La mancata quantificazione delle spese processuali nel dispositivo del provvedimento decisorio: quale rimedio?

01 Giugno 2022

Ove in un provvedimento avente carattere decisorio, come tale da imporre la liquidazione delle spese processuali, queste vengano indicate in motivazione, riportando anche il criterio di liquidazione ma non vengano, poi, quantificate nel dispositivo, è necessario procedere con gravame o vi è altro mezzo processuale utilizzabile?

Il problema posto dal quesito riveste una certa importanza in quanto, come è noto, il provvedimento decisorio avente natura di titolo esecutivo, per essere speso, deve recare nel dispositivo ogni statuizione in ordine al decisum e, quindi, anche in ordine alle spese legali.

L'interrogativo nasce dal fatto che non vi è una norma ad hoc per tale evenienza; ciò che si rinviene nel codice di rito è il disposto dell'art. 91 c.p.c. secondo il quale, al comma 3, si prevede che «I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell'ufficio a cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale giudiziario».

Il comma precedente dell'articolo si riferisce, però, alle spese della sentenza che sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa, da quelle della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto che sono liquidate dall'ufficiale giudiziario con nota in margine all'originale e alla copia notificata.

Si tratta di vedere se l'omessa indicazione e quantificazione in dispositivo delle spese legali possa essere emendata con il procedimento di correzione di cui all'art. 287 c.p.c.

Innanzitutto, sempre a mente dell'art. 287 c.p.c., deve trattarsi di sentenze non impugnate (contro le quali non sia stato proposto appello) e di ordinanze non revocabili; ragion per cui al di fuori di queste due tipologie si dovrà ricorrere ai normali mezzi di gravame.

Ove, al contrario, si versi in una delle ipotesi previste dall'articolo sopra indicato, si potrà utilizzare il più snello e meno gravoso procedimento di correzione ivi previsto.

Ciò è anche quanto affermato da Cass. civ. sez. un., 21 giugno 2018, n. 16415, per la quale «A fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 c.p.c., sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss. c.p.c. per ottenerne la quantificazione».

Stessa posizione anche per Cass. civ. sez. III, 13 novembre 2018, n. 29029, secondo la quale «Nell'ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (emessa anche ex art. 429 c.p.c.), benché in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente, l'interessato deve esperire il procedimento di correzione ai sensi dell'art. 287 c.p.c. per ottenerne la quantificazione; ove però l'errore materiale di liquidazione venga denunciato col ricorso per cassazione fondato anche su altri motivi - che nulla abbiano a che fare con l'errore medesimo -, esso può essere vagliato dal giudice di legittimità in considerazione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost. senza che l'accoglimento del motivo e l'effettuazione della correzione materiale leda il diritto di difesa delle controparti, essendosi pienamente dispiegato il contraddittorio».

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