Sono imputabili al condomino che si distacca dall'impianto di riscaldamento le spese per il consumo involontario?

Nicola Frivoli
15 Giugno 2022

Il giudicante monocratico capitolino è stato chiamato a decidere in ordine all'annullabilità di una delibera condominiale afferente il pagamento delle quote involontarie del gas, da parte di condomini che non utilizzavano l'impianto di riscaldamento.
Massima

La quota di inefficienza dell'impianto (c.d. consumo involontario) non è imputabile ai condomini che non sono inseriti nella fruizione dell'impianto. Tale circostanza si rinviene dal mancato inserimento dei detti condomini distaccati nelle tabelle millesimali, sul punto relativo al fabbisogno energetico.

Il caso

Gli attori-condomini convenivano in giudizio il Condominio, poiché proprietari di diversi appartamenti siti nello stabile. Con delibera del 2007, il Condominio aveva trasformato l'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas; successivamente con altra assemblea, con delibera nel 2008, alcuni condomini avevano deciso di realizzare un nuovo impianto di centralizzato a condensazione, stabilendo che gli altri condomini che fossero stati interessati avrebbero potuto inviare la loro adesione all'amministratore, precisando che, senza ulteriori adesioni, l'impianto sarebbe stato realizzato a proprie spese commisurato alla necessità. Successivamente, era stata deliberata la ditta per l'esecuzione dei lavori e ripartita la spesa fra i soli condomini partecipanti al nuovo impianto. L'assemblea del 16 dicembre 2019 aveva deliberato di far partecipare gli attori al pagamento della quota involontaria del riscaldamento. Infatti, gli istanti impugnavano quest'ultima deliberazione, non essendo proprietari dei generatori e quindi non dovevano sopportare i costi e concludevano richiedendo l'annullamento dell'atto collettivo.

Si costituiva il Condominio che faceva rilevare che la prima deliberazioni del 2007 non era mai stata attuata, poiché era stata deliberata solo la sostituzione della caldaia, concludendo per il rigetto della domanda attrice.

Il magistrato riteneva la causa matura per la decisione ed assegnava alle parti termine per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Il Tribunale romano accoglieva l'impugnativa a delibera condominiale, annullando il punto 3) dell'ordine del giorno di tale atto collettivo, condannando il Condominio nella misura del 50% delle spese processuali, vista la particolarità della questione affrontata.

La questione

Si trattava di accertare e verificare se fosse fondata, al caso posto all'attenzione del Tribunale competente, l'impugnativa alla delibera condominiale.

Tali aspetti sono stati esaminati dal giudicante, il quale ha rilevato la fondatezza della domanda formulata dagli attori in ordine la questione del pagamento delle spese per le quote involontarie del gas.

Le spese processuali venivano determinate come da dispositivo, comunque nella misura del 50%, a carico del Condominio soccombente.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale capitolino, in sede monocratica, secondo cui è stata dichiarata annullabile l'impugnata delibera condominiale, così come proposta dagli attori, ponendo l'accento sull'aspetto inerente il pagamento delle quote involontarie del gas, non addebitabili gli istanti.

Il giudice adito, da un attento esame della documentazione in atti, aveva rilevato che nel 2003 vi fosse già stata una deliberazione (non contestata dalle parti), dove il condominio prendeva atto del distacco dall'impianto di riscaldamento operato dagli attori-condomini e riconosceva nella misura del 25% la partecipazione degli stessi alle spese relative ai consumi, restando inalterata la partecipazione alle spese fisse dell'impianto; successivamente, nel 2017, venivano approvate nuove tabelle millesimali del fabbisogno energetico, con cui sarebbero stati ripartiti anche i consumi involontari.

Posto che, con la deliberazione del 2008, si era deciso di realizzare un nuovo impianto di riscaldamento, a fronte del pessime stato di conservazione del precedente, con l'istallazione di una nuova caldaia a condensazione, con la precisazione che coloro che erano interessati alla detta realizzazione non avrebbero partecipato alle spese necessarie però lo stesso, che sarebbe stato commisurato alle sole necessità dei condomini interessati e parametrato ai loro effettivi bisogni.

In realtà, il Condominio-convenuto, con la deliberazione impugnata del 2019, aveva deciso di far partecipare alla quota involontaria di riscaldamento, anche quei condomini che non avevano aderito alla nuova installazione della caldaia.

Dall'analisi delle tabelle millesimali sul punto relativo al fabbisogno energetico, emergeva, senza ombra di dubbio, che non erano inclusi i condomini distaccati.

Perciò, ne consegue che la quota di inefficienza dell'impianto (c.d. consumo involontario) non è imputabile ai condomini che non sono inseriti nella fruizione dell'impianto (in tal senso, v. Trib. Roma 10 maggio 2016).

Tra l'altro, l'impianto centralizzato installato nel 2008, non era in grado di soddisfare le esigenze di tutti i condomini, perché tale impianto afferisce solo i condomini che lo hanno deliberato e non tutti, realizzandolo e commisurandolo solo per le loro necessità.

In tema di condominio negli edifici, il condomino autorizzato a rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione di quest'ultimo (esempio, sostituzione della caldaia) perché l'impianto centralizzato è comunque un accessorio di proprietà comune, al quale un condomino potrà, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare.

Nel caso in disamina, tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia, il mancato allaccio non è espressione della volontà unilaterale di rinuncia o distacco, ma una conseguenza dell'impossibilità tecnica di fruire nel nuovo impianto, che non consente neppure un futuro collegamento, perché il condomino non può essere più considerato titolare di alcun diritto di comproprietà su tale impianto e perciò non deve partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa (Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2020, n. 18131).

Alla luce di quanto argomentato, è sicuramente condivisibile la decisione del Tribunale romano con l'annullamento della deliberazione impugnata, relativa al punto 3) dell'ordine del giorno.

Osservazioni

La rinuncia all'uso dell'impianto di riscaldamento centralizzato è stata codificata con la riforma del condominio (l. n. 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013) che ha previsto, all'art. 1118, comma 4, c.c., la possibilità per il singolo condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

Invero, l'ipotesi di una rinuncia all'utilizzo dell'impianto centralizzato di condizionamento, pur contemplata dalla norma, risulta assai rara, specie se correlata ai presupposti, tecnici ed economici che devono essere rispettati e agli obblighi che sono a carico del condomino rinunciante.

Nella formulazione assunta a seguito della riforma, si prevedono due presupposti per la legittimità del distacco dall'impianto di riscaldamento: la mancanza di notevoli squilibri di funzionamento o l'aggravio di spese per gli altri condomini. Soddisfatte le condizioni contemplate nella menzionata disposizione, il singolo è tenuto al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria (e non più ordinaria) dell'impianto di riscaldamento centrale, nonché per la sua conservazione (oltre la messa a norma), mentre è esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il suo uso (ad esempio, per l'acquisto del combustibile).

Dunque, il condomino può legittimamente rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto.

In tema, è da considerarsi nulla la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali, cui non sia comune, né siano serviti dall'impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese dei termoconvettori con impianto comune (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2019, n. 15932).

Tale aspetto dell'imputazione delle spese della conservazione dell'impianto di riscaldamento, in capo al condomino distaccato non è applicabile quando lo stesso non abbia partecipato alla sua sostituzione, e per una questione meramente tecnica, non ha, comunque, possibilità di fruirne.

Riferimenti

Petrelli, Distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento, in Condomioelocazione.it, 2017;

Capponi, Sulla delibera che autorizza il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, in Arch. loc. e cond., 2017, fasc. 1, 75;

Scalettaris, La Corte di Cassazione considera nuovamente il distacco dall'impianto di riscaldamento nel condominio, in Riv. giur. edil., 2017, fasc. 4, parte II, 279.

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