Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 22 - Definizioni e principi in materia di accesso 1 2 (A)

Luca Biffaro

Definizioni e principi in materia di accesso1 2(A)

 

1. Ai fini del presente capo si intende:

a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;

b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;

c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;

d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;

e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.

2. L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza 3.

3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 , in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.

5. L'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell' articolo 43 , comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale.

6. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere.

 

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(A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare Inps 08 gennaio 2013, n. 4.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 15, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza indicata dall'articolo 23 della legge 15/2005 medesima. Vedi anche il D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.

[2] Per la sospensione delle attività di cui al presente articolo, vedi l'articolo 67, comma 3, del del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.

Inquadramento

Il Capo V della l. n. 241/1990 detta il regime giuridico dell'istituto dell'accesso ai documenti amministrativi, al quale il legislatore ha attribuito il rango di principio generale dell'attività amministrativa. Si tratta, invero, di un istituto che mira a garantire l'effettiva partecipazione dei privati incisi dall'esercizio dei pubblici poteri al procedimento amministrativo, aggiungendosi alle altre facoltà partecipative riconosciute dall'ordinamento giuridico, quali il diritto di presentare memorie e osservazioni e il diritto di essere sentiti. In particolare, l'art. 22 della l. n. 241/1990 contiene le definizioni in materia di accesso, fondamentali nel tracciare l'ambito oggettivo, soggettivo e temporale di applicazione della disciplina normativa.

Con l'avvento della legge generale sul procedimento amministrativo e l'affermarsi della concezione normativa di interesse legittimo, tanto in dottrina (Nigro, 1987, 469 ss.; Caringella, 12 ss.) quanto in giurisprudenza (Cons. St., Ad. plen., n. 3/2011), la partecipazione procedimentale dei soggetti incisi dall'esercizio dei pubblici poteri ha assunto un ruolo centrale per la legittimità dell'azione amministrativa. Il diritto di accesso, infatti, consente di tutelare pienamente, già in sede procedimentale, le posizioni giuridiche soggettive dei soggetti destinatari del provvedimento finale, tenuto anche conto che dal modello procedimentale di tipo adversary, ci si è sempre più avvicinati al modello dell'interest representation (Nigro, 1980, 225 ss., Rabin, 7, Arena, 29 ss.) con conseguentemente affievolimento dell'esercizio autoritativo del potere (De Lise, 4 ss.) e approdo verso forme non solo maggiormente partecipate, ma addirittura consensuali (si pensi, per citare unicamente la norma di carattere generale, all'articolo 11 della l. n. 241/1990, che disciplina gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento). Ciò ha determinato, inoltre, una forte attenuazione del principio di segretezza e un ridimensionamento del segreto d'ufficio, che opera solo laddove la legge ritenga che sia necessario tutelare particolari categorie di interessi (si pensi, ad esempio, alle previsioni in materia di accesso documentale dettate dall'art. 24 della l. n. 241/1990).

Dalla impostazione dogmatica brevemente delineata emerge il forte legame intercorrente tra l'istituto del diritto di accesso documentale e i principi di imparzialità, buon andamento, partecipazione democratica, eguaglianza e trasparenza dell'azione amministrativa, che trovano nel processualprocedimento (Marenghi, 15 ss.) la sede elettiva per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nel rapporto amministrativo che si instaura in seguito all'esercizio del potere. L'esercizio delle facoltà procedimentali, tra cui figura anche il diritto di accesso, consente ai privati (individui, enti esponenziali e imprese), uti singuli, di partecipare al farsi dell'azione amministrativa con la conseguenza che essi sono messi in condizione, da un lato, di apportare elementi istruttori utili all'amministrazione ai fini della valutazione degli interessi in conflitto e, dall'altro, di tutelare già in sede procedimentale le proprie situazioni giuridiche soggettive che si fronteggiano al potere pubblico per conseguire (interesse legittimo pretensivo) o conservare (interesse legittimo oppositivo) il bene della vita, la cui soddisfazione può aversi solo mediatamente in ragione della sua indissolubile correlazione con la legittimità dell'azione amministrativa.

Fondamento, natura e legittimazione dell'accesso documentale.

L'art. 22, comma 1, lett. a), della l. n. 241/1990 definisce il diritto di accesso come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, intendendo per interessati tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso.

Da tali definizioni emerge chiaramente, come evidenziato in precedenza, che il diritto di accesso è collegato alla partecipazione procedimentale ed è strumentale alla tutela di una situazione giuridica soggettiva, la cui soddisfazione è correlata al legittimo esercizio del potere amministrativo. Da ciò discendono rilevanti conseguenze in punto di legittimazione attiva che distinguono nettamente il diritto di accesso c.d. documentale dalle più recenti tipologie di accesso civico, nonché dall'istituto dell'accesso in settore specifici, come ad esempio quello dei cittadini e dei consiglieri comunali e provinciali rispetto alle informazioni amministrative detenute dalle amministrazioni locali. Infatti, mentre l'accesso documentale è a legittimazione ristretta – in quanto è necessario, ai fini dell'accoglimento della pretesa ostensiva, che l'istante dimostri di possedere un interesse diretto, concreto e attuale alla disclosure , corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti amministrativi richiesti (art. 22, comma 1, lett. b) – le altre tipologie di accesso invece si caratterizzano per una legittimazione ampia, disancorata sia dalla necessaria titolarità di una situazione giuridica soggettiva correlata con l'esercizio del potere amministrativo, sia dal diretto coinvolgimento della sfera giuridica del richiedente rispetto all'esercizio del potere.

L'analisi della peculiare legittimazione attiva che caratterizza l'istituto dell'accesso documentale rispetto a quella che connota le altre tipologie di accesso e, in particolare, le ultime generazioni di accesso civico, si rende ad oggi necessaria per comprendere l'evoluzione dei principi di partecipazione, pubblicità e trasparenza che, a partire dall'entrata in vigore della legge generale sul procedimento amministrativo, informano l'agire delle pubbliche amministrazioni. Infatti, al momento dell'entrata in vigore della l. n. 241/1990 – quindi con l'introduzione della disciplina dell'accesso documentale – la trasparenza dell'agire della pubblica amministrazione era limitata alla sola tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei soggetti interessati dall'esercizio dei pubblici poteri, cioè era principalmente endoprocedimentale; invero lo stesso accesso difensivo, che costituisce unica parentesi esoprocedimentale dell'accesso documentale (ancorché sempre relazionato con l'esigenza di tutelare una posizione giuridica soggettiva) ed è attualmente disciplinato dall'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, non era contemplato dalla disciplina originaria, in quanto la sua introduzione è stata il frutto delle modifiche apportate dalla l. n. 15/2005 (segnatamente dall'art. 16 di tale legge) alla legge generale sul procedimento.

In base all'impianto originario, il diritto di accesso di tipo documentale era considerato strumento per assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa nell'ottica della imparzialità dell'azione dell'apparato pubblico, con la conseguenza che il principio partecipativo era sì valorizzato, ma con quasi esclusivo riferimento al piano procedimentale; invero, la dottrina ha evidenziato che l'accesso può essere esercitato anche con riferimento agli atti di un procedimento già concluso – c.d. accesso esoprocedimentale – (Casetta, 425), non dovendosi necessariamente ravvisare un legame fra il documento oggetto dell'accesso e uno specifico procedimento amministrativo (Caringella, Garofoli, Semprevita, 147 ss.). Tale impostazione è stata poi confermata con la novella del 2005, come si evince dalle modifiche apportate all'art. 24, che al comma 3 stabiliva (e tuttora stabilisce) che «[N]on sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni».

È solo a partire dal d.lgs. n. 33/2013 e, in particolare, con le modifiche ad esso apportate dal d.lgs. n. 97/2016, che il principio di trasparenza trova una definitiva affermazione e da mero criterio rettore dell'azione amministrativa (neanche esplicitamente enucleato dall'art. 1 della l. n. 241/1990 che, nella sua originaria formulazione, menzionava unicamente la pubblicità accanto ai criteri di economicità ed efficacia), diviene principio generale dell'ordinamento giuridico. Ciò comporta anche rilevanti conseguenze sugli strumenti di attuazione del principio di trasparenza, tra i quali rientra anche l'istituto dell'accesso. In particolare, l'accesso da meramente documentale diviene diritto civico, consentendo ai consociati di operare un controllo diffuso e generalizzato sull'azione, organizzazione e utilizzo delle risorse da parte degli enti pubblici. La mutazione genetica del principio di trasparenza (Patroni Griffi, 3) si apprezza anche con riguardo all'apertura ordinamentale verso ambiti del tutto preclusi in passato. In proposito, la giurisprudenza amministrativa (ex multis, Cons. St. V, n. 4043/2017; Cons. St. IV, n. 4644/2015; Cons. St. V, n. 4028/2014) ha affermato che «[l']articolo 22, comma 1, della l. 21 del 1990 pur prevedendo il diritto di accesso agli atti della P.A. a chiunque vi abbia interesse, non ha introdotto un'azione popolare volta a consentire un controllo generalizzato sull'attività amministrativa: tant'è che ha contestualmente definito quell'interesse come finalizzato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti».

Si passa così, da una partecipazione che si svolge su un piano meramente procedimentale, in quanto ancorata alla titolarità di una posizione giuridica soggettiva meritevole di tutela e direttamente incisa dall'esercizio del potere nell'ambito di uno specifico procedimento amministrativo, ad una partecipazione più ampia dei consociati alle decisioni dell'apparato pubblico: di conseguenza, il diritto di accesso civico diventa strumento di attuazione dei principi costituzionali di partecipazione democratica e uguaglianza sostanziale di cui agli artt. 1 e 3, comma 2, della Costituzione.

Il ruolo centrale attualmente assunto nell'ordinamento dall'istituto dell'accesso civico, con particolare riferimento all'accesso civico generalizzato di cui all'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, non ha fatto venir meno l'importanza dell'accesso documentale. Non va dimenticato che esso, nonostante la più ristretta portata e alcuni limiti importanti limiti di operatività in tema di riservatezza e segretezza di taluni atti, è stato elevato dal legislatore, con le modifiche apportate alla l. n. 241/1990 con la novella del 2005, a principio generale dell'azione amministrativa (art. 22, comma 2).

Tale scelta legislativa ha anche ricevuto l'avallo della giurisprudenza amministrativa. Infatti, il giudice amministrativo ha riconosciuto all'accesso documentale il ruolo di fondamentale strumento di tutela dei soggetti destinatari dell'azione amministrativa, dato che il suo esercizio «più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, ormai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risulta caratterizzato per il fatto di offrire al titolare dell'interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi)» (Cons. St., Ad. plen., n. 6/2006). È stato inoltre evidenziato che tale istituto funge da trait d'union tra le «esigenze di celerità ed efficienza dell'azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell'amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi» (Cons. St. V, n. 3309/2010).

Proprio con riguardo alla natura dell'accesso documentale, giova ricordare che a lungo si è discusso sulla sua qualificazione in termini di interesse legittimo o diritto soggettivo.

In giurisprudenza è stata avallata tanto la tesi del diritto soggettivo (Cons. St. IV, n. 1768/2014), in ragione del fatto che l'amministrazione si limita a svolgere una delibazione di carattere meramente tecnico-giuridico in ordine alla sussistenza della situazione legittimante che assume i tratti di un giudizio di accertamento privo di margini di discrezionalità, quanto la tesi dell'interesse legittimo (Cons. St., Ad. plen., n. 16/1999), sulla scorta della considerazione che la situazione giuridica soggettiva del soggetto istante è suscettibile di essere soddisfatta solo correlativamente all'interesse pubblico, come dimostra anche il carattere impugnatorio del relativo giudizio, rientrante nell'alveo della giurisdizione generale di legittimità. Ancorché l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato avesse optato per la natura di interesse legittimo e non fosse stata espressamente smentita da successive pronunce (Cons. St., Ad. plen., n. 6/2006 e Cons. St., Ad. plen., n. 7/2006), nelle quali si era limitata ad affermare il carattere strumentale di tale istituto alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, la natura di diritto soggettivo dell'accesso c.d. documentale è stata a più riprese affermata dalla giurisprudenza amministrativa più recente. Innanzitutto, il Consiglio di Stato, in sede consultiva (Cons. St., Sezione consultiva, parere n. 3586/2005) ha espressamente affermato il carattere di diritto soggettivo dell'istituto; in tal senso poi si è a più riprese pronunciato il giudice amministrativo (T.A.R. Sicilia (Palermo) I, n. 828/2015; T.A.R. Toscana I, n. 442/2013).

La natura di diritto soggettivo ha trovato conferma anche nel Codice del processo amministrativo, nell'ambito del quale il legislatore ha qualificato la giurisdizione in materia di accesso in termini di giurisdizione esclusiva (art. 133, comma 1, lett. a), n. 6, del d.lgs. n. 104/2010).

In dottrina (Caringella, 961 ss.) è stato evidenziato che, a prescindere dalla esatta qualificazione del diritto di accesso di tipo documentale, esso «costituisce un bene della vita autonomo, che il legislatore intende tutelare tramite il riconoscimento dei presupposti soggettivi di legittimazione attiva a coloro che sono titolari di una preesistente posizione soggettiva differenziata».

Invero, come già anticipato in precedenza, il diritto di accesso non risulta meramente strumentale alla tutela giurisdizionale della situazione soggettiva legittimante, in quanto «la nozione di interesse giuridicamente rilevante, che fonda il diritto di accesso, è più ampia rispetto a quella di in interesse all'impugnazione» (Cons. St. V, n. 1370/2015; Cons. St. IV, n. 1339/2014).

Per quel che concerne, invece, la legittimazione attiva richiesta per l'esercizio dell'accesso documentale, la giurisprudenza amministrativa ha rilevato che il necessario collegamento con una situazione giuridicamente tutelata del soggetto richiedente (art. 22, comma 1, lett. b) che risulti altresì correlata con il documento oggetto della pretesa ostensiva, va interpretato nel senso che esso si riferisce alla «sussumibilità della pretesa concreta in una fattispecie normativa, secondo una valutazione prognostica e secondo un rapporto di chiara percepibilità» (Cons. St. VI, n. 5625/2009). Da questo punto di vista, giova osservare che tale istituto presenta la propria autonomia rispetto agli strumenti di tutela giurisdizionale (Cons. St. VI, n. 714/2015), ragione per cui la nozione di situazione giuridicamente rilevante è diversa e più ampia rispetto all'interesse all'impugnativa di un provvedimento lesivo, non presupponendo necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. Pertanto, «[L]a legittimazione all'accesso, conseguentemente, va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto d'accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante alla impugnativa dell''atto» (Cons. St. VI, n. 6440/2006). Pertanto, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di accesso, l'amministrazione non può svolgere alcuna valutazione in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proposta o che si intende proporre, la quale spetta unicamente al giudice amministrativo (T.A.R. Marche, Ancona I, n. 200/2015).

Così, ad esempio, la situazione giuridica legittimante può consistere non solo in un diritto soggettivo o un interesse legittimo, ma anche in una situazione meno significativa, quale quella di aspettativa di diritto (Cons. St. V, n. 2109/1999), sempre che essa consenta al relativo titolare di partecipare al procedimento o di invocare la tutela giurisdizionale (Cons. St. VI, n. 737/2009). Il diritto di accesso, invece, è sempre riconosciuto quando venga in rilievo un diritto di rango costituzionale (ex multis, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna II, n. 489/2006). A titolo meramente esemplificativo, la legittimazione all'accesso documentale non è stata riconosciuta: i) all'occupante senza titolo di un alloggio di edilizia pubblica residenziale, con riguardo alla richiesta disclosure di documenti inerenti all'immobile occupato (T.A.R. Lazio, Roma III, n. 2031/2006); ii) ai vicini di casa che intendevano ottenere copia dei provvedimenti abilitativi edilizi e dei relativi progetti, al fine di verificare il rispetto delle norme di buon vicinato e delle distanze di legge (T.A.R. Lombardia, Milano II, n. 204/2006); iii) all'associazione che intenda esercitare il diritto di accesso per tutelare interessi che i singoli associati potrebbero far valere autonomamente (T.A.R. Calabria, Catanzaro II, n. 1165/2005).

Alla luce del fatto che l'accesso documentale non è preordinato a consentire un controllo diffuso e generalizzato sull'operato dell'amministrazione, la giurisprudenza amministrativa è granitica nel non ritenere ammissibili istanze di accesso di portata generale (Cons. St. IV, n. 2750/2016) ovvero formulate in modo tale da non consentire all'amministrazione di ricondurre l'esigenza di disclosure a periodi e vicende esattamente circoscritti (Cons. St. VI, n. 2314/2007).

Per quanto riguarda i caratteri di cui deve necessariamente essere connotato l'interesse ostensivo ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di accesso documentale, in dottrina (Bohyny, 731 ss.) è stato affermato che il requisito dell'attualità non sussiste quando l'apprensione del dato conoscitivo contenuto nel documento non consente più l'attivazione di alcuna iniziativa di tutela né sul piano latamente amministrativo, né su quello giurisdizionale, non essendo peraltro configurabili azioni giudiziarie per temuto pericolo.

Vale in ogni caso evidenziare che una parte della giurisprudenza ha ammesso il diritto di accesso documentale anche ai fini della salvaguardia di interessi correlati all'esigenza di tutelare posizioni giuridiche da pregiudizi meramente potenziali (T.A.R. Campania, Napoli V, n. 1136/2008; T.A.R. Piemonte II, n. 1126/2006).

Per quel che riguarda il requisito della concretezza dell'interesse, lo stesso viene integrato ogniqualvolta l'istante abbia effettivamente fornito la dimostrazione della specifica utilità ritraibile dalla disclosure (T.A.R. Calabria, Catanzaro I, n. 1010/2005).

Con riferimento al tipo di legame che deve intercorrere tra il documento di cui si chiede l'accesso e l'interesse ostensivo, anche se il requisito dell'efficacia diretta è stato interpretato in maniera abbastanza ampia, esso è stato comunque escluso nelle ipotesi nelle quali tale legame risulti eccessivamente sfumato e indiretto: si pensi al caso in cui un lavoratore licenziato in seguito alla revoca dell'autorizzazione all'esercizio di una determinata attività economica disposta nei confronti dell'impresa datrice di lavoro, abbia chiesto l'accesso alla documentazione con cui era stato licenziato un altro collega e non, invece, ai documenti inerenti alla revoca dell'autorizzazione (T.A.R. Lazio, Latina, n. 338/2005).

In proposito la dottrina (Simonati, 1226) ha osservato che l'interesse ostensivo possiede una efficacia diretta rispetto al documento per il quale è stata formulata la richiesta di accesso ogniqualvolta la situazione giuridica soggettiva sottostante rientri nella sfera giuridica del soggetto istante ovvero quando esso, pur correlato con altri interessi anche di natura pubblicistica, sia comunque imputabile al soggetto che ha formulato l'istanza di accesso. Il legislatore della riforma del 2005, quindi, nel prevedere il carattere diretto dell'interesse ha, di fatto, confermato l'orientamento giurisprudenziale che richiedeva l'analogo requisito della personalità (Cons. St. IV, n. 6435/2002).

Proprio in ragione del carattere diretto o personale dell'interesse che legittima l'accesso documentale, l'istanza viene ritenuta inammissibile quando venga sottoscritta unicamente dal difensore della parte sostanziale, senza che quest'ultimo apponga a sua volta la sua firma (T.A.R. Lazio, Roma III-ter, n. 1967/2009), salvo che il legale non sia munito di un mandato speciale (Cons. St. V, n. 5116/2006). La sussistenza di un interesse diretto è stata riconosciuta anche agli enti associativi (Cons. St. IV, n. 4644/2015) e alle associazioni sindacali (Cons. St. VI, n. 5511/2013). Anche gli enti esponenziali sono legittimati ad esercitare il diritto di accesso, subordinatamente alla verifica della pertinenza dell'interesse ostensivo dell'ente alla luce dei fini statutari (T.A.R. Lazio, Roma III, n. 5953/2007; T.A.R. Lazio, Roma II, n. 212/2006). Per tali enti si ripropone lo stesso limite operante per gli enti associativi, nel senso che l'accesso non è ammissibile quando sia correlato a interessi che i singoli soggetti rappresentati possono far valere individualmente (Cons. St., Ad. plen., n. 7/2012).

Vale, infine, rilevare che la giurisprudenza amministrativa ha escluso, sin dall'introduzione dell'istituto dell'accesso documentale, che esso si configuri come un'azione popolare (ex multis, Cons. St. IV, n. 4644/2015).

L'ambito oggettivo di applicazione dell'accesso documentale.

L'oggetto del diritto di accesso è costituito dal documento amministrativo. Esso, in particolare, è definito in maniera molto ampia dall'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990, giungendo a comprendere qualunque rappresentazione del contenuto di atti detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse.

Mentre in passato la giurisprudenza amministrativa aveva mostrato una certa apertura verso una interpretazione lata del concetto di documento, ricomprendendovi l'attività amministrativa nel suo complesso (ex multis, Cons. St. VI, n796/1998), ovvero le informazioni amministrative contenute nei documenti (Cons. St. V, n. 207/2000), si è poi consolidato un orientamento che individua nei documenti amministrativi l'oggetto materiale del diritto di accesso disciplinato dalla l. n. 241/1990. Depone in tal senso sia il fatto che l'accesso documentale, a differenza dell'accesso civico generalizzato di cui all'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, non è preordinato a un controllo diffuso e generalizzato sull'attività delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, della l. n. 241/1990), con la conseguenza che non risulta suscettibile di disclosure l'informazione amministrativa in quanto tale, a prescindere dal fatto che essa sia elaborata e trasfusa in uno specifico documento materialmente detenuto dall'amministrazione (Cons. St. V, n. 3190/2011), sia la circostanza per cui l'art. 22, comma 4, della l. n. 241/1990 espressamente esclude l'accessibilità delle informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano la forma del documento amministrativo (ferma restando la disciplina dettata in materia di protezione dei dati personali).

La non accessibilità dell'informazione amministrativa detenuta dalle pubbliche amministrazioni a prescindere dalla sua elaborazione e confluenza in uno specifico documento amministrativo, segna una profonda differenza tra accesso di tipo documentale e accesso civico generalizzato, la cui ragione di fondo va rinvenuta nel diverso fondamento e nelle diverse finalità perseguite dai due istituti. Ad oggi, le ragioni che avevano spinto il legislatore a non consentire l'accessibilità dell'informazione amministrativa tout court considerata, con il fine di evitare un controllo generalizzato dei consociati sull'operato dell'apparato pubblico e non renderne eccessivamente onerosa l'azione, gravando le pubbliche amministrazioni di rilevanti oneri di elaborazione e ricerca dell'informazione di cui si chiede la disclosure, appaiono alquanto anacronistiche nell'ottica del diritto civico di accesso che, peraltro, è stato introdotto nell'ordinamento senza prevedere oneri ulteriori per la finanza pubblica, come si evince dalla clausola di invarianza finanziaria contenuta nell'art. 51 del d.lgs. n. 33/2013.

Giova, tuttavia, evidenziare che, nel rispetto del principio del buon andamento e sulla scorta di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, del d.P.R. n. 184/2006, le pubbliche amministrazioni devono farsi parte attiva e collaborare con il privato per aiutarlo a individuare i documenti idonei a soddisfare l'interesse ostensivo manifestato (Cons. St. VI, n. 4505/2006; Cons. St. IV, n. 548/1998). Pertanto, non solo deve essere consentito l'accesso al documento espressamente richiamato nell'istanza di disclosure, bensì anche a quelli connessi (T.A.R. Toscana II, n. 4679/2005), ancorché non espressamente menzionati dal richiedente (Cons. St. V, n. 188/2005). Continua ad essere esclusa, per converso, l'accessibilità di altra documentazione non puntualmente indicata nell'istanza di accesso ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 184/2006, a conferma di un orientamento giurisprudenziale che si era già da tempo consolidato (ex multis, Cons. St. VI, n. 231/2002). Parimenti, con l'esercizio del diritto di accesso di tipo documentale non possono ottenersi chiarimenti sull'operato dell'amministrazione (Cons. St. VI, n. 2938/2003), né formularsi istanze meramente esplorative (T.A.R. Campania, Napoli II, n. 2826/2008).

In dottrina (Caringella, 961 ss.) è stato notato che in base alla definizione contenuta nell'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990, un documento si configura come accessibile al ricorrere dei requisiti previsti dalla norma, a prescindere dalla natura pubblicistica o privatistica della disciplina sostanziale ad esso applicabile.

Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza (Cons. St., Ad. plen., nn. 4/1999 e 5/1999), per tutti gli atti della pubblica amministrazione sussistono esigenze di trasparenza correlate all'attuazione dei principi costituzionali di cui all'art. 97 della Costituzione. Pertanto, anche gli atti di diritto privato posti in essere dall'amministrazione per la cura dell'interesse pubblico sono assoggettati al regime dell'accesso documentale dettato dalla l. n. 241/1990.

Più di recente il giudice amministrativo (Cons. St., Ad. plen., nn. 13/2016, 14/2016 e 16/2016) ha affrontato la questione dell'accessibilità degli atti di un organismo di diritto pubblico (nella specie Poste italiane S.p.a.). Anche in questo caso si è fatto ricorso al parametro della direzione finalistica degli atti alla cura dell'interesse pubblico, con conseguente esclusione del diritto di accesso per i documenti afferenti unicamente alla sfera privatistica del rapporto di impiego.

Inoltre, costituiscono documenti amministrativi accessibili anche quelli formati dai privati e detenuti dalla pubblica amministrazione per ragioni connesse allo svolgimento della sua attività istituzionale (Cons. St. V, n. 431/2003). Nulla quaestio per l'accessibilità dei documenti formati da una pubblica amministrazione diversa da quella che materialmente detiene il documento (T.A.R. Lombardia, Milano IV, n. 1756/2009). Inoltre, la mancanza di una effettiva detenzione materiale del documento non può essere opposta al privato come valida causa di rigetto dell'istanza di accesso, ove l'amministrazione sia competente a detenere stabilmente il documento di cui si chiede l'ostensione (Cons. St. IV, n. 2379/2014).

In proposito, va ricordato che l'art. 22, comma 6, della l. n. 241/1990 dispone che «[I]l diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere». Tale previsione normativa è stata interpretata in senso ampio dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St. VI, n. 3743/2015), che ha chiarito che la pubblica amministrazione deve anche farsi carico dell'onere di porre in essere qualsiasi azione idonea a reperire il documento di cui si chiede l'accesso ove esso non sia materialmente in suo possesso.

La giurisprudenza amministrativa ha anche chiarito che «il diritto di accesso ha ad oggetto documenti formati e quindi venuti ad esistenza che si trovino nella certa disponibilità dell'Amministrazione (la quale ha comunque l'onere di indicare, sotto la propria responsabilità, gli atti che non è in grado di esibire, con obbligo di specificare le concrete ragioni di tale impossibilità), non potendo l'esercizio di tale diritto o l'ordine di esibizione impartito dal giudice, alla luce del principio generale per cui ‘ad impossibilia nemo tenetur' e per evidenti ragioni di buon senso, riguardare documenti non più esistenti o mai formati (in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 892; VI, 8 gennaio 2002, n. 67); laddove infatti l'esistenza del documento sia incerta o solo eventuale o ancora di là da venire l'azione di accesso agli atti non può essere ritenuta ammissibile» (Cons. St. V, n. 6713/2021; T.A.R. Lazio, Roma III, n. 8968/2023).

Per quanto riguarda il profilo temporale del diritto di accesso di tipo documentale, il su richiamato disposto dell'art. 22, comma 6, della l. n. 241/1990 è stato interpretato dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che le pubbliche amministrazioni non sono tenute a conservare sine die i documenti amministrativi detenuti per lo svolgimento delle proprie finalità istituzionali (Cons. Giust. Amm. Sic., Sezione giurisdizionale, n. 832/2012). Tuttavia, una parte della giurisprudenza (T.A.R. Calabria, Catanzaro II, n. 659/2008) ha chiarito che l'eccezione temporale non può essere opposta ai privati per motivare il rigetto delle loro istanze di accesso se l'amministrazione non ha indicato con precisione il termine obbligatorio di detenzione, ovvero se esso non possa desumersi da una norma di legge o di regolamento.

Dalla casistica giurisprudenziale è possibile, poi, rinvenire tutta una serie di atti per i quali l'accessibilità è stata esclusa. Così, ad esempio, non risultano accessibili le schede e tabelle di scrutinio elettorale (Cons. St. V, n. 3593/2006), in quanto atti meramente detenuti dall'amministrazione, non risultano parimenti accessibili i ricorsi presentati in sede giudiziaria (T.A.R. Piemonte II, n. 1748/2015), nonché le deduzioni e le memorie prodotte nel corso del processo (T.A.R. Lazio, Roma III, n. 6844/2006), trattandosi di atti afferenti all'esercizio del diritto di difesa e coperti da legal privilege.

Dalla lettura a contrario delle cause di esclusione del diritto di accesso individuate dall'art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990, può farsi discendere l'accessibilità degli atti preparatori di provvedimenti (Caringella, 974).

Anche gli atti interni, ossia quelli che producono i loro effetti solamente all'interno dell'amministrazione (si pensi, ad esempio, ai pareri e ai nulla osta), sono considerati accessibili e ciò tanto nel caso in cui essi si inseriscano nell'iter procedimentale andando ad incidere sulla legittimità del provvedimento – nel qual caso è chiaro l'interesse del privato all'ostensione di tali documenti al fine di valutare la correttezza dell'attività amministrativa – quanto a prescindere dal fatto che l'amministrazione ne abbia tenuto conto nello svolgimento della sua attività a rilevanza esterna (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma I, n. 84/2015).

Infine, vale osservare che la risalente questione relativa alle modalità di esercizio del diritto di accesso di tipo documentale, appare ormai superata grazie alle modifiche normative che hanno interessato la l. n. 241/1990 in seguito alla novella del 2005. In particolare, in passato si discuteva se il diritto di accesso comportasse unicamente la facoltà di prendere visione del documento o se, invece, esso si sostanziasse anche nel diritto di estrarne copia.

L'opzione in favore dell'una o dell'altra modalità di accesso non era priva di conseguenze concrete. Secondo una parte della giurisprudenza, infatti, la mera presa in visione del documento era ritenuta più garantista per gli interessi degli eventuali controinteressati, andando a costituire una soluzione di compromesso tra l'aspirazione conoscitiva dell'istante e la tutela della riservatezza degli altri soggetti coinvolti dalla vicenda ostensiva (ex multis, Cons. St. VI, n. 65/1999). Altra parte della giurisprudenza, invece, riteneva che tale soluzione non fosse comunque adeguata in quanto, una volta consentito l'accesso, le informazioni apprese con l'ostensione dei documenti avrebbero potuto essere divulgate all'esterno (Cons. St. IV, n. 1627/1999).

La questione è venuta definitivamente meno con la modifica dell'art. 22 della l. n. 241/1990, che al comma 1, lett. a), espressamente prevede che il diritto di accesso si sostanzia tanto nel prendere visione, quanto nell'estrarre copia dei documenti amministrativi richiesti.

Il dettato normativo è stato pienamente confermato dalle pronunce rese dalla giurisprudenza amministrativa successivamente all'anno 2005; in particolare, è stato affermato che l'utilizzo della congiunzione non lascia alcun dubbio in ordine al fatto che la visione dei documenti e l'estrazione di copia degli stessi costituiscono modalità di esercizio del diritto di accesso che vanno attuate congiuntamente (T.A.R Puglia, Bari I, n. 337/2007; T.A.R. Lazio, Roma III, n. 2212/2006).

Sussiste, invece, per espressa previsione di legge (art. 42, comma 8, l. n. 124/2007), il diritto di accedere nella sola modalità della presa in visione in relazione ai documenti classificati non coperti da segreto di Stato. Se è vero che tali documenti rientrano nei casi di segreto o di divieto di divulgazione per i quali l'accesso è, in via generale, escluso (art. 24, comma 1, l. n. 241/1990), laddove l'autorità giudiziaria ne ordini l'esibizione, l'accesso è consentito solo mediante presa in visione senza estrazione di copia (Cons. St. IV, n. 8106/2019; T.A.R. Lazio, Roma III, n. 14525/2023).

La posizione dei controinteressati

L'articolo 22, comma 1, lett. c), della l. n. 241/1990 contiene anche la definizione di controinteressati, ossia dei soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che vedrebbero compromesso dall'esercizio dell'accesso il loro diritto alla riservatezza.

Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che «si debbono ritenere controinteressati non tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano nominati o coinvolti nel documento oggetto dell'istanza d'accesso, ma solo coloro che vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza in caso di accoglimento della richiesta ostensiva» (ex multis,Cons. St. IV, nn. 5483/2017 e 4308/2014; C.G.A.R.S., sez. giurisd., n. 395/2014;T.A.R. Veneto III, n. 3840/2008).

Sulla scorta di tale orientamento giurisprudenziale la dottrina (Simonati, 1231) ha osservato che la definizione normativa di controinteressato in materia di accesso documentale si discosta, parzialmente, dal concetto di controinteressato comunemente utilizzato in sede procedimentale. Infatti, ai fini dell'accesso, non sono considerati controinteressati tutti i soggetti portatori di un interesse contrario a quello del soggetto che ha formulato la richiesta di disclosure, ma solo coloro che dall'accesso al documento amministrativo vedrebbero leso il proprio diritto alla riservatezza. Il legislatore, invero, fornendo una definizione più ristretta di controinteressato ha inteso neutralizzare, a monte, il rischio di una eccessiva compressione del diritto di accesso, restringendo le ragioni oppositive dei controinteressati alla sola tutela del diritto alla riservatezza.

Ancorché con i limiti sopra descritti, i controinteressati devono necessariamente essere coinvolti nella vicenda ostensiva, come chiarito anche dall'art. 3 del d.P.R. n. 184/2006, che stabilisce che l'amministrazione ha l'onere di notificare ai controinteressati l'istanza di accesso affinché essi, nel termine di dieci giorni, formulino le proprie osservazioni. Da ciò si evince che l'esercizio del diritto di accesso implica la realizzazione di un bilanciamento tra l'interesse conoscitivo di cui all'articolo 22, comma 1, lett. b), della l. n. 241/1990, e l'interesse alla tutela della riservatezza dei controinteressati di cui all'art. 22, comma 1, lett. c), della medesima legge. Pertanto, l'amministrazione sarà tenuta a compiere una ponderazione di tali interessi per determinare, di volta in volta, a quale degli stessi vada riconosciuta prevalenza.

Per quanto riguarda la disamina della posizione dei controinteressati a fronte di un'istanza di accesso c.d. difensivo, formulata ai sensi dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, si rimanda alle considerazioni svolte in sede di analisi di tale norma (infra sub art. 24 della l. n. 214/1990).

Accesso e interessi diffusi.

Sull'accesso ai documenti amministrativi da parte delle associazioni portatrici di interessi diffusi la giurisprudenza amministrativa ha di recente affermato che «In tema di accesso ai documenti amministrativi la posizione delle associazioni portatrici di interessi diffusi non si differenzia in alcun modo da quella dei singoli individui, in quanto i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del diritto di accesso sono i medesimi per tutti i soggetti dell'ordinamento e si incentrano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale anelata; pertanto, nel caso in cui a richiedere l'accesso sia un'associazione rappresentativa di interessi diffusi l'interesse sotteso alla costituzione ed all'operatività della stessa si proietta in una dimensione di pretesa ostensiva solo ove la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o, quanto meno, strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie, ciò che è onere dell'associazione stessa dimostrare, non essendo invece predicabile una sorta di legittimazione ostensiva generale discendente eo ipso dagli scopi statutari» (Cons. St. IV, n. 8333/2021).

Bibliografia

Arena, Introduzione all'Amministrazione condivisa, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1997, nn. 117-118, 29 ss.; Bohuny, Accesso ai documenti amministrativi, in Tomei (a cura di), La nuova disciplina dell'azione amministrativa. Commento alla legge n. 241 del 1990 aggiornata alle leggi n. 15 e n. 80/2005, Padova, 2005, 694 ss.; Caringella, Garofoli, Semprevita, L'accesso ai documenti amministrativi, Milano, 2007; Caringella, Manuale di diritto amministrativo: parte generale e parte speciale, Bari, 2021; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2005; De Lise, Giusto procedimento e processualprocedimento: conclusioni del convegno su «Giusto procedimento e processualprocedimento, in giustizia-amministrativa.it, 6 aprile 2009; Marenghi, Procedimenti e processualprocedimento, Padova, 2009; Nigro, Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1980, 225 ss.; Nigro, Ma che cos'è questo interesse legittimo? Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Foro it., 1987, Vol. 110, n. 10, 469 ss.; Orofino, Cimbali, Sulla tutela cautelare nel rito in materia di accesso: spunti di riflessione e analisi di recenti orientamenti, in federalismi.it, 2022, n. 15, 160 ss.;  Patroni Griffi, La trasparenza della pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, in federalismi.it, 2013, n. 8; Rabin, Perspectives on the Administrative Process, Boston, 1979; Simonati, I principi in materia di accesso, in Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, 1208 ss.

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