Decreto Legge - 1/04/2021 - n. 44 art. 4 sexies - Sanzioni pecuniarie 1

Francesco Caringella

Sanzioni pecuniarie1

[1. In caso di inosservanza dell'obbligo vaccinale di cui agli articoli 4-ter.1, 4-ter.2 e 4-quater, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro cento in uno dei seguenti casi:2

a) soggetti che alla data del 15 giugno 2022 non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario 3;

b) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022, dopo avere ricevuto la prima dose del ciclo vaccinale primario bidose, alla data del 15 giugno 2022 non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario neanche oltre i termini previsti con circolare del Ministero della salute 4;

c) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022, dopo aver concluso il ciclo vaccinale primario, alla data del 15 giugno 2022 non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario neanche oltre i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall'articolo 9, comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 875.

2. La sanzione di cui al comma 1 si applica anche in caso di inosservanza degli obblighi vaccinali di cui agli articoli 4, 4-bis e 4-ter.

3. L'irrogazione della sanzione di cui al comma 1, nella misura ivi stabilita, è effettuata dal Ministero della salute per il tramite dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, che vi provvede, sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all'obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero, anche acquisendo i dati resi disponibili dal Sistema Tessera Sanitaria sui soggetti assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale vaccinati per COVID-19, nonché su quelli per cui non risultano vaccinazioni comunicate dal Ministero della salute al medesimo sistema e, ove disponibili, sui soggetti che risultano esenti dalla vaccinazione. Per la finalità di cui al presente comma, il Sistema Tessera Sanitaria è autorizzato al trattamento delle informazioni su base individuale inerenti alle somministrazioni, acquisite dall'Anagrafe Nazionale Vaccini ai sensi dell'articolo 3, comma 5-ter, del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2021, n. 29, nonché al trattamento dei dati relativi agli esenti, acquisiti secondo le modalità definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 9-bis, comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 876.

4. Il Ministero della salute, avvalendosi dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, comunica ai soggetti inadempienti l'avvio del procedimento sanzionatorio e indica ai destinatari il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione, per comunicare all'Azienda sanitaria locale competente per territorio l'eventuale certificazione relativa al differimento o all'esenzione dall'obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità. Entro il medesimo termine, gli stessi destinatari danno notizia all'Agenzia delle entrate-Riscossione dell'avvenuta presentazione di tale comunicazione7.

5. L'Azienda sanitaria locale competente per territorio trasmette all'Agenzia delle entrate-Riscossione, nel termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione dei destinatari prevista al comma 4, previo eventuale contraddittorio con l'interessato, un'attestazione relativa alla insussistenza dell'obbligo vaccinale o all'impossibilità di adempiervi di cui al comma 4.

6. L'Agenzia delle entrate-Riscossione, nel caso in cui l'Azienda sanitaria locale competente non confermi l'insussistenza dell'obbligo vaccinale, ovvero l'impossibilità di adempiervi, di cui al comma 4, provvede, in deroga alle disposizioni contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689, e mediante la notifica, ai sensi dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, entro duecentosettanta giorni dalla relativa trasmissione, di un avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 89.

7. ln caso di opposizione alla sanzione contenuta nell'avviso di cui al comma 6 resta ferma la competenza del Giudice di Pace e l'Avvocatura dello Stato assume il patrocinio dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, passivamente legittimata.

8. Le entrate derivanti dal comma 1 sono periodicamente versate a cura dell'Agenzia delle entrate-Riscossione ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per le emergenze nazionali  di cui all'articolo 44 del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, per il successivo trasferimento alla contabilità speciale di cui all'articolo 122, comma 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.]

[1] Articolo inserito dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 7 gennaio 2022, n. 1, convertito con modificazioni dalla Legge 4 marzo 2022, n. 18 e successivamente abrogato dall'articolo 21, comma 4, del D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15. A norma dell'articolo 21, comma 5, del D.L. 202/2024 medesimo, ai procedimenti sanzionatori di cui al presente articolo, non ancora conclusi sono definitivamente interrotti, mentre le sanzioni pecuniarie già irrogate sono annullate. Ai fini del conseguente discarico delle sanzioni pecuniarie già irrogate, senza oneri amministrativi a carico dell'ente creditore, l'Agenzia delle entrate-Riscossione trasmette in via telematica al Ministero della salute l'elenco dei provvedimenti sanzionatori annullati. I giudizi pendenti, aventi ad oggetto tali provvedimenti sono estinti di diritto a spese compensate. Restano acquisite al bilancio dello Stato le somme già versate, per sanzioni pecuniarie, alla data di entrata in vigore del D.L. 202/2024 citato.

[2] Alinea modificato dall'articolo 8, comma 7, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla Legge 19 maggio 2022, n. 52.

[6] A norma dell'articolo 7, comma 1-bis, del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla Legge 30 dicembre 2022, n. 199, come modificato dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 10 maggio 2023, n. 51, convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023, n. 87, e dall'articolo 4, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2024, n. 18 a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 199/2022 medesima fino al 31 dicembre 2024, sono sospesi le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione previsti dal presente comma.

[7] A norma dell'articolo 7, comma 1-bis, del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla Legge 30 dicembre 2022, n. 199, come modificato dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 10 maggio 2023, n. 51, convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023, n. 87, e dall'articolo 4, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2024, n. 18 a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 199/2022 medesima fino al 31 dicembre 2024, sono sospesi le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione previsti dal presente comma.

[8] Comma modificato dall'articolo 51-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla Legge 15 luglio 2022, n. 91.

[9] A norma dell'articolo 7, comma 1-bis, del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla Legge 30 dicembre 2022, n. 199, come modificato dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 10 maggio 2023, n. 51, convertito con modificazioni dalla Legge 3 luglio 2023, n. 87,  e dall'articolo 4, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2024, n. 18 a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 199/2022 medesima fino al 31 dicembre 2024, sono sospesi le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione previsti dal presente comma.

Inquadramento

L'art. 4, come modificato dal d.l. n. 172/2021, dispone al comma 1, dispone che, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, nella finalità di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della l. n. 43 del 2006, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce esplicitamente, ai sensi del citato comma 1, requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, ed è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle Regioni, dalle Province Autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano. L'unica esenzione dall'obbligo vaccinale, con differimento o, addirittura, omissione del trattamento sanitario in prevenzione, risulta prevista, nel comma 2, per l'unica ipotesi di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale. Inoltre, l'art. 4 in parola prevede un complesso procedimento per l'accertamento e l'esecuzione dell'obbligo vaccinale, disciplinato analiticamente dai commi 3, 4 e 5.

L'art. 4 -bis estende l'obbligo vaccinale a tutti i soggetti, anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all'art. 1-bis, incluse le strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo, ospitano persone in situazione di fragilità. Il successivo art. 4 -ter, introdotto dal d.l. n. 172/2021, dilata ulteriormente l'obbligo vaccinale comprendendo il personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli organismi della l. n. 124/2007, delle strutture di cui all'art. 8-ter del d.lgs. n. 502/1992e degli Istituti penitenziari. Tale obbligo è stato, infine, esteso a tutti gli ultracinquenatenni fino al 15 giugno 2022, dall'art.4-quater, escluso dalla medesima disposizione in caso di accertato pericolo per la salute.

Va per completezza ricordato, sul piano storico, che l'obbligo di vaccinazione è stato imposto con l. n. 893/1939 con riferimento al vaccino contro la difterite, con la l. n. 292/1963 per il vaccino contro il tetano, con la l. n. 51/1966 per il vaccino contro la poliomielite e con la l. n. 165/1991 per il vaccino contro l'epatite virale B.

Vedi Cons. St. III, n. 962/2018, secondo cui «per l'ammissione a tutte le forme di collettività infantili, e quindi anche agli asili nido e alle scuole dell'infanzia, occorre vaccinarsi; trattandosi di requisito di ammissione, la vaccinazione è obbligatoria; è quindi legittimo il regolamento comunale che prevede quale requisito di accesso al servizio dei nidi di infanzia e delle scuole per l'infanzia comunali e convenzionali l'assolvimento degli obblighi vaccinali previsti dalla normativa vigente.»

Rapporto tra obbligo vaccinale e principi fondamentali in tema di tutela della salute

Dall'inizio della pandemia la giurisprudenza amministrativa è stata più volte chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti afferenti le misure di prevenzione e/o contrasto alla pandemia emanate dal governo nei vari settori, ad esempio la scuola o il sistema sanitario.

È interessante notare come in molte occasioni i Tribunali, nel decidere le varie controversie, abbiano colto l'occasione per richiamare i principi fondanti la legittimità dell'imposizione di un obbligo vaccinale in una prospettiva mirata a legittimare i c.d. «provvedimenti – covid 19».

Chiamato a pronunciarsi sulla competenza statale della nella tra terapie ammesse e non ammesse, o meglio tra trattamenti obbligatori e non obbligatori (oppure raccomandati, come nel caso dei vaccini), T.A.R. Lazio, Roma III, n. 10047/2021 ha colto l'occasione per indicare l'approccio che deve accompagnare l'analisi di siffatta materia, specificando che questa impatta i principi fondamentali della materia «tutela della salute» e che la scelta in tale ambito costituisce il punto di equilibrio, in termini di bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità psico-fisica) e «tutela della salute (individuale e collettivadall'altro lato.

Sempre il T.A.R. Lazio (decreti 4450/2021 e 4532/2021), interpellato questa volta sulla legittimità o meno delle misure introdotte dal legislatore nell'ambito scolastico, compie un ragionamento a contrario, negando il prospettato diritto del personale scolastico «a non essere vaccinato»: tale «diritto» – in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute – non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l'estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell'essenziale servizio pubblico della scuola in presenza. Conf., da ultimo, T.A.R. Lazio III -bis, decreto n. 7394/2021, secondo cui l'obbligo vaccinale a scuola per il personale scolastico è giustificato alla luce dell'autorevolezza degli studi effettuati dalle autorità statali competenti in materia di sicurezza sanitaria. Conseguentemente, risulta corretta la sospensione dal servizio dei docenti non vaccinati.

Anche il T.A.R. Friuli Venezia Giulia I, n. 261/2021, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell'obbligo vaccinale imposto al personale sanitario, richiama a fondamento del provvedimento la giurisprudenza costituzionale ormai cristallizzata nel ritenere legittima l'imposizione di un trattamento preventivo vaccinale, indicando quale elemento rilevante l'obbiettivo di tutela della salute pubblica attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale. È doveroso aggiungere che tale pronuncia è interessante da segnalare, non solo perché – come del resto le precedenti – è stata ispirata dalle risultanze della giurisprudenza costituzionale in materia di legittima imposizione dell'obbligo vaccinale, ma anche in ragione del fatto che, partendo da tale assunto, il Collegio ha svolto un'approfondita disamina sul rapporto tra l'aspetto scientifico e giuridico della materia, arrivando ad affermare, per primo, che il vaccino anti covid 19 non può più essere considerato sperimentale da quando è stato immesso sul mercato.

Leit motiv delle sentenze in materia di obbligo vaccinale pare dunque essere il bilanciamento tra diritto alla salute inteso nella sua sfera individuale e diritto alla salute della collettività, intesa come intera comunità nazionale, ma si badi non solo nazionale.

La vaccinazione obbligatoria selettiva risponde a un superiore interesse generale

Tra le più recenti pronunce si segnala Cons. St. III, n.7045/2021, che ha respinto il ricorso il ricorso collettivo e cumulativo proposto contro gli atti con i quali le Aziende Sanitarie friulane avevano dato applicazione all'obbligo vaccinale previsto dall'art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, conv. con mod. in l. n. 76/2021.

Il Consiglio di Stato ha esplicitato che la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall'art. 4 del d.l. n. 44/2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo, e anzitutto, di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch'esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l'esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l'avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza.

Centrale nel ragionamento del giudice amministrativo è il richiamo al generale dovere di solidarietà e alla tutela del diritto alla salute inteso nella sua accezione collettiva: «il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l'utilizzo di quel farmaco,»- si legge nella sentenza – «è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l'utilizzo di quel farmaco. Ciò non perché, come afferma chi enfatizza e assolutizza l'affermazione di un giusto valore concepito però come astratto bene, la persona receda a mezzo rispetto ad un fine o, peggio, ad oggetto di sperimentazione, in contrasto con il fondamentale principio personalista, a fondamento della nostra Costituzione, che vede nella persona sempre un fine e un valore in sé, quale soggetto e giammai oggetto di cura, ma perché si tutelano in questo modo tutti e ciascuno, anzitutto e soprattutto le più vulnerabili ed esposte al rischio di malattia grave e di morte, da un concreto male, nella sua spaventosa e collettiva dinamica di contagio diffuso e letale, in nome dell'altrettanto fondamentale principio di solidarietà, che pure sta a fondamento della nostra Costituzione (art. 2), la quale riconosce libertà, ma nel contempo richiede responsabilità all'individuo».

Sollevati dubbi di costituzionalità dell'obbligo vaccinale

Nonostante l'autorevole precedente del Consiglio di Stato, richiamato nel paragrafo precedente, il TAR Lombardia (I, Milano, ord. n. 192/2022) ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 4, d.l. n. 44/2021, nella parte in cui prevede, quale effetto dell'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, «l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie»: nello specifico, «la sollevazione della questione di legittimità costituzionale impone al Collegio di garantire l'effettività della tutela – la quale verrebbe altrimenti compromessa dalla necessaria sospensione del processo e dall'impossibilità di definire il merito del ricorso in tempi ragionevoli – mediante l'esame della domanda cautelare». Va precisato, tuttavia, che il giudice amministrativo lombardo non ha indicato le specifiche ragioni per le quali ritiene non manifestamente infondata l'ipotesi di illegittimità costituzionale, riservandosi di provvedere in tal senso con una separata ordinanza.

Il TAR ha ritenuto comunque di dover valutare la fondatezza della domanda, al fine di garantire l'effettiva possibilità di una tutela cautelare. A riguardo, il Collegio ha sottolineato che «la rilevanza e la non manifesta infondatezza dei profili di illegittimità costituzionale sono idonei ad integrare il requisito del fumus boni iuris» e del periculum in mora, atteso che «la preclusione assoluta dell'esercizio della professione, imposta dalla norma sospettata di illegittimità costituzionale, integra un pregiudizio grave e non altrimenti riparabile all'avviamento dell'attività professionale intrapresa, consistente nella perdita della clientela e delle relazioni professionali nonché nell'impossibilità di rispondere alla crescente domanda di prestazioni sanitarie, almeno sino al 15 giugno 2022 e, in caso di ulteriori eventuali proroghe della situazione di emergenza, per un tempo potenzialmente indeterminato».

Per questi motivi, il TAR ha accolto la domanda cautelare, «limitatamente alla mancata previsione della possibilità di svolgere l'attività professionale con modalità tali da non implicare contatti interpersonali o comunque il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2».

Anche la Cons. Giust. Amm. Sic. nel 2022 ha sollevato due questioni di legittimità costituzionale.

In una prima ordinanza, la n. 351/2022 ha ricordato che le condizioni dettate dalla Corte costituzionale in tema di compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria dei cittadini in ambito vaccinale si sostanziano nella non nocività dell'inoculazione per il singolo paziente e beneficio per la salute pubblica, e in particolare che:

a) il trattamento, «non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato», ferma restando la tollerabilità di effetti collaterali di modeste entità e durata; sia assicurata «la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (...), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili»; la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce «delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica» e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata, nella prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario (sentenza n. 5/2018);

b) ritenuto che:

b.1) seguendo gli indici costituzionali fin qui richiamati, deve ritenersi essenziale, per un verso, che il monitoraggio degli eventi avversi, la raccolta e la valutazione dei dati risultino il più possibile ampi e completi, che avvengano (o siano almeno validati) da parte di organismi indipendenti, ciò che costituisce presupposto essenziale per la stessa verifica dell'ampiezza degli effetti collaterali; per altro verso, che il cittadino riceva informazioni complete e corrette che siano facilmente e liberamente accessibili; e, ancora, che, nel trattamento sanitario obbligatorio, sia rispettato il limite invalicabile imposto “dal rispetto della persona umana” (art. 32, comma 2, Cost.);

b.2) per tutte le ragioni sopra diffusamente esposte, (in disparte la controversa adeguatezza del sistema di monitoraggio, prevalentemente imperniato alla farmacovigilanza passiva) che i parametri costituzionali per valutare la legittimità dell'obbligo vaccinale, come fissati dalla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, non sembrano rispettati, in quanto non vi è prova di vantaggio certo per la salute individuale e collettiva superiore al danno per i singoli; di totale assenza di rischio o di rischio entro un normale margine di tollerabilità; che – in carenza di efficacia durevole del vaccino – un numero indeterminato di dosi, peraltro ravvicinate nel tempo, non amplifichi gli effetti collaterali dei farmaci, danneggiando la salute; non sono state adottate “misure di mitigazione” e “misure di precauzione” ad accompagnamento dell'obbligo vaccinale, quali adeguati accertamenti in fase di triage pre-vaccinale, e adeguata farmacovigilanza post vaccinazione, con il rischio che in nome della vaccinazione di massa risulti sbiadita la considerazione della singola persona umana, che andrebbe invece sostenuta e rassicurata, tanto più quanto riluttante alla vaccinazione, con approfondite anamnesi e informazioni, con costi a carico del Servizio sanitario nazionale;

b.3) non pare possibile pervenire ad una lettura alternativa, costituzionalmente orientata, della normativa di cui infra;

b.4) l'attuale previsione dell'obbligo vaccinale anti SARS-COV-2 presenta profili di criticità, con riferimento alla percentuale di eventi avversi e fatali (ben superiore alla media degli altri vaccini, obbligatori e non), che peraltro allo stato non sembrano oggetto di prevenzione (attraverso un sistematico coinvolgimento dei medici di base e l'esecuzione di test diagnostici pre-vaccinali);

b.5) il sistema di raccolta del consenso informato risulta irrazionale laddove richieda una manifestazione di volontà per la quale non vi è spazio in capo a chi subisce la compressione del diritto all'autodeterminazione sanitaria, a fronte di un dovere giuridico ineludibile;

b.6) il complesso normativo sopra descritto si pone in tensione, per tutte le motivazioni sopra articolate, con i seguenti articoli della Costituzione: 3 (sotto i parametri di razionalità e proporzionalità); 32 (avuto riguardo alla compressione della libertà di autodeterminazione sanitaria in relazione a trattamenti farmacologici suscettibili di ingenerare effetti avversi non lievi né transitori); 97 (buon andamento, anche in relazione alle criticità del sistema di monitoraggio); 4 (diritto al lavoro), nonché art. 33 e 34 (diritto allo studio), oggetto di compressione in quanto condizionati alla sottoposizione alla vaccinazione obbligatoria; 21 (diritto alla libera manifestazione del pensiero, che ricomprende il diritto ad esprimere il proprio dissenso), in relazione all'obbligo di sottoscrizione del consenso informato per poter accedere ad un trattamento sanitario imposto; oltre che con il principio di proporzionalità e con il principio di precauzione desumibili dall'art. 32 Cost. (avuto riguardo alle più volte rilevate criticità del sistema di monitoraggio, nonché all'assenza di adeguate misure di attenuazione del rischio quali analisi e test pre-vaccinali e controlli post vaccinazione);

b.7) appare carente un adeguato bilanciamento tra valori tutti di rilievo costituzionale, e in particolare tra tutela della salute da una parte, e tutela dello studio e del lavoro dall'altra, che soddisfano parimenti bisogni primari del cittadino;

ha ritenuto, pertanto ineludibile una valutazione della Consulta sulla compatibilità di tale previsione normativa con il dettato costituzionale

In una seconda ordinanza, del 12 settembre 2022, n. 947, ha evidenziato altri profili di incostituzionalità della normativa.

In particolare, ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale:

- dell'art. 4, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 44 del 2021, convertito in legge n. 76 del 2021, nella parte in cui prevede, nella parte in cui prevede, da un lato l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento all'obbligo vaccinale, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3,4,32,33,34,97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l'altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;

- dell'art.1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l'espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell'art. 4, del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l'onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione;

- dell'art. 4 comma 4, laddove prevede che l'inadempimento all'obbligo vaccinale comporta la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, di cui all'art. 3 della Costituzione, anche in riferimento alla violazione degli art. 1,2,4,32, comma 1, 33,35 comma 1 e 36, comma 1, della Costituzione.

Questioni applicative

1) È legittima la sospensione dei medici non vaccinati?

Oltre ai dubbi sollevati dal T.A.R. Lombardianell'ordinanza n. 192/2022, la giurisprudenza del Consiglio di Stato opina in senso favorevole alla legittimità della sanzione della sospensione per i medici inadempimenti all'obbligo vaccinale.

Positiva è, ad esempio, la risposta, in sede cautelare, di Cons. St. III, ord. n. 214/2021, secondo cui non va sospesa la sospensione dal servizio di un odontoiatra che non si è vaccinato, atteso che, in sede di comparazione dei contrapposti interessi, appare prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, la salvaguardia delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili.

Ha premesso il Consiglio che i vaccini per i quali è previsto l'obbligo oggi contestato presentano tutte le necessarie autorizzazioni rilasciate dalle preposte Autorità internazionali e nazionali; b) le verifiche scientifiche e i procedimenti amministrativi previsti per il rilascio delle dette autorizzazioni risultano conformi alla normativa e quindi tali da fornire, anche in un'ottica di rispetto del principio di precauzione, sufficienti garanzie – allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, unico possibile metro di valutazione – in ordine alla loro efficacia e sicurezza.

Ad avviso della Sezione, poi, anche con riguardo alla ragionevolezza della misura della sospensione dall'esercizio della professione e al sotteso bilanciamento tra gli interessi coinvolti dalla e vicenda – pur tutti costituzionalmente rilevanti e legati a diritti fondamentali – meritano conferma le considerazioni già espresse da questa sezione, dovendosi ritenere assolutamente prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, la salvaguardia delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l'esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l'avanzato stato di età) bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo posti di frequente a contatto con il personale sanitario o sociosanitario. Verso costoro sussiste uno stringente vincolo di solidarietà, cardine del sistema costituzionale (art. 2 Cost.) e immanente e consustanziale alla stessa relazione di cura e di fiducia che si instaura tra paziente e personale sanitario, che impone di scongiurare l'esito paradossale di un contagio veicolato dagli stessi soggetti chiamati alle funzioni di cura ed assistenza.

Conf. Cons. St. III, decreto n. 6401/2021, secondo cui in sede di comparazione tra l'interesse del personale sanitario a non vaccinarsi – malgrado l'imponente quantità di studi scientifici che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid 19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto – e l'esigenza essenziale di protezione della salute collettiva, occorre dare prevalenza a quest'ultima, atteso che la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancora più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. «giuramento di Ippocrate» – tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell'esercizio dell'attività professionale entri in diretto contatto. Ha chiarito il decreto che soltanto la massiva vaccinazione anche e anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti; quanto ora sottolineato, anche sotto il profilo del danno irreparabile, indica che, semmai, esso sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall'operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l'erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione.

Conf. Cons. St. III, ord. n. 583/2022, secondo cui il diritto all'autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quale è la salute pubblica, specie in considerazione del fatto che il provvedimento di sospensione, ove adottato, non ha funzione sanzionatoria e non pregiudica in alcun modo il rapporto di lavoro.

Ha ribadito l'ordinanza che non sembrano allo stato violare le norme Costituzionali e sovrannazionali. E invero, come ha da tempo chiarito la giurisprudenza costituzionale in tema di tutela della salute ai sensi dell'art. 32 della Costituzione “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (n. 258/1994 e n. 307/1990)”, (Corte cost. n. 5/2018).

2) Il personale scolastico ha il diritto di non vaccinarsi?

Negativa la risposta del T.A.R. Lazio (decreti T.A.R. Lazio n. 4450/2021 e T.A.R. Lazio n. 4532/2021), secondo cui: tale «diritto» – in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute – non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l'estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell'essenziale servizio pubblico della scuola in presenza.

Conf. Cons. St. III, decreto n. 416/2022, secondo cui le argomentazioni già espresse dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., III, n.7045/2021, di cui si è riferito supra, nel par.3) in ordine alla legittimità di un intervento normativo dello Stato volto alla previsione di un obbligo vaccinale per determinate categorie di soggetti, risultano tanto più rilevanti in ambito scolastico, settore in cui, all'esigenza di protezione della salute pubblica – di per sé già determinante – deve aggiungersi la necessità di garantire la continuità della didattica in presenza che costituisce strumento di sviluppo della persona umana da improntarsi a criteri di efficienza, solidarietà ed eguaglianza non sempre sufficientemente protetti dalla modalità a distanza.

3) Il Presidente della Regione può imporre una vaccinazione antinfluenzale?

Negativa la risposta di T.A.R. Lazio, n. 10047/2021 e T.A.R. Lazio, n. 10048/2021, di annullamento dell'ordinanza del Presidente della Regione Lazio che aveva introdotto la vaccinazione anti-influenzale obbligatoria.

I giudici del Tar hanno ritenuto che l'ordinanza del Lazio andasse ben oltre le competenze attribuite a una Regione. Anzitutto, osservano i giudici, se è vero che la normativa emergenziale covid autorizza le regioni ad introdurre misure più restrittive rispetto a quelle statali, questa possibilità è circoscritta ad ambiti di settori ed aree tematiche precise e comunque rientranti nella competenza costituzionalmente loro accordata (es. limitazione circolazione persone, chiusura strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose, trasporti, servizi scolastici e presenza negli uffici pubblici, regolazione di attività commerciali, imprenditoriali e professionali). Aree e materie «tra cui, come risulta piuttosto evidente, senza dubbio non è altresì annoverabile la tematica delle vaccinazioni obbligatorie di cui in questa sede si discute», si legge nella sentenza.

Tra l'altro, il Tar osserva come «inibendo tra l'altro l'accesso al lavoro al personale medico che non si sottopone alla suddetta vaccinazione antinfluenzale, si violerebbe altresì la competenza statale a dettare principi fondamentali in materia di tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro».

Quanto all'obiettivo, perseguito dall'ordinanza, di alleggerire il peso sulle strutture ospedaliere durante il periodo autunnale ed invernale mediante ricorso a diagnosi differenziali, i giudici osservano: «Esistono tuttavia anche altre strade per evitare il decongestionamento delle strutture sanitarie, strade tutte che ben potrebbero rientrare nell'alveo delle competenze regionali costituzionalmente accordate (es. potenziamento attività di tracciamento, c.d. tracing, intensificazione dei tamponi, concreto sviluppo della medicina di prossimità). Appare piuttosto evidente che, con riferimento a queste ultime misure, si tratterebbe di interventi che probabilmente comporterebbero un maggiore impiego di risorse organizzative e finanziarie, ma una logica di risparmio pubblico non potrebbe giammai giustificare, ad ogni buon conto, un simile spostamento della competenza normativa dall'alto verso il basso».

4) Un'associazione religiosa può contestare il piano vaccinale?

Negativa la risposta di Tar Lazio, n. 6145/2021 in una causa promossa da un'associazione religiosa contro il piano strategico nazionale dei vaccini per la lotta al Covid-19.

Il T.A.R. ha respinto la possibilità di un'associazione con obiettivi statutari diversi da quelli della protezione della salute di ricorrere a protezione di interessi collettivi in questa materia.

Ha affermato, inoltre, che dall'eventuale accoglimento del ricorso non solo i ricorrenti non ricaverebbero alcuna utilità specifica ma, anzi, un danno irreparabile si produrrebbe per quella (di sicuro non irrilevante) fetta della popolazione che invece – anche per «dovere civico» e senso del bene comune – intende ancora sottoporsi alla vaccinazione onde efficacemente combattere la pandemia in atto.

Bibliografia

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