Decreto del Presidente della Repubblica - 24/11/1971 - n. 1199 art. 13 - Parere su ricorso straordinario.

Olga Toriello

Parere su ricorso straordinario.

Art. 13

L'organo al quale è assegnato il ricorso, se riconosce che l'istruttoria è incompleta o che i fatti affermati nell'atto impugnato sono in contraddizione con i documenti, può richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti ovvero ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le parti ad assistervi ed a produrre nuovi documenti. Se il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, manda allo stesso Ministero di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri secondo le modalità previste nell'art. 9, quinto comma. Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 , nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati. Se l'istruttoria è completa e il contraddittorio è regolare, esprime parere (1):

a) per la dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per presentare all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti non definitivi;

b) per l'assegnazione al ricorrente di un termine per la regolarizzazione, se ravvisa una irregolarità sanabile, e, se questi non vi provvede, per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso;

c) per la reiezione, se riconosce infondato il ricorso;

d) per accoglimento e la rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce fondato il ricorso per il motivo di incompetenza;

e) per l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità (A).

(1) Alinea modificato dall'articolo 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69.

(A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare Ministero dell'Interno 27 marzo 2013 n. 9/2013.

Inquadramento

S'è già osservato a più riprese nelle pagine precedenti che la riforma del 2009, riscrivendo l'art. 14, ai commi primo e secondo, del d.P.R. n. 1199/1971, ha eliminato la possibilità governativa, originariamente prevista, di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato sottoponendo la questione al Consiglio dei Ministri.

Il parere del Consiglio di Stato ha così acquisito natura vincolante rispetto alla proposta del Ministro e alla conseguente decisione del Capo dello Stato; la novella sposta, quindi, sul Consiglio di Stato, organo terzo e giurisdizionale, il peso esclusivo della decisione, attribuendo conseguentemente a tale parere veste decisoria finale, pur se formalmente endo-procedimentale.

Per converso, il decreto del Presidente della Repubblica, che definisce il ricorso, degrada da provvedimento amministrativo sostanzialmente decisorio ad atto di mera esternazione della decisione giurisdizionale assunta dal Consiglio di Stato, suffragando in tal modo il carattere giurisdizionale del rimedio (Cons. St. V, n. 2186/2018).

Ne consegue che la decisione presidenziale conforme al parere del Consiglio di Stato ha assunto, al pari del parere stesso, natura di atto giurisdizionale, spogliandosi delle vesti di atto amministrativo che tradizionalmente lo avevano caratterizzato. L'istituto opera, pertanto, quale ricorso giurisdizionale per saltum al Consiglio di Stato, con rinuncia al doppio grado di giudizio, sulla scorta di un accordo implicito delle parti, che si attua per effetto della mancata opposizione della P.A. e dei controinteressati all'iniziativa giustiziale del ricorrente.

Il carattere giurisdizionale del rimedio in esame trova conferma nel disposto dell'art. 7, comma 8, del Codice del processoamministrativo che esclude la proponibilità del ricorso straordinario in materie non devolute al giudice amministrativo.

Il ricorso straordinario diventa, quindi, un rimedio giurisdizionale speciale all'interno del sistema della giurisdizione amministrativa: trattasi, in definitiva, di un rito speciale in unico grado, frutto della libera scelta delle parti del giudizio.

L'opzione legislativa, come già anticipato in via interpretativa dal preavviso di parere all'Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 25 aprile 2010, è la conseguenza indefettibile della ricordata giurisdizionalizzazione del rimedio.

Muovendo infatti dall'assunto che si tratta di una procedura giurisdizionale e che il parere del Consiglio di Stato è una decisione giudiziaria, è evidente che essa costituisce esplicazione semplificata della giurisdizione amministrativa e che non è quindi ammesso il superamento dei confini tracciati dall'art. 103 Cost., che devolve alla giurisdizione amministrativa la cognizione dei soli interessi legittimi e, solo in particolari materie, anche di diritti soggettivi.

In applicazione delle suesposte coordinate ermeneutiche il Consiglio di Stato (Ad.gen., n. 808/2011), ribaltando un precedente e consolidato indirizzo interpretativo, ha escluso la praticabilità per l'avvenire del rimedio in materia di pubblico impiego privatizzato, proprio alla luce delle indicazioni normative sul punto fornite dal comma 8 dell'art. 7 c.p.a.

In particolare, è stato affermato che, a seguito dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, deve ritenersi che «non sia più proponibile un ricorso straordinario per una controversia rientrante nella giurisdizione dell'A.G.O., e in particolare per una controversia vertente nella materia del pubblico impiego c.d. contrattualizzato». Il Consiglio di Stato ha tuttavia precisato che la nuova norma, di cui al citato art. 7, comma 8, c.p.a., ha un contenuto innovativo e non interpretativo, non essendo formulata (e quindi non avendone le caratteristiche) come norma di interpretazione autentica, con la conseguenza che ad essa non può attribuirsi una valenza retroattiva.

La proponibilità della questione di legittimità costituzionale

L'art. 69, comma 2, l. n. 69/2009, attribuendo natura vincolante al parere del Consiglio di Stato che assume così il carattere di una decisione, ha trasformato il ricorso straordinario al Capo dello Stato in un rimedio giustiziale, sostanzialmente assimilabile a un giudizio ai fini della legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare questioni di legittimità costituzionale in via incidentale. L'art. 69, comma 1, della l. n. 69/2009, modificando l'art. 13, comma 1, del d.P.R. n. 1199/1971, ha stabilito che l'organo competente ad esprimer il parere sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, se ritiene che lo stesso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la notifica del provvedimento ai soggetti indicati dagli artt. 23 e ss. della l. n. 87/1953. Tale disposizione è coerente con i criteri posti dall'art. 1 della l. cost. n. 1/1948, ai sensi del quale la questione di legittimità costituzionale deve essere rilevata o sollevata nel corso di un giudizio e deve essere ritenuta non manifestamente infondata da parte di un giudice. L'istituto del ricorso straordinario è stato, invero, significativamente ridisegnato dall'art. 69, secondo comma, della l. n. 69/2009, che, modificando l'art. 14 del d.P.R. n. 1199/1971, ha stabilito che la decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente, conforme al parere del Consiglio di Stato. L'acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di Stato, che assume così carattere di decisione, ha conseguentemente modificato l'antico ricorso amministrativo, trasformandolo in un rimedio giustiziale, che è sostanzialmente assimilabile ad un giudizio, quantomeno ai fini dell'applicazione degli artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 della l. n. 87/1953 (Corte cost. n.73/2014).

La legittimazione a sollevare questione di costituzionalità è da riconoscersi anche al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, in sede di parere delle sezioni riunite su un ricorso straordinario al Presidente della Regione, in forza degli artt. 9 e 12 del d.lgs. n. 373/2003, i quali prevedono, rispettivamente, che l'Adunanza delle Sezioni Riunite del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana rende parere obbligatorio per la decisione dei ricorsi amministrativi straordinari contro gli atti della Regione siciliana, e che a tale organo si estende, in quanto applicabile, la disciplina vigente per il Consiglio di Stato (Corte cost. n.37/2017).

La possibilità di sollevare questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia.

L'intervenuta giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario ha definitivamente fugato i dubbi legati relativi alla legittimazione del Consiglio di Stato in sede consultiva a proporre sollevare questione incidentale innanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea.

Tali conclusioni, peraltro, sono coerenti con quanto affermato dagli stessi Giudici europei, che avevano affermato che «È assodato che il Consiglio di Stato possiede i requisiti necessari per essere considerato una giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del Trattato, quando esamina in secondo e ultimo grado i ricorsi proposti avverso le sentenze pronunciate dai tribunali amministrativi regionali nell'ambito di controversie riguardanti atti della pubblica amministrazione. Il soggetto il quale si proponga di ottenere l'annullamento di un atto amministrativo italiano può scegliere tra due rimedi, il ricorso straordinario e il ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale, entrambi dotati delle comuni caratteristiche giurisdizionali fondamentali e ciascuno alternativo rispetto all'altro. Infatti, tranne il termine d'impugnazione e alcune caratteristiche secondarie, sono innanzi tutto identiche le condizioni per esperire l'uno o l'altro ricorso; è poi equivalente l'oggetto della domanda, vale a dire l'annullamento di un atto amministrativo lesivo di un interesse legittimo; infine, i motivi sui quali può fondarsi tale domanda sono gli stessi in entrambi i casi. Per di più, sia il ricorso straordinario sia il ricorso amministrativo giurisdizionale ordinario prevedono un contraddittorio e garantiscono l'osservanza dei principi d'imparzialità e di parità fra le parti. Per quanto riguarda il ricorso straordinario, emerge dal fascicolo che la consultazione del Consiglio di Stato è obbligatoria e che il suo parere, esclusivamente basato sull'applicazione delle norme di legge, costituisce il progetto della decisione che verrà formalmente emanata dal Presidente della Repubblica italiana. Tale parere, comprensivo di motivazione e dispositivo, è parte integrante di un procedimento che è l'unico che possa consentire, in quella sede, la risoluzione del conflitto sorto tra un singolo e la pubblica amministrazione. Una decisione difforme da tale parere può essere pronunciata solo previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e dev'essere debitamente motivata. Infine, come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni, il Consiglio di Stato è un organo permanente, imparziale e indipendente poiché i suoi membri, tanto nelle sezioni consultive quanto in quelle giurisdizionali, offrono garanzie legali d'indipendenza e d'imparzialità e non possono far parte contemporaneamente delle due sezioni. Il Consiglio di Stato quando emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del Trattato» (C.G.U.E. V, 16 ottobre 1997, n. C69/96-C79/96).

Il parere in sede di tutela cautelare.

In sede di ricorso straordinario, al fine di rendere compatibile l'urgenza di provvedere sulla domanda cautelare con la tutela dell'Amministrazione e dei contro interessati, il collegio: a) accerta preliminarmente se la domanda cautelare è assistita dai prescritti requisiti del periculum in mora e del danno grave ed irreparabile; b) nel caso di sussistenza dei prescritti requisiti adotta una deliberazione cautelare provvisoria, che diventa definitiva se il Ministero competente od una qualsiasi delle parti non ne chieda il riesame entro il termine di 60 giorni (in analogia all'identico termine previsto dall'art. 9, comma 4, d.P.R. n. 1199/1971), e nella quale si preannuncia il rinvio del ricorso a data fissa per l'esame del merito una volta decorso un ulteriore termine di 120 giorni (per consentire eventuali domande d'accesso o la presentazione e lo scambio tra le parti di eventuali memorie, motivi aggiunti o ricorsi incidentali, ovvero la predisposizione della relazione ministeriale); c) nel caso di riesame, adotta una deliberazione cautelare definitiva, contenente la fissazione della data per l'esame di merito; d) dispone la trasmissione immediata (senza passare attraverso il Segretariato Generale) della deliberazione cautelare dalla sezione al Ministero competente mandando alla segreteria di pubblicare il parere sul sito istituzionale del Cons. St.; e) in analogia con quanto previsto per il ricorso giurisdizionale, deve ritenersi consentita anche l'emanazione di altre misure cautelari provvisorie (Cons. St., comm. spec., n. 920/2009).

Questioni applicative

1) Il parere può essere soggetto di riesame o revoca?

Quanto al problema se il Consiglio di Stato possa riesaminare il parere reso ovvero se possa essere proposta revocazione avverso il parere, si è data risposta negativa sulla base dell'assunto, quanto al primo punto, che gli atti consultivi non soggiacciono all'autotutela in quanto gli organi che li emettono consumano la loro funzione con l'emissione (v. Cons. St. I, n. 3641/2014); quanto al secondo punto, che il rimedio della revocazione è possibile per l'atto finale del Presidente della Repubblica che recepisce o no il parere, non certo per l'atto endo-procedimentale, privo di autonoma efficacia lesiva.

La tesi della irrevocabilità è oggi irrobustita dall'avvento, ex art. 69 della l. n. 69/2009, di una natura giurisdizionale del parere che rende applicabile il principio della consumazione del potere decisorio proprio delle sentenze.

Bibliografia

Benvenuti, Appunti di diritto amministrativo, 115, e Autotutela, in Enc. dir., 541; Caringella, Manuale di diritto amministrativo ragionato, Roma, 2021, parte 12, capitoli 1 e 5; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2020; D'angelo, La «giurisdizionalizzazione» del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: profili critici di un orientamento che non convince, in giustiziaamministrativa.it, 2013; De Roberto, Tonini, I ricorsi amministrativi, Milano, 1984, 78; Freni, Il nuovo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Roma, 2010; Jaricci, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Bologna, 2011; Mazza Laboccetta, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Un rimedio per la «tutela della giustizia nell'amministrazione», Napoli, 2017; Pignataro, Riflessioni sulla natura del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e sulle sue dirette implicazioni, in federalismi.it, 2017; Sandulli, Manuale di Diritto Amministrativo, Napoli, 1989; Tanda, Le nuove prospettive del ricorso straordinario al capo dello Stato, Torino, 2014.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario