L’imputato assicurato per i danni prodotti a terzi nell’attività di caccia può citare la compagnia assicuratrice come responsabile civile

27 Giugno 2022

Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 83 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria per l'attività di caccia, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato.  

Questo il decisum dell'importante pronuncia della Corte costituzionale che amplia l'ombrello applicativo dei casi in cui il responsabile civile entra in scena nel processo penale “a richiesta dell'imputato”.

La fattispecie concreta. Un uomo viene imputato di lesioni colpose gravi provocate ad altra persona colpendolo con la propria carabina nel corso di una battuta di caccia al cinghiale. La persona offesa si costituisce parte civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti e l'imputato chiede di chiamare in causa i propri assicuratori.

Si costituiscono due delle tre compagnie di assicurazioni citate le quali chiedono di essere escluse dal processo ai sensi dell'art. 86 c.p.p.

I passaggi processuali. La richiesta di esclusione, alla luce del diritto vivente, andava accolta in quanto i casi in cui il responsabile civile può essere citato nel processo penale sono quelli a richiesta della sola “parte civile” ed eccezionalmente dal pubblico ministero (in casi di urgenza nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore) e dall'imputato a seguito della pronuncia n. 112/1998 unicamente quando si tratti di responsabilità da circolazione stradale.

L'incidente di costituzionalità sollevato dal giudice a quo. Il giudice procedente, dovendo dichiarare inammissibili le richieste dell'imputato di citare le compagnie assicuratrici nelle vesti di responsabili civili, e non potendo percorrere la strada di una interpretazione costituzionalmente orientata, si vede costretto a sollevare la questione dinanzi alla Corte costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.

Il primo sarebbe violato in quanto l'art. 83 c.p.p. determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato nel processo penale all'azione di risarcimento del danno provocato da un incidente di caccia rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore (in analogia a quanto sancito dalla sentenza n. 112/1998 in materia di circolazione stradale).

Si riscontra la violazione pure dell'art. 24 Cost. in quanto l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda risarcitoria nel processo penale da parte del danneggiato a seguito di un incidente di caccia, verrebbe privato dal diritto di difendersi in quella sede nelle medesime forme e con le stesse garanzie che la normativa civilistica stabilisce per il convenuto in sede civile con identica azione.

Il panorama normativo e giurisprudenziale precedente. La Corte costituzionale ricorda che sulla scia di una lunghissima tradizione storica, la facoltà di citare nel processo penale il responsabile civile è stata sempre preclusa all'imputato, sebbene questi possa avere interesse a vedere affermata la corresponsabilità per danni da reato di altri soggetti (verso i quali avere un diritto alla manleva di regresso), senza dover instaurare un autonomo giudizio civile “a valle” della propria condanna. Ciò perché la presenza del responsabile civile è stata sempre configurata come uno strumento di tutela, non dell'imputato, ma della vittima del reato.

Il varco aperto dalla Consulta in materia di circolazione stradale. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 112/1998, aprì un varco dichiarando costituzionalmente illegittimo l'art. 83 c.p.p. nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiamare nel processo penale l'assicuratore. Tuttavia, gli ulteriori tentativi di dilatare il varco furono respinti da successive decisioni, dove il giudice delle leggi ebbe modo di precisare l'esatta portata delle sue affermazioni.

Si affermò che la “regola” (l'imputato non può citare il responsabile civile) è legata alla necessità di garantire snellezza e rapidità al processo penale, valori che trovano copertura costituzionale con l'introduzione nell'art. 111, comma 2, Cost., della durata ragionevole del giudizio penale (n. 75/2001 e n. 300/2004), limitando l'accesso delle parti non necessarie.

La funzione plurima del rapporto di garanzia… I Giudici delle leggi ricordano nell'odierna pronuncia che il precedente arresto n. 112/1998 aveva saldato la riconosciuta ipotesi eccezionale di consentire all'imputato di citare il responsabile civile nel processo penale nell'apposita legge civilistica in materia di assicurazione in materia di circolazione stradale che implica una correlazione tra le posizioni coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il regime ad esse riservato, tanto in sede civile, tanto nell'esercizio dell'azione risarcitoria in sede penale. In tale normativa, infatti, il danneggiato per sinistro causato nella circolazione dei veicoli, per i quali vi è un obbligo di assicurazione, ha un'azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore (inquadrandosi così l'ipotesi in questione tra i casi di responsabilità civile ex lege delineata ai sensi dell'art. 185, comma 2, c.p.).

In secondo luogo, la possibilità per il danneggiante convenuto in sede civile di chiamare in causa l'assicuratore risultava connessa al diritto dell'assicurato di vedersi manlevato delle pretese risarcitorie.

… che fa scattare l'allineamento anche in sede penale della “chiamata” in sede civile. A tale «funzione plurima» del rapporto di garanzia - in quanto destinato a salvaguardare direttamente, sia la vittima, sia il danneggiante - si era ritenuto dovesse necessariamente corrispondere l'allineamento, anche in sede penale, dei poteri processuali di «chiamata» riconosciuti in sede civile, onde evitare che l'effettività della predetta funzione venisse pregiudicata dalla scelta del danneggiato di far valere la sua pretesa risarcitoria mediante costituzione di parte civile nel processo penale, anziché nella sede naturale.

Funzione plurima presente anche nel caso dell'assicurazione per attività venatoria. La Corte costituzione accoglie la questione ritenendola fondata sul versante dell'art. 3 Cost. (ritendendo assorbita quella relativa all'art. 24 Cost.), essendo previsto l'obbligo per chi eserciti l'attività venatoria di essere coperto da assicurazione della responsabilità civile verso terzi. Ma soprattutto è indubitabile che tale assicurazione obbligatoria assolva a quella ‘funzione plurima' di garanzia (sia per l'assicurato di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato che per quest'ultimo di ottenere il ristoro dei danni subito).

Il solo elemento differenziale di rilievo tra le due forme di assicurazione è costituito dalla circostanza che la legge sulla caccia non prevede che nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa assicuratrice debba essere chiamato il responsabile del danno, come invece dispone la normativa sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile automobilistica.

Non occorre il litisconsorzio necessario. Invero, a parte che nelle sporadiche occasioni in cui si è specificamente occupata del problema, la Cassazione civile ha ritenuto che, nonostante il silenzio normativo, il cacciatore assicurato debba essere necessariamente citato nel giudizio proposto dalla vittima contro l'assicuratore, proprio in ragione dell'esigenza di accertamento del rapporto assicurativo (Sez. III, n. 25058/2013), per la Consulta il solo elemento realmente indispensabile affinché l'assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile è la previsione normativa – nella specie riscontrabile – dell'azione diretta del danneggiato: previsione a fronte della quale, nel caso in cui il fatto illecito dell'assicurato integri un'ipotesi di reato, l'assicuratore deve considerarsi obbligato verso la vittima, in virtù di una disposizione della legge civile, a risarcire i danni causati dal reato in solido con l'imputato, conformemente allo schema delineato dal codice penale.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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