Competenza territoriale per l'azione di riduzione di ipoteca: questione «nuova»

Francesco Bartolini
05 Luglio 2022

La competenza territoriale a conoscere dell'azione di riduzione di ipoteca si determina in base all'art. 21 c.p.c., conformemente a quanto disposto per tutte le azioni che riguardano diritti reali su beni immobili.
Massima

La competenza territoriale a conoscere dell'azione per riduzione di ipoteca si determina in base all'art. 21 c.p.c., conformemente a quanto disposto per tutte le azioni che riguardano diritti reali su beni immobili.

Il caso

La società divenuta in seguito ricorrente propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti da due imprese che, per tutelare il loro credito, avevano anche iscritto ipoteche su diversi immobili ad essa appartenenti. Sull'assunto della avvenuta contestazione del debito per la somma portata dal decreto ingiuntivo, la società chiese con separata azione la riduzione delle ipoteche per alcuni degli immobili vincolati: per quelli, più precisamente, ricadenti nell'ambito territoriale del tribunale di Vicenza.

Le imprese convenute in giudizio eccepirono l'incompetenza territoriale del giudice adito. L'azione esercitata, esse asserirono, aveva natura personale e pertanto la competenza doveva essere stabilita secondo i generali criteri di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. La tesi difensiva fu accolta in primo grado con conseguente declaratoria di competenza in funzione della sede delle convenute. La società attrice ha proposto regolamento di competenza.

La questione

Esiste contrasto in giurisprudenza e in dottrina in ordine alla natura dell'azione esercitata nelle ipotesi di domanda di riduzione dell'ipoteca. Le opinioni formulate e le soluzioni adottate si dividono nel considerare detta azione come relativa a beni immobili, con conseguente applicazione dell'art. 21 c.p.c., quanto all'individuazione della competenza per territorio; e nel ritenerla invece una azione di tipo personale, con riferimento alla diminuzione del credito dedotto come ragione per la chiesta riduzione.

Nel caso di specie l'adozione del primo di questi criteri avrebbe condotto alla dichiarazione di competenza del tribunale di Vicenza, nel cui territorio erano ubicati gli immobili da liberare dall'ipoteca; con affermazione, dunque, contraria a quanto pronunciato dal giudice di prime cure.

L'opposta opinione, se accolta, avrebbe condotto a individuare la competenza del tribunale in base alla sede delle società convenute, come esse avevano eccepito.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha affermato che, sebbene la giurisprudenza e la dottrina non siano state univoche nell'affermare la competenza del giudice del luogo di ubicazione dei beni, doveva seguirsi l'orientamento secondo cui la competenza territoriale per l'azione di riduzione dell'ipoteca compete al tribunale indicato dall'art. 21 c.p.c. Più volte in passato la giurisprudenza si era espressa in tal senso, giungendo ad applicare tale criterio di competenza anche in fattispecie di cancellazione dell'ipoteca conseguente al venir meno dell'obbligazione garantita. L'elemento decisivo per conformarsi a quei precedenti è stato individuato dalla Corte nella stretta vicinanza tra l'istituto della cancellazione e quello della riduzione dell'ipoteca. Proprio in considerazione di questa vicinanza, doveva ritenersi essere comune ai due istituti un medesimo criterio di competenza per territorio, da individuarsi in quello stabilito in generale per tutti i casi di azioni aventi ad oggetto diritti reali su beni immobili. Sia per l'azione di cancellazione che per quella di riduzione dell'ipoteca è competente il tribunale di cui all'art. 21 c.p.c., individuato, cioè, in ragione dell'ubicazione degli immobili. Poiché l'originaria attrice aveva domandato la riduzione dell'ipoteca sui soli beni immobiliari ubicati in territorio vicentino, doveva essere dichiarata la competenza del tribunale di Vicenza, giudice inizialmente adito.

Osservazioni

La questione sottoposta alla Corte ha costituito oggetto di pronunce giurisprudenziali talmente risalenti da farle dichiarare trattarsi di questione nuova (con conseguente motivo di compensazione delle spese processuali). In effetti le decisioni ricordate risalgono nel tempo. La prima di esse, Cass. civ., n. 3100/1971 aveva affermato che nei casi in cui si contesta l'entità del credito per il quale si procede doveva farsi applicazione del criterio generale di cui all'art. 18 c.p.c. Successive decisioni (Cass. civ., n. 100/1974; Cass. civ., n. 3601/1977; Cass. civ., n. 6958/1994) avevano assegnato prevalenza decisiva alla natura immobiliare del bene tutelato con l'esercizio dell'azione. In questo ordine di idee, in particolare, Cass. civ., n. 6958/1994 aveva asserito che l'azione esercitata dal proprietario dell'immobile illegittimamente gravato da ipoteca, perché non appartenente al debitore, ha natura reale, e non obbligatoria, configurandosi come "actio negatoria" tendente alla dichiarazione di libertà del bene, senza che vengano in discussione l'esistenza del credito, in base al quale si è proceduto all'iscrizione dell'ipoteca, o l'obbligo di prestare la garanzia. Proprio per quella finalità, riferita alla liberazione del bene, la relativa controversia non poteva che appartenere alla competenza del giudice del luogo ove il bene è situato, a norma dell'art. 21 c.p.c. In questo senso si era schierata la dottrina prevalente, non senza autorevoli opinioni contrarie.

Nella pronuncia che ora giunge a notevole distanza di tempo, la ragione alla quale riferire il punto decisivo per la ripartizione della competenza è stata fondata su considerazioni ancora ancora diverse.

La ragione è reperita nella “vicinanza” tra l'istituto della cancellazione dell'ipoteca e quello della sua riduzione. Non è specificato in cosa consista detta situazione di vicinanza né da quali dettagli essa possa essere ricavata. Ma, si fa intendere, poiché è pacifico che la cancellazione è oggetto di una azione avente natura immobiliare, tale natura e analoga conseguente regolamentazione, quanto a determinazione della competenza territoriale, deve avere anche la sua “vicina” azione di riduzione dell'ipoteca.

Non resta che prendere atto del dictum della Suprema Corte. Può osservarsi, per mera completezza, che una autorevole dottrina nel sostenere in senso diverso l'applicabilità dei criteri di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. all'azione di riduzione dell'ipoteca ne aveva fornito la ragione con il riferirla alla funzione dell'azione di sopperire, rivolgendosi al giudice, alla mancanza di consenso del creditore alla riduzione. Si tratta, anche in questo caso, di una affermazione apodittica e astratta, sul medesimo piano di quella enunciata dalla Corte di legittimità, per una conclusione, però, esattamente contraria: indice, questo, concreto e palese della natura opinabile della questione, cui non si è data una soluzione fondata su dati concreti.

La divergenza di opinioni è giustificata dal fatto per cui la stessa normativa fornisce elementi contraddittori. A favore dell'opinione dottrinaria citata può osservarsi che la riduzione dell'ipoteca si fa riducendo la somma per la quale essa è stata presa: circostanza che pone l'attenzione sul rapporto credito-debito e, in particolare, sulla posizione del debitore, il quale ottiene di far corrispondere il vincolo sui suoi beni al reale ammontare del suo obbligo. In senso opposto può notarsi che la riduzione si fa anche restringendo l'iscrizione ad una parte soltanto dei beni (come si chiedeva avvenisse nella vicenda di specie). Circostanza, questa, che assegna invece rilevanza al vincolo sui beni e sulla loro individuazione, piuttosto che al contenuto dell'obbligazione debitoria.

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