Codice Penale art. 322 - Istigazione alla corruzione (1) (2) (3).Istigazione alla corruzione (1) (2) (3). [I]. Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale [357] o ad un incaricato di un pubblico servizio [358], per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri (4), soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel comma 1 dell'articolo 318, ridotta di un terzo [323-bis]. [II]. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale [357] o un incaricato di un pubblico servizio [358] ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo [323-bis] (5). [III]. La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri (6). [IV]. La pena di cui al comma secondo si applica al pubblico ufficiale [357] o all'incaricato di un pubblico servizio [358] che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 319 [32-quater, 323-bis]. (1) Articolo sostituito dall'art. 12 l. 26 aprile 1990, n. 86. (2) In tema di responsabilità amministrativa degli enti v. art. 25 d.lg. 8 giugno 2001, n. 231. (3) Per la confisca di denaro, beni o altre utilità di non giustificata provenienza, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, v. ora artt. 240-bis c.p., 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 301, comma 5-bis,d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (per la precedente disciplina, v. l'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., in l. 7 agosto 1992, n. 356). (4) L'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190 ha sostituito le parole «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio», con le parole: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri». (5) Comma modificato dall'art. 3 l. 7 febbraio 1992, n. 181. (6) Comma sostituito dall'art. 1, comma 75, l. 6 novembre 2012, n. 190. Il testo recitava: «La pena di cui al comma primo si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 318». competenza: Trib. collegiale arresto: non consentito (primo e terzo comma); facoltativo (secondo e quarto comma) fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: consentite (secondo e quarto comma); primo e terzo comma: v. 2892 c.p.p. procedibilità: d'ufficio InquadramentoL'esame delle fattispecie penali di corruzione può concludersi con l'art. 322 c.p., che punisce il delitto di istigazione alla corruzione. Si tratta di una norma di chiusura, dapprima modificata nel 1990, mediante l'aggiunta dei due commi relativi alla istigazione alla corruzione realizzata dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, e quindi nel 2012, coordinandone il testo con la nuova formulazione dell'art. 318 c.p. (sostituzione del riferimento all'atto d'ufficio con il riferimento all'esercizio delle funzioni e dei poteri) e con le modifiche all'art. 320 c.p. (estensione della corruzione per l'esercizio della funzione agli incaricati di un pubblico servizio tout court). La disposizione in questione anticipa la tutela penale insita nelle fattispecie exartt. 318 e 319 c.p., attraverso una fattispecie mono-soggettiva che punisce la singola iniziativa, prima ancora che si verifichi un incontro di volontà criminose. Il bene giuridico tutelato è dunque il medesimo rispetto alle fattispecie di corruzione ma l'intervento penale è anticipato alla fase prodromica della istigazione. Il soggetto attivoIl soggetto attivo del delitto è, in relazione ai commi primo e secondo, il privato, mentre con riferimento alle condotte di cui ai commi terzo e quarto è richiesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, confermando la natura propria del reato in parte qua. Anche in questo caso l'unico soggetto passivo del reato è la Pubblica Amministrazione. La condotta criminosaLa condotta criminosa è individuata, nelle prime due ipotesi, nell'offerta o promessa di denaro o altra utilità non dovuta, posta in essere dal privato nei confronti del soggetto pubblico, per compiere, omettere o ritardare un atto d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio o, in generale, per esercitare le sue funzioni o i suoi poteri. Nelle ipotesi di cui ai commi terzo e quarto, è sanzionata specularmente la condotta del soggetto pubblico che solleciti il privato affinché prometta o consegni denaro o altra utilità per compiere, omettere o ritardare un atto conforme o contrario ai doveri di ufficio ovvero, in generale, per esercitare le sue funzioni o i suoi poteri. In ossequio al principio di offensività, l'offerta o la promessa devono presentare carattere di serietà, perché possa sorgere un effettivo pericolo che il soggetto pubblico le accetti, nonché di idoneità in concreto ad ottenere il risultato agognato dall'aspirante corruttore. Per sollecitazione deve invece intendersi una forma di astuta e discreta pressione psicologica sul privato, che sia disposto, dal canto suo, a recepirla anche per tornaconto personale. L'elemento soggettivoL'elemento soggettivo, in relazione a tutte le fattispecie disciplinate dall'art. 322 c.p., viene individuato da un primo orientamento nel dolo specifico, sebbene una diversa ricostruzione (come si è avuto modo di evidenziare in relazione alle fattispecie di corruzione) riconduca la finalità della promessa o dell'offerta sul piano oggettivo della causa dell'accordo criminoso, sostenendo che anche l'istigazione alla corruzione, nelle sue varianti tutte, sia punita a titolo di dolo generico. Consumazione e tentativoSi tratta di un reato istantaneo, il cui perfezionamento coincide con la consumazione e rispetto al quale è dunque da escludersi il tentativo, anche in considerazione della natura di reato di pericolo che la fattispecie presenta. Vi è tuttavia una parte della dottrina che ritiene configurabile il tentativo quando l'azione di promettere o di offrire sia iniziata ma non venga portata a compimento, come nell'ipotesi di un messaggio contenente una promessa di retribuzione che sia intercettato dall'autorità prima di pervenire al destinatario (Pagliaro, 221). Questioni applicative1) Quali sono i caratteri che deve presentare la condotta istigatoria per assumere rilevanza penale? La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che occorre accertare, attraverso una valutazione da compiersi ex ante e in concreto, che la condotta di istigazione alla corruzione presenti il requisito della idoneità della promessa e dell'offerta a provocare l'accettazione del patto da parte del pubblico ufficiale (Cass. pen. VI, n. 33655/2020), che non richiede, in caso di promessa di danaro, una precisa quantificazione della somma da corrispondere al pubblico ufficiale, potendo essere rimessa a quest'ultimo la liquidazione dell'ingiusto profitto (Cass. pen. VI, n. 37402/2011), purché, valutando il tipo di controprestazione richiesta, le condizioni dell'offerente e del pubblico ufficiale, le circostanze di tempo e di luogo in cui l'episodio si è verificato, l'offerta possa considerarsi seria (Cass. pen. VI, n. 3176/2012). Rapporti con altri reatiSi rinvia all'apposito paragrafo l'esame dei rapporti tra la fattispecie in esame e quella di induzione a promettere o a dare utilità,ex art. 319- quaterc.p., con particolare riferimento alla posizione del soggetto pubblico. Deve in questa sede darsi tuttavia atto che la giurisprudenza ha precisato al riguardo che il tentativo di induzione indebita a dare o promettere utilità si differenzia dall'istigazione alla corruzione attiva di cui all'art. 322, commi terzo e quarto, c.p. per la diversa natura del rapporto tra le parti, in quanto, nel primo caso, il pubblico agente, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, pone potenzialmente il privato in uno stato di soggezione mediante una richiesta perentoria, mentre, nel secondo caso, gli rivolge la sollecitazione ad un mero scambio di favori, senza estrinsecazione di alcuna condotta intimidatoria (Cass. pen. VI, n. 3750/2021). Istigazione ordinaria Rispetto al reato di istigazione (ordinaria) a commettere reati, ex art. 414 c.p., emerge una importante differenza strutturale, in quanto il delitto ex art. 322 c.p. non ha ad oggetto reati commessi da terzi ma una fattispecie di cui risponde lo stesso istigatore, prodromica rispetto alla fattispecie di corruzione futura. Istigazione e corruzione consumata Con riferimento infine alla possibilità che il delitto di cui all'art. 322 c.p. concorra con la fattispecie corruttiva che eventualmente segua alla proposta o sollecitazione, deve in primo luogo escludersi categoricamente tale evenienza con riferimento alle condotte di istigazione del privato, dal momento che esse presuppongono che l'offerta o la promessa non vengano accettate dal pubblico ufficiale. Difatti, la giurisprudenza richiede che l'accettazione della proposta corruttiva, che esclude la fattispecie incriminatriceexart. 322 cod. pen., rendendo configurabile quella più grave di corruzione, debba essere connotata da effettività e concretezza, sicché non può ritenersi adesiva alle richieste del proponente la condotta del pubblico agente che, secondo una valutazione “ex ante” e in concreto, non appaia idonea a determinare almeno un inizio di trattativa, né sia significativa di un impegno assunto per accondiscendere ad essa (Cass. pen. VI, n. 33655/2020). Al più potrebbe verificarsi che una prima offerta non accettata sia seguita da una nuova offerta, invece accolta dal pubblico ufficiale, ma si tratterebbe di condotte autonome e distinte, sul piano temporale e funzionale, eventualmente riconducibili ad un medesimo disegno criminoso. Meno chiara la soluzione con riferimento invece alla sollecitazione posta in essere dall'intraneus, cui segua la promessa o la dazione di utilità da parte del privato. In questo caso, infatti, parte della dottrina ha invocato il criterio di sussidiarietà, ritenendo la condotta di istigazione un ante factum non punibile rispetto alla successiva fattispecie corruttiva. L'opposto orientamento, che nega cittadinanza ai cc.dd. criteri valoriali nel delineare i rapporti tra fattispecie penali, sostiene invece che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, in mancanza di un rapporto di specialità strutturale e di clausole di riserva, debbano rispondere di entrambe le fattispecie criminose, che potranno essere disciplinate, sul piano sanzionatorio, dalle norme in materia di reato continuato. BibliografiaPagliaro, Principi di Diritto Penale - Parte speciale, I, Milano, 2000. |