Per essere “partecipe” dell’organizzazione non occorrono particolari forme di accettazione

Alessio Ubaldi
04 Luglio 2022

L'adesione ad un'associazione terroristica non richiede particolati crismi formali da parte dell'associato né l'accettazione da parte della stessa. Sono invero sufficienti contatti con i livelli intermedi o le propaggini finali, anche riconducibili in modo flebile alla cosiddetta “casa madre”.

L'associazione terroristica di matrice islamica. La vicenda riguarda il procedimento penale avviato a carico di un imputato, in relazione al delitto ex art. 270-bis c.p., contro cui sono pervenute sentenze di condanna in entrambi i gradi di merito.

In sede di legittimità, tra varie questioni, la difesa ha contestato l'assenza dei presupposti per dare per certa la partecipazione dell'imputato all'associazione, all'uopo sottolineando la necessità acché la condotta del singolo si innesti nella struttura organizzata, e sia espressiva dell'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma. Segnatamente, il difensore ha lamentato che: «L'impugnata sentenza ha invece erroneamente teorizzato la sufficienza di un contatto operativo flessibile con l'organizzazione, e la consapevolezza indiretta o mediata dall'uso di strumenti informatici dell'adesione dell'imputato».

L'adesione ad un'associazione terroristica e il “modello polverizzato”. Nella sentenza in epigrafe la Corte capitolina sottolinea come le associazioni con finalità di terrorismo internazionale, specie quelle di matrice islamista e jihadista, «presentino una struttura peculiare rispetto alle organizzazioni criminali e terroristiche interne, composte da persone, mezzi e luoghi di incontro, essendo caratterizzate da una modalità di adesione aperta».

La pericolosità di tali organizzazioni – spiega la Corte – risiede nella loro fluidità strutturale, infatti: «Non si qualificano per articolazioni organizzative statiche, ma possono reclutare adepti anche solo incitando alla jihad».

Talchè l'adesione può avvenire: «Con modalità spontanee ed aperte, che non implicano una formale accettazione da parte dello stesso gruppo terroristico, ma sono volte ad includere progressivamente il partecipe, attraverso contatti coi livelli intermedi o le propaggini finali, anche mediamente e flebilmente riconducibili alla “casa madre”, purché idonei a dare una qualche consapevolezza, anche indiretta, della sua adesione».

Il compendio probatorio e l'adesione al gruppo terroristico. Nella pronuncia in commento è evidenziata la rilevanza degli elementi di prova (nel senso dell'appartenenza all'associazione) tra cui i contatti informatici, anche a mezzo rete TOR, le intercettazioni, l'uso di chat messanger, la consultazione di materiale jihadista online.

Sotto questo versante, la sentenza in esame elenca i punti salienti a fondamento dell'affermazione di responsabilità per il delitto di associazione con finalità di terrorismo, anche internazionale, chiarendo come gli elementi di prova, nel caso di specie, siano stati correttamente interpretati in senso indicativo dell'adesione concreta dell'imputato alla struttura madre associativa.

Reato di pericolo presunto. «In definitiva - così concludono i Giudici - La fattispecie associativa ex art. 270-bis c.p. è un reato di pericolo presunto, e che l'adesione … [all'associazione terroristica, ndr] avviene anche in forme individuali, per rispondere ad una precisa “chiamata alle armi” dei dirigenti dell'organizzazione che, proprio attraverso i media presenti nella rete internet, sollecitano i militanti sparsi nel mondo».

Sul crinale delle considerazioni che precedono la Corte di Cassazione ha dunque respinto il ricorso, annullando – in parte qua con rinvio – per un altro reato sempre addebitato all'imputato.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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