Decreto del Presidente della Repubblica - 24/11/1971 - n. 1199 art. 9 - Termine - Presentazione.

Olga Toriello

Termine - Presentazione.

Art. 9

Il ricorso deve essere proposto nel termine di centoventi giorni dalla data della notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.

Nel detto termine, il ricorso deve essere notificato nei modi e con le forme prescritti per i ricorsi giurisdizionali ad uno almeno dei controinteressati e presentato con la prova dell'eseguita notificazione all'organo che ha emanato l'atto o al Ministero competente, direttamente o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso l'ufficio ne rilascia ricevuta. Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione.

L'organo, che ha ricevuto il ricorso, lo trasmette immediatamente al Ministero competente, al quale riferisce.

Ai controinteressati è assegnato un termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso per presentare al Ministero che istruisce l'affare deduzioni e documenti ed eventualmente per proporre ricorso incidentale.

Quando il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, il Ministero ordina l'integrazione del procedimento, determinando i soggetti cui il ricorso stesso deve essere notificato e le modalità e i termini entro i quali il ricorrente deve provvedere all'integrazione (A).

(A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare Ministero dell'Interno 27 marzo 2013 n. 9/2013.

Inquadramento

La norma in esame disciplina le modalità di presentazione del ricorso, dettandone modalità e scansioni temporali.

Termini per l'impugnazione.

Con riferimento alla proposizione del ricorso straordinario, la parte ricorrente non necessita della rappresentanza tecnica da parte di un avvocato, ben potendo provvedere da sé (T.A.R. Lazio, Roma sez. stralcio, 18 febbraio 2019, n. 2201).

I termini per l'impugnazione decorrono, secondo i principi generali, dalla data di effettiva conoscenza del provvedimento lesivo (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 03 novembre 2022, n. 14350): ne deriva che dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale di un provvedimento regionale limitatamente al dispositivo, con omissione di tutta la parte relativa all'esposizione delle premesse e della motivazione, non può derivare quella piena conoscenza dell'atto e delle ragioni che lo sostengono dal quale l'art. 9, d.P.R. n. 1199/1971 fa decorrere il termine decadenziale per la proposizione del ricorso straordinario in assenza di notificazione o comunicazione diretta all'interessato (Cons. St. I, n.9831/2006).

Modalità di presentazione del ricorso. La notifica ai controinteressati e all'Autorità emanante.

La norma pone un vero e proprio obbligo, a carico del ricorrente, di provvedere alla notifica del ricorso ai controinteressati. Tale comunicazione, ai sensi dell'art. 9 comma 2, deve avvenire mediante notificata nei modi e con le forme prescritti per i ricorsi giurisdizionali: ne consegue l'inammissibilità del ricorso straordinario inviato ai controinteressati con semplice raccomandata con ricevuta di ritorno (T.A.R. Sardegna, Cagliari I, 20 aprile2007, n. 713), ovvero a mezzo pec ordinaria (Cons. Stato, sez. I, 17 novembre 2021, n. 1756).

Va precisato, peraltro, che l'onere della notificazione del ricorso straordinario ad almeno uno dei controinteressati, posto dall'art. 9, comma 2, ai fini dell'ammissibilità del gravame, opera esclusivamente nel caso in cui sussistano soggetti aventi un interesse contrario alla richiesta di annullamento proposta dal ricorrente e sempreché tali soggetti siano identificabili dal contesto dell'atto impugnato (Cons. St.III, n. 1839/2010).

Dopo aver provveduto ad eseguire le notifiche ai controinteressati, il comma 2 dell'art. 9 richiede, a pena di inammissibilità, che il ricorrente, è tenuto a presentare, nel termine di 120 giorni il ricorso straordinario accompagnato con la prova dell'eseguita notificazione (cioè con la prova di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario o all'agente postale) all'organo che ha emanato l'atto o al Ministro competente, ovvero, a fornire la prova che tale notifica è andata a buon fine, anche dopo la scadenza del termine per il deposito del ricorso, purché prima che la controversia passi in decisione (T.A.R. Lombardia, Brescia I, 3 maggio 2021, n. 394; C.G.A. Sicilia 20 aprile 2015, n. 329). Pertanto, ciò che rileva ai fini dell'ammissibilità del ricorso straordinario è (soprattutto e soltanto) che nel termine previsto avvenga la notifica ad almeno un controinteressato e che entro lo stesso termine avvenga la notifica o presentazione dell'atto all'autorità (art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971). Ne consegue che deve ritenersi ammissibile il ricorso straordinario al Capo dello Stato notificato contestualmente al controinteressato e all'autorità rispettando il termine di legge, ancorché l'art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 1199/1971 formalmente preveda che il ricorso straordinario debba essere prima notificato ad almeno un controinteressato e successivamente presentato con la prova della avvenuta notificazione all'amministrazione (Cons. St. VI, n. 3850/2014).

La norma, inoltre, puntualizza espressamente che, «quando il ricorso» al Presidente della Repubblica «è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione» (T.A.R. Basilicata, Potenza, 11 maggio 2011, n. 252). Tale norma si applica nel caso in cui il ricorso sia stato inviato al Ministro competente; pertanto, è irricevibile il ricorso straordinario che, essendo stato spedito nei termini ad un'autorità incompetente, sia pervenuto all'autorità competente fuori termine (Cons. St. II, n. 111/1993) L'utilizzazione del servizio postale è consentita dagli art. 2 e 9 del d.P.R. n. 1199/1971 solo nel caso di spedizione di raccomandata con avviso di ricevimento; la data di spedizione acquista rilevanza solo se la lettera è inviata al Ministero competente o all'autorità che ha emanato l'atto impugnato (Cons. St. II, n. 1708/1976).

La notifica all'ente pubblico diverso dallo Stato.

Il ricorso straordinario al capo dello Stato deve essere notificato all'autorità emanante il provvedimento impugnato, ove trattasi di organo non statale, con le modalità ex art. 9, d.P.R. 30 novembre 1971, n. 1199 della notificazione del ricorso giurisdizionale ai controinteressati. L'Autorità emanante l'atto impugnato, allorché si tratti di ente pubblico diverso dallo Stato, è invero titolare di un proprio qualificato interesse a contraddire nei confronti di una domanda vertente dell'annullamento del proprio provvedimento (Cons. St. III, n.481/1997).

Ai fini della validità della notifica, la giurisprudenza ha ritenuto che, ove il ricorso straordinario sia presentato all'Avvocatura dello Stato nel termine di centoventi giorni previsto dall'art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, il ricorso stesso deve ritenersi tempestivo anche ove sia trasmesso dall'Avvocatura al Ministero competente oltre tale termine; e ciò valorizzando il peculiare ruolo dell'Avvocatura dello Stato che in quanto organo ausiliario necessario dell'Amministrazione centrale, non assolve ad una funzione meramente tecnica di assistenza in giudizio, essendo attributaria anche di funzioni di ricezione degli atti processuali e di consulenza; dunque, non può considerarsi come organo estraneo ad una sequenza procedimentale di natura paragiurisdizionale (T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1376/2019 e T.A.R. Lombardia, Milano n.1578/2020 e ; Cons. St. I, n. 688/1998).

Risponde alla stessa ratio la posizione giurisprudenziale per la quale la mancata prova dell'avvenuta notifica del ricorso straordinario all'autorità emanante l'atto impugnato, quando si tratti di ente diverso dallo Stato, non comporta l'inammissibilità del ricorso stesso atteso che le disposizioni dell'art. 9 comma d.P.R. n. 1199/1971, non impongono tale adempimento, a pena di inammissibilità del gravame. Né in senso diverso depone la sentenza della Corte cost. n.148/1982, che ha riguardato il successivo art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 (al fine di consentire anche all'autorità emanante, quando si tratti di ente diverso dallo Stato, di proporre opposizione al ricorso straordinario). Ne consegue che il contraddittorio nei confronti degli enti diversi dallo Stato, all'occorrenza, ben può essere integrato d'ufficio a cura del Ministero che cura l'istruttoria (Cons. St. III, n. 848/2003).

Va infine precisato che la notificazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica all'autorità diversa dallo Stato che ha emanato l'atto impugnato non è presupposto necessario ai fini del trasferimento del ricorso in sede giurisdizionale (Cons. St. II, n.2542/1997).

Integrazione del contraddittorio.

Una volta che il ricorso straordinario al Capo dello Stato risulti validamente proposto, il fatto che, in ipotesi vi sia stato un vizio in procedendo, consistente nella mancata integrazione del contraddittorioex art. 9, comma 5, d.P.R. n. 1199/1971, non costituisce motivo per un annullamento (meramente rescindente) del decreto presidenziale con rimessione all'autorità amministrativa per la rinnovazione (in via rescissoria) del procedimento straordinario, ma determina soltanto l'impossibilità di opporre all'attuale ricorrente i limiti di cui all'art. 10, comma ultimo, stessa legge (T.A.R. Campania, Napoli III, 20 luglio2011, n. 3922; T.A.R. Campania, Napoli III, 19 gennaio2010, n. 202).

La tutela cautelare.

L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica può, su istanza del ricorrente, essere sospesa, con provvedimento del Ministro competente e previo parere del Cons. St., ove ricorra il presupposto del danno grave e irreparabile, e vi siano ragioni per ritenere, ad un sommario esame, non manifestamente infondate le censure sollevate nel ricorso stesso (Cons. St. II, n. 127/2001; Cons. St., comm. spec., n. 920/2009). Il decreto col quale il ministro competente sospende il provvedimento impugnato col ricorso straordinario al capo dello Stato è a sua volta impugnabile in sede giurisdizionale solo per vizi di forma e di procedimento (Cons. St., comm. spec., n. 16/1991).

Questioni applicative

1) L'alternatività opera anche in caso di impugnazione di atti connessi?

Il principio dell'alternatività è stato considerato tradizionalmente inapplicabile in caso di impugnativa diretta, nei confronti di atti diversi, benché connessi, per i quali manca il ricordato presupposto dell'identità dell'atto (Cons. St. II, parere n. 1298/2018).

Tuttavia, secondo un recente orientamento pretorio  (Cons. St. sez. I consultiva, n. 2861/2019), deve preferirsi la soluzione opposta. La ratio del principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario al Capo dello Stato, infatti, deve essere individuata nell'esigenza di impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto e, dunque, di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti tra organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia.

Da ciò consegue che, nel caso in cui l'atto presupponente sia impugnato con ricorso giurisdizionale, a fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso giurisdizionale dovrà essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 23 marzo 2023, n. 311). Se invece l'atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso straordinario sarà inammissibile per violazione del principio di alternatività. Tale principio ha già trovato riscontro nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha sancito l'inammissibilità del ricorso straordinario «a cagione della violazione della regola di «alternatività» che s'impone come limite alla contestuale proponibilità di due distinti ricorsi (amministrativo/straordinario e giurisdizionale) vertenti sulla medesima questione di fatto e di diritto e recanti ad oggetto la medesima pretesa sostanziale (identità della materia del contendere): ricorsi che potrebbero sortire decisioni contrastanti e che la regola dell'«alternatività» intende, appunto, scongiurare» (Cons. St. I, n. 548/2019).

In questa prospettiva, secondo Cons. St. n. 545/2020  e T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 01 dicembre 2022, n. 3133  «la regola di alternatività opera anche quando, dopo l'impugnazione in sede straordinaria dell'atto presupposto, venga gravato in sede giurisdizionale l'atto conseguente, al fine di dimostrarne l'illegittimità derivata dalla dedotta invalidità dell'atto presupposto; cosicché il giudizio già pendente avverso l'atto presupposto esercita una vis attractiva su ogni altro atto ad esso oggettivamente connesso e fa escludere che la contestazione rivolta agli atti connessi possa aver luogo attraverso separato ricorso in diversa sede.

Il Consiglio ha richiamato l'interpretazione estensiva del principio di alternatività fra ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e ricorso giurisdizionale, enunciato dall'art. 8, comma 2, d.P.R. n. 1199/1971. Nel prestare adesione all'orientamento maggioritario, la Sezione ha osservato che si tratta di un indirizzo teleologico fondato su una nozione di alternatività di carattere sostanziale che privilegia le esigenze di economia dei giudizi e persegue la finalità di evitare contrasti fra giudicati sede» (Cons. St. II, n. 5856/2019). Quanto alla possibile obiezione che attiene al vulnus al diritto di difesa che deriverebbe, nella fattispecie, dalla predetta interpretazione, che renderebbe di fatto impossibile la proposizione della domanda di risarcimento danni, ha chiarito la Sezione che se è vero che per consolidato orientamento la natura impugnatoria del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ammesso contro atti amministrativi definitivi e per soli motivi di legittimità (art. 8, d.P.R. n. 1199 del 1971), esclude che con lo stesso possano esercitarsi azioni differenti rispetto a quella di annullamento (Cons. St. I, n. 2104/2019; n. 1984/2019; n. 77/2019; III, n. 2273/2015), tuttavia la domanda risarcitoria era ammissibile in sede giurisdizionale, dove la stessa è proponibile anche in via autonoma e indipendentemente dalla rituale impugnazione dell'atto lesivo (art. 30 c.p.a.).

2) Qual è l'incidenza della giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario sula questione dell'alternatività in caso di connessione?

Secondo Cons. St. I, n. 2881/2019, la ratio del principio di alternatività deve essere individuata nell'esigenza di impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto e, dunque, di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti tra organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia.

Osserva il Consiglio che, a seguito della trasformazione del processo amministrativo da giudizio sull'atto a giudizio sul rapporto, è necessario rivedere la portata del principio di alternatività escludendo che del medesimo rapporto possano occuparsi contemporaneamente il giudice amministrativo e il Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario.

Nell'ipotesi in cui l'atto presupposto (a monte) venga impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato e il successivo atto presupponente (a valle) con ricorso giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo o viceversa, occorrerà – in applicazione del principio di alternatività – dichiarare inammissibile il giudizio introdotto per ultimo. Tale conclusione deve reputarsi valida sia nel caso di stretta presupposizione – ossia quando vi è la necessaria derivazione del secondo dal primo come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi – sia nel caso di mera derivazione cui conseguirebbe solo un effetto meramente viziante per l'atto a valle. Per quest'ultima ipotesi, una visione moderna del principio di alternatività impone di rivolgersi allo stesso organo ogni qual volta si discuta del medesimo rapporto giuridico o quando le censure formulate siano identiche e, come detto, riferibili allo stesso rapporto giuridico tra amministrazione e amministrato. Ragionando diversamente si legittimerebbe il frazionamento della tutela giurisdizionale in contrasto con il principio del giusto processo (art. 111 Cost.) e con il suo corollario dell'economia dei mezzi giuridici; aumenterebbe inoltre il rischio di decisioni contrastanti all'interno dello stesso plesso giurisdizionale con conseguente lesione del principio dell'effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost. e art. 1 c.p.a.).

Da ciò consegue che, nel caso in cui l'atto presupponente sia impugnato con ricorso giurisdizionale, a fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso giurisdizionale dovrà essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo. Se invece l'atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso straordinario sarà inammissibile per violazione del principio di alternatività. Tale principio ha già trovato una qualche eco nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha sancito l'inammissibilità del ricorso straordinario «a cagione della violazione della regola di «alternatività» che s'impone come limite alla contestuale proponibilità di due distinti ricorsi (amministrativo/straordinario e giurisdizionale) vertenti sulla medesima questione di fatto e di diritto e recanti ad oggetto la medesima pretesa sostanziale (identità della materia del contendere): ricorsi che potrebbero sortire decisioni contrastanti e che la regola dell'«alternatività» intende, appunto, scongiurare» (Cons. St. I, n. 548/2019).

3) Si applica il regime di alternatività in caso di impugnazione del medesimo atto da parte di uno o più cointeressati?

Altro profilo dell'alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario attiene all'ipotesi della diversità dei soggetti (cointeressati) proponenti i due gravami contro un medesimo atto. Si discute infatti se, data l'identità dell'oggetto ma non anche del soggetto ricorrente, tale principio operi ugualmente.

Invero, a differenza di quanto riconosciuto prima della riforma del 1971, nella vigente disciplina del ricorso straordinario e dei ricorsi giurisdizionali amministrativi non si rinvengono disposizioni in base alle quali l'alternatività debba valere anche nelle ipotesi in cui il medesimo atto sia impugnato nelle due sedi da due soggetti diversi, entrambi cointeressati.

Ciononostante una parte della giurisprudenza amministrativa ritiene inammissibile l'impugnazione in sede straordinaria di un atto già impugnato in sede giurisdizionale da altro soggetto cointeressato e viceversa, per prevenire quello che impropriamente viene definito «conflitto di giudicati».

Per tale giurisprudenza, peraltro, le conseguenze preclusive, derivanti dall'applicazione del principio dell'alternatività, vanno mitigate, per il ricorrente in sede straordinaria che versi in ignoranza del ricorso giurisdizionale altrui, dall'applicazione, in via analogica, del principio di cui all'art. 48, comma 1, c.p.a., con la conseguente conversione facoltativa del rimedio straordinario in quello giurisdizionale. È chiaro che, a tal fine, sarà onere dell'opponente informare il ricorrente in sede straordinaria dell'avvenuta presentazione del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, in modo che, entro sessanta giorni dal perfezionamento di tale comunicazione, egli possa ricorrere al Giudice Amministrativo, ivi trasponendo a pena di inammissibilità i motivi del suo ricorso (senza poterne aggiungere di nuovi, salvo ovviamente che sia in termine anche per il rimedio prevalente).

Di diverso avviso è invece la tesi prevalente, che esclude l'applicabilità della norma in commento e afferma che i ricorsi proposti dal ricorrente e dal cointeressato in sedi diverse sarebbero destinati a procedere autonomamente e risulterebbero quindi ugualmente ammissibili. Premesso che un'estensione dell'alternatività a fattispecie di controversie diverse rispetto a quelle previste dalla norma (per diversità dei soggetti) non è possibile in assenza di una base positiva (la norma richiede l'identità del ricorrente ex art. 8 d.P.R. n. 1199/1971) e che proprio la diversità dei soggetti rende non configurabile un conflitto di decisioni in senso tecnico, si osserva, a sostegno della tesi della non alternatività, che l'eventualità di decisioni difformi nei confronti di un medesimo atto impugnato da soggetti diversi si può verificare anche davanti al Giudice Amministrativo in caso di pendenza di due giudizi sullo stesso atto incardinati da ricorrenti diversi: anche l'esistenza di una competenza territoriale derogabile (per cui, in mancanza di una specifica eccezione della controparte, è possibile che il ricorso si svolga presso un TAR diverso da quello competente) rende infatti frequente l'ipotesi di pronunce difformi con riferimento al medesimo atto. Pronunce difformi si possono verificare, del resto, anche davanti allo stesso giudice che potrebbe decidere di non riunire dei ricorsi esperiti contro lo stesso atto perché, per esempio, presentati in momenti diversi.

4) L'alternatività riguarda anche i diritti soggettivi affidati alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo?

Un problema interessante è quello di stabilire se l'alternatività riguardi esclusivamente gli interessi legittimi o debba estendersi anche ai diritti soggettivi conosciuti dal Giudice Amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

Le soluzioni prospettate sono a tal proposito due:

a ) se si fa leva sulla ratio dell'alternatività, volta essenzialmente a precludere la possibilità di una doppia pronuncia del Consiglio di Stato, allora l'alternatività deve intendersi riferita anche ai diritti soggettivi devoluti alla conoscenza del Giudice Amministrativo;

b ) se invece si ritiene che l'alternatività sia legata alla posizione giuridica dell'interesse legittimo, si deve convenire che, nel caso in cui si verta in tema di diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, sia possibile proporre il ricorso al Giudice Amministrativo anche dopo la decisione del ricorso straordinario, nell'ordinario termine di prescrizione del diritto. In tal caso, peraltro, il Giudice Amministrativo, al pari di quello Ordinario, sarà chiamato a decidere sul rapporto sostanziale, eventualmente disapplicando la decisione del ricorso straordinario.

La tesi dell'estensione dell'alternatività anche ai diritti soggettivi affidati alla giurisdizione esclusiva, è ormai decisivamente avvalorata dalla natura giurisdizionale del rimedio sancita dalla l. n. 69/2009 e dal d.lgs. n. 104/2010.

Bibliografia

Benvenuti, Appunti di diritto amministrativo, 115, e Autotutela, in Enc. dir., 541; F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo ragionato, Roma, 2021, parte 12, capitoli 1 e 5; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2020; D'angelo, La «giurisdizionalizzazione» del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: profili critici di un orientamento che non convince, in giustiziaamministrativa.it, 2013; De Roberto, Tonini, I ricorsi amministrativi, Milano, 1984, 78; Freni, Il nuovo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Roma, 2010; Jaricci, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Bologna, 2011; Mazza Laboccetta, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Un rimedio per la «tutela della giustizia nell'amministrazione», Napoli, 2017; Pignataro, Riflessioni sulla natura del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e sulle sue dirette implicazioni, in federalismi.it, 2017; Sandulli, Manuale di Diritto Amministrativo, Napoli, 1989; Tanda, Le nuove prospettive del ricorso straordinario al capo dello Stato, Torino, 2014.

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