Le conseguenze derivanti dall'omessa indicazione separata dei costi di manodopera: il perdurante contrasto e le rimessioni della Plenaria alla CGUE
13 Giugno 2019
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Le conseguenze derivanti dall'omessa indicazione dei costi di sicurezza aziendale in sede di offerta sono al centro di frequenti contrasti giurisprudenziali non sopiti neanche a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici. Sotto la vigenza del precedente d.lgs n. 163 del 2006 le questioni controverse riguardavano: i) l'applicabilità dell'obbligo di indicare gli oneri di sicurezza sia nell'ipotesi di appalti di lavori sia per quelli di fornitura e di servizi; ii) le conseguenze derivanti dalla loro mancata indicazione e, in particolare, la possibilità di prevedere la sanzione espulsiva, senza possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, anche in assenza di una previsione del bando di gara. La querelle è stata affrontata da tre pronunce dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. pl., 20 marzo 2015, n. 3; Cons. St., 2 novembre 2015, n. 9; Cons. St., 27 luglio 2016, n. 19) ed anche dalla CGUE (sez. VI, 10 novembre 2016, C-140/16). Se con l'Adunanza Plenaria del 20 marzo 2015, n. 3 è stato chiarito che l'obbligo, codificato all'art. 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006, di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, si applicava anche agli appalti di lavori, nel caso deciso dalla sentenza n. 9 del 2015, alla Plenaria è stato chiesto, invece, di decidere sulla legittimità o meno (rectius: la doverosità) dell'uso dello strumento del soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si fosse perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell'Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3. A tale quesito, la pronuncia n. 9 del 2015 ha dato una risposta negativa richiamando la precedente sentenza n. 3 del 2015 e specificando che già in tale occasione era stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell'omissione dell'indicazione degli oneri di sicurezza, sul rilievo che essa si risolverebbe in «un'inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell'offerta». In altre parole, il massimo Consesso della giustizia amministrativa ha ritenuto che non vi fossero valide ragioni per non considerare sussistente l'obbligo di indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale, pur non richiesti dalla lex specialis, anche per le gare bandite prima della pubblicazione della sentenza n. 3 del 20 marzo 2015. Nonostante le predette pronunce del 2015, la questione è stata nuovamente rimessa all'attenzione dell'Adunanza Plenaria a cui è stato demandato non di rivedere integralmente il principio della sentenza n. 9 del 2015, ma di chiarire se tale principio potesse operare in senso assoluto oppure se, ricorrendo determinate circostanze, potesse trovare dei temperamenti, a fronte dell'esigenza di tutelare i principi euro-unitari della tutela dell'affidamento, della certezza del diritto, di parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. In tale occasione, il Supremo Consesso ha avuto modo di chiarire che «nelle ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l'offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l'esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l'offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio» (Cons. St., Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 19). Per una puntuale ricostruzione della questione controversa sotto la vigenza del precedente Codice si rinvia ai contributi di A. Presti, Esclusione dell'impresa che non indica i costi per la sicurezza nella propria offerta e F. Aperio Bella-Caputi Iambrenghi, Aggiornamento sulla disciplina degli oneri per la sicurezza aziendale: legislatore distratto e giurisprudenza creativa alla base del contrasto esegetico. Di seguito si propone un aggiornamento della tematica, con particolare riguardo alla perdurante vigenza, o meno – dopo l'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici – del predetto principio di diritto enunciato dall'Adunanza Plenaria con la sentenza n. 19 del 2016. Nello specifico, l'attuale contrasto giurisprudenziale verte sulla valenza immediatamente escludente della mancata indicazione separata del costo della manodopera e degli oneri di sicurezza di cui all'art. 95, comma 10, d.lgs 50 del 2016 (di seguito c.c.p.), specie nel caso di silenzio della lex specialis. Da ultimo, a seguito di tre rimessioni all'Adunanza Plenaria (Cons. Stato, sez. V, ord., 25 ottobre 2018, n. 6069 vd. News di G.A. Giuffrè, Alla Plenaria la legittimità dell'esclusione per mancata indicazione separata “meramente formale” degli oneri di sicurezza aziendale; Cons. Stato, 26 ottobre 2018, n. 6122; Cons. Giust. Amm. Sicilia, 20 novembre 2018, n. 772 vd. News del 23 novembre 2018 di F. Aperio Bella, Anche il CGA investe la Plenaria delle conseguenze dell'omessa indicazione degli oneri di sicurezza nel nuovo Codice dei contratti) quest'ultima ha ritenuto di dover devolvere la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (ordd., 24 gennaio 2019, nn. 1,2,3). 2
L'interpretazione dell'art. 95, comma 10, c.c.p. ha dato logo a due diversi orientamenti:
a) secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il principio enunciato dall'Adunanza Plenaria con la sentenza n. 19 del 2016 sarebbe applicabile unicamente alle gare bandite sotto la vigenza del precedente d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto, con il nuovo Codice dei contratti pubblici, la mancata indicazione separata dei costi per la sicurezza aziendale non potrebbe più essere sanata con il soccorso istruttorio poiché l'art. 95, comma 10, c.c.p. determinerebbe un automatismo espulsivo incondizionato anche in assenza di uno specifico obbligo dichiarativo nella lex specialis. In particolare, l'art. 95, comma 10, c.c.p. avrebbe chiarito l'obbligo per i concorrenti di indicare, in sede di offerta economica, i c.d. costi di sicurezza aziendali ed avrebbe superato le precedenti incertezze interpretative relative all'esistenza e all'ampiezza di tale obbligo dichiarativo, definite dall'Adunanza Plenaria con le sentenze nn. 3 e 9 del 2015 (Per una puntuale analisi delle delle Plenarie nn. 3 e 9 del 2015 si richiama il contributo di A. Presti Esclusione dell'impresa che non indica i costi per la sicurezza nella propria offerta). L'obbligo dichiarativo, dunque, sarebbe ormai chiaramente sancito ex lege e la sua violazione comporterebbe conseguenze escludenti anche a prescindere dal fatto che l'esclusione non sia stata testualmente enunciata dagli artt. 83 e 95 c.c.p. in quanto «precetto posto a salvaguardia dei diritti dei lavoratori cui presiedono le previsioni di legge, che impongono di approntare misure e risorse congrue per preservare la loro sicurezza e la loro salute» (Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2017, n. 815). Permettere di sanare, attraverso il soccorso istruttorio, la mancata indicazione separata dei costi per la sicurezza aziendale, costituirebbe, inoltre, un escamotage per consentire al concorrente di modificare ex post il contenuto della propria offerta economica (Cons. St., sez. V., ord. 26 ottobre 2018, n. 6122; Cons. St., sez. V, 25 settembre 2018, n. 653; Cons. St., 12 marzo 2018, n. 1228; Cons. St., 28 febbraio 2018 n. 1228; Cons. St., 7 febbraio 2017, n. 815).
b) Il contrapposto orientamento ha ritenuto, invece, che, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici e nonostante l'espressa previsione dell'obbligo dichiarativo ex art. 95, comma 10, la mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, nei casi in cui il suddetto obbligo non sia espressamente richiamato dalla lex specialis, non determina ex se l'esclusione automatica del concorrente a meno che quest'ultimo non abbia presentato un'offerta economica indeterminata e incongrua in quanto formulata senza considerare i costi di sicurezza aziendali (Cons. St., sez. III, 27 aprile 2018, n. 2554). Il mancato adempimento al detto obbligo dichiarativo, dunque, non comporta l'automatica esclusione del concorrente che, pur non avendo indicato gli oneri di sicurezza aziendale separatamente nell'offerta, li abbia comunque computati nel prezzo complessivo dell'offerta. Nello specifico, la Terza sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto che l'art. 95, comma 10, c.c.p., non potrebbe comportare ex se l'effetto escludente (non comminato espressamente) ma, al contrario, dovrebbe essere letto in combinato disposto con l'art. 97, comma 5, lett. c) c.c.p., che prevede – in coerenza con l'art. 69, par. 2 lett. d) della Direttiva 2014/24/UE – che la stazione appaltante escluda il concorrente solo laddove, in sede di chiarimenti richiesti, detti oneri risultino incongrui. Tale interpretazione, inoltre, non violerebbe neanche il disposto dell'art. 83, comma 9, c.c.p. in quanto consentire al concorrente di precisare la consistenza degli oneri per la sicurezza già inclusi nel prezzo complessivo dell'offerta (ma non espressi distintamente) non comporterebbe alcuna alterazione dell'offerta in corso di gara o violazione delle regole di trasparenza e parità di trattamento tra i concorrenti.
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LA RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA La questione è stata, recentemente, sottoposta all'attenzione dell'Adunanza Plenaria sia dalla Quinta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza del 25 ottobre 2018 n. 6069 vd. News del 25 ottobre 2018 di G.A. Giuffrè, Alla Plenaria la legittimità dell'esclusione per mancata indicazione separata “meramente formale” degli oneri di sicurezza aziendale; ordinanza del 26 ottobre 2018 n. 6122) sia dal CGA (Cons. giust. amm. Sicilia, 20 novembre 2018, n. 772 vd. News di F. Aperio Bella, Anche il CGA investe la Plenaria delle conseguenze dell'omessa indicazione degli oneri di sicurezza nel nuovo Codice dei contratti). La Quinta sezione del Consiglio di Stato, pur prendendo atto della pendenza davanti alla CGUE di una questione analoga (TAR Lazio, ord., 24 aprile 2018, n. 4562), non ha ritenuto di dover disporre la sospensione c.d. impropria del giudizio né di sollevare analoga questione pregiudiziale di corretta interpretazione del diritto UE, ha, invece, ritenuto di dover sottoporre all'Adunanza Plenaria, ai sensi dell'art. 99, comma 1, c.p.a., la questione di diritto interno relativa all'interpretazione dell'art. 95, comma 10, c.c.p. quale «mezzo atto a risolvere preventivamente in tempi più brevi i dubbi di compatibilità comunitaria e superare così la “causa ostativa” che ha già determinato la sospensione ex art. 79, comma 1, c.p.a., di diversi giudizi amministrativi pendenti anche in grado di appello». In sintesi, il Collegio, aderendo all'impostazione tesa a negare la portata immediatamente escludente della mancata formale indicazione separata degli oneri di sicurezza, ha specificato che: i) l'obbligo dichiarativo ex art. 95, comma 10, c.c.p. è indiscutibilmente previsto dalla legge a pena di esclusione anche nel silenzio della lex specialis. ii) La portata potenzialmente escludente dell'obbligo dichiarativo non appare però sufficiente ad escludere la possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio ma, anzi, ne costituisce il presupposto applicativo in quanto il soccorso istruttorio opera proprio per le c.d. regolarità essenziali ossia quelle irregolarità dichiarative e documentali previste a pena di esclusione. iii) L'inoperatività del soccorso istruttorio potrebbe essere motivata diversamente, ovvero ritenendo che gli oneri di sicurezza rappresentino sempre e comunque non un elemento formale dell'offerta ma un elemento sostanziale della stessa con la conseguenza che la possibilità di sanare le irregolarità dichiarative con il soccorso istruttorio permetterebbe al concorrente di determina una inammissibile modifica ex post dell'offerta. Tuttavia, la qualificazione degli oneri di sicurezza quale elemento sostanziale dell'offerta si porrebbe però in contrasto con la ricordata plenaria n. 19 del 2016; mentre, la qualificazione dell'omessa dichiarazione in termini di elemento formale dell'offerta consentirebbe il ricorso al soccorso istruttorio anche a prescindere dalla circorstanza che la lex specialis abbia richiamato o meno l'obbligo dichiarativo.
LA RIMESSIONE ALLA CGUE DA PARTE DELL'ADUNANZA PLENARIA Come segnalato nella News del 28 gennaio 2019 (di V. Zallocco, Omessa indicazione separata dei costi della manodopera e soccorso istruttorio: la rimessione alla CGUE) con tre distinte ordinanze l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha deciso di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia dell'Unione europea (Ad. plen., ordd., 24 gennaio 2019, nn. 1,2,3). Il Supremo Consesso ha ritenuto che l'attuale quadro normativo imponga di aderire all'orientamento c.d. formalista secondo cui la mancata indicazione in sede di offerta dei costi della manodopera comporta l'esclusione dalla gara del ricorrente e tale mancanza non può essere sanata attraverso il soccorso istruttorio. La normativa nazionale, inoltre, prescrive l'obbligo di separata indicazione di tali costi in maniera sufficientemente chiara e la mancata riproduzione di tale obbligo all'interno della lex specialis non rende scusabile l'errore del concorrente. A sostegno di tale conclusione il Consiglio di Stato ha esposto le seguenti argomentazioni: i) La Corte di Giustizia ha riconosciuto l'illegittimità dei provvedimenti di esclusione di un concorrente per violazione degli obblighi a lui riferiti solamente in ipotesi in cui tali obblighi non emergevano con chiarezza dai documenti di gara (CGUE, 2 giugno 2016, C-27/15; Id., 10 novembre 2016 C-140/16 vd. F. Aperio Bella-F. Caputi Iambrenghi, «Aggiornamento sulla disciplina degli oneri per la sicurezza aziendale: legislatore distratto e giurisprudenza creativa alla base del contrasto esegetico»). Tale eventualità non può trovare spazio nell'attuale quadro normativo in cui vi è l'art. 95, comma 10, c.c.p. che fissa chiaramente il detto obbligo. Se si aderisse all'impostazione secondo cui una clausola escludente potrebbe operare solo se espressamente richiamata dalla lex specialis si consentirebbe alle Stazioni Appaltanti di scegliere quali disposizioni imperative di legge rendere in concreto operanti e quali no, in aperta violazione del principio di legalità. ii) L'art. 83, comma 9, c.c.p. esclude il soccorso istruttorio per le carenze dichiarative relative all'offerta economica e all'offerta tecnica; l'art. 95, comma 10, c.c.p. individua i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori quali elementi costitutivi dell'offerta economica e la medesima disposizione impone ai concorrenti l'obbligo di “indicare” tali costi in sede di offerta e non, più genericamente, di “tenerne conto”. Da tali indicazioni normative deriva che la mancata indicazione dei costi di manodopera non sia sanabile attraverso il ricorso al soccorso istruttorio. iii) L'Adunanza Plenaria n. 9 del 2014 ha chiarito che, in forza del principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, nella materia delle gare pubbliche sussiste una causa di esclusione per ogni norma imperativa che preveda in modo espresso un obbligo. In questi casi la norma di legge integra dall'esterno le previsioni contenute nella lex specialis (c.d. effetto di etero-integrazione). La mancata ottemperanza all' dichiarativo contenuto nell'art. 95, comma 10, c.c.p., se interpretata alla luce dei principi stabiliti dalla suddetta Plenaria, comporta necessariamente l'esclusione del concorrente dalla gara. iv) L'Adunanza Plenaria n. 19 del 2016 ha stabilito che, in caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza il soccorso istruttorio è ammesso solamente per le gare indette prima dell'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, in quanto, prima di tale momento, nell'ordinamento nazionale mancava una norma che in maniera chiara ed univoca prescrivesse la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza. L'art. 95, comma 10, c.c.p. ha senz'altro fatto venire meno l'unica ragione che aveva indotto l'Adunanza plenaria ad ammettere il ricorso al soccorso istruttorio. v) Negli appalti “ad alta intensità di manodopera” il concorrente che formuli un'offerta economica omettendo di specificare gli oneri connessi alle prestazioni lavorative non commette soltanto una violazione meramente formale ma presenta «un'offerta economica di fatto indeterminata nella sua parte più rilevante».
L'Adunanza Plenaria si è chiesta, dunque, se il quadro normativo nazionale così inteso ed interpretato possa essere compatibile con il diritto dell'Unione europea. In particolare, il Collegio ha sottolineato la necessità di chiarire definitivamente l'ambito della norma di cui al secondo paragrafo dell'art. 18 della Direttiva 2014/24 che impone agli Stati membri l'adozione di «misure adeguate in relazione alla necessità di garantire che gli operatori economici rispettino gli obblighi applicabili in materia di sicurezza sul lavoro nell'esecuzione di appalti pubblici». È stato puntualizzato, inoltre, che i concorrenti che partecipano alle gare comunitarie sono soggetti imprenditoriali che si presume posseggano «adeguate professionalità» e per tale ragione non solo il mancato adempimento di un onere obbligatoriamente previsto ex lege è addebitabile al medesimo concorrente ma una negligenza in tal senso «costituisce un elemento in grado di far dubitare della serietà ed appropriatezza dell'offerta». Il Collegio ha ricordato che il diritto UE, per come interpretato dalla CGUE, non impedisce l'esclusione di un concorrente per ragioni di carattere formale a condizione che: «i) le ragioni e le condizioni dell'esclusione siano chiaramente e previamente stabilite dal diritto nazionale o dal bando di gara; ii) che le clausole che dispongono l'esclusione mirino a propria volta a conseguire obiettivi e principi di interesse per il diritto UE (quali il principio della par condicio competitorum)» (CGUE, 6 novembre 2014, C-42/13; similmente sono state ricordate anche: CGUE, 2 giugno 2016, C-27/15; Id., 10 novembre 2016 C-140/16).
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A pochi mesi dalla suddetta triplice rimessione, la CGUE si è pronunciata (CGUE, IX sez., 2 maggio 2019, C-309/18, vd. News del 3.5.2019 di A. Coiante,La CGUE si pronuncia sulla mancata indicazione separata dei costi della manodopera) sull'analoga questione proposta, precedentemente, dal TAR Lazio (ord., 24 aprile 2018, n. 4562). Nella specie con la suddetta ordinanza, il TAR poneva alla CGUE, in via pregiudiziale, il seguente quesito: «Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino all'applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016, secondo la quale l'omessa separata indicazione dei costi della manodopera nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di servizi pubblici determina, in ogni caso, l'esclusione della ditta offerente senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nella documentazione di gara e, ancora, a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l'offerta rispetti effettivamente i costi minimi della manodopera, in linea peraltro con una dichiarazione all'uopo resa dalla concorrente».
La Corte ha risposto ai dubbi interpretativi sollevati dal TAR Lazio stabilendo i seguenti principi:
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