Il legittimato passivo nell'opposizione recuperatoria avverso l'iscrizione a ruolo di crediti previdenziali è l'ente impositore

26 Maggio 2022

Le Sezioni Unite sanciscono il principio secondo cui, nell'ipotesi di opposizione tardiva proposta contro l'iscrizione a ruolo di crediti previdenziali, unico legittimato passivo è l'ente impositore. Ne deriva che se l'opposizione è promossa nei confronti del concessionario non è possibile alcuna integrazione del contraddittorio e il ricorso deve essere rigettato.
Massima

In tema di riscossione dei crediti previdenziali, in forza della disciplina dell'art. 24 d.lgs. 46/1999, la legittimazione a contraddire compete al solo ente impositore, sicché la proposizione nei confronti del concessionario dell'opposizione tardiva recuperatoria avverso l'iscrizione a ruolo, al fine di far valere l'inesistenza del credito portato dalle cartelle delle quali è stata omessa la notificazione, anche per maturarsi del termine prescrizionale, lungi dal dar luogo ai meccanismi di cui all'art. 107 o 102 c.p.c., determina il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione in capo al concessionario medesimo.

Il caso

Tizia, sostenendo di avere avuto notizia, per mezzo di estratto di ruolo rilasciato dall'agente della riscossione, di un'iscrizione per crediti previdenziali portati da cartelle esattoriali mai notificate, citava in giudizio la concessionaria Equitalia sud S.p.A. chiedendo accertarsi l'infondatezza della pretesa creditoria in mancanza di notifica delle cartelle di pagamento e, comunque, la prescrizione della stessa essendo decorso il termine di prescrizione quinquennale. Il Tribunale adito, nella contumacia di Equitalia sud s.p.a., dichiarava “inesigibili” i crediti, in parte perché estinti per prescrizione e in parte per omessa notifica delle cartelle. L'agente della riscossione proponeva appello deducendo la violazione del principio del contraddittorio perché la ricorrente, pur avendo contestato il “merito” della pretesa contributiva, aveva omesso di chiamare in giudizio il titolare del diritto di credito (INPS), avendo promosso l'azione solo nei confronti del soggetto autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento. La Corte d'Appello accoglieva l'impugnazione dichiarando la nullità del giudizio di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell'INPS, rimettendo la causa davanti al primo giudice. Avverso la sentenza della Corte d'Appello Tizia proponeva ricorso in Cassazione.

La questione

La Suprema Corte, con la decisione in commento, si pronuncia su una questione di massima di particolare importanza, a seguito di rimessione al Primo Presidente da parte della Sezione Lavoro della stessa Corte con l'ordinanza interlocutoria n. 8003/2021, con la quale era stato evidenziato un contrasto interpretativo in ordine alla legittimazione passiva dell'ente impositore o dell'agente della riscossione nonché con riferimento alla configurabilità o meno di un litisconsorzio necessario o facoltativo fra i due soggetti. I giudici di legittimità, preliminarmente, chiariscono che l'eventuale difetto di legittimatio ad causam può essere rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, per cui un problema di tardività dell'eccezione, sollevata dall'agente della riscossione solo attraverso l'impugnazione della sentenza di primo grado, non si pone neppure. In secondo luogo precisano come, al fine di fornire la soluzione alla questione concernente la legittimazione, occorra individuare correttamente la natura dell'azione proposta, fondata su una contestazione del merito della pretesa previdenziale; si legge, infatti, nella decisione in commento che «Non si fa questione, infatti, della regolarità o della validità degli atti della procedura di riscossione. Ciò che si chiede al giudice è l'accertamento dell'infondatezza della pretesa creditoria o, in ogni caso, dellaprescrizione dell'azione di riscossione in costanza di omissione della notifica delle cartelle di pagamento, cioè una pronuncia sul merito della pretesa contributiva. L'omissione della notificazione, d'altra parte, attiene al merito della controversia, perché, oltre ad essere rilevante ai fini della prescrizione, ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa, potendone determinare l'eventuale decadenza». Chiarito detto profilo, le Sezioni Unite procedono ad un excursus della giurisprudenza formatasi in tema di legittimazione dell'ente impositore e dell'agente della riscossione, non limitandosi solo alla materia previdenziale ma dando atto degli orientamenti consolidatisi anche in materia tributaria e in tema di opposizione a cartella esattoriale relativa al pagamento di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, concludendo poi la soluzione della legittimazione passiva esclusiva dell'ente impositore in caso di riscossione dei crediti di natura previdenziale; non può, infatti, prescindersi dalla peculiarità di detto ultimo sistema per l'individuazione della corretta soluzione giuridica in tema di legittimazione passiva.

Le soluzioni giuridiche

Come accennato, la sentenza in commento evidenzia le differenze di orientamenti giurisprudenziali formatasi «in ragione della diversa natura che possono assumere i crediti vantati dallo Stato nei confronti dei propri debitori, delle irregolarità formali degli atti della procedura esattoriale eventualmente fatte valere e delle peculiari regole che disciplinano, in specifici settori, il processo di opposizione», per poi giungere ad una soluzione specifica – risolvendo il contrasto- in materia previdenziale. Con riferimento alla materia tributaria, infatti, la giurisprudenza ha fatto applicazione dell'art. 39 del d.lgs. 112/1999 secondo cui «il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite». In applicazione di tale norma, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, ove il contribuente impugni la cartella esattoriale deducendone la nullità per omessa notifica dell'atto presupposto o contestando, in via alternativa, la pretesa tributaria azionata nei suoi confronti, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non al concessionario, al quale, se destinatario dell'impugnazione, incombe - ai sensi del citato art. 39 - l'onere di chiamare in giudizio l'ente. Se l'azione del contribuente è svolta direttamente nei confronti dell'ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa, mentre se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell'esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l'ente titolare del diritto di credito. Affermano, dunque, i giudici di legittimità che «Nelle controversie tributarie il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche all'invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile un litisconsorzio necessario, sicché il fatto che il contribuente individui nel concessionario piuttosto che nel titolare del credito tributario il legittimato passivo non impone al giudice adito di ordinare l'integrazione del contraddittorio, ammettendosi la chiamata in causa dell'ente impositore». Per quanto riguarda, invece, la diversa materia delle opposizione a sanzioni amministrative ex l. 698/1981, l'agente della riscossione ha una generale legittimazione passiva nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è incaricato, per cui «ove il destinatario della stessa deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell'infrazione, la legittimazione passiva spetta non soltanto all'ente impositore, quale titolare della pretesa sostanziale contestata, ma anche, quale litisconsorte necessario, all'esattore che ha emesso l'atto opposto e ha perciò interesse a resistere, in ragione dell'incidenza che un'eventuale pronuncia di annullamento della cartella può avere sul rapporto esattoriale» (cfr. Cass. civ., 21 maggio 2013, n. 12385).

Nella materia previdenziale si registra, al contrario, «un panorama piuttosto disomogeneo» (anche in base alla tipologia di azione proposta). Tuttavia, occorre partire dal rilievo che «la materia è regolata da una disciplina apposita, che si rinviene negli artt. 24 e ss. del d.lgs. 46/1999». In particolare, detta norma- a seguito delle modifiche apportate nel 2002- ha previsto che «Contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore», sopprimendo qualsiasi riferimento (esistente ante riforma) alla notifica al concessionario, così confermando che la legittimazione passiva spetti esclusivamente all'ente impositore. Secondo gli Ermellini, dunque, «limitatamente al processo attinente alle opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali e alle opposizioni (come quella oggetto della presente decisione), concernenti l'accertamento negativo del debito per fatti successivi all'iscrizione a ruolo, entrambe accomunate dall'attinenza al merito della pretesa contributiva, la legittimazione passiva resta regolata dal citato art. 24, senza che possa trovare applicazione l'art. 39 d.lgs. 112/1999 e le conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria». Non possono, quindi, adottarsi le soluzioni prospettate con riferimento alle altre materie, già esaminate. Né nella specie può configurarsi alcun litisconsorzio necessario fra l'ente impositore e il concessionario, «considerato che nel giudizio non si fa questione della legittimità degli atti esecutivi imputabili al concessionario, la sentenza deve ritenersi utiliter data anche senza la partecipazione di quest'ultimo al processo, mentre l'eventuale annullamento della cartella e del ruolo per vizi sostanziali produce comunque effetti nei confronti del medesimo, mero destinatario del pagamento o, più precisamente, avuto riguardo allo schema dell'art. 1188, comma 1, c.c., soggetto (incaricato dal creditore e) autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento, vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa».

Osservazioni

Delineata la soluzione giuridica alla questione prospettata, la Corte conclude chiarendo – come accennato – che nessuna integrazione del contraddittorio può essere disposta ai sensi dell'art. 102 c.p.c. o 107 c.p.c. Spetta, infatti, a chi intraprende un'azione individuare correttamente il soggetto legittimato passivamente, quale titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio. La conseguenza, dunque, nel caso di erronea individuazione del soggetto passivo, non potrà che essere il rigetto della domanda per difetto di una condizione dell'azione.

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