Trattazione scritta e rito del lavoro: piena compatibilità?

Antonio Lombardi
22 Giugno 2022

Punti nevralgici della verifica di compatibilità appaiono la determinazione del contenuto delle note di trattazione e le modalità di pronuncia e pubblicazione della sentenza, in ragione del principio di concentrazione, immanente al rito del lavoro. 
L'Istituto della trattazione scritta: cenni generali

L'istituto della trattazione scritta, inizialmente contemplato nel nostro ordinamento dall'art. 83, comma 7, lett. h) d.l. 18/2020 (convertito dalla l. 27/2020), quale espressione di misura organizzativa volta a fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, funzionale al contenimento delle presenze presso gli uffici giudiziari, oggetto di successiva riscrittura, per effetto dell'art. 221, comma 4, l. 77/2020 - di conversione del d.l. “Rilancio” (19 maggio 2020, n. 34), rappresenta, allo stato attuale, una strumento di celebrazione del processo, alternativo alla trattazione in presenza o con collegamento da remoto, verosimilmente destinato a superare indenne le “colonne d'Ercole” del 31 dicembre 2022, ad oggi termine ultimo di vigenza delle norme processuali introdotte per il periodo pandemico.

Nell'imminente riforma del processo civile, affidata al Governo con l. 206/2021, approvata ed in vigore dal 24 dicembre 2021, prevedente il termine di un anno per l'approvazione dei decreti attuativi, è difatti contemplata, accanto alla previsione della possibilità di disporre la celebrazione delle udienze con collegamenti audiovisivi a distanza, la modalità di trattazione scritta del processo, o di taluni specifici adempimenti, quali la nomina del CTU, in caso di richiesta congiunta delle parti o mancata opposizione delle stesse. È, per altro, verosimile, che in sede di attuazione della generale previsione della legge delega, si assista all'introduzione di correttivi rispetto agli aspetti di maggiore fragilità dell'istituto, come attualmente vigente, nella direzione della piena tutela del contraddittorio processuale e del principio di parità delle armi.

L'attuale versione dell'istituto prevede che, nelle udienze civili che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti la trattazione di specifiche fasi processuali possa avere luogo mediante deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Per evidenti esigenze di tutela delle prerogative difensive delle parti, l'opzione giudiziale per tale modalità alternativa di celebrazione del processo deve essere comunicata alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l'udienza, ed è fatta salva la facoltà delle parti di presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento, sulla quale il giudice deve provvedere nei successivi cinque giorni. La trattazione con modalità cartolare ha luogo mediante scambio di note scritte, con termine alle parti per il deposito fino a cinque giorni prima della data fissata per l'udienza. Se nessuna delle parti effettua il deposito telematico delle note scritte, secondo l'ultima parte dell'art. 221 comma 4, cit., si innescherà il procedimento di cui al 1° comma art. 181 c.p.c., dovendosi fissare una nuova udienza, debitamente comunicata alle parti, all'esito della quale, in caso di ulteriore mancanza di atti di impulso, si provvederà all'estinzione del procedimento.

Le principali questioni interpretative sulla trattazione scritta

Sin dall'indomani della sua introduzione la norma, anche in ragione della sua infelice formulazione, ha dato luogo a plurime questioni interpretative.

La prima riguarda le fasi processuali nelle quali la trattazione cartolare può essere disposta, in ragione dell'espressa previsione di incompatibilità con le udienze civili che richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti. Nell'alveo dei potenziali attori del processo civile, è difatti normalmente prevista la presenza di ulteriori soggetti rispetto agli incaricati di difesa tecnica, quali le parti personalmente (al fine, ad esempio, di rendere interrogatorio libero o formale), il PM nei procedimenti di cui all'art. 70 c.p.c., i testimoni nel corso dell'istruttoria ed il CTU. Fatta eccezione per tale ultima ipotesi, essendo previsto sin dal d.l. 34/2020 (art. 221, comma 8), convertito dalla l. 77/2020 la possibilità di sostituzione dell'udienza di giuramento del CTU, di cui all'art. 193 c.p.c., con un giuramento scritto, la trattazione scritta appare modalità incompatibile con le fasi processuali nelle quali sia richiesta la presenza di ulteriori soggetti (quali PM o testimoni), o anche delle parti personalmente, quali indefettibili protagonisti di un adempimento istruttorio (quale l'interrogatorio formale), o della fase prodromica della trattazione volta alla definizione conciliativa della lite o alla precisazione del thema decidendum.

Altra questione concerne il contenuto delle note di trattazione, e le modalità di reciproca conoscenza delle stesse. Ad onta dell'inequivoca formulazione letterale, che conforma il contenuto delle note di trattazione alla propalazione tipica del verbale di udienza di precisazione delle conclusioni, appare possibile ampliare, su richiesta delle parti ed espressa indicazione del giudice, il contenuto narrativo della stessa parificandola, nei frequenti casi in cui la trattazione scritta interviene nella fase conclusiva del procedimento, ad uno scritto defensionale conclusivo, alla stregua della comparsa conclusionale di cui all'art. 190 c.p.c., compatibile non soltanto con l'esplicitazione o il richiamo alle istanze e conclusioni, ma con argomentazioni difensive, se del caso sviluppate sulla fase istruttoria esperita in corso di giudizio.

La disposizione sembra prevedere, inoltre, un duplice adempimento a carico delle parti, articolato nel previo scambio delle note di trattazione scritta, seguito dal deposito nel fascicolo processuale nel termine assegnato dal giudice, normalmente coincidente con quello di cinque giorni, da calcolarsi a ritroso dalla data dell'udienza. Non essendo lo scambio delle note funzionale al diritto alle repliche, non avendo il legislatore contemplato la facoltà di richiedere la fissazione della trattazione orale successivamente al termine di cinque giorni dalla pronuncia del decreto, deve ritenersi sufficiente, anche ai fini della conoscibilità dell'atto alla controparte, il deposito con modalità telematiche, non preceduto dall'invio delle stesse a fini di scambio.

È, inoltre, controversa la natura del termine assegnato alle parti per il deposito delle note scritte. L'assenza di espressa indicazione circa la perentorietà del termine in seno alla disposizione in commento indurrebbe a concludere per la natura ordinatoria del termine, stante la previsione dell'art. 152, comma 2, c.p.c., secondo cui sono perentori i soli termini espressamente contemplati dalla legge come tali. La natura ordinatoria del termine deve essere, tuttavia, contemperata, con la speciale funzione di atto di impulso ascritta al deposito delle note di trattazione, sancita dall'applicazione dell'art. 181, comma 1, c.p.c. per il caso di mancato deposito delle note ad opera di tutte le parti costituite.

La previsione di un termine così ravvicinato all'udienza figurata, e l'assenza di espressa previsione di facoltà di replica appannaggio delle parti processuali, inducono a ritenere che lo stesso abbia l'esclusiva funzione di garantire la conoscibilità delle note in capo al giudice, anche al fine di valutare l'effettiva ricorrenza dell'atto di impulso, in considerazione dei tempi tecnici di lavorazione dei fascicoli da parte delle cancellerie. Logico corollario di ciò è che la nota scritta, tardivamente depositata rispetto al termine assegnato, risulterà pienamente valorizzabile dal giudice, eventualmente in termini di atto di impulso, anche in assenza di un'espressa richiesta di proroga, debitamente autorizzata.

Ulteriore questione è quella della necessità o meno di fissazione di un'udienza figurata, con indicazione di una data e, eventualmente, di un'ora, alla stregua di dies ad quem rispetto a verifiche ed adempimenti connessi alla trattazione cartolare, vale a dire la verifica dell'esistenza di atti di impulso ed il deposito del provvedimento del giudice. La previsione di un'udienza, sia pure figurata in quanto non accompagnata da alcuna comparizione o destinata ad ulteriori fasi di sviluppo delle difese, non può dirsi desumibile dalla lettura della norma in commento, che viceversa prevede la sostituzione dell'udienza di trattazione orale originariamente fissata. Purtuttavia, proprio in ragione della necessità di individuazione di un dies ad quem, al di là del quale l'eventuale deposito tardivo di note scritte non può essere considerato alla stregua di atto di impulso, appare preferibile la tesi secondo cui sia necessaria la fissazione di un'udienza figurata, corredata dall'indicazione del giorno e dell'ora, trascorsa la quale il mancato deposito delle note potrà dar luogo all'applicazione dell'art. 181, comma 1, c.p.c. e, in caso di fisiologico svolgimento, il giudice potrà depositare il provvedimento, previa redazione di un verbale di udienza nel quale, dato atto del regolare svolgimento, il giudice travaserà il contenuto ordinatorio o richiamerà l'allegato contenuto decisorio.

L'obiter dictum contenuto in Cass. n. 33175/2021

Sia pure nelle ambasce interpretative conseguenti alla novità dell'istituto, ed alla sua ambivalente formulazione, si è assistito, sin dalla sua introduzione, ad un'ampia utilizzazione dello stesso sia nell'ambito del procedimento civile ordinario che nel rito del lavoro.

La struttura stessa del rito laburistico, non soltanto caratterizzata dagli immanenti principi dell'oralità, immediatezza e concentrazione, ma dalla regola della full disclosure degli atti introduttivi del giudizio che, salvo casi eccezionali, impone di concentrare negli scritti iniziali allegazioni, difese, articolazione dei mezzi istruttori ed iniziative processuali che ridondano nell'ampliamento del thema decidendum o del novero dei contraddittori, appare contenere significativamente l'ambito di applicazione della trattazione scritta, confinandola alla fase di discussione e decisione della causa (in disparte dalla nomina del CTU, regolamentata dalla specifica disposizione di cui al comma 8 art. 221 cit.).

All'esito, dunque, della conclusione dell'attività di trattazione prevista dall'art. 420 c.p.c., ed eventualmente dell'istruzione probatoria o tecnica che si sia resa necessaria, il giudice del lavoro provvederà alla fissazione dell'udienza di discussione eventualmente ricorrendo a tale modalità alternativa di celebrazione, concedendo termine per il deposito delle note di trattazione (nell'ampio significato innanzi illustrato) e provvedendo, all'esito dell'udienza figurata, al deposito del dispositivo di sentenza o della sentenza contestuale, ai sensi dell'art. 429 c.p.c..

La regolare attività di pulsazione dell'organo di nuova introduzione, nel corpo del processo del lavoro ha, tuttavia, patito un grave evento di fibrillazione atriale, per effetto dell'obiter dictum contenuto nella sentenza di legittimità Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2021, n. 33175.

Occupandosi dell'unico motivo di censura di nullità della sentenza, resa in un giudizio di separazione coniugale all'esito della trattazione cartolare, dolendosi il ricorrente della mancata concessione di una facoltà di replica, la Cassazione enuclea il generale principio secondo cui le regole da applicare nell'ambito dello schema procedurale della trattazione scritta vadano integrate con il proprium della fase decisoria tipica dello specifico procedimento esperito analizzando, quale naturale portato di tale enunciazione, i seri dubbi di compatibilità di tale istituto con talune modalità di definizione procedimentale, quali il modulo decisorio dell'art. 281-sexies c.p.c. o, per l'appunto, quello tipico del rito del lavoro di primo e secondo grado, contemplato dagli artt. 429 e 437 c.p.c. nel quale il giudice, esaurita la discussione orale, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo, e eventualmente, secondo la nota disciplina, della motivazione contestuale.

I profili di attrito tra la trattazione scritta e tale ultimo modulo decisorio sono individuati, dalla Corte, innanzitutto nella limitazione delle prerogative difensive, stante l'esplicito confinamento del contenuto ideologico delle note scritte alle sole istanze e conclusioni. L'impatto più significativo sulla fase decisoria, di portata tale da determinarne un radicale stravolgimento, consisterebbe tuttavia nell'impedimento all'osservanza di un adempimento essenziale, quale la lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza alla presenza delle parti. Né, osserva la Corte, tale ostacolo potrebbe ritenersi implicitamente superato dall'acquiescenza delle parti al deposito delle note scritte previste dalla norma, omettendo di chiedere la fissazione dell'udienza in presenza, in tal modo rinunciando preventivamente a far valere la nullità della sentenza derivante dall'omissione della lettura del dispositivo e, eventualmente, della motivazione contestuale, stante il consolidato orientamento di legittimità secondo cui tale adempimento non rientra nella disponibilità delle parti. Né, infine, il deposito telematico della sentenza, all'esito dell'udienza figurata, può ritenersi strutturalmente equipollente alla lettura della sentenza, atteso che il deposito telematico non garantisce immediata visibilità del provvedimento alle parti, che consegue soltanto al disbrigo dei necessari adempimenti della Cancelleria.

Profili di compatibilità tra trattazione scritta e rito del lavoro

Nella valutazione della compatibilità tra moduli tradizionali e innovativi non può prescindersi da due preliminari considerazioni. Da un lato, il testuale riferimento, in seno all'art. 221, comma 4, alle conclusioni, quale contenuto concorrente, assieme alle istanze, delle note di trattazione autorizzate, non lascia dubbi circa l'intendimento legislativo di utilizzare tale modalità di trattazione anche, se non soprattutto, nella fase decisoria, ovvero quella avente attitudine alla definizione della controversia. Al pari, non vi è alcuna espressa previsione di incompatibilità dell'istituto con i riti speciali, quale il rito del lavoro, risultando l'unica preclusione legata alla presenza di soggetti diversi dai difensori che, come noto, non risulta richiesta nella celebrazione della discussione finale della controversia e nella successiva pubblicazione della sentenza mediante lettura (art. 429 c.p.c.).

Dall'altro, non possono obliterarsi le esigenze e gli interessi che, quantomeno nella fase di introduzione dell'istituto, hanno determinato l'implementazione di modalità alternative di celebrazione del processo, quali la trattazione scritta e da remoto, vale a dire l'improcrastinabile necessità di contenimento delle presenze all'interno degli uffici giudiziari, quale mezzo di contemperamento tra le istanze di fisiologica prosecuzione dell'attività giudiziaria e la riduzione del rischio di diffusione del contagio da Covid-19.

In questa prospettiva, non appare irragionevole ipotizzare la chiara volontà di introdurre, con norma di rango primario, un modulo decisorio alternativo allo schema di cui agli artt. 429 e 437 c.p.c., nel quale la significativa deroga ai principi di oralità, immediatezza e concentrazione, nonché alla forma tipica di pubblicazione del provvedimento decisorio, anch'essa espressione di tali principi, si giustifica nell'ottica del bilanciamento degli interessi sintetizzati dai principi tipici del rito, con le prioritarie esigenze di salute pubblica, non sempre fronteggiabili attraverso la modalità della trattazione da remoto, presupponenti una complessa attività di telematizzazione degli uffici giudiziari.

È evidente, tuttavia, che una seria e rinnovata riflessione di compatibilità strutturale tra moduli decisori si imponga laddove, in attuazione della l. 206/2021, l'esecutivo provveda alla stabilizzazione dello strumento anche in assenza delle esigenze di salute pubblica, che ne hanno giustificato la prima introduzione.

È certamente auspicabile che, in sede di attuazione della delega, si provveda alla necessaria specificazione del contenuto delle note di trattazione, con previsione di un contenuto narrativo compatibile con l'adeguato sviluppo di argomentazioni difensive, in modo più ampio rispetto alla mera propalazione delle sole istanze e conclusioni di cui all'attuale formulazione. Giova, sul punto, rammentare l'importanza cardinale assunta dalla tutela del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, tale da giustificare il vizio di nullità della sentenza che sia pronunciata nell'omissione della discussione delle parti (Cass. civ., sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8441). Né, del resto, appare ipotizzabile l'utilizzo di uno strumento, funzionale alla semplificazione del rito, alla stregua di mera possibilità di dilazione della pronuncia della sentenza all'esito della discussione, tenutasi in precedenza, cui segua un rinvio con concessione di un termine per il deposito di note di trattazione scritta, concepite alla stregua di una mera (ed ulteriore) precisazione delle conclusioni.

Quanto alle ulteriori perplessità sollevate dall'obiter dictum della Cassazione, relative alla compatibilità tra rito cartolare e immediata pubblicazione della sentenza, mediante lettura in udienza, le stesse paiono superabili scandagliando la ratio sottesa alla struttura del modulo decisorio congegnato dal legislatore del 1973. Tale schema rappresenta, difatti, il portato dei principi immanenti al processo del lavoro, ed in particolare di quello della concentrazione (in questo senso, espressamente, Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 72), incompatibile con il farraginoso meccanismo previsto nel rito ordinario dagli artt. 189 e 190 c.p.c. nel quale, tra l'ultimo passaggio processuale ed il deposito della sentenza, interviene un lasso di tempo non inferiore agli 80 giorni (ma sovente, di gran lunga superiore).

La regola della concentrazione non appare, tuttavia, nella sostanza pregiudicata da un'eventuale norma di rango primario che riproduca il meccanismo di celebrazione dell'udienza (sia pure in via figurata) ed immediata pronuncia della sentenza, con l'unica marginale divergenza rappresentata dal fatto che la conoscenza del provvedimento non consegue alla diretta attività di percezione dei difensori in udienza, ma sia condizionata ad un adempimento di cancelleria che, nella normale prassi, ha luogo il giorno stesso o, al massimo, entro qualche giorno dal deposito del provvedimento.

In conclusione

L'emergenza pandemica appare, dunque, aver innescato un processo di elaborazione di nuovi modelli processuali (quali la trattazione scritta e da remoto) destinati ad integrare irreversibilmente la struttura dei tradizionali modelli, anche al termine del periodo emergenziale. Nell'operare la valutazione di compatibilità con i principi tipici del rito del lavoro non può, nella fase di perduranza dell'emergenza epidemiologica, che operarsi un bilanciamento di interessi addivenendo ad una lettura flessibile del tradizionale principio di concentrazione, dando prevalenza alle esigenze di contenimento della diffusione virale, assicurate dalla pratica di modalità alternative alla trattazione in presenza.

In prospettiva de iure condendo, confidando nella precisazione del contenuto narrativo delle note di trattazione, in modo da renderne la piena compatibilità con la tutela del diritto ad un'adeguata difesa, è ipotizzabile un giudizio di piena compatibilità delle modalità di pronuncia e pubblicazione della sentenza con i principi tipici del processo del lavoro.

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