Incostituzionale la sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione

Alessandra Bassi
10 Giugno 2022

La dichiarazione di illegittimità costituzionale investe il comma 4 dell'art. 568 del codice di rito penale a norma del quale “per proporre impugnazione è necessario avervi interesse”.
Massima

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost. - dell'art. 568, comma 4, c.p.p., in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.

Il caso

La Prima Sezione Penale della Corte Suprema di cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 568, comma 4, c.p.p. nell'ambito del procedimento instaurato su ricorso delle difese avverso la sentenza predibattimentale pronunciata dalla Corte d'appello di Milano, in accoglimento della richiesta scritta del Procuratore generale, con cui era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al delitto di associazione per delinquere ed ai reati-fine in materia di armi perché estinti per la prescrizione maturata nelle more della celebrazione del giudizio di gravame.

Prima di provocare l'incidente di costituzionalità, la Prima Sezione penale aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618, comma 1-bis, c.p.p., dando atto di non condividere il principio di diritto enunciato, in un'analoga vicenda processuale, dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza 27 aprile 2017 (dep. 9 giugno 2017), n. 28954, ric. Iannelli, secondo cui, in caso di sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato.

A sostegno della nuova rimessione al più ampio consesso della nomofilachia, la Prima Sezione aveva evidenziato che la sentenza predibattimentale dichiarativa della prescrizione, più che essere affetta da nullità assoluta e insanabile, è abnorme perché pronunciata in difetto di potere in concreto, atteso che la legge processuale non consente che il giudizio d'appello sia definito con una sentenza predibattimentale, di tal che, in relazione a detto vizio, non potrebbe operare la regola – appunto elaborata dalla giurisprudenza di legittimità - della prevalenza della causa estintiva sulle eventuali cause di invalidità occorse nei gradi di merito. Aveva altresì evidenziato che tale provvedimento, in quanto pronunciato de plano ed in assenza di giudizio, pone il sistema processuale in tensione con i principi costituzionali del contraddittorio e del giusto processo.

Con provvedimento del 10 dicembre 2020, adottato a norma dell'art. 172 disp. att. c.p.p., il Presidente aggiunto della Corte di cassazione aveva restituito il ricorso alla Prima Sezione per una nuova valutazione sulla effettiva sussistenza dell'interesse all'impugnazione, osservando che nessuno dei due ricorrenti aveva manifestato la volontà di rinunciare alla prescrizione maturata e dichiarata dalla Corte d'appello.

Preso atto della infruttuosità del tentativo preliminare teso a sollecitare le Sezioni Unite ad una revisione interpretativa, la Prima Sezione ha dunque chiamato il Giudice delle Leggi a verificare se la regola di elaborazione giurisprudenziale costituente “diritto vivente”, condensata nel principio di diritto enunciato nel citato arresto delle Sezioni Unite penali Iannelli e poi ribadito dalla successiva giurisprudenza di legittimità, si ponga in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di inviolabilità del diritto di difesa e del giusto processo sanciti dagli artt. 3, 24 e 111 Cost.

La questione

Giova rammentare che, in ossequio alla disposizione dell'art. 568, comma 4, c.p.p. (appunto investita dallo scrutinio di legittimità costituzionale), per proporre impugnazione il ricorrente deve «avervi interesse» e che, secondo la norma - strettamente connessa - di cui all'art. 591, comma 1 lett. a), c.p.p., «l'impugnazione è inammissibile» «quando è proposta da chi (…) non ha interesse».

Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, attestatasi dopo il richiamato arresto delle Sezioni Unite n. 28954/2017, Iannelli, qualunque vizio processuale prodottosi nel giudizio, quand'anche integrante una nullità assoluta ed insanabile (quale quella scaturente dalla pronuncia di una sentenza non prevista dal codice di rito e senza contraddittorio, come quella predibattimentale d'appello dichiarativa della prescrizione), non è più deducibile - dunque risulta processualmente preclusa - dalla sopravvenuta causa estintiva del reato per prescrizione, salvo l'innocenza dell'imputato non emerga dagli atti ictu oculi e sia, dunque, possibile dichiarare il proscioglimento pieno nel merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p. Ciò in quanto, in caso di annullamento da parte della Cassazione, nel giudizio di rinvio, la Corte d'appello non potrebbe fare altro che reiterare la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, già rilevata, sia pure con una procedura illegittima (in quanto inaudita altera parte), nel precedente grado d'appello.

Ad avviso della Prima Sezione, i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost. (là dove sanciscono i principi di ragionevolezza, di inviolabilità del diritto di difesa e di indefettibilità del giusto processo) impongono di ritenere sussistente l'interesse al ricorso per cassazione anche oltre alle ipotesi derogatorie già riconosciute dalla Corte di legittimità. Si tratta delle ipotesi nelle quali, congiuntamente al proscioglimento per la maturata causa estintiva, siano adottate statuizioni accessorie (sulle res sequestrate o sugli interessi civili) rispetto alle quali la Cassazione ha ravvisato l'interesse ad impugnare la sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, segnatamente: a) in capo all'imputato, nel caso in cui con detta sentenza sia stata confermata la confisca disposta in primo grado (Cass. pen., sez. II, n. 11042/2020 Rv. 278524; Cass. pen., sez. III, n. 40522/2019, Rv. 277050); b) in via speculare, in capo al P.M., nell'ipotesi in cui con essa sia stato contestualmente ordinata la revoca della confisca e la restituzione delle cose sequestrate (Cass. pen., sez. III, n. 10376/2019, Rv. 278539); c) sempre in capo all'imputato, nel caso in cui con detta sentenza siano confermate le statuizioni risarcitorie a favore della parte civile (Cass. pen., sez. II, n. 32477/2020, Rv. 280066). Il Giudice remittente ha inoltre rimarcato come, a ben vedere, il principio affermato in altra pronuncia della Cassazione - secondo cui sussiste un interesse concreto ed attuale ad impugnare la sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa della prescrizione allorché l'imputato rinunci alla prescrizione (Cass. pen., sez. III, n. 15758/2020, Rv. 279272) - non sia coerente al sistema delineato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (secondo il quale l'imputato può rinunciare alla prescrizione soltanto dopo che essa sia maturata, ma non sia stata ancora dichiarata), tanto da imporre una deroga a tale regola per stabilizzare l'orientamento avallato dalle Sezioni Unite nell'avversata sentenza Iannelli.

Dopo avere rilevato che, nel procedimento sub iudice, nessuno dei due ricorrenti ha rinunciato alla prescrizione in uno con la proposizione del ricorso (di tal che non potrebbe operare la regola derogatoria affermata nel citato arresto n. 15758/2020), la Prima Sezione ha posto in luce come la soluzione imposta dalla regola fissata dalla sentenza Iannelli si ponga in contrasto con il principio di effettività del contraddittorio nell'esercizio della giurisdizione e con la nozione stessa di “giudizio di impugnazione”. Per altro verso, ha notato come, contrariamente a quanto affermato nella pronuncia Iannelli, il giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza predibattimentale dichiarativa della prescrizione non possa ritenersi “inutile”, potendosi in esso, pur in assenza di richieste di rinnovazione istruttoria, essere espletato un controllo più approfondito di quello di quello realizzabile nella fase di legittimità in ordine all'eventuale sussistenza di una situazione di evidenza di innocenza, rilevante ai fini del proscioglimento pieno di merito ex art. 129, comma 2, c.p.p.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost. - dell'art. 568, comma 4, c.p.p., in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.

Il ragionamento svolto dal Giudice costituzionale ruota intorno a due poli.

Per un verso, si evidenzia come il principio di ragionevole durata del processo - sotteso all'operatività della disciplina della immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p. ed all'interpretazione radicata nella giurisprudenza di legittimità non condivisa dal rimettente – debba essere di necessità bilanciato con i molteplici – e tra loro confliggenti – interessi pubblici e privati coinvolti dal processo e come esso non possa risolversi in una compressione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio (richiamando sul punto il principio affermato nella precedente sentenza della stessa Corte n. 317/2009, secondo cui «ciò che rileva è esclusivamente la durata del "giusto" processo, quale delineato proprio dall'art. 111 Cost.», cioè senza sacrificio del diritto al contraddittorio sancito dal suddetto art. 111 Cost. e del diritto di difesa, riconosciuto dall'art. 24, comma 2, Cost., diritti garantiti da norme costituzionali che entrambe risentono dell'effetto espansivo dell'art. 6 Cedu e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo).

Per altro verso, si esclude che il «conclamato sacrificio del contraddittorio e del diritto di difesa» che la lettura censurata implica possa giustificarsi, «nella prospettiva dell'utilità concreta dell'impugnazione, in base ad una prognosi di superfluità del dispiegamento di ulteriori attività processuali nel giudizio di rinvio, volte a pervenire al proscioglimento con formula di merito», stante l'essenzialità del contraddittorio anche ai fini dell'accertamento della causa estintiva del reato (richiamata sul punto la precedente sentenza n. 91/1992).

Al riguardo, la Consulta ha notato, da un lato, come il contraddittorio sia previsto dall'art. 469 c.p.p. ai fini della pronuncia della sentenza predibattimentale dichiarativa della prescrizione in primo grado, in quanto adottabile in camera di consiglio «sentiti il pubblico ministero e l'imputato e se questi non si oppongono»; dall'altro lato, come la sostanziale soppressione di un grado di giudizio, conseguente alla forma predibattimentale della sentenza di appello, oltre a non trovare fondamento nel codice di rito, limiti l'emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito e, di fatto, comprima la stessa facoltà dell'imputato di rinunciare alla prescrizione, in maniera non più recuperabile nel giudizio di legittimità, la cui cognizione è fisiologicamente più limitata rispetto a quella del giudice di merito.

Osservazioni

La decisione del Giudice delle Leggi non convince.

È del tutto pacifico – come, d'altronde, espresso a chiare lettere dalle Sezioni Unite Iannelli – che la sentenza predibattimentale di appello dichiarativa della intervenuta prescrizione, emessa de plano, sia viziata da nullità assoluta ed insanabile, per violazione del diritto al contraddittorio, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c), e 179, comma 1, c.p.p. (in ossequio al principio più volte affermato anche in precedenza dalla Corte di legittimità nelle sentenze Cass. pen., sez. un., n. 3027/2002, Angelucci, cit.; Cass. pen., sez. VI, n. 50013/2015, Capodicasa, Rv. 265700-01; Cass. pen., sez. VI, n. 10960/2015, Tavecchio, Rv. 262833; Cass. pen., sez. VI, n. 28478/2013, Corsaro, Rv. 255862; Cass. pen., sez. II, n. 42411/2012, Napoli, Rv. 254351; Cass. pen., sez. VI, n. 24062/2011, Palau Giovannetti, Rv. 250499).

Dall'altro canto, è (rectius era) assolutamente stabile il principio di diritto – appunto confutato dalla Corte costituzionale – secondo il quale il rapporto frala causa di estinzione del reato per prescrizione e le eventuali nullità, anche assolute, dovesse essere risolto - salvo i casi di contestuali statuizioni su pene accessorie o interessi civili ovvero di rinuncia alla prescrizione, con consequenziale interesse al ricorso (cui si è già accennato supra nel § 3.3) – assegnando carattere pregiudiziale alla prima con conseguente assorbimento delle seconde (sul punto, v. anche gli arresti delle Sezioni Unite richiamati nella sentenza Iannelli: Cass. pen., n. 35490/2009, Tettamanti, Rv. 244275; Cass. pen., n. 17179/2002, Conti, Rv. 221403, e Cass. pen., n. 1021/2002, Cremonese, Rv. 220511).

La Consulta - nel bollare con la incostituzionalità il consolidato principio della pregiudizialità della causa di non punibilità rispetto a qualunque vizio processuale, quand'anche esso si traduca in una violazione del diritto al contraddittorio, dunque, nel ritenere non corretta (rectius incostituzionale) la lettura che ne fa derivare l'inammissibilità per carenza d'interesse del ricorso per cassazione avverso la sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa della prescrizione de plano - interviene direttamente sul rapporto di forza fra i detti fattori in campo, stabilendo che la specifica nullità conseguente dall'essere stata la causa estintiva pronunciata in appello in violazione del contraddittorio prevale – anziché soccombere – rispetto alla causa estintiva medesima ed è, pertanto, idonea a fondare l'interesse a proporre il ricorso per cassazione.

Non può, tuttavia, farsi a meno di notare come, nell'assegnare sempre e comunque prevalenza alla nullità processuale conseguente dalla violazione del contraddittorio rispetto alla causa estintiva, il Giudice delle Leggi abbia finito per tratteggiare il concetto di interesse all'impugnazione ex art. 568, comma 4, c.p.p. in termini formali ed astratti, finanche ipotetici, là dove, nell'argomentarne la sussistenza, ha precisato che «la sostanziale soppressione di un grado di giudizio», oltre a non avere «fondamento nel codice di rito», stante l'«assenza di contraddittorio», limita l'«emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito» e comprime «la stessa facoltà dell'imputato di rinunciare alla prescrizione». Seguendo il ragionamento della Corte costituzionale, deve (o dovrebbe) ritenersi assistito da interesse, stante la violazione del diritto al contraddittorio, il ricorso per cassazione avverso la sentenza predibattimentale dichiarativa della prescrizione de plano in relazione alla prospettiva del tutto eventuale che l'imputato possa rinunciare alla prescrizione, sebbene tale opzione non sia mai stata neanche ventilata nei giudizi di merito né nel ricorso per cassazione, o che egli possa far valere nel contraddittorio d'appello circostanze o argomentazioni ulteriori rispetto a quelle già illustrate nell'atto di gravame a sostegno del proscioglimento pieno di merito, in frizione con la regola cardine dello scrutinio d'appello del tantum devolutum quantum appellatum. In ossequio a tale regola, al ricorrente non è difatti consentito di introdurre elementi nuovi rispetto a quelli dedotti nell'originario atto di gravame, di tal che, ad esempio, questi mai potrebbe muovere deduzioni nel merito ai fini dell'art. 129, comma 2, c.p.p. qualora le censure mosse con l'atto d'appello si imperniassero sul solo trattamento sanzionatorio, dando per pacifica la sua colpevolezza.

A parere di scrive, l'interesse a far valere con il ricorso per cassazione la specifica nullità della sentenza predibattimentale d'appello derivante dalla violazione del principio del contraddittorio - connotata dalla Corte costituzionale come una sorta di “super-nullità” in quanto impattante sul valore fondante del giusto processo - non potrà non essere vagliato alla luce delle coordinate ermeneutiche assolutamente incontrastate in materia.

Costituisce difatti principio di diritto granitico che il riconoscimento del diritto all'impugnazione ex artt. 568, comma 4, e 591, comma 1 lett. a), c.p.p. è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un'utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso (ex plurimis, da ultimo Cass. pen., sez. V, n. 2747/2022, Rv. 282542-01). Ne discende che la Corte Suprema, investita del ricorso avverso la sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa della prescrizione de plano, non potrà esimersi dal verificare preliminarmente se l'impugnazione sia sorretta da un interesse effettivo e cioè se nel giudizio d'appello obliterato il ricorrente avrebbe voluto e soprattutto potuto (giusta i limiti del principio devolutivo) far valere elementi o cause suscettibili di comportare un esito decisorio diverso, segnatamente il proscioglimento pieno di merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p.

Sotto diverso aspetto, deve essere considerato come,in più passaggi della motivazione e nello stesso dispositivo, la Consulta abbia precisato che la dichiarazione di incostituzionalità riguarda la lettura dell'art. 568, comma 4, c.p.p. costituente “diritto vivente” secondo cui è inammissibile per carenza d'interesse il ricorso per cassazione avverso la sentenza predibattimentale assunta «senza alcuna forma di interlocuzione» (v. § 2.2 della sentenza in commento), «in assenza di contraddittorio» (v. § 7.3) e, ancora, «senza alcuna forma di contraddittorio» (v. il dispositivo). In altre parole, il Giudice delle Leggi ha riconosciuto l'esistenza di una nullità suscettibile di superare la causa estintiva in caso di pronuncia della sentenza predibattimentale in mancanza di qualunque interlocuzione, senza prescrivere una forma particolare di contraddittorio compatibile con la Carta Fondamentale.

A tale proposito, va posto in luce che, con la legislazione emessa nel corso dell'emergenza pandemica e precisamente con l'art. 23-bis d.l. n. 137/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020, tuttora vigente), si è previsto che i giudizi d'appello siano celebrati in camera di consiglio senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori con un contraddittorio solo cartolare, salvo una delle parti non chieda la discussione orale del gravame. Mutuando tale disciplina, l'art. 1, comma 13 lett. g), della legge delega n. 134/2021 di riforma del processo penale (c.d. riforma Cartabia) dispone «la celebrazione del giudizio di appello con rito camerale non partecipato, salvo che la parte appellante o, in ogni caso, l'imputato o il suo difensore richiedano di partecipare all'udienza», con ciò stabilizzando a regime il rito cartolare d'appello previsto dalla normativa emergenziale. Innovazione che muove dalla condivisibile presa d'atto che il giudizio d'appello – salvo il caso di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex art. 603 c.p.p. – comporta una revisio prioris istantiae sulla base del medesimo materiale probatorio acquisito e delibato in primo grado, di tal che il contraddittorio può essere instaurato – altrettanto efficacemente e con un notevole risparmio di tempi processuali – all'esito di un confronto solo documentale fra le parti, cioè mediante il deposito e lo scambio di memorie e di conclusioni scritte, resi più fluidi dalla previsione a regime delle modalità di comunicazione elettronica.

Tenuto conto dell'attuale assetto del giudizio d'appello (da celebrare con rito cartolare, salvo richiesta) e della delimitazione della censura di incostituzionalità al caso di sentenza predibattimentale d'appello dichiarativa della prescrizione assunta «senza alcuna forma di contraddittorio», non sembrano allora esservi ostacoli a ritenere costituzionalmente conforme agli artt. 24 e 111 Cost. la lettura della disposizione di cui all'art. 568, comma 4, c.p.p. che giudicasse non sorretto da interesse il ricorso avverso la sentenza predibattimentale resa in camera di consiglio non partecipata preceduta da un contraddittorio solo documentale fra le parti, sollecitato dalla Corte d'appello a seguito del rilievo - in sede di spoglio del ricorso o delle attività prodromiche alla fissazione – della intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

L'instaurazione del contraddittorio cartolare preliminare e prodromico alla dichiarazione della causa estintiva, con la possibilità per le parti di richiedere, se del caso, la trattazione orale del ricorso, pare invero prassi idonea, per un verso, a conformarsi alle indicazioni della Corte costituzionale, per altro verso, a trattare con modalità più snelle ed agevoli i procedimenti, senza fissare udienze inutili in contrasto con le esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo, ma anche con lo stesso favor rei, consentendo che a carico del cittadino siano rapidamente rimosse «conseguenze pregiudizievoli, quale certamente è la permanenza di un c.d. carico pendente» (così come perspicuamente osservato nella sentenza Iannelli, nel §4).

È comunque auspicabile che - visti i numeri (purtroppo) rilevanti dei procedimenti interessati dalla prescrizione in appello e la delicatezza degli interessi in gioco - la situazione venutasi a creare all'indomani della pronuncia d'incostituzionalità n. 111/2022 trovi un'adeguata sistemazione de iure condendo con un intervento specifico del legislatore – ove possibile – già in sede di conversione della legge delega n. 134/2021. Poggiando proprio sulla previsione della legge delega del rito cartolare non partecipato come modello ordinario di trattazione dei giudizi d'appello, in caso di procedimento con reato estinto per prescrizione, si potrebbe consentire espressamente l'instaurazione di un contraddittorio preliminare e solo cartolare fra le parti, riservando la trattazione orale ai soli casi in cui sussista e sia rappresentato dalle parti un interesse concreto ed attuale alla discussione in presenza.

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