deroga alle previsioni di cui al comma 2, lettera a), purché l'affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica. Per tali partecipazioni, trova piena applicazione l'articolo 20, comma 2, lettera e). Resta fermo quanto previsto dall'articolo 16 6.

9-ter. E' fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all'1 per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile, come definite dall'articolo 111-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, senza ulteriori oneri finanziari rispetto a quelli derivanti dalla partecipazione medesima7.  

9-quater. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla costituzione né all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, comunque trattato , dei prodotti lattiero-caseari e dei prodotti ortofrutticoli 8.

 

[8] Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, della Legge 1° ottobre 2019, n. 119 e successivamente modificato dall'articolo 10, comma 1-bis, del D.L. 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 ottobre 2024, n. 143.

Inquadramento

L'art. 4 del d.lgs. n. 175/2016 disciplina le condizioni e i limiti per la costituzione di società, nonché l'acquisizione o il mantenimento da parte delle pubbliche amministrazioni delle partecipazioni societarie. A questo fine, la norma in esame definisce le finalità e lo scopo che legittimano la partecipazione dell'ente pubblico e indica quali sono le attività che possono essere svolte dalle società partecipate.

Stretta necessarietà e vincolo di scopo pubblico.

L'art. 4, comma 1 del TUSP statuisce che «Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società».

La norma in questione limita la capacità di diritto privato delle pubbliche amministrazioni (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giur., n. 776/2021) e consente la costituzione di società a partecipazione pubblica, nonché l'assunzione o il mantenimento delle partecipazioni societarie a condizione che sia rispettato il principio di c.d. stretta necessarietà.

Il principio di c.d. stretta necessarietà è volto a realizzare l'efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, nonché la razionalizzazione e la riduzione della spesa anche evitando una indiscriminata proliferazione di organismi societari a partecipazione pubblica, così come l'acquisto e il mantenimento delle partecipazioni da parte di enti pubblici, soltanto laddove questi ultimi non possano ragionevolmente farne a meno.

Sicché, una società a partecipazione pubblica non può essere costituita, o se esistente dev'essere restituita al mercato al mercato, qualora la produzione di beni e servizi dalla medesima forniti non risulti strettamente necessaria per il perseguimento delle finalità istituzionali del socio pubblico (Police, Luccatini, 174).

La stretta necessarietà presuppone la sussistenza di un «chiaro e stringente vincolo di scopo pubblico» (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giur., n. 776/2021) e opera anche in un'ottica di tutela e promozione della concorrenza (Cons. St. V, n. 578/2019; Cons. St. V, n. 2511/2019; Cons. St. V, n. 306/2021).

Vincolo di scopo pubblico e stretta necessarietà, pertanto, coincidono, poiché il primo presuppone «la stretta necessità, per le finalità istituzionali dell'ente, di ricevere quel servizio dalla società partecipata» (T.A.R. Milano I, n. 1211/2021; T.A.R. Milano I, n. 1212/2021; n. 1213/2021).

Sul punto il giudice contabile ha più volte affermato che il vincolo di scopo pone «come limite alla partecipazione societaria delle Pubbliche Amministrazioni lo svolgimento di attività strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali», ritenendo che, affinché una partecipazione societaria possa considerarsi legittima, «è necessario che la società partecipata persegua uno scopo non solo coerente con lo scopo pubblico perseguito dall'ente partecipante ma anche strettamente correlato ad esso» (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021;C. conti, sez. contr.Lombardia, n. 77/2020).

L'articolo in commento non costituisce comunque il primo intervento del legislatore avente la finalità di arginare le partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni con riferimento all'ambito della loro operatività.

L'art. 4, comma 1 del TUSP riproduce, infatti, con alcune novità, l'analogo divieto che in passato era stato introdotto dall'art. 3, comma 27 e ss. della l. n. 244/2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008); norma, quest'ultima, che aveva già vietato a tutte le amministrazioni dello Stato di costituire società aventi ad oggetto attività di produzione di beni e di servizi «non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali» e che era stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che il divieto ivi previsto era finalizzato a limitare l'utilizzo dello strumento societario per garantire, in coerenza con l'esigenza di rispettare il principio di legalità, il perseguimento dell'interesse pubblico (Cons. St. VI, n. 1574/2012).

Sempre con riguardo all'art. 3, comma 27 della l. n. 244/2007, la giurisprudenza aveva anche chiarito che la finalità della norma fosse «quella di contrastare la proliferazione indiscriminata delle partecipazioni pubbliche in società di capitali che svolgono attività non attinenti alle finalità della pubblica amministrazione interessata; partecipazioni viste con disfavore dal legislatore nazionale in quanto rivelatesi nel tempo pregiudizievoli per la finanza pubblica». Secondo il Giudice Amministrativo, quindi, il legislatore aveva «voluto evitare che le pubbliche amministrazioni deten[essero] partecipazioni societarie al solo scopo di esercitare attività imprenditoriale o, più in generale, al solo scopo di investimento». La logica identificata dalla giurisprudenza nella norma testè richiamata era, pertanto, quella per cui «[l]'attività imprenditoriale vera e propria [poteva] essere dunque esercitata solo dai soggetti privati in regime di concorrenza, mentre le pubbliche amministrazioni [potevano] acquisire e mantenere partecipazioni societarie solo qualora ciò [fosse] funzionale ad una migliore erogazione dei servizi che costituiscono oggetto della loro finalità istituzionali e, quindi, solo qualora l'attività della società partecipata sia diretta all'erogazione di tali servizi» (T.A.R. MilanoIII, n. 48/2020; Cons. St., Ad.plen., n. 10/2011).

Coerentemente con tale orientamento, la Corte dei Conti ha ritenuto che «al fine di determinare se l'acquisto di una partecipazione sociale ricada nell'ambito di applicazione dell'art. 4 TUSP (d.lgs. n. 175/2016), e dunque rientri nell'ambito del divieto per le pubbliche amministrazioni di costituire società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi, occorre valutare se la società delle cui azioni o quote si tratta abbia per oggetto attività di produzione di beni e servizi «strettamente necessarie per il perseguimento» delle finalità dell'ente» (Trib. Roma, sez. spec. Impresa, n. 2430/2020); e che «[a]i fini del mantenimento di una partecipazione pubblica, gli enti [devono] valutare attentamente la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 4, d.lgs. n. 175/2016 e, dunque, del cd. vincolo di scopo e del cd. vincolo di attività, a prescindere dal fatto che una partecipazione pubblica sia tale da poter qualificare una società pubblica in termini di “ente in house”. Tale qualificazione rileva, invece, ai fini delle modalità con cui sono affidati i contratti pubblici da parte delle p.a.» (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 77/2020).

Il vigente art. 4, comma 1 del TUSP, pertanto, si pone in linea di continuità con il previgente art. 3, comma 27 e ss. della l. n. 244/2007 e richiede la sussistenza di elementi di fatto e di diritto, ossia di condizioni ambientali, sociali, finanziarie, economiche e giuridiche, tali per cui la scelta del modulo societario si rappresenta come la più razionale, efficiente e ragionevole possibile per l'ente (Sciascia, 144).

La verifica circa la sussistenza del nesso di strumentalità tra l'esercizio dell'attività di impresa e il perseguimento dell'interesse pubblico, deve essere effettuata in concreto, secondo paramenti rigorosi, in base ai quali l'attività di produzione e servizi della società deve essere assolutamente indispensabile per il perseguimento delle finalità istituzionali dell'ente, dovendo essere effettuata attraverso una prova di resistenza tesa a verificare se in mancanza del vincolo di scopo la realizzazione dell'interesse collettivo non sia più gravosa o meno efficace (Ambrosio, 441).

Tale aspetto è stato esaminato anche dalla più recente giurisprudenza, la quale ha affermato che la necessaria corrispondenza tra l'attività svolta dalla società e le finalità istituzionali dell'ente pubblico dev'essere riscontrata con riguardo non solo all'oggetto sociale, quale dedotto nell'atto costitutivo della società, ma anche all'attività che la stessa concretamente svolge, e deve sussistere tanto al momento della costituzione o dell'acquisto della partecipazione, quanto dopo la costituzione o l'acquisizione della partecipazione, essendo vietato all'ente pubblico non solo di acquistare ma anche di conservare partecipazioni azionarie estranee alle finalità istituzionali (Trib. Roma, sez.Impresa, n. 2430/2020).

Il concetto di «stretta necessarietà» chiama, poi, in causa l'art. 5 del TUSP (vedi infra) che detta la disciplina degli oneri di motivazione analitica relativi alla scelta di costituire una società a partecipazione pubblica, ovvero di acquisire partecipazioni, anche indirette in società esistenti, salvi i casi in cui la costituzione della società o l'acquisto della partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità ad espresse previsioni di legge. La dimostrazione della stretta necessarietà deve essere analiticamente motivata con specifico riguardo alle ragioni e alle finalità che giustificano la costituzione e/o la partecipazione in società sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria (Morbidelli, 176).

Il vincolo di attività

Il comma 2 dell'art. 4 introduce un ulteriore limite alla capacità delle pubbliche amministrazioni, di costituire e/o di acquisire o di mantenere partecipazioni societarie.

Si tratta del c.d. «vincolo di attività», assente nella disciplina previgente e considerato oggi una tra le più significative novità del Testo Unico, in base al quale le amministrazione pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni societarie «esclusivamente per lo svolgimento delle attività» tassativamente indicate dalla norma in commento (T.A.R. Milano I, n. 1213/2021; T.A.R. Milano I, n. 1212/2021; n. 1211/2021; C. conti, sez. contr. Lazio, n. 121/2020).

L'elenco di attività individuate dal comma in esame ha inizialmente tratto in inganno l'interprete, in quanto in un primo momento si è pensato che tali regole fungessero da ampliamento rispetto al precedente regime. In realtà, l'elenco di cui al comma 2 deve essere considerato un restringimento dei margini di operatività per le pubbliche amministrazioni del modello organizzativo societario (Ambrosio, 441).

Le attività elencate dall'art. 4, comma 2 hanno ad oggetto: i) la produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi; ii) la progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del d.lgs. n. 50/2016; iii) la realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del d.lgs. n. 50/2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2; iv) l'autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; v) i servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 3, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 50/2016.

Più nel dettaglio.

L'art. 4, comma 2, lett. a) del TUSP consente alle pubbliche amministrazioni di costituire o di partecipare società che svolgono attività di produzione di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi, definiti a norma del già citato art. 2, comma 1, lett. h) del TUSP.

La giurisprudenza ha osservato che nella nozione di servizi di interesse generale «vi è un richiamo alle finalità dell'attività di produzione e fornitura di beni o servizi: questa deve essere necessaria «per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento» per garantire «l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale»» (T.A.R. Veneto I, n. 998/2019; Cons. St. V, n. 578/2019). Pertanto, tra le condizioni necessarie perché si possa parlare di partecipazione in una società che svolge un «servizio di interesse generale» nel senso ora descritto e, che, quindi, può essere acquisita, ovvero, se già la possiede, mantenuta dall'Ente locale, si è individuata la necessità che «l'Ente pubblico socio sia in grado di influire sulle decisioni strategiche della società: in tal modo, infatti, si garantisce l'accesso dei cittadini al servizio con le modalità e nelle forme proprie di un servizio di interesse generale (nel caso qui in esame si tratta di un servizio «di interesse economico generale»), e cioè con continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza del servizio» (T.A.R. Veneto I, n. 998/2019; Cons. St. V, n. 578/2019; T.A.R. Veneto I, n. 363/2018; C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 398/2016).

La produzione di servizi di interesse generale (SIG) è senz'altro l'ipotesi più frequente in cui gli enti pubblici, soprattutto quelli locali, fanno ricorso allo strumento della partecipazione societaria per l'espletamento de propri compiti istituzionali (Sciascia, 156). Tuttavia, con riferimento all'ambito di applicazione dell'articolo in commento, parte della dottrina comprende nel perimetro delle attività che possono essere svolte dalle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni sia i servizi di interesse generale (SIG), che i servizi di interesse economico generale (SIEG), seppur il comma in commento faccia riferimento ai soli SIG (Morbidelli, 177).

Ciò è stato affermato anche dal giudice contabile che ha ritenuto «che i servizi di interesse economico generale sono servizi di interesse generale, laddove siano erogati, o siano suscettibili di essere erogati, dietro corrispettivo economico su un mercato. In definitiva, i “servizi di interesse economico generale” (cd. SIEG) potrebbero definirsi come una specie del genus “servizi di interesse generale” (cd. SIG), identificabili in quei servizi che sono resi in un mercato di tipo concorrenziale, ove operano sia soggetti pubblici sia soggetti privati. Nei limiti sopra individuati, dunque, sarà l'Ente a dover inquadrare in tali categorie i servizi erogati da parte della società partecipata, affinché la partecipazione posseduta – ed eventualmente da mantenere – sia in linea con le condizioni poste dal Legislatore» (C. conti, sez. contr.Lombardia, n. 77/2020).

La seconda categoria di attività prevista dall'art. 4, comma 2 del TUSP , quella di cui alla lettera b), comprende la specifica ipotesi di progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni, ai sensi dell'art. 193del d.lgs.n. 50/2016; norma, quest'ultima, che a sua volta consente la stipula di un accordo di programma tra soggetti pubblici e, ove opportuno, la costituzione di una società pubblica di progetto senza scopo di lucro, allorquando il progetto preliminare prevede, ai fini della migliore utilizzazione dell'infrastruttura dei beni connessi, l'attività coordinata di più amministrazioni.

L'art. 4, comma 2, lett. c) consente alle pubbliche amministrazioni di costituire o di mantenere la partecipazione di una società mista pubblico-privata avente ad oggetto la realizzazione e la gestione di un'opera pubblica ovvero l'organizzazione e la gestione di un servizio di interesse generale (sulle società miste, si rinvia al commento del successivo art. 17).

In proposito, la giurisprudenza ha affermato che il «modulo della società mista (integrante il cd. partenariato pubblico – privato «istituzionale») può [...] essere utilizzata ai sensi dell'art. 4 comma 2 TUSPP per la realizzazione e gestione di opere pubbliche ovvero di servizi pubblici di interesse generale, con allocazione di tutto o parte del cd. «rischio operativo» in capo alla società affidataria dell'attività gestoria da prestare in favore degli utenti» (T.A.R. Lazio,RomaII, n. 1087/2018). Il Giudice Amministrativo ha anche qualificato come servizio di interesse generale rilevante ai sensi dell'art. 4, comma 2, lett. c) del TUSP il Servizio Scolastico Integrato, osservando che «La nozione di servizio di interesse generale nello specifico ben si attaglia al servizio pubblico locale de quo, atteso che sicuramente trattasi di attività che rientra a pieno titolo in quelle «attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale» (T.A.R. LazioII, n. 338/2020).

Al fine di integrare l'attività indicata dall'art. 4, comma 2 lett. c) del TUSP è stato inoltre ritenuto determinante: a) il fatto che il corrispettivo per l'erogazione del servizio direttamente erogato dall'amministrazione in favore della società affidataria; b) l'assenza di traslazione alcuna del rischio operativo di gestione in capo alla società mista (elemento questo come noto qualificante la concessione rispetto all'appalto, come da giurisprudenza comunitaria, v. CGE 18 luglio 2007 - C 382/05); c) l'insussistenza di un rapporto «trilatero» tra amministrazione, soggetto affidatario e utenza, se non via del tutto indiretta e giuridicamente irrilevante (T.A.R. Lazio,RomaII, n. 1087/2018).

Alla successiva lett. d), l'art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 175/2015 contempla l'attività consistente nell'autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti e nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento.

Al fine di individuare la nozione di bene e di servizio strumentale, occorre fare riferimento agli orientamenti maturati con riferimento alla delimitazione dell'ambito applicativo del previgente art. 13 del d.l. n. 223/2006, il quale, da un lato, imponeva l'esclusività dell'oggetto sociale di tali società strumentali e, dall'altro, evitava loro lo svolgimento di attività nei confronti di soggetti diversi dagli enti pubblici partecipanti (Sciascia, 181).

La giurisprudenza, nel definire il concetto di «servizio strumentale», ha chiarito che è tale quello fornito dalle società costituite per lo svolgimento di attività essenzialmente rivolte alla P.A. e non al pubblico, come quelle costituite per la gestione di servizi pubblici, le quali mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività. In particolare, ha osservato il Consiglio di Stato nel parere n. 968/2016 che «[d]evono considerarsi strumentali [...] tutte quelle attività svolte a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali (T.A.R. Lazio II, n. 5192/2007).

I servizi strumentali sono, pertanto, quelli forniti da società chiamate a svolgere non attività di impresa ma «attività amministrativa in forma privatistica», ossia che erogano servizi o beni direttamente a favore dell'ente (T.A.R. Lazio III-ter, n. 3972/2015).

Collegato alla lett. d ) in commento, è poi il comma 5 dell'art. 4 del TUSP, che vieta alle società strumentali, qualora siano controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società.

La ratio di tale previsione è da rinvenirsi nell'esigenza di evitare che le società strumentali possano indebitamente «sfruttare i vantaggi derivanti dalla partecipazione degli enti locali e, per un verso, trasmetterli anche ad altre società controllate e, per altro, falsare in questo modo il mercato concorrenziale» (Mataluni, 72).

Il divieto, però, non si applica «alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali», salvo il rispetto della normativa «in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti».

L'art. 4, comma 5 del TUSP si riferisce evidentemente alle c.d. holding pubbliche, ovvero società che si occupano in maniera «esclusiva» della gestione della partecipazione degli enti locali in modo da consentire agli stessi, in particolare quelli di maggiori dimensioni, un migliore e più efficiente controllo su tutte le aziende del gruppo (Mataluni, 72).

Infine, l'art. 4, comma 2 lett. e), prevede la possibilità di costituire o detenere la partecipazione in società deputate allo svolgimento di servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie. Il servizio di committenza, in base all'art. 3, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 50/2016, è definito come le «attività svolte su base permanente riguardanti: 1) l'acquisizione di forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti; 2) l'aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti».

Si tratta di soggetti terzi cui più amministrazioni, anche in forma associata o consorziata esternalizzano le procedure di selezione degli operatori economici privati da cui acquistare lavori, servizi o forniture (Sciascia, 183). Anche questo tipo di attività non era sconosciuta prima dell'entrata in vigore del Testo Unico. Infatti, la stessa era già prevista dalla precedente disciplina dell'art. 3, comma 27 della Legge Finanziaria 2008. A seguito dell'adozione del TUSP, però, perché si possa considerare legittima la partecipazione pubblica in tali società deve pur sempre rispettarsi il vincolo di scopo di cui al comma 1.

Il conferimento dei beni immobili.

L'art. 4, comma 3 del TUSP dispone che, «[a]l solo fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse, tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato».

La norma in esame è «diretta ad incentivare la valorizzazione del patrimonio delle Amministrazioni» (T.A.R. ToscanaI, n. 402/2018).

La giurisprudenza contabile ha considerato la previsione in esame «di vasta portata interpretativa e in controtendenza rispetto alla generale impostazione del TUSP limitativa del ricorso allo strumento societario», osservando che quest'ultima «si presta a trovare ampia applicazione a fattispecie societarie aventi quale scopo sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio pubblico, innestandosi su un panorama legislativo già ricco di norme dedicate a speciali procedure di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico (si pensi a titolo esemplificativo alle società appositamente selezionate tramite procedura a evidenza pubblica per la gestione di fondi immobiliari, cui, sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione approvati con delibera dell'organo di governo dell'ente pubblico, sono conferiti immobili pubblici a fronte dell'emissione di quote del medesimo fondo che dovrebbero essere collocate sul mercato)». Da qui la conclusione per cui l'art. 4, comma 3 del TUSP si applica «anche a società già costituite e aventi quale scopo esclusivo la medesima valorizzazione del patrimonio pubblico (patrimonio al quale appartiene una pineta in parte di proprietà pubblica)» (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021).

L'ampia portata applicativa che contraddistingue la previsione in esame è stata però criticata dal Consiglio di Stato che nei pareri n. 968/2016 e n. 355/2017 ne aveva auspicato l'eliminazione, ravvisando problematiche inerenti all'individuazione dell'area dei beni da conferire, nonché al contenuto della finalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare conferito. A tal proposito, infatti, era stato rilevato che «l'ampiezza applicativa della previsione, derivante dalla mancata indicazione della natura degli immobili coinvolti e della stessa società conferitaria, avrebbe rischiato di consentire la costituzione di società pubbliche che, mediante l'espediente del conferimento di beni immobili, avrebbero indirettamente continuato a svolgere attività di impresa, in contrasto con l'intento della riforma che è quello di limitare e non moltiplicare l'impiego degli strumenti societari». Il legislatore delegato non ha però accolto le indicazioni del Consiglio di Stato; da qui la necessità per l'interprete di risolvere le questioni lasciate aperte dal Testo Unico e, in particolare, la necessità di identificare le categorie di beni immobili ai quali la stessa si riferisce.

Sicuramente i beni di cui si fa menzione all'art. 4, comma 3 del TUSPnon sono i beni demaniali, sia per le caratteristiche tipiche degli stessi sia per il fatto che il legislatore utilizza in maniera specifica il termine beni del «patrimonio» delle amministrazioni.

La dottrina ritenuto di poter escludere anche i beni patrimoniali indisponibili, poiché quest'ultimi, anche qualora venissero alienati o trasferiti dalle amministrazioni, comunque non perderebbero il vincolo di scopo che li caratterizza, anche in ragione del fatto che gli stessi «non possono essere sottratti alla loro destinazione», se non nel rispetto delle regole che li disciplinano (Clarich, 418; Mataluni, 74). A tale posizione si potrebbe però obiettare che il legislatore delegato, utilizzando il termine «patrimonio», abbia implicitamente ritenuto rientrante nell'ambito applicativo della disposizione in questione anche i beni del «patrimonio indisponibile».

Ai beni del patrimonio indisponibile vengono, poi, affiancati i beni patrimoniali disponibili che consentono alle amministrazioni di ricavarne un reddito. Fanno parte del patrimonio disponibile delle amministrazioni (o meglio dei soli enti pubblici territoriali) i beni immobili o universalità di mobili.

L'art. 4, comma 3 del TUSP se, da un lato, deroga al vincolo di scopo dell'attività istituzionale dell'ente prescritto in linea generale dal comma 1, dall'altro lato, introduce un diverso vincolo di scopo coincidente con il fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del patrimonio delle amministrazioni.

Il vincolo di scopo, «nel caso di acquisizione di partecipazioni in società tramite conferimento di immobili si connota [quindi] di specialità andando a coincidere esclusivamente – come evidenziato dall'uso nella norma dell'aggettivo «solo» – con il fine di ottimizzare e valorizzare l'utilizzo di beni immobili facenti parte del patrimonio dell'amministrazione. A conferma dell'esclusività di tale fine, lo stesso deve inoltre rientrare nell'oggetto sociale esclusivo della medesima società» (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021). Tale duplice condizione conferma la volontà legislativa, sia di vincolare l'investimento, consentito all'amministrazione secondo criteri di un qualsiasi operatore di mercato, al conseguimento del fine comunque pubblicistico di valorizzazione del patrimonio pubblico sia di arginare il rischio che il bene pubblico conferito – soprattutto nel caso di immobile facente parte del patrimonio indisponibile – perda la vocazione e il vincolo di destinazione all'uso pubblico che gli sono propri.

Proprio per tali ragioni, l'acquisizione della partecipazione ai fini dell'ottimizzazione e valorizzazione dell'utilizzo di beni immobili facenti parte del patrimonio dell'amministrazione, deve essere pienamente aderente alle restanti previsioni di cui agli artt. 4 e 5 del TUSP, dovendo essere specificamente e analiticamente motivata l'indispensabilità. E la pubblica amministrazione dovrà dare conto, ai sensi dell'art. 5 del TUSP, dello scopo perseguito dalla società cui intende partecipare e motivare l'effettiva connessione fra lo scopo societario e le finalità di valorizzazione del proprio patrimonio, evidenziando altresì le ragioni e le finalità che giustificano la scelta, anche sul piano della convenienza e della sostenibilità finanziaria (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021).

Ciò posto, il comma in commento aggiunge inoltre che i conferimenti di beni immobili possono avvenire nei confronti di società controllate e/o partecipate che abbiano «per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse».

La giurisprudenza contabile ha ritenuto che la valorizzazione del patrimonio pubblico, «consistente nell'adozione di tutte quelle iniziative utili a incrementare il valore degli immobili (cambio di destinazione d'uso, riqualificazione, regolarizzazione edilizia e urbanistica, etc.) costituisce parte integrante della strategia economica e di bilancio di un ente pubblico giacché, oltre agli effetti di finanza pubblica derivanti dal recupero della spesa e dalla riduzione del debito, essa produce effetti rilevanti anche in termini di efficienza nella gestione degli stessi asset proprietari e di sviluppo economico, sociale e culturale dei territori» (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021).

Le società in house.

Il comma 4 è dedicato alle attività delle società in house e prevede che queste ultime possono svolgere solo alcune delle attività elencate al precedente comma 2, tra cui a) erogazione di SIG; b) realizzazione di un'opera sulla base di un accordo di programma; c) autoproduzione; d) servizi di committenza. Sulle società in house si rinvia al commento del successivo art. 16.

Le clausole di salvezza.

I commi 6, 7 e 8, dell'art. 4 del TUSP consentono alle pubbliche amministrazioni di costituire alcuni tipi di società anche in deroga al principio della c.d. stretta necessarietà.

Il comma 6, in particolare, autorizza la costituzione di società o enti in attuazione dell'art. 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e dell'articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014.

Il Regolamento del Parlamento e del Consiglio n. 1303/2013/UE, reca disposizioni comuni e generali su una serie di fondi strutturali, che, all'art. 34, definisce il ruolo ed i compiti dei gruppi di azione locale, ai quali si affiancano, nel settore specifico del Fondo europeo per gli affari e marittimi e la pesca, quelli operanti ai sensi dell'art. 61 del regolamento n. 508/2014/UE.

I gruppi di azione locale (GAL) costituiscono i soggetti deputati a svolgere importanti funzioni nel sistema relativo alla gestione dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), spettando ad essi, ai sensi dell'art. 32 del Regolamento n. 1303/2013/UE del 17 dicembre 2013, la gestione dello strumento denominato «Sviluppo locale di tipo partecipativo» (SLTP). Lo stesso art. 32, par. 2, lett. b), del Regolamento n. 1303/2013/UE stabilisce che i gruppi di azione locale siano «composti da rappresentanti degli interessi socio-economici locali sia pubblici che privati, nei quali, a livello decisionale, né le autorità pubbliche, quali definite conformemente alle norme nazionali, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49% degli aventi diritto al voto». L'art. 34, par. 2, del medesimo Regolamento dispone, poi, che «[l]'autorità o le autorità di gestione responsabili provvedono affinché i gruppi di azione locale scelgano al loro interno un partner capofila per le questioni amministrative e finanziarie, oppure si riuniscano in una struttura comune legalmente costituita». Dunque, la definizione della forma giuridica dei GAL è lasciata alle autorità di gestione responsabili dei programmi che finanziano le strategie locali, pur nel rispetto di alcune indicazioni di fondo rinvenibili nel regolamento europeo. In particolare, è prevista la necessaria rappresentazione organica nel GAL, accanto agli interessi privati, degli interessi pubblici (tramite la partecipazione degli enti locali dell'ambito territoriale, delle camere di commercio, degli enti parco etc.). Il peso della presenza della componente pubblica è però significativamente attenuato dalla disposizione dell'art. 32, par. 2, lett. a), del Regolamento n. 1303/2013/UE, il quale stabilisce che nell'organo decisionale dei GAL né le autorità pubbliche, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49% degli aventi diritto al voto: dunque, la componente pubblica nell'organo decisionale sarà sempre minoritaria. Inoltre, l'art. 34, par. 3, lett. b), del Regolamento n. 1303/2013/UE prevede, per la selezione degli interventi che attuano la strategia, che «almeno il 50% dei voti espressi nelle decisioni di selezione provenga da partner che sono autorità non pubbliche». Dunque, laddove riuniti in una «struttura comune legalmente costituita», i GAL assumono la configurazione di soggetto collettivo di diritto privato a partecipazione pubblica necessaria e minoritaria (T.A.R.Umbria n. 44/2021).

Recentemente il Consiglio di Stato ha assimilato i GAL «alla pubblica amministrazione ove svolgano una pubblica funzione», precisando che questi organismi sono «fondazioni di partecipazione, costituite da molteplici soggetti che rappresentano sia le popolazioni rurali, attraverso la presenza degli enti pubblici territoriali (comuni, province e comunità montane), sia le organizzazioni degli operatori economici presenti nel territorio (Cons. St. I, parere n. 1080/2021).

Il comma 7 autorizza la partecipazione delle pubbliche amministrazioni in società che abbiano come oggetto sociale esclusivo «la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici», oppure «la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili».

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto che il regime speciale per le fiere introdotto dall'art. 4, comma 7 del TUSPP, debba essere interpretato in modo rigoroso «al fine di evitare che quella che rappresenta una speciale prerogativa concessa dal legislatore si estenda oltre lo scopo e gli obiettivi prefissati dalla norma, fino a comprendere al suo interno servizi diversi e offerti in concorrenza sul mercato». Sul punto, l'Autorità ha rilevato che i servizi di allestimento di stand, pur potendo riguardare anche l'organizzazione di fiere, non appaiono primariamente ascrivibili alle finalità istituzionali dettate dalla norma ed alla generale ratio del TUSPP e che in relazione agli stessi non si individuano motivi per una loro sottrazione dalle dinamiche di mercato (AGCM, parere n. AS1668 del 7 febbraio2020).

Anche il giudice contabile ha ritenuto «necessario che le società pubbliche abbiano come oggetto sociale «prevalente»: la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici; la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane; la produzione di energia da fonti rinnovabili» (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 163/2020; n. 106/2019).

Infine, l'art. 4 comma 8 istituisce un'ultima deroga facendo salva la possibilità per le amministrazioni di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari. In particolare, le Università costituiscono società a scopo didattico per promuovere ed utilizzare brevetti, invenzioni, know how o altre opere di ingegno, frutto della ricerca scientifica.

I poteri del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ai sensi dell'art. 4, comma 9, il Presidente del Consiglio dei ministri con proprio decreto, «su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità di cui al comma 1, anche al fine di agevolarne la quotazione ai sensi dell'articolo 18», può deliberare l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo in commento a singole società a partecipazione pubblica. Il decreto, poi, deve essere trasmesso alle Camere per darne comunicazione.

Con il parere n. 968/2016 il Consiglio di Stato ha espresso riserve in relazione a tale previsione, dubitando della compatibilità del potere amministrativo di esclusione attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri con il principio di legalità. In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto non chiara «la natura e il fondamento di tale potere», in quanto, «[p]ur non potendosi assegnare esplicitamente natura regolamentare, in mancanza di un'espressa indicazione in tal senso nella legge delega, e dunque anche ove lo si qualifichi come atto avente natura amministrativa di portata generale, in ogni caso è necessario che venga rispettato il principio di legalità sostanziale» e che «le precise condizioni per l'esercizio del potere siano poste nella norma primaria e cioè nel presente decreto delegato». In questa prospettiva, è stato precisato che «il criterio generale da seguire dovrebbe essere quello di fare salva esclusivamente la disciplina delle società per le quali si ritenga che le deroghe poste dallo stesso Testo unico alla disciplina privatistica non abbiano ragion d'essere»; che «[l]'esercizio del potere dovrebbe, pertanto, rendere sempre applicabile il regime ordinario civilistico e non certo altre regole speciali o derogatorie, che, comunque, non potrebbero essere introdotte con una fonte non legislativa»; che «andrebbe chiarito che l'esclusione dall'applicazione del Testo unico non può essere totale, come autorizza la norma in esame»; che deve essere comunque prevista l'applicazione almeno di alcuni principi generali, quali, ad esempio, quello relativo al «vincolo di scopo» posto dal primo comma proprio dell'art. 4 del Testo Unico. La completa esclusione dall'applicazione della disciplina del Testo Unico, infatti, potrebbe comportare la creazione di un modello societario che, libero dall'obbligo di perseguire le finalità istituzionali dell'amministrazione partecipante, non poteva essere consentito, alla luce delle prescrizioni contenute nella legge finanziaria del 2008, neanche prima della riforma in esame.

Il legislatore delegato, accogliendo le indicazioni del Giudice Amministrativo, ha disposto che, in ogni caso, l'attività deve comunque essere riconducibile al rispetto del vincolo di scopo di cui al comma 1. Ne consegue, che l'oggetto della disposizione in commento rimane, pertanto, solo quella attinente al vincolo di attività (Mataluni, 77). La deroga prevista nel comma 9, infatti, riguarda solamente il comma 2, tanto che tali società, in quanto partecipate, restano soggette alla disciplina del d.lgs. n. 175/2016.

La «previsione del comma 9» è stata inoltre interpretata dalla Corte dei Conti quale «norma di chiusura che consente di salvaguardare ipotesi singole di intervento pubblico mediante lo strumento societario in settori che coinvolgono rilevanti interessi della collettività, secondo un iter predefinito e con specifici provvedimenti motivati del Presidente del Consiglio dei ministri o dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome» (C. conti, sez. contr.Lazio, n. 27/2020).

Le ulteriori deroghe istituite dai commi 9-bis, 9-ter e 9-quater dell'art. 4 d.lgs. n. 175/2016

L'art. 4 è stato novellato dall'art. 1 della l. n. 119/2019 che ha introdotto i commi 9-bis, 9-ter e 9-quater.

In particolare, ai sensi dell'art. 4, comma 9- bis del TUSP le pubbliche amministrazioni, «Nel rispetto della disciplina europea», possono «acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, di cui all'art. 3-bis del d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 148/2011, anche fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, in deroga alle previsioni di cui al comma 2, lett. a), purché l'affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica. Per tali partecipazioni, trova piena applicazione l'art. 20, comma 2, lett. e). Resta fermo quanto previsto dall'art. 16».

In apertura del comma 9- bis, viene evocato il rispetto della disciplina europea, in particolare, il corpus dei principi contenuti negli artt. 101 e 107 e ss. del TFUE che ruotano intorno al principio cardine di libero mercato.

La norma, quindi, ammette le partecipazioni in società di distribuzione del gas e dell'energia elettrica ovvero esercenti il servizio idrico integrato, la gestione dei rifiuti solidi urbani o il trasporto pubblico locale in linea (Police, Lucattini, 186).

I servizi, cui fa riferimento il comma 9- bis dell'art. 4 del TUSP sono gestiti sulla base di ambiti o bacini territoriali ottimali definiti dalla legge regionale, come si desume dall'espresso richiamo all'art. 3-bis del d.l. n. 138/2011, poi convertito con modificazioni in l. n. 148/2011, il quale prevede che, per lo svolgimento di servizi pubblici locali di rilevanza economica, un modello organizzativo imperniato su tali ambiti o bacini entro cui gli enti di governo dell'ambito svolgono le loro funzioni di organizzazione di scelta delle forme di gestione di affidamento e controllo della gestione stessa, nonché di determinazione delle tariffe.

La disposizione in commento, comunque, non limita l'ambito di azione territoriale, consentendo in questo modo di acquisire e/o mantenere partecipazioni anche in società che operano «fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento» del socio pubblico (Police, Lucattini, 186).

Il comma 9- ter, stabilisce la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all'uno per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile, come definite dall'art. 111-bis del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. n. 385/2003, senza ulteriori oneri finanziari rispetto a quelli derivanti dalla partecipazione medesima.

Infine, il comma 9- quater dispone che le disposizioni dell'articolo in commento non si possono applicare alla costituzione né all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, comunque trattato, e dei prodotti lattiero-caseari.

Bibliografia

Ambrosio, Costituzione e statuti delle società pubbliche: tra autonomia privata e tutela dell'interesse pubblico, in Riv. not., 2020, 441 ss.; Cagnasso, Brevi note in tema di società immobiliare, in Catricalà, Fimmanò, Cantone (a cura di), Società pubbliche, Napoli, 2020, 1 ss.; Campofiloni, Interesse pubblico e causa societaria: la difficile riconciliazione tra finalità lucrative e provenienza pubblica delle risorse, in Catricalà, Fimmanò, Cantone (a cura di), Società pubbliche, Napoli, 2020, 1 ss.; Clarich, Le società a partecipazione pubblica dopo il Testo unico: il punto di vista del pubblicista, in Ibba (a cura di), Le società a partecipazione pubblica a tre anni dal testo unico, Milano, 2019, 27 ss.; De Girolamo, Finalità perseguibili dalle società pubbliche, in Garofoli, Zoppini (a cura di), Manuale delle società a partecipazione pubblica, Molfetta, 2018, 5 ss.; Mataluni, Finalità perseguibili dalle società pubbliche, in Meo, Nuzzo (a cura di), Il testo unico sulle società pubbliche, commento al d.lgs. 19agosto2016, n. 175, Bari, 2016; Police, Luccatini, Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche, in Morbidelli (a cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, 2018, 3 ss.; Police, Luccatini, Commento all'art. 4, in Morbidelli (a cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, 2018, 165 ss.; Sciascia, Limiti teleologici all'intervento pubblico in società di capitali, in Catricalà, Fimmanò, Cantone (a cura di), Società pubbliche, Napoli, 2020, 1 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario