Decreto del Presidente della Repubblica - 28/12/2000 - n. 445 art. 7 - (L) Redazione e stesura di atti pubblici

Massimiliano Scalise

(L) Redazione e stesura di atti pubblici

1. Le leggi, i decreti, gli atti ricevuti dai notai, tutti gli altri atti pubblici, e le certificazioni sono redatti, anche promiscuamente, con qualunque mezzo idoneo, atto a garantirne la conservazione nel tempo.

2. Il testo degli atti pubblici comunque redatti non deve contenere lacune, aggiunte, abbreviazioni, correzioni, alterazioni o abrasioni. Sono ammesse abbreviazioni, acronimi, ed espressioni in lingua straniera, di uso comune. Qualora risulti necessario apportare variazioni al testo, si provvede in modo che la precedente stesura resti leggibile.

Inquadramento

L'art. 7 è il risultato della sintesi e del consolidamento di norme già contenute nella l. n. 15/1968. Il comma 1, infatti, ripropone, in una versione aggiornata alle più moderne esigenze dell'attività della P.A., il contenuto dell'art. 12 della citata legge, il quale disponeva in materia di redazione degli atti pubblici. Il comma 2 dell'articolo in commento, invece, ripercorre le tracce dell'art. 13 della l. n. 15/1968, che si riferiva alle formalità connesse alla stesura degli atti pubblici.

La conservazione nel tempo degli atti pubblici.

La formula del comma 1 cristallizza il principio della conservazione degli atti pubblici nel tempo, stante la necessità di rendere sempre disponili e reperibili i relativi contenuti, in funzione della certezza giuridica.

Si sottolinea il carattere meramente confermativo della norma, contenente un principio ben noto alla cultura giuridica, a cui si sarebbe potuto ricorrere anche in assenza di una specifica statuizione nel TUDA; ciò stante il presupposto per cui ogni atto pubblico, indipendentemente dalla sua natura giuridica (legge, decreto o qualsivoglia atto pubblico), è di per sé funzionale alla sua stessa conservazione.

In dottrina, poi, è stato criticato l'uso dell'avverbio «promiscuamente» della norma in commento, che trova appunto la sua giustificazione negli anni ‘60 caratterizzati dalla «burocrazia cartacea», periodo in cui nella prassi redazionale degli atti erano tipici moduli e formulari misti. Il riferimento alla possibilità di usare (anche promiscuamente) «ogni mezzo» di redazione degli atti, resta ancora valido per le più moderne tecnologie di videoscrittura e di scrittura digitalizzata, a condizione che, indipendentemente dallo strumento usato, se ne possa garantire l'imperitura durata (Aa.Vv., 53).

In questo senso possono apprezzarsi la flessibilità e la versatilità dell'espressione, nella misura in cui l'avverbio in questione da un lato funge da efficace rimando per le tecniche di conservazione già previste per le singole ed eterogenee tipologie di atti pubblici e dall'altro è idoneo ad includere nel suo ambito tutte le tecnologie via via introdotte allo stesso fine, restando in ogni caso essenziale l'attitudine alla conservazione dei dati. A tale stregua può apprezzarsi la natura dell'art. 7 quale norma-obiettivo.

La stesura degli atti pubblici.

Il comma 2 reca poche ed essenziali regole di drafting amministrativo:

- il testo degli atti pubblici comunque redatti non deve contenere lacune, aggiunte, abbreviazioni, correzioni, alterazioni o abrasioni;

- sono ammesse abbreviazioni, acronimi, ed espressioni in lingua straniera, di uso comune;

- qualora risulti necessario apportare variazioni al testo, si provvede in modo che la precedente stesura resti leggibile.

La norma, poi, provvede ad aggiornare le precedenti formule emendative, eliminando il richiamo alle «postille» da apporre in calce alle correzioni (di vecchia tradizione notarile), dando spazio ad una più generale libertà, che si sostanzia nell'aver previsto come unica condizione per l'ammissibilità delle modifiche del testo, solo quella di garantire la «leggibilità» dell'originaria stesura.

In linea generale, è il caso di precisare che si tratta di regole che attengono non già alla forma degli atti pubblici quale requisito di validità bensì alla forma intesa come modalità di espressione del relativo contenuto, con la conseguenza che la loro inosservanza non è suscettibile di riverberarsi sul regime di validità e stabilità degli atti.

In dottrina si è collegata la norma in commento con il tema della semplificazione del linguaggio amministrativo. Si tratta di un tema affrontato, fra l'altro, dalla Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi dell'8 maggio 2002, dalla Direttiva sulla semplificazione del linguaggio delle Pubbliche amministrazioni del 24 ottobre 2005, entrambe del Dipartimento della Funzione pubblica, nonché dalle diverse direttive e regolamenti per la qualità e la valutazione dell'impatto della regolamentazione, che attengono però al diverso ambito del drafting normativo.

Per quanto attiene alle regole di drafting amministrativo, si è, altresì, richiamata la «Guida alla redazione degli atti amministrativi», realizzata da un lavoro congiunto dell'Istituto di teoria e tecniche dell'informazione giuridica (ITTIG-CNR), dell'Accademia della Crusca, e di altri enti ed organismi, tra cui Ancitel S. p. A.

Partendo dalla constatazione che la redazione dei documenti amministrativi deve rispondere ai criteri di chiarezza, coerenza, semplicità, economia, la Guida contiene una serie di regole e suggerimenti sull'utilizzo della lingua negli atti amministrativi, sulla struttura del provvedimento amministrativo, sulle tecniche di rinvio agli altri atti, coniugando le competenze linguistiche con quelle tecnico-giuridiche (Bultrini, 2153).

Non vi è, infine, dubbio sulla non interferenza delle regole redazionali dettate dalla norma in commento su quelle dettate in materia di atti notarili nel Titolo III, Capo I della l. n. 89/1913 (Legge sull'Ordinamento del Notariato e degli Archivi notarili, c.d. «Legge Notarile»), connotandosi queste ultime in chiave di marcata specialità e maggior rigore in coerenza con le maggiori esigenze di certezza che connotano gli atti notarili e non essendovi profili di contraddittorietà fra le due normative. Ne consegue l'applicazione nella specie del principio compendiato nel brocardo della lex posterior generalis (id est art. 7 del TUDA) non derogat priori speciali, (id estl. n. 89/2013).

In dottrina si è osservato che la maggior severità della normativa notarile si può agevolmente giustificare per via della particolare funzione garantistica attribuita al notaio in relazione alla documentazione pubblica. Come è stato osservato da taluna dottrina, gli artt. 47, commi 2 e 53 della legge notarile convergono nella volontà di assicurare univocità, certezza ed affidabilità dell'atto pubblico. In questo senso, la figura del notaio, è appunto quella del dominus, del vero autore nella fase di creazione dell'atto, attraverso la cui competenza giuridico-linguistica sarà possibile ridurre eventuali errori ostativi.

Il percorso che conduce, dunque, alla certezza dell'atto è costituito dall'indagine della volontà delle parti, il controllo di legalità e l'integrale compilazione (sotto l'autonoma direzione del notaio) del documento pubblico (Petrelli, 35).

Bibliografia

Aa.Vv., La documentazione amministrativa, Milano, 2001, 49 ss.; Bultrini, Le documentazioni amministrative, in Guida agli Enti Locali, n. 34/2018, 2152 ss.; Petrelli, L'indagine della volontà delle parti e la sostanza dell'atto notarile, in Riv. not., 1, 2006, 29 ss.

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