Provvedimento di cessazione della materia del contendere ed obbligo di registrazione

07 Giugno 2022

La cessazione della materia del contendere interviene in tutti quei casi in cui la pretesa sottesa al giudizio abbia trovato piena e comprovata soddisfazione in via extragiudiziale, sicché la pronuncia non assume una valenza meramente processuale, ma contiene una verifica nel merito della pretesa avanzata, ragion per cui il provvedimento che la sancisce va sottoposto a registrazione ai sensi dell'art. 37 del T.U. 131/1986 sull'imposta di registro.
Massima

La cessazione della materia del contendere interviene in tutti quei casi in cui la pretesa sottesa al giudizio abbia trovato piena e comprovata soddisfazione in via extragiudiziale, sicché la pronuncia non assume una valenza meramente processuale, ma contiene una verifica nel merito della pretesa avanzata e della piena soddisfazione eventualmente determinata da circostanze esterne al giudizio con attitudine a proiettarsi al di fuori del processo in cui si è formata, ragion per cui il provvedimento che la sancisce va sottoposto a registrazione ai sensi dell'art. 37 del T.U. 131/1986 sull'imposta di registro.

Il caso

La vicenda riguarda l'impugnazione di un avviso di liquidazione per imposta di registro relativo ad una sentenza che sancisce la cessazione della materia del contendere.

La commissione tributaria adita afferma la debenza dell'imposta in ragione della natura della sentenza in oggetto.

La motivazione, pur breve e concisa, rappresenta esaustivamente il convincimento della commissione tributaria stessa:

«Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società … s.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha agito contro l'Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale I di Roma avverso l'avviso di liquidazione n. 2016/003/SC/000016740/0/002, inerente a pretesa per imposta di registro e relative sanzioni, per euro 217,50, notificato in data 5 settembre 2019, riferito alla sentenza n. 16740/2016 del 12.09.2016 emessa dal Tribunale ordinario di Roma – sez. civile.

Parte ricorrente ha rappresentato che:

- L'atto gravato è stato emesso in quanto: “(…) a fronte del suddetto atto giudiziario vige l'obbligo di registrazione ai sensi degli artt. 1 e 37 del d.P.R. 131/1986 (…)”

- la pronuncia giurisdizionale alla quale la pretesa è ancorata concerne la conclusione del giudizio di opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, c.p.c. promosso da … nei confronti della sig.ra … (giudizio R.G. n. 77742/2013) per il quale è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere;

- di aver richiesto alla sig.ra …, coobbligata solidale, se avesse intenzione di contestare la pretesa ovvero procedere al pagamento, ottenendo, in riscontro, la comunicazione che detta coobbligata non avrebbe provveduto a versare gli importi richiesti dall'amministrazione.

Su tali basi, previa esplicitazione dell'insussistenza di un litisconsorzio necessario con la coobbligata solidale, la ricorrente ha contestato la pretesa dell'amministrazione deducendo l'esclusione dell'imposta di registro in relazione alle sentenze di cessazione della materia del contendere, non potendosi ritenere che dette pronunce costituiscano una definizione nel merito del giudizio, come peraltro confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate in un parere dell'11 maggio 2010 rilasciato dell'interpello 919-9/2020 proposto dal Tribunale di Vibo Valentia.

L'Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio concludendo per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

All'udienza del 28 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.

L'art. 37 del d.P.R. 131/1986 dispone che gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio sono soggetti all'imposta.

La cessazione della materia del contendere, infatti, interviene in tutti quei casi in cui la pretesa sottesa al giudizio abbia trovato piena e comprovata soddisfazione in via extragiudiziale, sicché la pronuncia non assume una valenza meramente processuale, ma contiene una verifica nel merito della pretesa avanzata e della piena soddisfazione eventualmente determinata da circostanze esterne al giudizio con attitudine a proiettarsi al di fuori del processo in cui si è formata.

E, infatti, sussiste una radicale differenza tra le pronunce di cessazione della materia del contendere e quelle di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse: in quest'ultimo caso, infatti, l'oggetto del giudizio permane e, tuttavia, il processo si arresta solo in quanto l'interessato non potrebbe ricavare nessun vantaggio da una decisione di merito del giudice adito, ove, invece, in caso di cessazione della materia del contendere è proprio l'oggetto del giudizio ad essere inciso.

In altri termini, mentre la cessazione della materia del contendere incide sull'oggetto del giudizio, la sopravvenuta carenza di interesse incide su un presupposto processuale (interesse ad agire), impedendo il passaggio al merito.

Come emerge dalla documentazione in atti, la sentenza sottesa alla pretesa dell'amministrazione ha accertato e verificato che prima della notifica del precetto è avvenuto il pagamento del dovuto, procedendo anche, ai fini della regolazione delle spese di lite, all'accertamento della fondatezza dell'opposizione.

Le peculiarità della fattispecie, come emergenti dalla documentazione in atti, e le incertezze interpretative evidenziate dalla sussistenza di orientamenti giurisprudenziali non consolidati, giustificano, nondimeno, l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

PQM

Rigetta il ricorso.

Spese compensate.»

La questione

L'Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza hanno avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni sulla questione affermando, sostanzialmente, che non va sottoposta a registrazione quella decisione che non incida sul merito della controversia ai sensi dell'art. 37 del T.U. 131/1986 (sull'imposta di registro).

Pare opportuno, a questo punto, ripercorrere una casistica dei pareri espressi dagli uffici finanziari nonché dalla giurisprudenza:

- Cass. civ., sez. un., 28 settembre 2000, n. 1048: «La cessazione della materia del contendere del giudizio civile costituisce una ipotesi di estinzione del processo da pronunziare con sentenza d'ufficio o di istanza di parte, ogni qualvolta viene meno l'interesse delle parti alla naturale definizione del giudizio; la relativa declaratoria non ha dunque alcuna idoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere».

- Cass. civ., sez. III, 31 agosto 2015, n. 17312: «La declaratoria di cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale per la liquidazione delle relative spese di lite non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni oggetto della controversia, né possono precluderne la riproposizione in diverso giudizio».

- Argomentando a contrario, Cass. civ., sez. trib., 18 febbraio 2021, n. 4327: «In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato ad imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l'esecutorietà dello stesso viene sospesa; ciò perché solo l'intervento di una decisione definitiva, che all'esito del giudizio di opposizione revochi, annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo opposto, esclude la debenza del tributo ex art. 37 del d.P.R. 131/1986».

- Parere Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Calabria
Ufficio Consulenza, Parere dell'11 maggio 2010: «… Il tribunale di Vibo Valentia pone un quesito in tema di imposta di registro tendente a conoscere se sussista l'obbligo della registrazione in termine fisso per: a) i provvedimenti dichiarativi della competenza per materia o per valore e b) i provvedimenti definitivi del giudizio per cessata materia del contendere.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente.

Il Tribunale istante richiama i principi enunciati in vari documenti di prassi e ritiene che i suddetti provvedimenti – per i quali, [omissis], viene richiesta la registrazione – non debbano essere sottoposti alla formalità della registrazione sull'assunto presupposto motivazionale di assenza di “pronuncia nel merito”. … Il presupposto per l'applicazione dell'imposta di registro sugli atti giudiziari ed il conseguente obbligo di registrazione in termine fisso va ricercato nel combinato disposto dell'art. 37 del TU 131/86 e dell'art. 8 dell'allegata Tariffa parte prima, che consente di individuare tra gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili quelli che assumono rilevanza agli effetti dell'imposta, in quanto definiscono anche parzialmente il giudizio, e vengono assoggettati al tributo anche se sono impugnati o impugnabili. L'art. 8 della Tariffa reca una elencazione tassativa degli atti giudiziari soggetti a registrazione in termine fisso, con l'indicazione della misura dell'imposta di registro applicabile agli stessi. Inoltre, l'art. 2 della Tabella allegata allo stesso TUR stabilisce che non sussiste l'obbligo di chiedere la registrazione degli atti giudiziari non espressamente contemplati nella parte prima della tariffa.

Dall'esame tipologico di tali attui è dato argomentare che non tutti i provvedimenti – né tantomeno quelli di [omissis] autorità giudiziaria – devono essere assoggettati a tassazione ma esclusivamente quelli che intervengono nel merito del giudizio (cfr. circ. n. 45/2001 e ris. 257/2007).
La tassazione degli atti giudiziari in materia di controversie civili attiene a quegli atti che, definendo anche parzialmente il giudizio, abbiano la concreta potenzialità di incidere sulla situazione giuridica dei soggetti (v. ris. 310106 del 3/6/1991).

Tanto premesso in linea generale, si osserva che le declaratorie di incompetenza per materia o per valore – sub a) – non sono da sottoporre alla formalità della registrazione in quanto, alla stregua di quanto precisato con la circolare n. 45/2001 con specifico riferimento alle declaratorie di incompetenza per territorio, non rivelano un contenuto definitorio analogo a quello riferibile alle fattispecie elencate al richiamato articolo 8 della Tariffa.
Tali atti giudiziari, infatti, non intervengono a conclusione di una “controversia” che il giudice è chiamato a risolvere ma rappresentano provvedimenti intesi a stabilire, in via pregiudiziale, il giudice competente a decidere.

Riguardo i provvedimenti definitivi del giudizio per cessata materia del contendere – sub b) -, va messo in rilievo che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1048 del 28 settembre 2000, hanno chiarito che la pronuncia di “cessazione della materia del contendere” costituisce, in seno al rito contenzioso ordinario (privo, al riguardo, di qualsivoglia espressa previsione normativa, a differenza del rito amministrativo e di quello tributario), una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale.
Alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere, pertanto, consegue, da un canto, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, dall'altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare [omissis] giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio e con l'ulteriore conseguenza che il giudicato può dirsi formato solo su tale circostanza, ove la relativa pronuncia non sia impugnata con i mezzi propri del grado in cui risulta emessa.
Ne consegue che i suddetti provvedimenti, non avendo efficacia di giudicato sostanziale ma avendo natura meramente processuale, non sono idonei ad incidere sulla posizione giuridica delle parti processuali e, quindi, non sono assoggettabili all'obbligo della registrazione in termine fisso previsto dall'art. 37 del TUR e dell'art. 8 dell'allegata Tariffa (in tal senso, ris. n. 310106 del 3/6/1991 e n. 263 del 21/09/2007 emanate con specifico riguardo ad atti relativi alla estinzione del processo ex artt. 306 e 307 c.p.c.)».

- La declaratoria di incompetenza per territorio non è soggetta a registrazione (Circolare n. 45 del 9 maggio 2001 Agenzia delle Entrate).

- I provvedimenti che dichiarano l'estinzione del giudizio ex art. 306 c.p.c. non sono soggetti a registrazione

- I provvedimenti che dichiarano l'incompetenza per materia e per valore non sono soggetti a registrazione (risposta Agenzia delle Entrate ad interpello n. 954-268/2013 proposto da Direzione generale della Giustizia).

Le soluzioni giuridiche

Dalle posizioni sia della giurisprudenza che degli organi amministrativi preposti, si può trarre il principio, peraltro desumibile dalle norme richiamate del T.U. sull'imposta di registro, che non sia soggetto a tassazione quel provvedimento giudiziale che, seppur avendo forma di giudicato, non incida e non decida la questione nel merito.

Nella pronuncia in commento, quindi, parrebbe che il provvedimento avente ad oggetto la cessazione della materia del contendere non dovesse essere sottoposto a registrazione, contrariamente a quanto afferma, invece, la sentenza della commissione tributaria in questione.

A dire il vero la stessa commissione tributaria che qui ci occupa rileva l'esistenza di differenti posizioni tanto da compensare le spese legali.

Infatti, richiamando la già citata sentenza n. 1048/2000, si rileva la presenza di due differenti posizioni: «Secondo la prima di tali decisioni, la pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere decide sul merito della controversia, essendo equivalente ad una decisione di rigetto della domanda dedotta in giudizio, con la conseguenza che, ove il giudizio proposto dal lavoratore per ottenere il computo di un determinato emolumento nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto si sia concluso con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere per avere, nelle more del giudizio, il datore di lavoro aderito alla prospettazione attorea, si determina un giudicato sul merito, preclusivo per lo stesso lavoratore, della proposizione di un secondo giudizio avente ad oggetto il riconoscimento della computabilità di un diverso ed ulteriore emolumento nella base di calcolo del medesimo trattamento di fine rapporto (Cass. civ., 11 marzo 1997, n. 2161).

Con altra decisione, invece, si è affermato che la pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere non è idonea a formare un giudicato di merito in ordine alla pretesa sostanziale azionata e quindi non opera il principio secondo cui il giudicato (sostanziale) copre non solo le ragioni giuridiche fatte valere in giudizio, ma anche tutte quelle altre, proponibili sia in via di azione che di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono tuttavia precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia con la conseguenza che, ove il giudizio proposto dal lavoratore per ottenere il computo di un determinato emolumento nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto si sia concluso con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere, per avere il datore di lavoro aderito, nelle more del giudizio, alla prospettazione attorea, non si determina alcun giudicato sostanziale preclusivo, per lo stesso lavoratore, della proposizione di un secondo giudizio avente ad oggetto il riconoscimento della computabilità di un diverso ed ulteriore emolumento nella base di calcolo del medesimo trattamento di fine rapporto (Cass. civ., 6 maggio 1998, n. 4583).

A sostegno della prima delle soluzioni enunciate, la Corte ha fatto riferimento alla tesi dottrinale che - nel distinguere fra rinuncia agli atti del giudizio e rinuncia all'azione - ravvisa la cessazione della materia del contendere nella seconda di tali rinunce, che diviene oggetto di una pronuncia dichiarativa, da assumere nella forma della sentenza, e che incide sul merito della controversia, essendo equivalente ad una decisione di rigetto della domanda dedotta in giudizio, con la conseguenza che tale sentenza, in quanto conclusiva del procedimento, è idonea a generare, nel caso di riproposizione della domanda rinunciata, un'exceptio rei iudicatae. … Ritiene il Collegio che il contrasto vada composto privilegiando il secondo dei richiamati indirizzi sulla base delle considerazioni che seguono, in parte divergenti dalle ragioni esposte in Cass. civ., 6 maggio 1998 n. 4583»

Venendo alla commissione tributaria in commento, per il caso di specie, questa ritiene che il pronunciamento vada sottoposto a registrazione.

In particolare si tratta di cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione all'esecuzione in conseguenza del pagamento del dovuto prima della notificazione del precetto.

Il giudice tributario ritiene che, in questo caso, la cessazione della materia del contendere incida sull'oggetto del giudizio; infatti, utilizzando le parole del giudicante, «la sentenza sottesa alla pretesa dell'amministrazione ha accertato e verificato che prima della notifica del precetto è avvenuto il pagamento del dovuto, procedendo anche, ai fini della regolazione delle spese di lite, all'accertamento della fondatezza dell'opposizione».

Il provvedimento, quindi, ha inciso sul diritto sostanziale e non ha avuto una mera valenza processuale. Sul punto si consideri anche che il citato art. 37 T.U. 131/1986 dispone che gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio sono soggetti all'imposta.

In questo caso la cessazione della materia del contendere a seguito del pagamento del dovuto prima della notificazione del precetto incide certamente sul giudizio, come correttamente evidenzia la commissione tributaria in commento.

Osservazioni

A ben vedere il disposto dell'art. 37 del T.U. 131/1986 afferma un principio che sottende alla funzione dell'imposta di registro che è quella di porre a carico del contribuente il pagamento dell'imposta a seguito del prodursi di effetti giuridici sostanziali da parte dell'atto sottoposto a tassazione.

Pertanto, risulta corretta l'interpretazione che si riferisce, in questo caso, non tanto al requisito formale del provvedimento giurisdizionale ma agli effetti sostanziali dello stesso anche se questo pervenga alla definizione del giudizio senza entrare formalmente nel merito ma incidendo, comunque, sulla situazione sostanziale sottesa.

Riferimenti

In dottrina:

  • L. Nastri, L' imposta di registro e le relative agevolazioni, 1993, Giuffrè;
  • G. Arnao, Manuale dell'imposta di registro, 1999, IPSOA.

In giurisprudenza vedi:

  • Cass. civ., 11 marzo 1997, n. 2161;
  • Cass. civ., 6 maggio 1998 n. 4583;
  • Cass. civ., sez. un., 28 settembre 2000, n. 1048;
  • Cass. civ., 31 agosto 2015, n. 17312;
  • Cass. civ., 18 febbraio 2021, n. 4327.

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