Ammesse le telecamere a vigilanza di un locale commerciale senza l'autorizzazione del Condominio

Katia Mascia
24 Giugno 2022

La Corte d'Appello di Catania, con la sentenza in commento, riconosce la legittimità dell'installazione delle telecamere di videosorveglianza, da parte di alcuni condomini, per esigenze personali di custodia dei propri esercizi commerciali (botteghe), senza l'autorizzazione dell'assemblea condominiale. Ciò sempre se dell'utilizzo non sia fatto un uso diverso rispetto a quello strettamente indispensabile alle ragioni che ne hanno determinato l'installazione e non sia leso il diritto alla riservatezza di soggetti terzi.
Massima

È legittima e non lede la normativa dettata in materia di protezione dei dati personali, né i diritti fondamentali dei condomini, l'installazione di telecamere di tipo fisso puntate in posizione parallela alla facciata, sugli ingressi delle botteghe, senza allargare la visione a spazi distanti.

Il caso

Tre condomini proponevano ricorso, dinanzi al Tribunale di Catania, riguardante il diritto di apporre telecamere a custodia e vigilanza delle proprie botteghe, facenti parte del condominio, senza l'autorizzazione di questo.

Il giudice di prime cure rigettava la domanda condannando i ricorrenti al pagamento delle spese giudiziarie in favore del Condominio.

La sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte d'Appello di Catania.

Il Condominio si costituiva in giudizio chiedendo fosse dichiarata l'inammissibilità dell'appello e il suo rigetto.

La questione

Si tratta di capire se i condomini possono installare impianti di videosorveglianza in autonomia, senza l'autorizzazione del Condominio, o se ci siano profili di violazione del codice in materia di protezione dei dati personali e dell'art. 1122-ter c.c.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello di Catania accoglie il gravame proposto, dichiarando il diritto degli appellanti di installare e mantenere le due telecamere poste a vigilanza delle botteghe senza l'autorizzazione del Condominio. Ritiene non possa trovare applicazione l'art. 1122-ter c.c., non trattandosi di un impianto di videosorveglianza condominiale, posto a salvaguardia di parti comuni, bensì di proprietà esclusiva, posto a tutela di beni del singolo condomino. Condanna, altresì, il Condominio al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio, in favore degli appellanti.

Osservazioni

Il legislatore, all'art. 1122-ter c.c. - aggiunto dall'art. 7, l. 11 dicembre 2012, n. 220 di riforma della disciplina condominiale - ha previsto espressamente che l'assemblea dei condomini possa decidere sull'installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni con la maggioranza di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c. È cioè necessaria una deliberazione approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio.

La norma, tuttavia, prende in considerazione soltanto le parti comuni - come, ad esempio, il portone d'ingresso, i cortili, i parcheggi e i muri esterni - senza nulla aggiungere con riguardo alle aree di proprietà esclusiva di ciascun condomino. Deliberata l'installazione dell'impianto di videosorveglianza da parte dell'assemblea con le maggioranze suddette, è poi necessario che questo rispetti la normativa dettata in materia di privacy, ricavabile dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003), come novellato dal d.lgs. n. 101/2018. Si deve inoltre avere riguardo ai provvedimenti emanati dal Garante e al vademecum “Il condominio e la privacy” del 10 ottobre 2013 - realizzato prima dell'applicazione del Reg UE 679/2016, avvenuta in data 25 maggio 2018 - in cui vengono ribadite le condizioni per una legittima installazione degli impianti di videosorveglianza. Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato, poi, il 20 gennaio 2022, una scheda informativa articolata in sei punti, volta a chiarire le regole e gli accorgimenti indispensabili da applicare ai sistemi di videosorveglianza domestica.

Più precisamente, le persone fisiche possono, nell'ambito di attività di carattere personale o domestico, attivare sistemi di videosorveglianza a tutela della sicurezza di persone o beni senza alcuna autorizzazione e formalità, purché: le telecamere siano idonee a riprendere solo aree di propria esclusiva pertinenza; vengano attivate misure tecniche per oscurare porzioni di immagini in tutti i casi in cui, per tutelare adeguatamente la sicurezza propria o dei propri beni, sia inevitabile riprendere parzialmente anche aree di terzi; nei casi in cui sulle aree riprese insista una servitù di passaggio in capo a terzi, sia acquisito formalmente (una tantum) il consenso del soggetto titolare di tale diritto; non siano oggetto di ripresa aree condominiali comuni o di terzi non siano oggetto di ripresa aree aperte al pubblico (strade pubbliche o aree di pubblico passaggio); non siano oggetto di comunicazione a terzi o di diffusione le immagini riprese.

In passato, il Tribunale di Salerno (ord. 14 dicembre 2010) ha affermato che esula dalle attribuzioni dell'assemblea dei condomini, coinvolgendo il trattamento di dati personali di cui l'assemblea stessa non può ritenersi soggetto titolare del trattamento ed essendo volta a scopi estranei alle esigenze condominiali, l'installazione di un impianto di videosorveglianza degli spazi comuni dell'edificio, al fine di tutelare la sicurezza delle persone e delle cose dei condomini. Nello specifico, il giudice aveva disposto la sospensione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., dell'esecutività di una delibera condominiale con cui era stata approvata, a maggioranza, l'installazione di un impianto di videosorveglianza relativo al piazzale comune antistante il fabbricato e agli androni delle scale.

L'esigenza di un intervento normativo sul punto era stata sottolineata dal Garante della Privacy, il quale, con un provvedimento in materia di videosorveglianza dell'8 aprile 2010 evidenziava come la mancanza di una puntuale disciplina in materia avesse comportato numerosi problemi di carattere pratico. Mancando, infatti, all'interno del codice civile del 1942, una espressa previsione sulla tematica, per il Garante non era chiaro se l'installazione di sistemi di videosorveglianza potesse essere effettuata in base alla sola volontà dei comproprietari o se avesse rilievo, altresì, la volontà dei conduttori, nonché quale fosse il numero di voti necessario per la deliberazione condominiale in materia, e cioè se occorresse l'unanimità o una determinata maggioranza.

L'intervento del legislatore - che, con la l. n. 220/2012, ha provveduto ad introdurre nel codice civile l'art. 1122-ter c.c. - pare aver risolto la questione, richiedendo, appunto, la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c.

Va anche ricordato che l'art. 615-bis c.p., rubricato Interferenze illecite nella vita privata”, al comma 1 punisce, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chiunque mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell´art. 614 c.p., ossia nel domicilio, nozione che, ad avviso della giurisprudenza può comprendere anche gli spazi condominiali comuni (Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 1998, n. 12751).

I giudici della Suprema Corte, ad esempio, hanno stabilito che le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché, in realtà, sono destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e, pertanto, la tutela penalistica di cui all'art. 615-bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese (Cass. pen., sez. V, 30 maggio 2017, n. 34151).

Ovviamente, al fine di procedere all'installazione di sistemi di videosorveglianza ed evitare di incorrere nel reato di cui all'art. 615-bis c.p., l'angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio, antistanti l´accesso alla propria abitazione), escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) ovvero ad ambiti antistanti l'abitazione di altri condomini.

Nel caso in esame, i tre condomini, in particolare, deducono l'erroneità della sentenza impugnata per violazione del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003) e dell'art. 1122-ter c.c. Gli appellanti evidenziano che le botteghe, a tutela delle quali erano state installate le due telecamere, si trovano su un solo lato dell'edificio, sono dotate di ingresso autonomo, anche se non esclusivo né unico, e distinto dagli altri due ingressi, uno pedonale e uno carrabile, che servono tutte le unità immobiliari. Affermano, altresì, che le telecamere fisse sono puntate sugli ingressi delle botteghe e, dunque, la visione non è ampliata a spazi ulteriori e distanti. In altre parole, nel caso in esame non troverebbe applicazione l'art. 1122-ter c.c. essendo, le telecamere, installate per un uso esclusivamente personale, a beneficio della proprietà del singolo condomino, non invece per la videosorveglianza delle parti comuni dell'edificio. Per gli appellanti, inoltre, il Condominio non ha fornito in giudizio alcuna prova circa un utilizzo diverso delle riprese, rispetto a quello strettamente indispensabile di vigilanza e custodia delle botteghe. Queste si trovano su un lato del perimetro condominiale, in una posizione decentrata e distinta rispetto agli ingressi delle altre unità condominiali, in zona poco frequentata e delimitata da una recinzione in ferro. Lo spazio immediatamente frontistante le botteghe, anche se di proprietà condominiale, per la sua consistenza non è destinato a parcheggio dei condomini, ma costituisce un'area libera, che, primariamente, seppur non esclusivamente, serve da accesso alle botteghe. Questa circostanza - secondo la Corte territoriale - è compatibile con l'installazione delle due telecamere che, dunque, non comporta una violazione dì un diritto fondamentale dei condomini. Con riferimento a quanto sostenuto dal Condominio, secondo il quale le telecamere dovrebbero essere rimosse anche perché installate sulla facciata, cioè su una parte comune dell'edificio, i giudici siciliani ritengono che tale osservazione non sia fondata, soccorrendo, al riguardo, l'art. 1102 c.c. (“Uso della cosa comune”) che consente a ciascun partecipante di servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Nella fattispecie in esame, l'uso del bene comune fatta dagli appellanti non altera affatto la destinazione del bene, né compromette il diritto al pari uso da parte dei comproprietari, né della facciata né dell'andito condominiale frontistante le botteghe, e rispetta la proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2021, n. 24937; Cass. civ., sez. VI, 6 maggio 2021, n. 11870).

La nozione di pari uso della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., infatti, sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo, implica pur sempre che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti.

Riferimenti

Bordolli, La videosorveglianza in condominio, in Immob. & proprietà, 2016, fasc. 3, 154;

Celeste, La videosorveglianza a garanzia delle parti comuni dell'immobile ad uso abitativo e i delicati equilibrismi della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in Immob. & proprietà, 2020, fasc. 5, 284;

Chiesi, Ogni condomino ha una vita pubblica, privata e... segreta!, in Immob. & proprietà, 2021, fasc. 1, 28;

Bordolli, La videosorveglianza in condominio: nuovi chiarimenti del Garante della Privacy, in Immob. & proprietà, 2022, fasc. 5, 295.

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