Decreto legislativo - 14/03/2013 - n. 33 art. 31 - Obblighi di pubblicazione concernenti i dati relativi ai controlli sull'organizzazione e sull'attività dell'amministrazione.

Luca Biffaro

Obblighi di pubblicazione concernenti i dati relativi ai controlli sull'organizzazione e sull'attività dell'amministrazione.

 

1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano gli atti degli organismi indipendenti di valutazione o nuclei di valutazione, procedendo all'indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti. Pubblicano, inoltre, la relazione degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione o budget, alle relative variazioni e al conto consuntivo o bilancio di esercizio nonché tutti i rilievi ancorché non recepiti della Corte dei conti riguardanti l'organizzazione e l'attività delle amministrazioni stesse e dei loro uffici 1.

Inquadramento

Il capo III del decreto trasparenza detta la disciplina degli obblighi di pubblicazione inerenti all'utilizzo delle risorse pubbliche. Tale capo si compone di sole tre disposizioni normative che prevedono un regime di pubblicità obbligatoria per le informazioni relative ai dati di bilancio e ai dati inerenti al monitoraggio degli obiettivi (art. 29), ai beni immobili e al patrimonio (art. 30), nonché ai controlli sull'organizzazione e sull'attività delle pubbliche amministrazioni (art. 31). Gli obblighi di trasparenza che riguardano le modalità di impiego delle risorse pubbliche si pongono in stretta relazione con le finalità sottese alla riforma della trasparenza amministrativa, costituendo declinazione dei principi di pubblicità e trasparenza così come delineati dagli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 33/2013. In particolare, la disclosure di tali informazioni gioca un ruolo fondamentale nel consentire ai consociati di esercitare forme diffuse di controllo sulle pubbliche amministrazioni, essendo espressamente richiamata dall'art. 1, comma 1, del decreto trasparenza. D'altronde, il controllo dell'organizzazione e dell'attività amministrativa non potrebbe realizzarsi ove i consociati non siano messi in condizione di conoscere le risorse pubbliche messe a disposizione dei singoli enti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, in quanto in assenza di tali informazioni le scelte organizzative e i risultati conseguiti nell'esercizio dei poteri pubblici non potrebbero essere seriamente e criticamente valutati dal corpo sociale. La trasparenza relativa all'impiego delle risorse pubbliche è, dunque, strettamente connessa al principio di accountability di matrice anglosassone, in forza del quale le pubbliche amministrazioni sono tenute a rendere conto del modo in cui intendono impiegare (prospettiva ex ante) e impiegano (in una prospettiva ex post nella quale il principio di accountability va letto in termini di responsabilità) le risorse pubbliche ad esse assegnate per il perseguimento delle finalità istituzionali. Pertanto, con gli obblighi di trasparenza previsti nel capo III il legislatore ha introdotto strumenti di diffusione dell'informazione amministrativa che si collocano nell'area del c.d. governo misurabile, consentendo al corpo sociale di esercitare un più incisivo e pervasivo controllo diffuso attraverso l'analisi dei risultati dell'azione amministrativa in relazione alle risorse pubbliche assegnate ai singoli enti.

Gli obblighi concernenti l'utilizzo delle risorse pubbliche nell'ottica dell'amministrazione di risultato

La previsione di obblighi di pubblicazione concernenti l'utilizzo delle risorse pubbliche si ricollega all'attuale processo evolutivo ordinamentale nel quale la legittimità dell'azione amministrativa non va più unicamente apprezzata sotto il profilo della conformità con i principi e le regole che disciplinano i vari settori dell'ordinamento giuridico – in ossequio al principio di legalità la cui connotazione ha assunto tratti sempre più marcatamente sostanzialistici come è dato evincere, ad esempio, dalla dequotazione dei vizi formali sancita dall'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990 – ma anche nella logica del risultato, sulla scorta del principio costituzionale di buon andamento (art. 97 della Costituzione) che va declinato in termini di efficienza, efficacia ed economicità dell'operato dei pubblici poteri (art. 1 della l. n. 241/1990), come da tempo evidenziato dalla migliore dottrina (Nigro, Studi sulla funzione organizzativa della pubblica amministrazione, 84).

Tale processo, che muove dall'affermazione della teoria normativa dell'interesse legittimo, sviluppata dalla dottrina (Nigro, 469 ss.) e poi recepita anche dalla giurisprudenza amministrativa a partire dalla sentenza Cons. St, Ad. Plen, n.3/2011 ha condotto a uno scenario ordinamentale tale per cui il mero rispetto delle forme e delle procedure non rende di per sé legittimo l'operato delle pubbliche amministrazioni, con rilevanti ricadute in sede processuale con riguardo sia alla tutela delle posizioni soggettive coinvolte nel rapporto giuridico amministrativo (si pensi, ad esempio, al riconoscimento di forme di tutela atipica dell'interesse legittimo, alla sua risarcibilità, al danno da ritardo, ecc.), sia al sindacato del giudice amministrativo (Corso, 127 ss.). Da tempo ormai l'efficienza, l'economicità e la tempestività dell'agire amministrativo hanno cessato di essere considerate regole extragiuridiche (Lazzara, 1 ss.) in quanto al raggiungimento del risultato e alla soddisfazione dei bisogni della collettività amministrata è stato definitivamente riconosciuto il valore di caratteri fondanti dell'intero apparato amministrativo (Cammelli, 122), la cui esistenza in uno Stato democratico di diritto si giustifica proprio in funzione del raggiungimento di determinati risultati nella cura degli interessi pubblici. In proposito giova porre in rilievo che il d.lgs., n. 198/2009 ha introdotto un rito speciale per i ricorsi per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, il cui scopo è quello di assicurare un corretto svolgimento della funzione amministrativa in caso di mancata emanazione di atti generali, ovvero la corretta prestazione di un servizio a fronte della inosservanza di obblighi o degli standard previsti per la sua erogazione (Travi, 385). Le previsioni del d.lgs. n. 198/2009 rendono le violazioni afferenti alla fase organizzativa del processo di produzione dei servizi amministrativi – siano essi servizi pubblici in senso tecnico (volti, cioè, alla erogazione di prestazioni), ovvero servizi amministrativi funzionali (ossia, finalizzati alla produzione di atti) – sindacabili dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità in quanto, alla luce della evoluzione del principio del buon andamento e alla affermazione della sua accezione economico-sostanziale, l'obbligo di risultato assurge ad obbligo giuridico di carattere cogente che, ove non osservato, determina l'illegittimità dell'azione amministrativa.

Il passaggio dal concetto dottrinale di amministrazione di risultato inteso come nozione dai contorni sfumati (Clarich, 157), mera sintesi verbale (Romano Tassone, 816) o formula ricognitiva senza alcuna consistenza innovativa (Cassese, 941), ad elemento caratterizzante e intima ragione giustificatrice della struttura e dell'azione della Pubblica Amministrazione (Scoca, 75), sul quale ha certamente influito anche l'ordinamento dell'Unione europea, nel quale l'operato dell'apparato amministrativo si caratterizza non solo per l'esercizio di poteri di natura autoritativa, ma anche per l'adozione di modelli tesi al raggiungimento di obiettivi connessi alla erogazione di prestazioni e alla soddisfazione dei bisogni della collettività amministrata; ciò ha condotto, anche sul piano nazionale, alla elaborazione ed affermazione di un vero e proprio «statuto unitario dell'attività amministrativa» (Iacovone, 104).

Se è vero che nell'ordinamento nazionale non ci si è spinti fino a giungere a una concezione aziendalista della Pubblica Amministrazione, sulla scorta del modello anglosassone, è pur vero che una tendenza in tal senso si è comunque registrata. A conferma di ciò basti considerare che, sul piano normativo, è stato introdotto un sistema permanente di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale delle pubbliche amministrazioni, teso alla «massimizzazione del valore dell'efficienza e del buon andamento, attraverso il riconoscimento della specificità delle esigenze delle singole strutture organizzative in una prospettiva di risultato» (Iacovone, 101). Invero, il legislatore ha disciplinato il c.d. ciclo delle performance (d.lgs. n. 150/2009) che trova applicazione agli apparati amministrativi nel loro complesso e si articola nella fase di definizione degli obiettivi, nella fase di allocazione delle risorse, nel monitoraggio in corso di esercizio, nella misurazione e valutazione delle prestazioni rese dai singoli dipendenti nonché dalla organizzazione nel suo complesso e, infine, dalla fase di utilizzo dei sistemi premianti. In particolare, in base all'art. 8 del d.lgs. n. 150/2019, la performance organizzativa si riferisce, tra l'altro, al grado di soddisfazione dei cittadini e degli utenti e all'efficienza nell'impiego delle risorse.

Sulla scorta delle precedenti considerazioni può allora affermarsi che gli obblighi di pubblicazione concernenti l'utilizzo delle risorse pubbliche, oltre ad essere uno strumento di prevenzione della corruzione e a concorrere nel processo di apertura dell'amministrazione, costituiscono anche un fondamentale meccanismo mediante il quale il corpo sociale può controllare l'operato e l'attività delle pubbliche amministrazioni per valutare il raggiungimento degli obiettivi sottesi al livello e alla qualità delle prestazioni e dei servizi erogati all'utenza. L'instaurazione di uno stretto collegamento tra trasparenza amministrativa e valutazione del risultato si deve al fatto che il legislatore ha previsto specifici indicatori di misurazione delle performance dell'amministrazione, la cui pubblicazione – unitamente ai dati sulle prestazioni – consente ai consociati di controllare e valutare il risultato dell'azione amministrativa.

Obblighi di pubblicazione e controllo diffuso sui dati contabili

L'art. 29 del d.lgs. n. 33/2013, al primo comma, stabilisce che le pubbliche amministrazioni pubblicano i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo, nonché quelli relativi al bilancio di previsione e al bilancio consuntivo in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche mediante il ricorso a rappresentazioni grafiche e ferme restando le previsioni dell'art. 9-bis del decreto trasparenza in ordine alla possibilità di assolvere tali obblighi mediante la pubblicazione di tali informazioni all'interno delle banche dati previste dall'Allegato B di tale decreto legislativo.

Gli obblighi di pubblicazione previsti da tale norma costituiscono declinazione dei principi di trasparenza e pubblicità in materia contabile e, nell'ottica del controllo diffuso dei consociati letto alla luce del complessivo quadro delineato in precedenza con riferimento alle finalità sottese agli obblighi di trasparenza e allo statuto unitario dell'attività amministrativa, fungono altresì da ulteriore leva per garantire il rispetto degli equilibri finanziari in relazione ai vari livelli territoriali di governo.

La dottrina (Tessaro, 32) ha evidenziato la stretta relazione esistente tra il bilancio – inteso come bene giuridico pubblico a copertura costituzionale in virtù delle previsioni di cui agli artt. 81 e 97 della Costituzione – e la trasparenza amministrativa, che va letta nel prisma della c.d. «legalità finanziaria».

Sul punto giova ricordare che la Corte costituzionale (Corte cost. n.49/2018) ha chiarito che, dal punto di vista contabile, uno dei principi rettori nella redazione del bilancio è quello di trasparenza. In particolare, tale principio assolve due fondamentali funzioni consistenti, da un lato, nella possibilità di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale e, dall'altro, di valutare se sussistono gli estremi della responsabilità per gli amministratori in ordine al concreto utilizzo delle risorse pubbliche, nei termini indicati nei documenti di bilancio. La giurisprudenza costituzionale, invero, ha affermato che il bilancio costituisce un bene giuridico pubblico (Corte cost. n.228/2017 eCorte cost. n.247/2017) e assolve una funzione di accountability, risultando «necessariamente servente al controllo retrospettivo dell'utilizzo dei fondi pubblici» (Corte cost. n.49/2018) e costituendo un «onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività e a sottoporsi al giudizio finale, afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato» (Corte cost. n.184/2016). Tramite la previsione di obblighi di trasparenza, sub specie di obblighi di pubblicazione dei dati di bilancio, il legislatore ha messo a disposizione del corpo sociale uno strumento di controllo diffuso dell'operato delle pubbliche amministrazioni sul versante dell'utilizzo delle risorse pubbliche, in quanto mediante tale forma di controllo i consociati possono verificare il rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio mediante la presa di conoscenza delle informazioni finanziarie, economiche e patrimoniali degli enti pubblici. Ciò ha profonde interconnessioni con la valutazione dell'attività amministrativa in una logica di risultato, in quanto il rispetto del principio di equilibrio di bilancio implica «in prospettiva dinamica la continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (Corte cost. n.250/2013).

Occorre, inoltre, ricordare che con la legge è stata modificata la formulazione dell'art. 97, comma 1, della Costituzione, che nella versione attualmente in vigore prevede che «le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». Quindi, accanto ai tradizionali principi rettori dell'azione amministrativa – quali quelli di legalità, imparzialità e buon andamento – la previsione degli specifici obblighi di pubblicazione delle informazioni inerenti al corretto uso delle risorse pubbliche di cui all'art. 29 del d.lgs. n. 33/2013 assoggetta, in maniera molto più pregnante, l'attività amministrativa al rispetto dei principi e valori contabili. Tale ricostruzione si regge sulla valorizzazione delle finalità sottese agli obblighi di trasparenza in quanto, come sancito espressamente dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, l'attuazione degli stessi costituisce condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali.

Gli obblighi di pubblicazione sanciti dall'art. 29 del decreto trasparenza completano il set di previsioni normative già introdotto dai d.lgs. n. 118/2011 e del d.lgs.n. 126/2014, con i quali è stata data attuazione alla legge delega n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale ex art. 119 della Costituzione, nonché dal d.lgs. n. 91/2011 attuativo dell'art. 2 della legge n. 196/2009 in materia di adeguamento e armonizzazione dei sistemi contabili. In particolare, l'art. 2, comma 1, lett. i), della l. delega n. 42/2009 fa espresso riferimento all'obbligo di pubblicazione online dei bilanci delle amministrazioni territoriali, mentre l'art. 14 dell'allegato n. 1 al d.lgs. n. 118/2011 richiama il principio contabile generale della pubblicità in forza del quale le pubbliche amministrazioni devono rendere trasparenti le scelte di programmazione e divulgarne i relativi documenti previsionali e i risultati di gestione.

Il principio di pubblicità sancito dalla legislazione sopra richiamata va letto, a sua volta, alla luce del principio di trasparenza contabile su cui poggia l'armonizzazione dei sistemi di bilancio degli ordinamenti contabili pubblici introdotta da tale riforma e diretta a rendere i bilanci di tutte le pubbliche amministrazioni omogenei, confrontabili ed aggregabili. Ciò è stato plasticamente chiarito dalla Corte costituzionale che, in proposito, ha affermato che la disciplina della riforma «è finalizzata a realizzare l'omogeneità dei sistemi contabili per rendere i bilanci delle amministrazioni aggregabili e raffrontabili, in modo da soddisfare le esigenze informative connesse a vari obiettivi quali la programmazione economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie, la previsione di gravi irregolarità idonee e pregiudicare l'equilibrio dei bilanci» (Corte cost. n.184/2016).

Più in particolare, le previsioni normative inerenti all'armonizzazione dei sistemi di bilancio impongono alle pubbliche amministrazioni, anche sulla scorta del principio della competenza finanziaria potenziata (che privilegia il criterio di imputazione per cassa e riduce la formazione dei residui), di registrare le entrate e le spese nel momento in cui le stesse sorgono, di procedere alla loro imputazione nell'esercizio in cui vengono a scadenza, nonché di contabilizzare i debiti e i crediti nel momento della loro assunzione, come ben evidenziato anche dalla dottrina (Tessaro, 43).

Va, inoltre, dato conto del fatto che la normativa con la quale è stata attuata la riforma del sistema fiscale, proprio in funzione del soddisfacimento delle esigenze di pubblicità del bilancio, all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 118/2011, come modificato dal d.lgs. n. 126/2014, ha previsto che «le amministrazioni pubbliche redigono un rendiconto semplificato per il cittadino, da divulgare sul proprio sito Internet, recante una esposizione sintetica dei dati di bilancio, con evidenziazione delle risorse finanziarie umane e strumentali utilizzate dall'ente nel perseguimento delle diverse finalità istituzionali, dei risultati conseguiti con riferimento al livello di copertura ed alla qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini».

Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire la effettiva conoscibilità dei dati di bilancio caratterizzati da un tasso di tecnicità estremamente elevato, non devono limitarsi a impiegare i moduli standardizzati previsti per l'armonizzazione dei bilanci pubblici, ma devono anche corredare i documenti contabili di esposizioni divulgative circa le modalità di gestione delle risorse pubbliche. Anche su tale aspetto si è pronunciata la giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n.184/2016), chiarendo che i moduli standard per l'armonizzazione dei bilanci «non sono idonei, di per sé, ad illustrare le peculiarità dei programmi, delle loro procedure attuative, dell'organizzazione con cui vengono perseguiti, della rendicontazione di quanto realizzato».

L'art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013, nel prevedere gli obblighi di pubblicazione dei dati di bilancio, si pone in linea di continuità con i principi e le regole che informano la riforma fiscale in quanto, in ossequio ai principi di trasparenza del bilancio e di armonizzazione dei sistemi contabili, richiede che la disclosure dei dati contabili avvenga in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche mediante il ricorso a rappresentazioni grafiche, trattandosi di precondizioni necessarie affinché sia assicurata la piena ed effettiva accessibilità e comprensibilità di questa tipologia di informazione amministrativa.

Nel duplice solco del rispetto del principio di armonizzazione contabile, funzionale a garantire il raffronto tra i bilanci pubblici degli enti territoriali e prevenire squilibri di bilancio (artt. 81 e 119 della Costituzione) nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica (Corte cost. n.39/2014), e delle esigenze di trasparenza sottese agli obblighi di pubblicazione del capo III del decreto trasparenza, si pongono anche le previsioni relative al Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 91/2011. Infatti, l'art. 29 del decreto trasparenza dispone anche la pubblicazione obbligatoria di tale documento, la cui funzione è quella di illustrare gli obiettivi della spesa, misurarne i risultati e monitorarne l'effettivo andamento in termini di servizi forniti e di interventi realizzati; esso, inoltre, come chiarito dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 126/2014, costituisce parte integrante dei documenti di programmazione e di bilancio di ciascuna amministrazione ed è diretto a consentire la comparazione dei bilanci.

Per quel che concerne le modalità di assolvimento degli obblighi di pubblicazione dei dati di bilancio, l'art. 29, comma 1-bis), del d.lgs. n. 33/2013 (introdotto dal d.l. n. 66/2014 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 89/2014 e infine modificato dal d.lgs. n. 97/2016) stabilisce che i dati relativi alle entrate e alle spese inseriti nei bilanci preventivi e consuntivi debbano essere pubblicati in formato tabellare aperto, anche mediante ricorso ad un portale unico, in modo che i consociati possano agevolmente e senza costi esportare, trattare e riutilizzare tali informazioni. A ben vedere tale ultima disposizione normativa, successivamente alle modifiche normative sopra richiamate, risulta riproduttiva di criteri già sanciti in via generale dall'art. 7 del decreto trasparenza che, inoltre, prevede anche che la diffusione dei dati pubblici debba avvenire in formato aperto ai sensi dell'art. 68 del CAD; si tratta di indicazioni contenute anche nell'art. 2, comma 3, del d.P.C.M. del 22 settembre 2014.

Anche per i dati contabili, ai sensi dell'art. 29, comma 1, del decreto trasparenza, le pubbliche amministrazioni possono assolvere l'obbligo di pubblicazione mediante il ricorso alle banche dati nazionali di cui all'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013, vale a dire la Banca dati amministrazioni pubbliche (BDAP) detenuta e gestita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Ragioneria generale dello Stato, istituita con l'art. 13 della l. n. 196/2009. In particolare, come per tutte le altre ipotesi nelle quali il decreto trasparenza richiama l'art. 9-bis, ogni amministrazione può riportare nella sezione “Amministrazione Trasparente» del suo sito Internet istituzionale il collegamento ipertestuale ai propri dati contenuti nella BDAP.

L'attendibilità dei dati inseriti all'interno di tale banca dati si deve, da un lato, alla rivisitazione dei tradizionali questionari con i quali vengono raccolte le informazioni contabili (C. conti, sezione controllo, regione Basilicata, n. 46/2018) e, dall'altro, dal ruolo di controllo svolto dai revisori dei singoli enti coinvolti nella raccolta in ordine alla corretta compilazione dei questionari e alla verifica della congruenza dei dati inseriti nella BDAP con quelli presenti nei documenti contabili (C. conti, sezione autonomie, n. 6/2017).

Gli obblighi concernenti i beni immobili, il patrimonio e i controlli sull'organizzazione e l'attività

L'art. 30 del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di pubblicare le informazioni identificative degli immobili posseduti e di quelli meramente detenuti, unitamente ai canoni di locazione o di affitto che esse versano ai proprietari degli stessi ovvero che percepiscono dai conduttori e affittuari.

Come chiarito dall'ANAC nella sezione del proprio sito Internet istituzionale dedicata alle FAQ in materia di trasparenza, con specifico riferimento agli obblighi di pubblicazione di cui all'art. 30 del decreto trasparenza, la finalità degli obblighi di pubblicazione in questione è quella di consentire ai consociati di valutare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, anche patrimoniali, da parte degli enti destinatari degli obblighi di trasparenza nel perseguimento delle finalità istituzionali ad essi attribuite dalla legge.

Con riferimento alle informazioni identificative degli immobili che in concreto risultano essere oggetto di pubblicazione, è invalsa la prassi di pubblicare, anche in formato aperto, le informazioni di tipo catastale (comune, sezione, foglio, particella, subalterno, rendita, superficie, ecc.). Anche per quel che concerne i dati relativi ai canoni di locazione o affitto, sia attive sia passive, si è sviluppata una prassi secondo la quale tale tipologia di informazione è resa disponibile unitamente ai dati identificativi dell'immobile alla quale il canone si riferisce.

Per quel che concerne le modalità di pubblicazione, anche per questa tipologia di dati è possibile fare ricorso alle banche dati richiamate dall'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013. In particolare, ai sensi dell'art. 2, comma 222, della l. n. 191/2009 e dell'art. 17, commi 3 e 4, del d.l. n. 90/2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114/2014, è stata istituita la banca dati denominata Patrimonio della P.A. detenuta dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'Economia e delle Finanze; vi è poi una ulteriore banca dati gestita dall'Agenzia del Demanio (REMS – Sistema di gestione degli immobili di proprietà statale). Rispetto alla fase iniziale di istituzioni di tale banca dati, durante la quale essa veniva alimentata secondo la logica del censimento annuale, ad oggi i dati vengono inseriti e aggiornati secondo la logica della rilevazione continua, in modo da consentire ai consociati di accedere, in tempo reale, ad informazioni corrispondenti all'attuale situazione patrimoniale delle pubbliche amministrazioni.

L'art. 31 del d.lgs. n. 33/2013 impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare gli atti degli organismi indipendenti di valutazione o nuclei di valutazione, nonché la relazione degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione o budget. Tale norma, inoltre, prevede che vengano pubblicati i dati relativi al conto consuntivo o bilancio di esercizio, nonché tutti i rilievi formulati dalla Corte dei conti, anche se non recepiti, inerenti all'organizzazione e all'attività delle pubbliche amministrazioni.

In base all'art. 31 del decreto trasparenza, dunque, le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare sia i risultati dell'attività di controllo interno, sia quelli del controllo svolto dalla magistratura contabile, e ciò con riguardo sia alla propria organizzazione, sia all'attività istituzionale. In particolare, per quel che concerne la pubblicazione obbligatoria degli atti degli organismi indipendenti di valutazione (Oiv) o nuclei di valutazione istituiti presso ciascuna amministrazione, va evidenziato che tali organismi hanno il compito di verificare l'andamento delle performance e il rispetto degli obiettivi enunciati nei documenti di programmazione. Pertanto, anche la previsione di obblighi di pubblicazione inerenti a questa tipologia di dati risponde alla necessità di rendere conoscibili, per i consociati, informazioni afferenti ai risultati raggiunti dalle pubbliche amministrazioni nello svolgimento dei loro compiti istituzionali secondo il paradigma dell'amministrazione di risultato (cfr. supra).

Come noto, gli Oiv supportano le pubbliche amministrazioni nella verifica dei processi di misurazione, monitoraggio, valutazione e rendicontazione delle performance e formulano proposte per la valutazione dei dirigenti di vertice. Accanto a queste funzioni, sulla scorta delle previsioni del decreto trasparenza gli Oiv sono anche tenuti a verificare la compliance dell'amministrazione in cui sono incardinati rispetto agli obblighi di trasparenza previsti dald.lgs. n.33/2013. Giova rilevare che le attestazioni degli Oiv costituiscono uno dei principali strumenti di cui si avvale l'ANAC per verificare l'effettiva pubblicazione dei dati previsti dalla normativa sulla trasparenza e, quindi, le stesse giocano un ruolo centrale nella tenuta complessiva del sistema delineato dal legislatore con riferimento alla disclosure dell'informazione amministrativa e all'effettiva conoscibilità della stessa da parte del corpo sociale. Dal punto di vista soggettivo, oltre agli Oiv costituiti presso le pubbliche amministrazioni, sono tenuti all'assolvimento degli obblighi di trasparenza previsti dall'art. 31 del d.lgs. n. 33/2013 anche gli organismi o i soggetti istituiti presso gli altri enti di cui all'art. 2-bis, comma 2, all'interno del perimetro individuato dall'ANAC con la delibera n. 1134/2017 (cfr. supra).

L'ANAC, con le delibere nn. 71/2013, 77/2013, 148/2014, 43/2016, 236/2017, 141/2018, 141/2019, 213/2020 e 294/2021, ha fornito alcune precisazioni sull'assolvimento degli obblighi di pubblicazione ai quali sono tenuti gli Oiv e i nuclei di valutazione. In particolare, l'ANAC ha individuato specifiche categorie di obblighi di pubblicazione rispetto alle quali gli Oiv, con la collaborazione del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'art. 43 del d.lgs. n. 33/2013, sono tenuti a svolgere verifiche mirate per accertare l'effettivo assolvimento degli obblighi di trasparenza previsti dalla legge. Come stabilito dalle delibere dell'ANAC n. 213/2020 e n. 294/2021 «[l]a scelta degli obblighi di pubblicazione oggetto di attestazione discende, oltre che dalla consueta rotazione e gradualità delle verifiche [...], anche da valutazioni in ordine alla rilevanza informativa assunta dagli stessi ai fini della verifica sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche e sull'efficace perseguimento delle funzioni istituzionali». Più nel dettaglio, sulla scorta delle indicazioni fornite dall'ANAC con la delibera n. 294/2021, i dati che gli Oiv sono tenuti ad attestare per il 2021 riguardano: i) per le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 2-bis, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013, le performance (art. 20), i bilanci (art. 29), i beni immobili e la gestione del patrimonio (art. 30), i controlli e i rilievi sull'amministrazione (art. 31), i bandi di gara e i contratti (art. 37), nonché gli interventi straordinari e di emergenza (art. 42); ii) per gli enti e le società di cui all'art. 2-bis, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, la selezione del personale (art. 19), i bandi di gara e contratti, i beni immobili e la gestione patrimonio, i controlli e rilievi sull'amministrazione, i servizi erogati (art. 32 e, solo per il SSN, anche l'art. 41, comma 6), nonché gli altri contenuti e il rispetto delle disposizioni sull'accesso civico indicati dall'ANAC nella delibera n. 1134/2017; iii) per le società a partecipazione pubblica non di controllo di cui all'art. 2-bis, comma 3, primo periodo, del d.lgs. n. 33/2013 e per le associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 33/2013, i bilanci, i servizi erogati e i bandi di gara e contratti.

In concreto, l'Oiv, prima della pubblicazione dell'attestazione finale, deve effettuare una verifica circa l'avvenuta pubblicazione dei dati afferenti alle specifiche categorie di obblighi individuati dall'ANAC per ciascuna delle categorie di soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza ai sensi dell'art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013 – appositamente indicati nelle griglie allegate alle delibere dell'ANAC in materia di attestazioni OIV sull'assolvimento degli obblighi di pubblicazione. Gli Oiv, inoltre, sono anche tenuti a controllare la completezza e l'aggiornamento dei dati oggetto di pubblicazione, unitamente alla predisposizione di formati di tipo aperto per la loro diffusione, assegnando un punteggio – all'interno di un range compreso tra zero e tre – in relazione al grado di adempimento degli obblighi di pubblicazione da parte degli enti destinatari delle prescrizioni normative in materia di trasparenza.

Dal punto di vista operativo, gli Oiv non devono unicamente limitarsi a verificare la presenza delle suddette informazioni all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale dell'ente nel quale essi sono incardinati, ma sono anche tenuti a svolgere controlli di natura sostanziale per verificare l'esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione. A tal fine, gli Oiv possono avvalersi della collaborazione del Responsabile per la trasparenza, richiedendo le informazioni e i documenti necessari ad operare la verifica, nonché la redazione di un'apposita relazione, da parte dei responsabili della trasmissione e pubblicazione online dei dati per conto dell'amministrazione, sul grado di completezza e sullo stato di aggiornamento delle informazioni pubblicate. Secondo quanto previsto dall'art. 31, primo periodo, in fine, del d.lgs. n. 33/2013, l'attività di attestazione degli Oiv deve svolgersi nel rispetto della privacy dei soggetti le cui informazioni personali sono presenti all'interno dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria; tale disposizione risulta coerente con l'intero impianto della normativa sulla trasparenza amministrativa, interamente caratterizzato dal contemperamento delle esigenze di trasparenza con la salvaguardia dei dati personali.

Giova altresì evidenziare che l'attività di attestazione degli Oiv, o degli altri organismi che svolgono funzioni analoghe, è soggetta alla vigilanza d'ufficio da parte dell'ANAC, nonché alla vigilanza, d'ufficio o su segnalazione, da parte della Guardia di Finanza, tesa a riscontrare l'esattezza e l'accuratezza dei dati attestati dagli Oiv. Per quanto riguarda il controllo operato dall'ANAC, esso si svolge mediante una verifica nei siti Internet istituzionali di un campione di soggetti tenuti all'attuazione degli obblighi di pubblicazione sanciti dal decreto trasparenza, consistente nell'esame del documento di attestazione, della griglia di rilevazione e della scheda di sintesi sulla rilevazione degli Oiv alla luce dei dati effettivamente pubblicati nella sezione «Amministrazione trasparente» dei singoli enti coinvolti nell'attività di controllo. L'ANAC, all'esito di tale attività di verifica, si riserva di segnalare agli organi di indirizzo delle amministrazioni, enti e/o società interessate dal controllo, ai sensi dell'art. 45 del d.lgs. n. 33/2013, i casi di mancata o ritardata attestazione degli obblighi di trasparenza da parte degli Oiv, nonché i casi di discordanza tra quanto attestato da tali organismi e i dati contenuti nei siti Internet oggetto di rilevazione (infra sub art. 45).

Infine, l'art. 31 del d.lgs. n. 33/2013 prevede anche ulteriori obblighi di pubblicazione, concernenti, da un lato, le relazioni degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione o budget e le relative variazioni a conto consuntivo o bilancio di esercizio e, dall'altro, gli esiti dei rilievi formulati dalla magistratura contabile in ordine all'organizzazione e all'attività dell'amministrazione o di singoli uffici. Con riferimento a quest'ultima categoria di atti occorre rilevare che prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013 l'esito dei controlli della Corte dei conti era conoscibile unicamente alle pubbliche amministrazioni controllate.

Una parte della dottrina (Bonomo, 340) ha evidenziato che la circostanza che il legislatore abbia previsto meccanismi di disclosure delle informazioni inerenti ai controlli interni assume particolare rilievo ai fini dell'effettività del controllo diffuso del corpo sociale sull'operato e l'organizzazione degli enti pubblici. In proposito, con specifico riferimento ai dati contenuti negli atti della Corte dei conti, va detto che essi risultano particolarmente utili per valutare il grado di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, essendo al contempo anche validi elementi-spia del legittimo esercizio dei poteri pubblici. Altra parte della dottrina (Tessaro, 39) ha invece osservato che l'art. 31 del decreto trasparenza costituisce norma cardine del controllo diffuso dei cittadini sulle pubbliche amministrazioni, in quanto risulta teso a consentire «la verifica del buon uso delle risorse pubbliche nell'intersecazione tra controlli interni e controlli esterni».

Bibliografia

Bonomo, Gli obblighi di pubblicazione concernenti l'attività delle pubbliche amministrazioni, in Ponti (a cura di), La nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni: Commento sistematico alD.Lgs.33/2013 dopo le modifiche apportate dalD.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Rimini, 2016, 325 ss.; Cammelli, Amministrazione di risultato, in Annuario dell'Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Milano, 2002, 107 ss.; Cassese, Che cosa vuol dire «Amministrazione di risultati», in Giornale di diritto amministrativo, 2004, n. 9, 941 ss.; Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019; Corso, Amministrazione di risultati, in Annuario AIPDA 2002, Milano, 2003, 127 ss.; Iacovone, Indicatori di valutazione e buon andamento amministrativo nella performance dei pubblici dipendenti, in federalismi.it, 2020, n. 1, 101 ss.; Lazzara, Procedimento e semplificazione. Il riparto dei compiti istruttori tra principio inquisitorio ed autoresponsabilità privata, Roma, 2005; Nigro, Studi sulla funzione organizzativa della pubblica amministrazione, Milano, 1968; Nigro, Ma che cos'è questo interesse legittimo? Interrogativi vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Il Foro it., 1987,110, n. 10, 469 ss.; Romano Tassone, Sulla formula «amministrazione per risultati», in Scritti in onore di E. Casetta, Napoli, 2001, I, 818 ss.; Scoca, Attività amministrativa (voce), in Enc. dir., Milano, 2002, IV (agg.), 75 ss.; Tessaro, Analogie e similitudini tra trasparenza amministrativa e bilancio come beni pubblici: profili di diritto positivo e future prospettive, in Rivista della Corte dei conti, 2021, n. 2, 31 ss.; Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2021.

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