Morosità condominiale: esclusa l’ingiunzione dell’amministratore nei confronti del coniuge assegnatario della casa familiare

Maurizio Tarantino
17 Giugno 2022

Chiamata ad accertare la legittimità dell'ingiunzione fatta dal condominio nei confronti dell'assegnataria dell'immobile adibito a casa familiare, la Corte di Cassazione ha evidenziato che passivamente legittimato, per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, difettando, nei rapporti fra condominio ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, strumentale, essenzialmente, all'esigenza di tutela dell'affidamento dei terzi di buona fede. Ne consegue che è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare.
Massima

L'amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento "sui generis".

Il caso

Nel giudizio di secondo grado, il Tribunale aveva accolto l'appello di Tizia avverso la pronuncia del Giudice di pace, con la quale era stata respinta l'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio nei confronti dell'appellante per il pagamento delle spese condominiali. In particolare, il Tribunale (in grado di appello) aveva ritenuto fondata la contestazione di Tizia relativa al proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alle pretese creditorie avanzate dal condominio, essendo l'appellante mera assegnataria della casa familiare - di proprietà esclusiva del coniuge Tizio - a seguito di separazione personale. Per i motivi esposti, il giudice riformava la sentenza di primo grado e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo intimato dal condominio. Avverso il provvedimento in esame, il condominio proponeva ricorso in cassazione eccependo, tra i vari motivi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1104 e 1123 c.c., dell'art. 63 disp. att. c.c., nonché dei princìpi e delle norme che disciplinano il condominio.

La questione

La questione in esame è la seguente: l'amministratore di condominio può richiedere le spese condominiali all'assegnataria della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro coniuge?

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità confermano il ragionamento del Tribunale, sostenendo che le deliberazioni assembleari con cui vengono ripartite le spese condominiali sono azionabili soltanto nei confronti dei soggetti condomini (quindi proprietari dell'immobile), in quanto unici legittimati a partecipare all'assemblea medesima esercitando il diritto di voto. Difatti, il soggetto assegnatario della casa coniugale acquista un semplice diritto di godimento sul bene e, per questa ragione, ciò, impedirebbe l'applicabilità del disposto dell'art. 67 disp. att. c.c., u.c., inidoneo a far gravare sull'assegnatario medesimo l'obbligo di pagamento delle spese condominiali. Pertanto, come sottolineato dal giudice del gravame, il principio per cui le spese condominiali concernenti la casa familiare oggetto di provvedimento di assegnazione restano a carico dell'assegnatario spiega i propri effetti solo nei rapporti interni tra i coniugi, senza rivestire rilevanza alcuna nei confronti del condominio. Premesso ciò, secondo la S.C., non aveva alcun rilievo la censura del ricorrente, secondo la quale “agli occhi del condominio si era determinato il giustificato convincimento che le due situazioni (assegnataria e condomina) coincidano”. Trattasi, a parere dei giudici di legittimità, di argomentazione in contrasto con quanto precedente affermato dalle Sezioni Unite del 2002. Difatti, in tale circostanza, venne precisato che in caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, legittimato passivo è esclusivamente il proprietario di detta unità, e non chi possa apparire tale, non sussistendo le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, avuto riguardo sia al fatto che tale istituto è strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dei terzi in buonafede, non riscontrabili nei rapporti tra condominio e singoli condomini, sia alla natura non processuale dell'istituto, sia al sistema delle garanzie del credito (Cass. civ., S.U., 8 aprile 2002, n. 5035). Quanto agli aspetti del diritto di famiglia, a sostegno della tesi sostenuta dal Tribunale (in grado di appello), conformemente all'orientamento giurisprudenziale in materia, i giudici di legittimità hanno osservato che il diritto di godimento della casa familiare spettante al coniuge o al convivente affidatario di figli minori (o convivente con figli maggiorenni non economicamente autosufficienti), in forza di provvedimento giudiziale opponibile anche ai terzi, è tuttavia un diritto personale di godimento "sui generis" (Cass. civ., S.U., 26 luglio 2002, n. 11096; Cass. civ., S.U., Unite 21 luglio 2004, n. 13603; Cass. civ., S.U., Unite 29 settembre 2014, n. 20448), sicché esso non rileva ai fini della pretesa dell'amministratore condominiale - ai sensi dell'art. 1123 c.c., dell'art. 1130 c.c., n. 3, e dell'art. 63 disp. att. c.c., comma 1 - volta a riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell'interesse comune, restando esclusa un'azione diretta nei confronti dell'assegnatario della singola unità immobiliare.

In conclusione, in tal contesto, è stata esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare. Per le ragioni esposte, il ricorso del condominio è stato rigettato.

Osservazioni

La pronuncia in esame offre alcuni spunti di riflessioni sul pagamento degli oneri condominiali a seguito di separazione, sui poteri dell'amministratore di condominio e, infine, sulla questione dell'apparenza del diritto.

a) Spese condominiali ordinarie a carico del coniuge assegnatario

In argomento giova ricordare che direttamente connesse all'assegnazione della casa coniugale sono le problematiche relative al pagamento di oneri, imposte, tasse e tributi. I giuristi che si occupano di diritto di famiglia ben sanno che non sono affatto infrequenti i casi in cui, superata e definita la litigiosità relativa alla individuazione di quale debba essere il partner assegnatario, subentra quella mirata ad individuare a chi spetti il pagamento degli oneri patrimoniali connessi alla casa ed alla sua detenzione. Tali problematiche si prospettano essenzialmente quando l'immobile sia di comproprietà di entrambi i coniugi o di esclusiva proprietà del coniuge non assegnatario; ma non sono escluse neppure in caso di abitazione condotta in locazione. La regola emersa dalla giurisprudenza, e peraltro del tutto condivisibile, è quella di ritenere che tali oneri siano a carico del coniuge assegnatario della casa coniugale, ma con alcune specificazioni.

Per meglio dire, per quanto riguarda la ripartizione delle spese condominiali inerenti alla casa familiare oggetto di assegnazione in sede di separazione o di divorzio, secondo i giudici (Cass. civ., sez. I, 24 luglio 2000, n. 9689), occorre distinguere tra:

  • le spese che sono dovute dal coniuge assegnatario, il quale utilizza in concreto l'immobile (per esempio, servizio di pulizia, riscaldamento);
  • le spese a carico del coniuge proprietario esclusivo dell'immobile (per esempio, spese di manutenzione straordinaria).

Quindi, secondo l'orientamento giurisprudenziale in materia, l'essenziale gratuità dell'assegnazione della casa familiare di un corrispettivo per il godimento dell'abitazione di proprietà dell'altro esonera l'assegnatario dal pagamento, ma non si estende alle spese correlate all'uso (tra cui, appunto, i contributi condominiali inerenti alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell'alloggio familiare), spese che, - in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, che ne accolli l'onere al coniuge proprietario - vanno a carico del coniuge assegnatario (Cass. civ., sez. I, 22 febbraio 2006, n. 3836; Cass. civ., sez. I, 19 settembre 2005, n. 18476; Cass. civ., sez. I, 30 luglio 1997, n. 7127; Cass. civ., sez. I 3 giugno 1994, n. 5374). Nonostante questo granitico orientamento, tuttavia, vi sono alcune pronunce “particolari” che hanno affermato la regola “diversa” sostenendo, ad esempio, nel caso in cui vi sia notevole sproporzione fra i redditi dei genitori, il genitore che presenta una rilevante capacità economico-patrimoniale può essere condannato, oltre che al pagamento di un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, anche a sostenere in toto le spese condominiali relative alla casa coniugale assegnata al coniuge in virtù della convivenza con il figlio (Cass. civ., sez. I, 23 novembre 2021, n. 36088). Nonostante quest'ultimo provvedimento, ne deriva che simili spese, in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l'onere al coniuge proprietario, sono a carico del coniuge assegnatario (Trib. Roma 15 settembre 2020, n. 12303).

b) Poteri dell'amministratore e legittimazione passiva del proprietario dell'immobile

Quanto alla materia condominiale, è necessario comprendere come l'assegnazione rileva in relazione ai poteri dell'amministratore. In tema, si osserva che tra gli obblighi posti in capo all'amministratore ex art. 1130 c.c. vi è quello di riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni. Se un condomino ritarda il pagamento della sua quota di spese condominiali oltre la scadenza prefissata, l'amministratore deve sempre prendere le opportune iniziative per riscuotere quanto dovuto nell'interesse del condominio. Per prassi, egli prima invia un sollecito scritto al condomino moroso per ricordargli della scadenza già avvenuta, invitandolo a saldare il debito entro un breve termine. Se neanche in questo modo il condomino adempie, l'amministratore può nominare un avvocato, senza necessariamente farsi autorizzare dall'assemblea, affinché richieda un decreto ingiuntivo contro il condomino inadempiente. A questo proposito, secondo l'orientamento giurisprudenziale in materia, l'amministratore del condominio ha diritto di riscuotere i contributi nell'interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, e cioè di ciascuno dei titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari, restando esclusa un'azione diretta anche nei confronti del conduttore della singola unità immobiliare (contro il quale può invece agire in risoluzione il locatore, ove si tratti di oneri posti a carico del locatario sulla base del rapporto contrattuale fra loro intercorrente), tant'è che si afferma risolutivamente che "di fronte al condominio esistono solo i condomini" (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2018, n. 27162; Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 2009, n. 25781; Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 1994, n. 1104).

Premesso quanto innanzi esposto, con la pronuncia in commento, la S.C. conferma la legittimazione passiva del coniuge proprietario dell'immobile. Trattasi di orientamento che era stato già oggetto di trattazione in altri provvedimenti di merito. Ad esempio, in altra circostanza, il Tribunale di Roma ha precisato che l'assegnatario non proprietario della casa familiare, non può essere destinatario di decreto ingiuntivo per oneri condominiali: il condominio ha azione diretta solo ed esclusivamente verso il proprietario dell'immobile (Trib. Roma 4 gennaio 2021, n. 56. Il giudice romano evidenzia che il condominio non ha titoli da azionare nei confronti della opponente, pacificamente non condomina e le spese approvate dall'assemblea sono azionabili esclusivamente nei confronti dei soggetti che abbiano un titolo che legittimi la loro partecipazione all'assemblea e non quindi nei confronti dei soggetti che, non avendo alcun titolo per poter partecipare alle assemblea condominiale, non avrebbero alcuna possibilità di contestare le decisioni assunte dalla stessa assemblea mediante un'impugnativa finalizzata a far venir meno le deliberazioni che supportano il provvedimento monitorio).

c) L'apparenza del diritto

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la S.C. con l'espresso principio di diritto, ha giustamente ritenuto irrilevante la considerazione della difesa del condominio secondo cui “agli occhi del condominio” si era determinato “il giustificato convincimento che le due situazioni (assegnataria e condomina) coincidessero”. In materia condominiale, infatti, non trova applicazione il principio dell'apparenza del diritto, strumentale ad esigenze dell'affidamento del terzo di buona fede, in quanto non sussiste una relazione di terzietà tra il condominio e il condomino. Ne consegue che, per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, poiché' difettano, nei rapporti fra condominio e singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell'affidamento del terzo in buona fede (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2018, n. 27162; Cass. civ., sez. VI, 9 ottobre 2017, n. 23621; Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2012, n. 20562).

Riferimenti

Terzago, Il condominio, IX ed. a cura di A. Celeste e P. Terzago, Milano, 2022, p. 596;

Gatto, Spese (obbligo di contribuzione), in Condominioelocazione.it;

Bordolli, Guida alla ripartizione delle spese condominiali, Sant'Arcangelo di Romagna, 2016, p. 73;

Contiero, L'assegnazione della casa coniugale, Milano, 2007, p. 113.

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