Il potere di impugnazione delle misure cautelari reali sui beni del fallito da parte del curatore
01 Giugno 2022
Il curatore fallimentare può impugnare la misura cautelare reale emessa nei confronti dei beni del fallito dopo la dichiarazione di fallimento?
Il caso - Dopo la sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei confronti di un imprenditore viene disposto il sequestro preventivo dei suoi beni. Tale misura non viene ritenuta legittima né dall'imprenditore, né dalla curatela. Si pone il problema di stabilire se il curatore possa impugnare la misura cautelare reale emessa nei confronti dei beni del fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
La soluzione - L'art. 43 l. fall. prevede, al primo comma, che nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore. Dunque, una vola dichiarato il fallimento, il curatore sta in giudizio, sia come attore che come convenuto, in tutte le controversie civili del fallito riguardanti i rapporti di diritto patrimoniale; anche quelle in corso. Nel caso che ci occupa viene in rilievo una norma di natura penale, l'art. 322 bis c.p.p. (appello), la quale stabilisce che possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero, il pubblico ministero stesso, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Sicché, come statuito dalla giurisprudenza di legittimità, da questa formulazione risulta evidente il riferimento del legislatore alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, come soggetti diversi e non coincidenti; per cui l'avente diritto alla restituzione può essere individuato in una persona diversa da quella a cui il bene è stato sequestrato (Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2013, n. 51753; Cass. pen., sez. II, 8 ottobre 2010, n. 39247). Ancora, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, se di tali soggetti la “persona alla quale le cose sono state sequestrate” è testualmente identificata in base ad una circostanza di fatto, la “persona che avrebbe diritto alla loro restituzione” ha assunto una configurazione estesa all'esistenza di un rapporto di fatto della persona con il bene, non essendo necessario che sullo stesso la persona vanti un diritto reale. È sufficiente, a tali fini, che tale situazione di fatto sia tutelata dall'ordinamento, e che la stessa dia luogo ad una posizione giuridica autonoma del soggetto rispetto al bene (Cass. pen., sez. VI, 4 ottobre 1994, n. 3775). Tali principi sono stati richiamati dalle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte (Cass. pen., S.U., 13 novembre 2019, n. 45936) le quali hanno evidenziato come la persona avente diritto alla restituzione della cosa sequestrata, legittimata all'impugnazione dei provvedimenti dispositivi o confermativi del sequestro, sia identificata dalla disponibilità autonoma e giuridicamente tutelata del bene. Una disponibilità rispondente a queste caratteristiche è senza dubbio esistente in capo al curatore rispetto ai beni del fallimento. Come disposto dall'art. 42, comma 1, l. fall., “la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”. La disponibilità di tali beni, da quel momento, si trasferisce dal fallito agli organi della procedura fallimentare. Di essi, il curatore è incaricato dell'amministrazione della massa attiva nella prospettiva della conservazione della stessa ai fini della tutela dell'interesse dei creditori (Cass. Civ., sez. III, 17 dicembre 2018, n. 17749). In questa veste, l'art. 43 l. fall. gli attribuisce la rappresentanza in giudizio dei rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento (Cass. civ., sez. II, 15 maggio 2013, n. 11737). Le Sezioni Unite rilevano inoltre la circostanza che la giurisprudenza civilistica qualifichi esplicitamente il curatore come detentore dei beni del fallimento (Cass. civ., sez. II, 11 agosto 2005, n. 16853). Rilevano che la disponibilità dei beni del fallimento, di cui il curatore è titolare, è riconosciuta dall'ordinamento e oggetto di una posizione giuridicamente autonoma nell'esercizio dei poteri di amministrazione e di rappresentanza in giudizio che sono conferiti al curatore. Ed è sulla base di queste considerazioni che la giurisprudenza di legittimità ha espressamente ricondotto la posizione del curatore a quella della persona avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, ai fini della previsione di cui all'art. 322-bis c.p.p. (Cass. pen., sez. II, 16 maggio 2003, n. 24160). In conclusione, dunque, il curatore fallimentare è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale concernenti i beni facenti parte del compendio fallimentare, indipendentemente dal fatto che il vincolo sia stato disposto anteriormente o successivamente alla dichiarazione del fallimento (Cass. pen., S.U., 13 novembre 2019, n. 45936). Pertanto, nel caso che ci occupa, il curatore fallimentare può impugnare la misura cautelare reale emessa nei confronti dei beni del fallito dopo la dichiarazione di fallimento.
Per approfondire – D. Fico, Curatore fallimentare: ruolo e funzioni, in questo portale, 10 luglio 2019. |