Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 6 bis - (Conflitto di interessi) 1.(Conflitto di interessi) 1.
1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale. [1] Articolo inserito dall'articolo 1, comma 41, della Legge 6 novembre 2012, n. 190. InquadramentoL'art. 6-bis è stato introdotto nel corpus della legge sul procedimento amministrativo dalla legge n. 190 del 2012 (c.d. legge anticorruzione). La disposizione in esame cristallizza il divieto di conflitto di interessi quale principio immanente nell'ordinamento, finalizzato a prevenire, anche a livello potenziale, condotte di natura illegale e/o corruttiva. Tale norma, peraltro, deve essere necessariamente letta in combinato disposto con il d.P.R. n. 62/2013, recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, nella parte (all'art. 16, comma 2) in cui obbliga il dipendente ad astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. In generale, deve, dunque, ritenersi sussistente una situazione di conflitto tale da inficiare l'esito del procedimento, quando il funzionario è portatore di interessi personali estranei alla sfera dell'amministrazione nella quale opera (Cons. St. VI, n. 6918/2020). Le situazioni di potenziale conflitto sono in primo luogo quelle che, per loro natura, pur non costituendo allo stato una delle situazioni tipizzate, siano destinate ad evolvere in un conflitto tipizzato. Proprio poiché l'aggettivo “potenziale” rende ambigua la qualificazione della situazione di conflitto di interessi che impone l'obbligo di astensione dell'organo che deve svolgere una determinata attività all'interno dell'ufficio pubblico, possono configurarsi ipotesi di potenziale conflitto di interessi, con conseguente obbligo di astensione, solo quando ragionevolmente l'organo amministrativo chiamato a svolgere una determinata attività si trovi in una posizione personale e/o abbia relazioni con terzi che possono, anche astrattamente, inquinare l'imparzialità dell'azione amministrativa, con riferimento alla potenzialità del verificarsi di una situazione tipizzata di conflitto (Cons. St. III, n. 4828/2018; T.A.R. Sardegna, II, n. 479/2020). Va tuttavia evidenziato che la disposizione in commento, pur con la meritoria finalità di prevenzione di fenomeni di illegalità, non precisa il regime di responsabilità del pubblico dipendente discendente dalla sua violazione. Al riguardo, può condividersi l'opinione di Sabino Cassese per cui la violazione della disposizione in esame rientra nell'alveo dei vizi che determinano l'annullabilità, per violazione di legge, del provvedimento finale e degli atti endoprocedimentali medio tempore adottati. Questioni applicative.1) Le conseguenze della violazione dell'obbligo. L'art. 6-bis della l. n. 241/1990, introdotto dall'art. 1, comma 41, della l. 6 novembre 2012, n. 190, e l'art. 7 del codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, prevedono l'inderogabile obbligo di astensione del dipendente pubblico dall'assumere decisioni che possono coinvolgere interessi propri, ovvero dei suoi parenti e affini entro il secondo grado e di segnalare detta situazione al responsabile anticorruzione. Non assume alcun rilievo la circostanza che nel corso del procedimento il soggetto che si trova in situazione di conflitto proceda o meno in modo imparziale, né che il contenuto dell'atto sia o meno vincolato, perché l'obbligo di astensione è diretto ad evitare anche solo il sospetto che chi adotta la decisione agisca per la soddisfazione degli interessi personali di cui è portatore. La conseguenza della violazione dell'obbligo è la illegittimità degli atti adottati in presenza di conflitto d'interessi, la illiceità della condotta sottesa all'adozione di tali atti e la sussistenza della responsabilità disciplinare (Cons. St. II, n. 1654/2020) del dipendente, sanzionabile attraverso il relativo procedimento. Tuttavia, la sola azione svolta in conflitto di interesse non è idonea ad integrare la responsabilità amministrativa del soggetto agente, risultando necessario, a tale fine, che la condotta illecita dell'agente cagioni un pregiudizio economico (o all'immagine) posto che l'interferenza tra l'interesse istituzionale sotteso all'esercizio delle funzioni pubbliche e gli interessi privati del dipendente non genera automaticamente un danno erariale, ma solo un rischio di danno (Corte Conti, Puglia, n. 120/2021). Casistica.In tema di operazioni elettorali per il rinnovo degli organi degli ordini professionali, allo scrutatore che compone il seggio elettorale non si applica il disposto dell'art. 6-bis della l. n. 241 del 1990, che pone l'obbligo di astensione e di segnalazione di ogni caso di conflitto di interessi, anche solo potenziale, sia perché nulla dispone la legge a riguardo sia perché lo stesso svolge una funzione obbligatoria che non presenta alcun profilo di discrezionalità in ordine all'attività che è tenuto a compiere ed agli adempimenti conseguenti per cui si deve attenere a criteri normativamente preordinati (Nell'affermare il principio, la S.C. ha escluso la sussistenza di vizi nel procedimento elettorale e nell'elezione degli organi di un ordine professionale dei medici, ove uno degli scrutatori, figlio di un candidato poi eletto, non aveva reso noto tale legame di parentela e non si era astenuto) (Cass. I, n. 2993/2020). BibliografiaCaringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2021; Chieppa, Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2021; Frego Luppi, L'obbligo di astensione nella disciplina del procedimento dopo la legge n. 190 del 2012̧ in Dir. amm., 2013, 671 ss.; Garofoli, Ferrari, Manuale superiore di diritto amministrativo, Roma, 2021. |