Assegnazione della casa familiare con arredo, ma senza la collezione di quadri di valore

26 Maggio 2022

Sono esclusi dall''assegnazione della casa familiare alla madre, con la quale il figlio vive prevalentemente, i beni personali del padre e le opere d'arte di esclusiva proprietà di quest'ultimo.
Massima

L'assegnazione della casa familiare al genitore convivente con i figli minori comprende anche gli arredi limitatamente alla normale dotazione di beni mobili e suppellettili per l'uso quotidiano, ma non si estende alle opere d'arte di importante valore che uno dei due coniugi abbia collezionato nel corso degli anni e custodito nella casa medesima.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di separazione giudiziale, all'esito dell'udienza di comparizione dei coniugi, la Presidente del Tribunale di Milano ha emesso l'ordinanza ex art. 708 c.p.c. regolamentando in via provvisoria la responsabilità genitoriale sul figlio minore della coppia come da accordo formalizzato dai coniugi nel verbale di udienza e disponendo l'assegnazione della casa familiare – condotta in locazione – alla madre, con la quale il figlio vive prevalentemente, precisando però che sono esclusi dalla assegnazione i beni personali del padre e le opere d'arte di esclusiva proprietà di quest'ultimo.

La questione

L'assegnazione della casa familiare si estende anche ad arredi e suppellettili, ma quali beni personali sono da ritenersi esclusi?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 337-sexies c.c. disciplina l'assegnazione della casa familiare in maniera omogenea per tutte le ipotesi in cui il giudice sia chiamato a decidere sull'esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili e annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio.

La norma è stata inserita nel codice dal decreto legislativo n. 154/2013 che al contempo ha abrogato l'art. 155-quater c.c. che disciplinava l'assegnazione della casa familiare nella separazione personale e ha modificato il comma 2 dell'art. 6, l. n. 898/1970 (pur non abrogando il successivo comma 6)

L'attuale formulazione della norma prevede che il “godimento” della casa familiare sia attribuito “tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli” e che della assegnazione “il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporto economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà”.

È noto che secondo la tesi maggioritaria sia della dottrina sia della giurisprudenza, con l'assegnazione della casa familiare viene attribuito un diritto personale – e non reale - di godimento, che si costituisce per effetto del provvedimento che la dispone, e può essere attribuita anche nel caso in cui i genitori la occupino in forza di comodato gratuito o precario.

L'attribuzione del godimento della casa non costituisce un mezzo di sostentamento del genitore che ne beneficia, tuttavia, si è ritenuto di dover specificare che tale assegnazione deve essere oggetto di valutazione nell'ambito della decisione sugli aspetti economici, atteso che il fatto di poter utilizzare un immobile, in particolare laddove non sia dovuto il pagamento di un canone, costituisce indubbiamente un vantaggio.

La peculiarità della disciplina, che consente di godere di un bene per il solo fatto di vivere prevalentemente con i figli minori (o maggiorenni ma non economicamente indipendenti, o affetti da handicap), trova la propria giustificazione nella necessità di assicurare tutela ai figli, che hanno diritto di continuare a vivere in un ambiente a loro familiare, in quello che era il loro centro di interessi e di vita fino a quando è durata la convivenza, così da proteggerli e non costringerli a subire, in un momento indubbiamente critico della loro vita, un ulteriore cambiamento che potrebbe risultare loro pregiudizievole.

Ciò è confermato dal fatto che, laddove i minori si siano da tempo trasferiti altrove - indipendentemente peraltro dal mero dato anagrafico - si ritiene che la casa familiare abbia perduto la sua caratteristica di habitat domestico e pertanto non si possa procedere alla sua assegnazione.

È pacifico inoltre che, proprio al fine di garantire ai figli minori di continuare a vivere nell'ambiente in cui sono cresciuti, che ben conoscono, e nel quale si sentono accolti e protetti, l'assegnazione della casa si debba estendere alle sue pertinenze (salvo diverso accordo, peraltro non infrequente nelle separazioni consensuali) e ai mobili che la corredano.

In tal senso si è pronunciato il giudice di legittimità con due decisioni risalenti nel tempo, ma mai revocate in dubbio: Cass. civ. sez. I, 14 febbraio 1986, n. 878 e Cass. civ. sez. I, 9 dicembre 1983, n. 7303 “nel giudizio di separazione, l'assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, ai sensi dell'art. 155 comma 4 c.c., ricomprende, per la necessaria tutela della prole minore, non il solo immobile, ma anche i mobili, gli arredi, gli elettrodomestici ed i servizi, con l'eccezione dei beni strettamente personali che soddisfano esigenze peculiari del coniuge privato del godimento della casa familiare”).

Nel provvedimento in esame il Presidente del Tribunale, dopo aver ribadito il suindicato principio, ovvero che la nozione di casa familiare non comprende solo l'immobile, ma anche gli arredi e le suppellettili, ha poi precisato che “è altresì vero che il complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l'esistenza domestica della comunità familiare deve comprendere la normale dotazione di beni mobili e suppellettili per l'uso quotidiano della casa, ma non può estendersi alle opere d'arte di importante valore che uno dei due coniugi abbia collezionato nel corso degli anni e custodito nella casa e che, al momento della cessazione della convivenza, intenda portare con sé”.

Ritiene in proposito la Presidente del Tribunale che al minore debba essere assicurata la tutela dell'habitat domestico, che si ritiene sia costituito esclusivamente da quei beni mobili che sono ”funzionalmente collegati alla condizione della vita quotidiana, con il focus indirizzato all'interesse del minore, dal quale novero possono bene essere escluse le opere d'arte che non sono certamente necessarie per assicurare la vita domestica del piccolo”.

Si escludono quindi dall'assegnazione non solo i beni strettamente personali, ma, e per quanto risulta per la prima volta, anche quelli che non siano necessari nella vita quotidiana.

A sostegno della decisione, si afferma altresì che il giudice di legittimità avrebbe evidenziato che l'assegnazione della casa può non riferirsi a “tutto quanto costituiva casa familiare al momento della convivenza” consentendo una assegnazione parziale quando le dimensioni dell'abitazione siano eccessive rispetto alle esigenze della famiglia e l'immobile sia agevolmente divisibile.

Osservazioni

La decisione della Presidente del Tribunale di Milano si fonda su una premessa corretta, ovvero che il diritto di godimento della casa familiare attribuito in occasione della separazione o del divorzio si estende anche ai mobili che ne costituiscono l'arredamento e alle suppellettili che la compongono, ed eccezione degli oggetti di uso strettamente personale, che il genitore / coniuge non assegnatario ha diritto di prelevare.

La novità è costituita dal riferimento alla “normale dotazione” di beni mobili “necessari per l'uso quotidiano”, concetto indefinito e che si può prestare ad una pericolosa interpretazione soggettiva: da un lato è infatti possibile che per un determinato nucleo sia normale dotare l'immobile adibito a dimora familiare di una serie di oggetti (elettrodomestici o complementi di arredo) che possono invece essere ritenuti inutili da un'altra famiglia e, dall'altro, “l'habitat” in cui il minore è cresciuto e che deve essergli garantito può essere costituito anche da beni non strettamente necessari all'uso quotidiano (si pensi ad un particolare mobile non indispensabile, ma che il bambino ha sempre visto in un determinato ambiente, come la cucina o il soggiorno della casa).

Se dunque, come si afferma nell'ordinanza, per procedere all'assegnazione occorre verificare la sussistenza di un nesso funzionale tra gli arredi e la condizione della vita quotidiana, e che tale valutazione deve essere effettuata tenendo conto dell'interesse del minore, è legittimo chiedersi se non sia pregiudizievole per un bambino veder cambiare l'ambiente domestico nel quale egli quotidianamente vive, eliminando i quadri che egli ha sempre visto nella propria casa.

Dalla lettura della pronuncia non è dato comprendere ove i quadri – evidentemente numerosi e di notevole valore – fossero collocati e se il loro spostamento possa avere in qualche modo alterato l'ambiente quotidiano del minore, resta però l'impressione che la decisione sia stata assunta sul presupposto che le opere d'arte in concreto non interessino un bambino, mentre, sebbene il minore non sia in grado di comprenderne il valore economico, questi può comunque essere in grado di apprezzare esteticamente un dipinto e, soprattutto, può considerarlo parte integrante del proprio ambiente di vita.

Si ritiene infine che il riferimento alla possibilità di assegnazione parziale della casa familiare - consentita dalla giurisprudenza nelle ipotesi in cui l'immobile sia ampio e agevolmente divisibile – invocato nella decisione in commento, non sia del tutto appropriato.

Quando infatti si procede con una assegnazione parziale, il giudice deve preliminarmente verificare che la divisione sia possibile senza snaturare la funzione propria della casa familiare, che i figli non siano limitati nel godimento degli spazi che utilizzavano in precedenza e che non subiscano pregiudizio dalla divisione dell'immobile (Cass. civ. 8 giugno 2016 n. 11783 e Cass. civ. 18 giugno 2008 n. 15953). La giurisprudenza di legittimità, quindi, non afferma che l'assegnazione può non riguardare “tutto quello che costituiva la casa familiare”, ma ha solo evidenziato, che, in taluni casi particolari, si può assegnare solo una porzione dell'immobile, e a condizione che i figli minori possano continuare a godere senza pregiudizio alcuno dell'ambiente familiare di cui hanno usufruito in precedenza.

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