Decreto legislativo - 18/08/2000 - n. 267 art. 43 - Diritti dei consiglieri.Diritti dei consiglieri.
1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'art. 39, comma 2, e di presentare interrogazioni e mozioni. 2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge. 3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare. 4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative. InquadramentoL'art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 disciplina l'accesso agli atti dei consiglieri comunali e provinciali. Ad essi la legge riconosce una legittimazione ampia, legata allo svolgimento dell'incarico istituzionale: i consiglieri comunali e provinciali, quindi, possono accedere alle informazioni in possesso delle amministrazioni locali, delle loro aziende ed enti dipendenti, senza dover dimostrare la titolarità di una distinta e ulteriore situazione giuridica soggettiva legittimante e senza necessità di dover motivare l'istanza ostensiva. Il legislatore, tuttavia, ha inteso contemperare il riconoscimento di un ampio diritto di accesso in favore dei consiglieri con la salvaguardia delle esigenze di riservatezza connesse con l'informazione oggetto di disclosure da parte delle amministrazioni locali, stabilendo che tali soggetti sono tenuti al segreto nei casi specificamente previsti dalla legge. Pertanto, a differenza delle altre tipologie di accesso – rispetto alle quali l'intervenuta disclosure rende pubblico il documento o l'informazione amministrativa ostesa al richiedente – dall'ostensione dell'informazione amministrativa ai sensi dell'art. 43 del TUEL non discende, ex se, la pubblicità del dato che, per converso, va vagliata su base casistica alla luce del tipo di informazione richiesta e della necessità di assicurare la riservatezza dei dati forniti ai consiglieri nei casi espressamente previsti dalla legge. Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali: fondamento, legittimazione e caratteristicheIl diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali è disciplinato dall'art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL). In particolare, il comma secondo di tale norma prevede che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici dei rispettivi enti locali, nonché dalle aziende ed enti da essi dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso che risultino utili all'espletamento del mandato. L'istituto non è stato introdotto, per la prima volta, dal TUEL, essendo già stato previsto in precedenza dall'art. 24 della l. n. 816/1985 e, successivamente, dalla l. n. 140/1990. La dottrina (Sola, 232) ha posto in rilievo che il fondamento del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali va rinvenuto nel principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale. Anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 7900/2004) ha affermato che il diritto di accesso dei consiglieri comunali è strumentale all'espletamento del mandato istituzionale, in quanto la disclosure delle informazioni possedute dagli enti locali di riferimento consente loro di valutare funditus la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, di esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza dell'organo consiliare, nonché di promuovere le iniziative nell'ambito del Consiglio stesso. Il giudice amministrativo ha, dunque, affermato che il diritto di accesso disciplinato dall'art. 43 del TUEL è direttamente funzionale alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito ai consiglieri comunali e provinciali, cioè alla funzione di rappresentanza della collettività. La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 4525/2014) ha anche chiarito che l'accesso dei consiglieri comunali e provinciali si delinea come «un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle loro funzioni». La norma, invero, nel fare esplicito riferimento all'utilità delle informazioni detenute presso le amministrazioni locali chiarisce, da un lato, che l'accesso disciplinato dall'art. 43 del TUEL è più ampio rispetto a quello documentale e a quello riconosciuto ai cittadini ai sensi dell'art. 10 del TUEL, in quanto i consiglieri agiscono in veste pubblica e non come privati cittadini e, dall'altro, che l'utilità delle informazioni ai fini dello svolgimento del mandato funge da limite all'accoglimento dell'istanze ostensive. L'esteso perimetro oggettivo del diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali e provinciali si coglie anche nel fatto che l'art. 43, comma 2, del TUEL stabilisce espressamente che le istanze ostensive di tali soggetti possono riguardare non solo dati e documenti già formati presso le amministrazioni locali, ma anche tutte le altre notizie e informazioni da esse detenute (Carbonara, 21 ss.). In proposito, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 4471/2005) ha chiarito che, fermo restando il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, le istanze di accesso dei consiglieri comunali e provinciali possono anche consistere nella pretesa che gli uffici interpellati eseguano delle elaborazioni dei dati e delle informazioni in loro possesso. L'ampiezza del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, inoltre, si coglie anche considerando che essi non sono tenuti a motivare le proprie richieste di accesso; diversamente, infatti, si finirebbe per introdurre un surrettizio controllo dell'ente locale sulle modalità di svolgimento dell'incarico da parte dei consiglieri, contrario alla ratio dell'istituto e difficilmente compatibile con i principi, anche di derivazione costituzionale, che ne costituiscono il fondamento normativo. Risultano, pertanto, illegittime le istanze generiche e quelle meramente emulative, cioè quelle volte a paralizzare l'attività dell'amministrazione locale come, ad esempio, nel caso in cui vengano formulate continue e numerose istanze con conseguente eccessivo e ingiustificato aggravio per l'attività degli uffici alle quali esse sono indirizzate (Cons. St. V, n. 1298/2018). Al riguardo, giova comunque osservare che la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 5032/2020; Cons. St. V, n. 4525/2014) ha ritenuto che il vaglio inerente alla qualificazione in termini generici ovvero emulativi delle istanze di accesso dei consiglieri comunali e provinciali debba essere svolto in concreto, alla luce delle peculiarità del singolo caso di specie, al fine di impedire che l'esercizio del diritto in questione venga surrettiziamente limitato da superficiali (se non addirittura prevenute) considerazioni dell'amministrazione in merito alla finalità della pretesa ostensiva. Ciò è stato rimarcato anche dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi – istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1991, in seguito all'entrata in vigore della l. n. 241/1990, con il fine di vigilare sull'attuazione dei principi di pubblicità e trasparenza – che, con specifico riferimento al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, ha chiarito che «l'accesso ai documenti deve essere concesso nei tempi più celeri e ragionevoli possibili in modo tale da consentire il concreto espletamento del mandato da parte del consigliere ex art. 43 TUEL, fatti salvi i casi di abuso del diritto all'informazione, attuato con richieste non contenute entro i limiti della proporzionalità e della ragionevolezza e che determini un ingiustificato aggravio dell'ente» (parere 2.1 del 17 gennaio 2012). L'art. 43, comma 2, del TUEL stabilisce, inoltre, che nel perimetro oggettivo del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali rientrano anche le informazioni detenute dalle aziende e dagli enti dipendenti del Comune e della Provincia. Tale previsione normativa va letta alla luce dell'evoluzione dell'istituto del diritto di accesso, non più collegato agli atti amministrativi, bensì all'attività amministrativa intesa in senso ampio, come tale comprendente anche quella svolta con i moduli del diritto privato, purché diretta alla cura concreta di interessi di rilievo pubblicistico (Occhiena, 374 ss.). Tale soluzione, invero, è stata quella scelta dal legislatore sia con riguardo all'accesso documentale (si veda la modifica dell'art. 22 della l. n. 241/1990 ad opera della l. n. 15/2005), sia con riferimento all'accesso civico (si veda il disposto dell'art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013 in seguito alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 97/2016). Per quel che riguarda, in particolare, l'accesso alle informazioni detenute dalle società partecipate o controllate dagli enti locali, mentre si riconosce pienamente il diritto di accesso dei consiglieri nei confronti delle società in house, la questione è più complessa per quel che concerne la disclosure delle informazioni detenute dalle società di capitali (v. infra). La giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Toscana I, n. 2785/2005) ha, del pari, escluso l'accessibilità alle informazioni detenute da una società partecipata in misura paritaria da un ente locale e da una Regione, ove quest'ultima non abbia prestato il suo assenso all'accesso del consigliere. Per quel che concerne le modalità di esercizio del diritto di accesso nei confronti dei soggetti aventi forma societaria, va sottolineato che i consiglieri non possono rivolgersi direttamente agli organi sociali, essendo soggetti estranei alla compagine societaria. Essi, pertanto, dovranno formulare la richiesta di accesso nei confronti del rappresentante dell'ente socio, che dovrà poi attivarsi per ottenere dalla società partecipata quanto richiesto dal consigliere ai fini dell'espletamento del proprio mandato. I limiti al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provincialiLa stretta interconnessione esistente tra diritto di accesso dei consiglieri e utilità dell'informazione ai fini dello svolgimento del mandato istituzionale, oltre a costituire una diretta conseguenza del fondamento normativo e della ratio dell'istituto, si riflette anche sui limiti frapposti dall'ordinamento al suo esercizio. Così, non sono ammissibili istanze di accesso con le quali i consiglieri chiedano la disclosure di documenti del tutto inconferenti e non pertinenti rispetto allo svolgimento del munus. La delibazione in merito al carattere generico delle istanze di accesso formulate dai consiglieri, invero, risulta particolarmente complessa in quanto, ai sensi dell'art. 43, comma 2, del TUEL, l'ammissibilità e la legittimità dell'esercizio di tale diritto è ricollegata a tutto ciò che può essere effettivamente funzionale allo svolgimento del mandato e alla partecipazione dei consiglieri alla vita politico-amministrativa dell'ente. La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 1893/2001; Cons. St. V, n. 119/1994) ha, sul punto, rilevato che «il diritto di accesso del consigliere comunale non riguarda soltanto le competenze attribuite al consiglio comunale ma, essendo riferito all'espletamento del mandato, investe l'esercizio del munus in tutte le sue potenziali implicazioni per consentire la valutazione della correttezza ed efficacia dell'operato dell'amministrazione comunale». Tuttavia, ai fini dell'accoglimento dell'istanza di accesso ai sensi dell'art. 43 del TUELnon è sufficiente che il soggetto rivesta la carica di consigliere, ma occorre dimostrare che la richiesta di disclosure sia effettivamente collegata all'esame di questioni proprie dell'assemblea consiliare (Cons. St. V, n. 12/2019). Così, ad esempio, è stata ritenuta legittima la richiesta di un consigliere comunale di accedere alla registrazione magnetofonica di una seduta del Consiglio (Cass.III, n. 8480/1995), ai documenti preparatori degli atti esaminati nell'ambito del procedimento di approvazione delle deliberazioni consiliari (Cons. St. IV, n. 5148/2008), alla copia del libro giornale e del libro mastro dell'ente (Cons. St. V, n. 5020/2007), al protocollo dell'ente (T.A.R.Emilia-Romagna, Parma I, n.2/2006) e agli atti dei dirigenti (T.A.R. Campania, NapoliV, n. 3026/2006). Più di recente è stato dichiarato illegittimo il diniego opposto dall'amministrazione locale a un consigliere comunale che aveva chiesto di accedere alla richiesta inoltrata da un Comune alla Procura regionale della Corte dei conti (Cons. St. V, n. 12/2019). A fronte delle istanze di accesso dei consiglieri comunali e provinciali non risulta, invece, opponibile il segreto d'ufficio in quanto tali soggetti, ai sensi dell'art. 43, comma 1, in fine, del TUEL, sono a loro volta vincolati al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge (Cons. St.V, n. 940/2000;Cons. St. V, n.2716/2004). È per tale motivo che i consiglieri comunali e provinciali possono ottenere la disclosure anche di «documentazione che per ragioni di riservatezza non sarebbe ordinariamente ostensibile ad altri richiedenti» (T.A.R. Lombardia, Milano, n. 2363/2014). Tuttavia, il diritto di accesso dei consiglieri è escluso nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, come affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 4471/2005), che in proposito ha stabilito che residua «soltanto l'impenetrabilità di taluni ‘segreti reali' rispetto ai quali la segretezza connessa alla qualifica rivestita dal consigliere comunale (alla quale si riferisce l'ultimo periodo dell'art. 43, comma 2, TUEL) non costituisca un'idonea garanzia di non divulgazione della relativa informazione». In tali ipotesi, infatti, l'esigenza di segretezza è volta alla protezione di interessi ritenuti prioritari dall'ordinamento, con una valutazione a monte e un bilanciamento operato ex ante rispetto ad altri interessi con i quali essi potrebbero entrare in conflitto, sicché la tutela degli stessi non può mai ritenersi recessiva rispetto al diritto alla conoscibilità dell'informazione detenuta dalle amministrazioni locali da parte dei consiglieri comunali e provinciali. La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 166/2008; T.A.R. Lombardia, Brescia I, n. 580/2003) ha anche affermato che il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali non può essere limitato dal regolamento comunale sull'accesso agli atti oltre quanto previsto dall'art. 43, comma 2, del TUEL. È stata, invece, riconosciuta l'operatività del legal privilege quale limite alla disclosure degli atti di consulenza richiesti dall'ente locale ai fini del legittimo esercizio delle proprie funzioni (T.A.R. Lombardia, MilanoI, n. 17/2010). Questioni applicative1) Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali incontra un limite nella salvaguardia delle esigenze di riservatezza dei dati personali? Di recente, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 2089/2021) ha inteso delimitare maggiormente il perimetro oggettivo del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali affermando che il suo esercizio non può mai risolversi in pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall'ordinamento parimenti meritevoli di tutela. Pertanto, l'amministrazione locale è tenuta a vagliare le istanze di accesso di tali soggetti operando un bilanciamento con altri diritti fondamentali di pari rango, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale (C.cost., n. 85/2013). Nella specie è stata ritenuta legittima la non ostensione, da parte dell'amministrazione comunale, dei dati personali contenuti nei documenti oggetto di una istanza di accesso formulata ai sensi dell'art. 43 del TUEL, in quanto la conoscenza dei nominativi dei soggetti in condizione economica disagiata richiedenti il buono pasto non è stata considerata strumentale all'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo dei consiglieri comunali. Il giudice amministrativo, nella decisione sopra richiamata (Cons. St. V, n. 2089/2021), ha altresì chiarito che ogniqualvolta all'esito del giudizio di bilanciamento emerga la necessità di dare prevalenza alla salvaguardia dell'interesse antagonistico che fronteggia il diritto di accesso dei consiglieri, non è sufficiente che il consigliere comunale sia tenuto per legge al segreto sui dati e le informazioni acquisite all'esito dell'accesso agli atti dell'amministrazione locale. Dunque, la tutela di altri interessi primari dell'ordinamento, ritenuti prevalenti all'esito del giudizio di bilanciamento, impedisce la disclosure delle relative informazioni, ma non determina tout court il rigetto dell'istanza di accesso, posto che i documenti, i dati e le informazioni per i quali non sussistono insuperabili ragioni di riservatezza possono essere poste ai consiglieri (con un accoglimento parziale dell'istanza), oscurando e/o anonimizzando le informazioni da tutelare in via assoluta. Si tratta, invero, di una posizione giurisprudenziale diversa da quella prevalente in passato (Cons. St. V, n. 2716/2004, Cons. St. V, n. 940/2000), secondo la quale «il diritto di avere dall'ente tutte le informazioni che siano utili all'espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato all'osservanza del segreto». A parere di chi scrive la precedente impostazione risultava maggiormente rispondente alle finalità e all'oggetto del diritto di accesso disciplinato dall'art. 43, comma 2, del TUEL. Essa, tra l'altro, si caratterizzava per una solida coerenza intrinseca, come si evince dal trattamento dei controinteressati. Infatti, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 4471/2005), sulla scorta del carattere di diritto soggettivo pubblico del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali e della non coincidenza tra lo stesso e il diritto di accesso documentale disciplinato dalla l. n. 241/1990 – tanto dal punto di vista delle finalità, quanto da quello dell'oggetto – aveva sancito la non applicabilità delle regole procedimentali e dei limiti contenutistici dettati dal legislatore per l'accesso documentale: era stato peraltro affermato che «[A] fronte di tale diritto soggettivo pubblico recede, pertanto, ogni altro interesse, ivi inclusa la riservatezza di eventuali controinteressati». Anche una parte della dottrina (Vinciguerra, 1 ss.) ha criticato la soluzione adottata dal giudice amministrativo nel caso di specie, in quanto l'ordinamento giuridico già appresta specifici rimedi per la lesione del diritto alla riservatezza e, quindi, il rischio che le informazioni personali oggetto di disclosure (inerenti alle condizioni economiche dei soggetti che avevano fatto richiesta del buono pasto) fossero rese pubbliche durante le sedute del Consiglio, poteva essere neutralizzato facendo ricorso alle misure previste dalla normativa applicabile ratione materiae. Vale menzionare che il Garante per la protezione dei dati personali (provvedimento n. 369/2013), con riguardo all'accesso dei consiglieri regionali ai dati sanitari (nella specie, cartelle cliniche e certificati medici), ha ritenuto recessivo il diritto alla disclosure di tali soggetti – ancorché incaricati dello svolgimento di un munus pubblico – rispetto alla tutela dei dati personali, affermando che «la disciplina sulla protezione dei dati personali, con riferimento al trattamento di dati sensibili effettuato da soggetti pubblici, considera infatti di rilevante interesse pubblico il trattamento delle sole informazioni ‘indispensabili' allo svolgimento della funzione di controllo, di indirizzo politico o di sindacato ispettivo [...]. In base a tale disposizione, pertanto, il diritto di accesso a dati sensibili da parte dei consiglieri regionali incontra un limite nel rispetto dei principi di indispensabilità e di diretta riconducibilità alla funzione perseguita». A nostro avviso, la posizione assunta dal Garante con riguardo all'accesso dei consiglieri regionali non appare suscettibile di essere estesa al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali in ragione del fatto che unicamente per tali soggetti il legislatore ha inteso dettare uno specifico regime giuridico, sancendo, all'art. 43, comma 2, del TUEL, un'accessibilità estremamente ampia all'informazione detenuta dalle amministrazioni locali, con i soli limiti dell'utilità ai fini dello svolgimento del mandato e della non divulgabilità erga omnes dei dati resi accessibili ove la legge imponga il vincolo del segreto. 2) Che limiti incontra il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali rispetto alle informazioni detenute dalle società per azioni partecipate dall'ente locale? Una parte della dottrina (Bardelle, 1 ss.; Sala, 897 ss.) ha evidenziato che la questione dei limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali rispetto alle informazioni amministrative detenute dalle società partecipate dagli enti locali va affrontata prendendo in considerazione due profili. Da un lato, il fatto che l'esercizio di tale diritto di accesso va a incidere sugli interessi connessi alla natura societaria degli enti destinatari delle richieste di disclosure e, più in particolare, sull'esigenza di garantire la parità di trattamento degli azionisti, nonché sull'efficienza e competitività dell'impresa. Dall'altro, vengono in rilievo alcune prescrizioni normative che mirano ad evitare il sorgere di situazioni di conflitto di interessi, con specifico riferimento alla previsione di cause di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri comunali e provinciali, tra le quali va annoverata quella relativa all'assunzione di cariche che attribuiscono poteri decisionali nelle società per azioni partecipate. Mentre i profili pubblicistici non destano particolari preoccupazioni, avendo il legislatore risolto in radice il problema del conflitto di interessi, i profili privatistici risultano più complessi in quanto l'esercizio del diritto di accesso ai sensi dell'art. 43 del TUEL va a incidere sugli interessi della componente privata del capitale (ove la società sia meramente partecipata dall'ente locale), sulla compatibilità con le norme privatistiche che regolano il circuito informativo tra gli organi sociali, nonché sulla compatibilità con il principio comunitario della parità di trattamento degli azionisti (Bardelle, 3). In dottrina era stata prospettata la coincidenza del diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali alle informazioni detenute dalle società partecipate dall'ente locale con quello del socio comune, diversamente modulato a seconda della tipologia di società di capitali (Bardelle, 3). In forza di tale tesi il diritto di accesso veniva ad essere fortemente limitato nei confronti delle società partecipate in quanto, alla luce degli artt. 2381 e 2403-bis del codice civile, la disclosure si pone in contrasto con il dovere degli amministratori sociali di preservare la riservatezza della gestione dell'impresa, a tutela della sua efficienza e competitività sul mercato (Abriani, Celotto, 3 ss.). Sulla scorta di tale impostazione il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali non avrebbe potuto mai essere superiore al potere di ispezione riconosciuto all'ente locale azionista e ai consiglieri di amministrazione della società partecipata (ai quali non è riconosciuto alcun potere individuale di ispezione e controllo che, invece, spetta ai membri del Collegio sindacale). I recenti arresti della giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n. 5176/2017) hanno condotto al superamento di tale tesi dottrinale. In particolare, il giudice amministrativo ha chiarito che il diritto di accesso dei consiglieri non può estendersi anche alle società nelle quali l'ente locale possieda unicamente una partecipazione minoritaria – e tanto più quando tali società non svolgano attività di gestione di servizi pubblici – in quanto in tali casi manca il nesso di dipendenza richiesto dall'art. 43, comma 2, del TUEL e, pertanto, l'esercizio di tale diritto non sarebbe giustificato in relazione alla pretesa cura dell'interesse pubblico connesso al mandato conferito e cioè ai fini del controllo del comportamento complessivo dell'ente. Anche la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (parere n. 3.10 del Plenum del 12 marzo 2008) ha da tempo affermato che non può essere negato al consigliere comunale il diritto di ottenere informazioni e documenti concernenti gli affari sociali, posto che l'art. 2476, secondo comma, del codice civile consente al socio non partecipante all'amministrazione della società di esercitare un pervasivo potere di controllo sulla gestione della società. BibliografiaAbriani, Celotto, Diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali e doveri di amministratori e sindaci nelle società per azioni partecipate da enti locali: primi appunti, in Giust. amm., 2005; Bardelle, Il diritto di accesso agli atti delle società partecipate dall'ente locale, in dirittodeiservizipubblici.it, 2009, 1 ss.; Carbonara, Il diritto di accesso «incombe» anche sulle società partecipate, in Il nuovo diritto amministrativo, Milano, 2003, 21 ss.; Manganaro, L'accesso agli atti ed alle informazioni degli enti locali, in Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, 1271 ss.; Occhiena, Diritto di accesso, atti di diritto privato e tutela della riservatezza dopo la legge sulla privacy, in Il diritto processuale amministrativo, 1998, n. 2, 374 ss.; Sala, La società ‘pubblica' tra diritto privato e diritto amministrativo: la specialità delle società ad azionariato pubblico con particolare riferimento ai servizi pubblici locali, in Diritto e processo amministrativo, 2007, n. 4, 897 ss.; Sola, Il diritto di accesso del consigliere comunale e il vincolo al segreto d'ufficio, in federalismi.it, 2021, n. 6, 231 ss.; Vinciguerra, Il diritto di accesso del consigliere comunale non è un diritto «tiranno», ma strumentale (all'espletamento del mandato): il caso del relativo accesso all'elenco dei nuclei familiari a cui siano stati concessi buoni spesa, in Dir. amm., 2021, n. 12, 1 ss. |