Sulla punibilità della falsità commessa su assegno bancario non trasferibile dopo il d.lgs. 7/2016

23 Luglio 2018

Se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di "non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall'art. 485 c.p. (rubricato "Falsità in scrittura privata" e oggi depenalizzata, a seguito dell'intervento del d.lgs. 7 del 2016) e non in quella – differente – della "Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito" (di cui all'art. 491 c.p., come riformulato dal medesimo d.lgs. 7 del 2016).
1.

Con l'ordinanza n. 20456 del 7 marzo 2018, depositata il 9 maggio 2018, la seconda Sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., alle Sezioni unite la decisione del contrasto giurisprudenziale in relazione al seguente quesito di diritto: «se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di "non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall'art. 485 c.p. (rubricato Falsità in scrittura privata e oggi depenalizzata, a seguito dell'intervento del d.lgs. 7 del 2016) e non in quella – differente – della Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito (di cui all'art. 491 c.p., come riformulato dal medesimo d.lgs. 7 del 2016)».

Antecedentemente all'abrogatio dell'art. 485 c.p., a opera dell'art. 1lett. a) del d.lgs.15 gennaio 2016, n. 7 la giurisprudenza di legittimità era pervenuta al punto di arresto secondo cui, nel caso di emissione di un assegno recante la falsa firma del titolare del conto corrente, era configurabile il reato di cui all'art.485 c.p. (Falsità in scrittura privata) e, nel caso in cui l'assegno fosse stato trasferito con girata, risultava integrata anche l'ipotesi di cui all'art. 491 c.p. In particolare, tale ultima norma, nell'equiparare agli atti pubblici i testamenti olografi e i titoli di credito soltanto quoad poenam, configurava – per le falsità concernenti tali scritture – una circostanza aggravante e non un titolo autonomo di reato (Cass. pen., Sez. unite, 17 aprile 1982, n. 5540), in quanto i documenti in esso elencati erano da intendersi equiparati agli atti pubblici soltanto ai fini della pena, con la conseguenza che, anche in relazione alla loro falsificazione, era sempre necessario che ricorressero, per la configurabilità del reato, tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dall'art. 485 c.p., come fattori di differenziazione della falsità in scrittura privata rispetto alla falsità in atti pubblici, in quanto l'elemento caratterizzante l'ipotesi di cui all'art. 491 c.p. rispetto a quella di cui all'art. 485 c.p., atteneva all'oggetto materiale, non influente in alcun modo nella struttura tipica del reato (arg. ex Cass. pen., Sez. V, 2 luglio 1980, n. 12056).

La ragione della più rigorosa tutela accordata dall'art. 491 c.p. ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata, nella equiparazione quoad poenam di tali titoli agli atti pubblici, non risiedeva, secondo la S.C., nella loro natura giuridica, né nella loro attitudine alla circolazione illimitata, che è comune a tutti i titoli di credito ma era determinata dal maggiore pericolo di falsificazione, insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi. Ne derivava che la circolabilità propria dei titoli presi in considerazione dalla norma citata doveva esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l'inquadramento dell'illecito nella norma stessa, il che comportava che non si potesse prescindere dalle clausole che in concreto ostacolassero la circolazione dei titoli anzidetti. La clausola di non trasferibilità apponibile all'assegno bancario o all'assegno circolare (artt. 43 e 86 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne escludeva la trasmissibilità per girata, tale non potendo considerarsi la girata a un banchiere per l'incasso, avente natura di semplice mandato a riscuotere, priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo. Pertanto, la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non era punibile a norma dell'art. 491 c.p. bensì a norma dell'art. 485 c.p. (Cass. pen., Sez. unite, 20 febbraio 1971, n. 4).

Successivamente alle suddette risalenti pronunce, la giurisprudenza di legittimità – per quanto risulta dai principi affermati dalla sentenze oggetto di massimazione o edite – non ha fatto registrare orientamenti divergenti, né risulta aver effettuato puntualizzazioni in proposito, pur a seguito dei ripetuti interventi normativi in tema di intrasferibilità degli assegni e dei conseguenti limiti ad essa, in relazione alle normative antiriciclaggio. Con la sentenza Cass. pen. Sez. V, 4 dicembre 2008, n. 1720 ha affermato che integra il delitto di falso in scrittura privata –e non quello di falso in titoli di credito ex art. 491 c.p. – l'apposizione di una falsa firma di girata su un assegno già posto all'incasso e protestato, in quanto con il protesto si esaurisce la funzione tipica dell'assegno e viene meno la sua capacità di circolazione privilegiata, che giustifica la tutela penale rafforzata.

Ancora, con la sentenza n. 9727 del 3 febbraio 2009, sempre la V Sezione, ha affermato il principio secondo cui Integra il delitto di falsità in scrittura privata, e non in documento equiparato ad un atto pubblico, la falsificazione di un assegno bancario munito di girata "per l'incasso", che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è, pertanto, priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo.

L'abrogatio dell'art. 485 c.p. e la contestuale sostituzione dell'art. 491c.p. – con l'introduzione del reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito,che prevede che se alcuna delle falsità di cui agli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore e il fatto è commesso al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476 c.p. e nell'articolo 482 c.p. – hanno determinato, invece, un immediato significativo contrasto giurisprudenziale tra la Sezione Seconda e la Sezione Quinta della S.C., circa l'incidenza di tali novità sulla falsità in assegno bancario, contenente la clausola di non trasferibilità, come ampiamente evidenziato ampiamente nell'ordinanza in commento.

L'indirizzo della Quinta Sezione. La quinta Sezione penale della Corte di cassazione, a seguito dell'abrogatio dell'art. 485 c.p., ha escluso in più pronunce (Cass. pen., Sez. V, 4 aprile 2017, n.32972, Valentini; Cass. pen., Sez.V, 17 gennaio 2017, n. 11999; Toma e Cass. pen., Sez. V, 22 novembre 2016,n.3422, Merolla; Cass. pen., 2 febbraio 2017, n. 13047, non massimate) la riconducibilità generalizzata della falsificazione dell'assegno bancario alla fattispecie di cui al riformulato art. 491 c.p., riferibile unicamente alla falsificazione dell'assegno bancario non munito di clausola di intrasferibilità, dovendosi, di contro, considerare fatto non più previsto dalla legge come reato la contraffazione di un assegno bancario non trasferibile, girato solo per l'incasso. In sostanza, come evidenziato nell'ordinanza di rimessione, nelle suddette pronunce si è osservato che, sebbene il legislatore con il d.lgs. 7/2016, nel depenalizzare il delitto di cui all'art. 485 c.p., abbia mantenuto la rilevanza penale dei falsi riguardanti i titoli di credito trasmissibili per girata, che sono sempre punibili a norma dell'art. 491 c.p., nel caso di falsificazione di un assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità, tale ipotesi non è sussumibile nella fattispecie di reato residuata dopo l'intervento abrogativo.

Nella pronuncia n. 32972/2017, in particolare, la Quinta Sezione ha messo in risalto come nella lettura della nuova disposizione incriminatrice di cui all'art. 491 c.p. non si possa prescindere dalle precise indicazioni fornite dalla sentenza delle Sezioni unite n. 4/1971, Guarracino, sentenza questa che, se è pur vero che si era data carico di segnare il confine tra i reati di cui agli artt. 485 e 491 c.p. in riferimento a un diverso testo normativo e in un contesto in cui la falsità materiale di scrittura privata costituiva reato, tuttavia, gli elementi costitutivi delle fattispecie risultano comuni tra la vecchia e la nuova disposizione incriminatrice, quanto alla nozione di «altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore», e avevano colto la ragione della più rigorosa tutela accordata dall'art. 491 c.p. ai titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata, equiparati quoad poenam agli atti pubblici, nel maggiore pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata, rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi ed in ciò hanno ritenuto che la libera trasferibilità doveva esistere in concreto, come requisito essenziale condizionante l'applicabilità della norma, non potendosi, dunque, prescindere, a tal fine, dalle clausole in concreto ostacolanti giuridicamente la circolazione dei titoli anzidetti. Di qui il principio di diritto secondo il quale la clausola di non trasferibilità apponibile all'assegno bancario o all'assegno circolare (artt. 43 e 86 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, poiché non si può considerare tale la girata a un banchiere per l'incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo; di conseguenza, la falsità commessa in assegno bancario o in assegno circolare munito della clausola di non trasferibilità non era punibile a norma dell'art. 491 c.p., bensì a norma dell'art. 485 c.p. (ora abrogato).

Inoltre, in tale pronuncia è stato evidenziato come la clausola di non trasferibilità apposta all'assegno bancario o all'assegno circolare (artt. 43 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), dal punto di vista civilistico, ne determini la perdita della qualità di titolo trasferibile mediante girata (art. 17 r.d. 1736/1933), con la conseguenza che la trasposizione degli esposti principi nel nuovo contesto, normativo modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, caratterizzato dall'abrogazione del reato di cui all'art. 485 c.p., esclude dal punto di vista penalistico la riconducibilità del fatto alla fattispecie dell'art.491 c.p. e lo espunge conseguentemente dall'area della rilevanza penale. A ciò occorre, poi, aggiungere che la legislazione speciale diretta a limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore (art. 49 d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231; art.27, comma 1-ter,del d.lgs. 13 agosto 2010, n.141) ha progressivamente eliso la possibilità (marginalmente tuttora sussistente: art. 49, comma 4, deld.lgs.231 del 2007) di ottenere il rilascio di moduli «in forma libera», ossia senza l'ordinaria stampigliatura della clausola di non trasferibilità.

Con la precedente pronuncia n. 11999/2017 era stato evidenziato, altresì, che la circolabilità in concreto dei titoli contemplati dall'art. 491 c.p. costituisce requisito essenziale condizionante la sussumibilità della condotta illecita nella fattispecie in questione, tale non potendo considerarsi la girata ad un banchiere per l'incasso (prevista dall'art. 43, comma 10, r.d. 21dicembre 1933, n. 1736), che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo; non a caso la girata per incasso viene ritenuta anche in dottrina come girata "impropria". Non vi è dubbio, pertanto, che il ragionamento allora svolto dal Supremo Collegio in una fattispecie in cui a un assegno bancario era stata apposta la clausola di trasferibilità deve essere al giorno d'oggi esteso a tutti gli assegni bancari o postali, aventi un importo superiore a euro 1.000,00, atteso che, a norma dell'art. 49, commi 5 e 6, d.lgs. 231/2007, tutti gli assegni bancari e postali emessi per un importo superiore a quello sopraindicato devono recare la clausola di non trasferibilità e possono essere girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste Italiane Spa.

L'indirizzo della Seconda Sezione. Al suddetto indirizzo se ne è contrapposto un altro della Seconda Sezione della S.C., con il quale è stato affermato il principio secondo cui, a seguito dell'abrogazione dell'art. 485 c.p. e della nuova formulazione dell'art. 491 c.p. a opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità, in quanto il titolo è, comunque, girabile per l'incasso (c.d. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell'impiegato della banca e dell'istituto da questi rappresentato (Cass. pen., Sez. II, 22 giugno 2017, n. 36670, Milani; Cass. pen., Sez. II, 24 novembre 2017, n.12599, Grassi; Cass. pen., Sez. II, 1 marzo 2018, n.13086, Solla; in senso conforme Cass. pen., Sez. II, n. 52218/2016; Cass. pen., Sez. II, n. 39093/2017; Cass. pen., Sez. II, n. 8063/2018, nonché Cass. pen., Sez. II, n. 8065/2018, non massimate). Con l'indirizzo in questione, in particolare, è stato evidenziato come la nuova disposizione dell'art. 491 c.p., per effetto del d.lgs. 7/2016, non distingue tra un tipo di girata e un'altra, né nei lavori preparatori al citato testo normativo si trova traccia della volontà del Legislatore di depenalizzare per le vie di fatto la maggior parte dei più gravi falsi in assegni, tenuto conto che, a seguito della legge di stabilità del 2016 (l. 28 dicembre 2015, 208), tutti gli assegni per un importo superiore ad euro 1.000 devono obbligatoriamente essere dotati di clausola di non trasferibilità. Con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente a voler seguire l'opposta tesi, la falsificazione di un titolo di credito di importo inferiore a mille euro, non dotato di clausola di non trasferibilità, sarebbe un fatto ancora penalmente perseguibile ai sensi del nuovo art. 491 c.p., al contrario della stessa falsificazione apposta su un assegno di importo maggiore e, per questo, espressione di un maggior disvalore della condotta e di possibili maggiori effetti dannosi sulla vittima – l'impiegato di banca che dà seguito all'operazione e l'istituto bancario – (Cass. pen., Sez. II, 22 giugno 2017, n. 36670, Milani; Cass. pen., Sez. II, 17 gennaio 2018, n. 8065).

Inoltre, con la pronuncia n. 12599/2018 è stato evidenziato come la conclusione dell'abrogatio del falso in assegno munito di clausola di intrasferibilità non trova fondamento nella lettera del citato art. 491 c.p., posto che la "girata" in senso tecnico è anche quella effettuata al banchiere per l'incasso, come si ricava dall'art. 43 r.d. 1736/1933, ove si dice che il prenditore dell'assegno non può girare l'assegno se non ad un banchiere per l'incasso. Tutto ciò a tacere del fatto che, a voler seguire la soluzione opposta, potendo la clausola di non trasferibilità essere apposta anche su un assegno che al momento della emissione ne fosse privo (comma 4 dell'art. 43 citato: la stessa clausola può essere apposta da un girante con i medesimi effetti), si arriverebbe al risultato paradossale di far dipendere la sussistenza o meno del reato dall'iniziativa dell'autore dello stesso, il quale potrebbe falsificare l'assegno e poi apporre la clausola di non trasferibilità. Inoltre, sempre ritenendo l'irrilevanza penale del falso su assegno con clausola di non trasferibilità, sarebbero comunque irragionevoli le conseguenze del nuovo assetto normativo, posto che, ai sensi dell'art. 49, commi 5 e 6, d.lgs. 231/2007, tutti gli assegni bancari e postali emessi per un importo superiore ad euro 1.000,00 devono recare la clausola di non trasferibilità e possono essere girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste Italiane Spa mentre la punibilità sarebbe esclusa per i falsi riguardanti assegni con importi superiori a tale cifra e rimanendo soltanto per i falsi su assegni di importo inferiore, circostanza illogica e che non risulta nelle intenzioni del legislatore (non ve ne è traccia, né nel testo della depenalizzazione, né nei lavori preparatori). In proposito non risulta pertinente il richiamo, effettuato da Cass. pen., Sez. V, 17 gennaio 2017, n. 11999, Toma, alla sentenza delle Sezioni unite 20 febbraio 1971, n. 4, Guarracino, essendo tale decisione intervenuta su un assetto normativo nel quale tutte le falsificazioni su assegni erano, comunque, penalmente rilevanti, ai sensi dell'art. 485 c.p., oggi abrogato, o ai sensi dell'art. 491 c.p.

2.

La prospettiva dell'ordinanza di rimessione alle Sez. unite. L'ordinanza n. 20456 del 7 marzo 2018, nel rimettere alle Sez. unite la soluzione del suddetto contrasto, ha preso chiara posizione per la configurabilità del reato di cui all'art. 491 c.p. nel caso di falsità su assegno bancario ancorché munito della clausola di "non trasferibilità”, ciò sulla base di plurime considerazioni, derivanti anche dal confronto e dalle criticità rilevabili dalla pronuncia delle Sez. unite, 20 febbraio 1971, n. 4, Guarracino che aveva affermato, invece, la punibilità della fattispecie a norma dell'art. 491 c.p. solo in assenza della clausola di non trasferibilità e di girata c.d. propria.

La premessa del ragionamento contenuto nell'ordinanza in questione si fonda sul dato storico del mutamento radicale -successivamente alla pronuncia delle Sez. unite, Guarracino del sistema della circolazione degli assegni bancari, posto che, a partire dal decreto legislativo 231/2007 (art. 49), l'assegno non trasferibile è diventato la regola, mentre quello "libero" è stato nel tempo consentito solo per importi "soglia" via via variabili e lo è oggi solo per importi inferiori a mille euro (fatto questo che pone anche un problema di successione di leggi penali nel tempo), sicché, rispetto al principio di fondo della citata pronunzia a SS.UU. (secondo cui, nel caso in cui ad essere falsificato sia un assegno liberamente trasferibile, il pericolo di una sua manomissione o alterazione è maggiore e viceversa, quando l'assegno sia,per espressa dicitura impressa sul titolo "non trasferibile" il pericolo di una sua alterazione ha una portata decisamente minore proprio in virtù della sua non trasferibilità ad altro soggetto), occorre, oggi, muovere dal dato oggettivo, per cui la negoziazione di assegni non trasferibili costituisce l' ipotesi di gran lunga più diffusa e ricorrente, essendo intervenuta una radicale modifica nelle forme di pagamento a mezzo assegni bancari.

Sulla base di tale premessa, l'ordinanza di rimessione ha evidenziato come non si presenti condivisibile l'affermazione contenuta nella sentenza Guarracino, secondo la quale la mera apposizione della clausola di "non trasferibilità" implicherebbe un effetto "radicalmente impeditivo" in ordine alla funzione circolatoria degli assegni, atteso che non pare possa trascurarsi la circostanza per cui l' assegno bancario, pur munito della detta clausola di non trasferibilità, mantiene una, sia pure sua ridotta, "circolabilità" e può, comunque, essere potenzialmente negoziato e messo in "circolazione" in vario modo, anche, in definitiva, a mezzo "girate" irregolari; invero, l'assegno contenente la clausola di non trasferibilità può essere girato "in bianco", potendo in tal caso il giratario far valere la girata come promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., ove provi che il girante abbia inteso trasmettergli i diritti provenienti dal titolo e, quindi, dimostri la materiale "traditio" oppure altra modalità di trasmissione coerente con l'intento del girante (Cass. civ., Sez. I, 29 luglio 2017, n. 17193), prassi questa non inusuale nei rapporti "cartolari", che consentirebbe una facile, quanto ingiustificata, elusione della normativa di riferimento sulla trasferibilità dei titoli di credito, assicurando la circolazione del titolo tra più soggetti prima della finale girata per l'incasso, nonostante qualunque divieto di legge. Sicché non sembra illogico ritenere, con interpretazione semplicemente estensiva (e, quindi, compatibile con il principio di legalità), che la nozione di trasmissibilità per girata, scolpita nell'art. 491 c.p., comprenda – nella misura in cui la norma non le esclude espressamente – anche tali anomale forme di circolazione del titolo tra soggetti ulteriori rispetto all'emittente e al prenditore. Senza considerare, poi, che la falsificazione dell' assegno può avere un incidenza pratica sulla "effettiva" circolazione di tale titolo di credito, anche attraverso la eliminazione della clausola stessa di non trasferibilità (che, talvolta, può essere "abrasa"senza visibilità alcuna), con rilevanti conseguenze in tema di responsabilità degli istituti di credito e dei loro dipendenti, potenzialmente pregiudicati dall'affidamento sugli elementi apparenti del titolo.

Sulla base, tra l'altro, delle suddette considerazioni l'ordinanza di rimessione ha concluso nel senso che può, pertanto, fondatamente dubitarsi che l'assegno sprovvisto di trasferibilità nelle forme di legge (in quanto gravato da una clausola "non trasferibile", che ne ostacola ex lege la circolazione e, dunque, astrattamente lo "immobilizza" nelle mani del prenditore) possa essere ritenuto tout court "non trasmissibile" e, conseguentemente, equiparato, per quanto attiene all'accertamento di profili di responsabilità penale, ad una qualsiasi scrittura privata, non potendosi, peraltro, trascurare la funzione economico-sociale che gli è propria e ciò anche non volendo ritenere determinante la tesi, pure sostenuta da certa dottrina, secondo cui la legge regolatrice dell' assegno bancario, qualificando come "girata" il negozio giuridico con cui si trasmette per l'incasso il titolo "non trasferibile" a un banchiere qualificato come "giratario",comprende, automaticamente, anche i titoli muniti di clausola di non trasferibilità. Sotto altro profilo, ha osservato, che la clausola "non trasferibile" ha uno scopo di sicurezza che può venire frustrata da una semplice girata per l'incasso falsificata, apparendo illogico che in ipotesi di assegni di rilevantissimo importo muniti di una simile clausola non operi alcuna tutela penale, viceversa configurabile in presenza di assegni di modesto importo, per legge liberamente trasferibili per girata.

Correttamente, infine, l'ordinanza di rimessione ha evidenziato come l'art. 49, comma 4, deld.lgs. 231/2007, oggetto di recente modifica per effetto dell'entrata in vigore del d.lgs. 90/2017, ha confermato la possibilità per il correntista di ottenere il rilascio di moduli «in forma libera» – per importi superiori a quelli che via via sono stati modificati nel tempo sino a raggiungere l'attuale limite di 1.000,00 euro – ossia moduli senza l'ordinaria stampigliatura della clausola di non trasferibilità, stabilendosi in ipotesi di violazione l'applicazione solo di sanzioni amministrative, sicchè il titolo di importo pari o superiore a mille euro (che non contenga la stampigliatura "non trasferibile") rimane trasmissibile per girata (con il conseguente obbligo della banca di provvedere al pagamento, salva la segnalazione della violazione), dovendosi in tale ipotesi ricadere nell'ambito dell'art. 491 c.p. pur in presenza di assegno ex lege "non trasferibile".

Il contrasto e la lettura del nuovo reato di cui all' art. 491 c.p. Un dato sul quale concordano entrambi gli indirizzi in contrasto è che la sentenza delle S.U. n. 4 del 1971 ha interpretato la valenza della clausola di intrasferibilità dell'assegno bancario in un contesto nel quale la falsificazione dell'assegno era, comunque, punita dall'art. 485 c.p. ed il dibattito sulla rilevanza della suddetta clausola investiva all'epoca esclusivamente l'applicabilità dell'aggravante di cui all'art. 491 c.p.

L'abrogatio dell'art. 485 c.p. impone, dunque, una riconsiderazione della fattispecie della falsità avente ad oggetto l'assegno bancario, munito della clausola di “non trasferibilità”, alla luce del nuovo reato di cui all'art. 491 c.p., che si affranca dal falso in scrittura privata e costruisce la nuova fattispecie di “falsità... in titolo di credito” – che specificamente rileva in questa sede – sulla base dell'elemento oggettivo che la falsità (preveduta dagli articoli precedenti al 491) riguardi un “titolo di credito trasmissibile per girata” e dell'elemento soggettivo, integrato dal dolo specifico, del “fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno”.

Tale riconsiderazione non può prescindere dal diverso contesto nel quale si colloca la novella previsione e dalle considerazioni relative all'evoluzione storico normativa dell'assegno bancario, in relazione alle più moderne esigenze di tutela del mercato, in uno al contrasto al fenomeno dell'evasione fiscale e del riciclaggio.

Non pare superfluo, in proposito, partire dalla considerazione che l'impianto della legge sull'assegno, di cui al r.d.1736/1933, tuttora vigente, risulta ancora imperniato sulla regola di carattere generale, secondo la quale l'assegno bancario, pagabile ad una persona determinata con o senza la clausola espressa “all'ordine”, è trasferibile “mediante girata” (art. 17 l.a.), regola questa rispetto alla quale pare porsi come un'eccezione la previsione secondo cui «l'assegno bancario emesso con la clausola non trasferibile non può essere pagato se non al prenditore o a richiesta di costui accreditato nel suo conto corrente. Questi non può girare l'assegno se non ad un banchiere per l'incasso io quale non può ulteriormente giralo. Le girate apposte nonostante il divieto si hanno per non scritte. La cancellazione della clausola si ha per non avvenuta» (art. 43 l.a.). Per la dottrina e la giurisprudenza la girata si concreta in un ordine che il prenditore o un portatore successivo rinnova al trattario di pagare ad altro portatore, accompagnato dalla consegna materiale del titolo (MICHELI-DE MARCHI, 3, 6 voce Assegno, in Enc. Dir., lll, Milano 1958).

In tale contesto, occorre innanzitutto chiedersi se la previsione di cui all'art. 491 c.p., nel riferimento al “titolo di credito trasmissibile per girata” intenda guardare non al titolo di credito specifico (escludendo cioè dalla perseguibilità penale quei titoli che rechino la stampigliatura o la dicitura di intrasferibilità), quanto piuttosto alla categoria astratta, ossia riferirsi ai titoli di credito, per i quali sia ammissibile la trasferibilità a mezzo girata; ciò, senza entrare nel merito, sul se prevalga o meno, ormai, il regime dell'intrasmissibilità dell'assegno bancario o, comunque, rilevi il “tipo” di girata (se “propria” od “impropria”) - risiedendo nella falsificazione, appunto, del titolo di credito “potenzialmente” trasferibile, il disvalore della condotta penalmente rilevante, rispetto alla mera alterazione di una scrittura privata, oggi non più costituente reato.

Occorre considerare, poi, che l'assegno bancario oggetto di falsificazione entra in un “circuito” che non è solo quello strettamente privato tra traente e prenditore, ma coinvolge, ovviamente, anche il sistema economico-bancario, di valenza, per certi aspetti, pubblicistica, attraverso il servizio reso appunto dalla banca trattaria.

La dottrina, da tempo, ha avvertito l'esigenza di precisare che l'assegno bancario recante la clausola di «non trasferibilità» costituisce, nell'ambito del panorama degli assegni contraddistinti dalla presenza di elementi eventuali (o accidentali), il tipo di titolo di credito maggiormente importante, in riferimento al ruolo che riveste nella pratica commerciale ed anche dal punto di vista della sua estrema problematicità giuridica, soprattutto con riguardo ai profili riconducibili alle norme di responsabilità derivanti dal suo possibile illegittimo pagamento. Trattasi, peraltro, di una speciale caratterizzazione dell'assegno che si presenta come una nota propria del sistema giuridico italiano, la cui valorizzazione è da ritenersi grandemente accresciutasi, a seguito dei mutamenti normativi intervenuti in tema di previsione di misure antiriciclaggio (SEGRETO- CARRATO, L'assegno, Milano, 2012, 194). All'uopo, è stato osservato, che la l. 5 luglio 1991, n. 197 (di conv. del d.l. 3 maggio 1991, n. 143 contenente, appunto, provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario per scopo di riciclaggio) – all'art.1 – ha contemplato l'obbligatorietà dell'apposizione della clausola in esame sugli assegni di importo superiore a lire venti milioni (portato ad euro 12.500,00 per effetto del d.m. 17 ottobre 2002, quindi diminuito ad euro 5.000,00 a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 49, d.lgs. 231 del 2007, poi, riportato nuovamente ad euro 12.500,00, con la l. 133 del 2008, con il successivo ripristino del limite di euro 5.000.00 e, poi, ridotto ad euro 2.500,00 per effetto del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., nella l. 14 settembre 2011, n. 148, e, da ultimo, ulteriormente ridotto ad euro 1000,00 con il D.L. 6 dicembre 2011, n.201, convertito con modificazioni, nella l. 22 dicembre 2011, n. 214), di fatto rendendola estremamente ricorrente nel contesto dei rapporti economici e riconducendo alla violazione di tale prescrizione la previsione dell'irrogazione di rilevanti sanzioni amministrative (riportate nell'art. 5 ella stessa l. 197 del 1991).

Da ultimo, l'art. 49, comma 4, del d.lgs. 231 del 2007, come modificato dal d.lgs. 90/2017, dà conferma del fatto che pur dovendo i moduli di assegni bancari e postali essere rilasciati dalle banche e da Poste Italiane Spa muniti della clausola di non trasferibilità, il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera.

Con l'introduzione sempre più frequente delle clausole di intrasferibilità dell'assegno, invero, la dottrina e la stessa giurisprudenza, si erano interrogati sulla perdurante classificazione dell'assegno non trasferibile quale titolo di credito. In particolare, gli indirizzi aderenti a tale posizione sostenevano che nel sistema dei titoli di credito la circolazione è causa determinante della creazione del titolo, per cui l'assegno non trasferibile veniva a perdere sostanzialmente la natura di titolo di credito, per ridursi a semplice titolo di legittimazione, fermi, però, i benefici processuali dell'azione cambiaria, per cui esso, più appropriatamente, diveniva un “titolo imperfetto”. Perché delle due funzioni dei titoli di credito- quella di legittimazione e quella di trasferimento-era idoneo a svolgere solo la prima, connotandosi, in special modo, come un documento “a legittimazione invariata” (SEGRETO - CARRATO, cit. 196).

Tale tesi, comunque, è stata abbandonata, sulla scorta dell'obiezione fondamentale che, sebbene la destinazione alla circolazione venga a costituire una delle caratteristiche tipiche dello stesso concetto di titolo di credito, tale natura non può venir meno con l'apposizione di una clausola che ne modifichi, fino ad escluderla totalmente, la circolazione, qualora restino applicabili allo stesso i principi generali della disciplina dei titoli di credito (SEGRETO - CARRATO, cit. 196).La stessa sentenza Guarracino, peraltro, aveva evidenziato che l'assegno conserva la natura di titolo di credito, anche nel caso in cui, per effetto della intrasmissibilità, il suo iter si esaurisca nel primo atto di circolazione, cioè nelle mani del prenditore, essendo irrilevante a tale effetto che ciò avvenga per volontà dell'emittente con l'apposizione della clausola di non trasferibilità, o per volontà del prenditore, che estingue il titolo mediante riscossione.

Traendo le fila dalle considerazioni svolte, deve evidenziarsi come meritino adeguata e congiunta considerazione, al fine della soluzione del contrasto in commento:

  • il dato storico della preponderanza dei titoli di credito, costituiti dagli assegni bancari muniti di clausola di intrasferibilità, rispetto a quelli liberamente trasferibili e la maggiore importanza di tali assegni, quanto al valore da essi rappresentato, sicchè la perseguibilità penale ex art. 491 c.p. esclusivamente dei falsi in assegni bancari dell'importo sino a 999,00 euro (perché non muniti della clausola di intrasferibilità) determinerebbe il risultato davvero poco comprensibile di punire i falsificatori di assegni bancari aventi ad oggetto importi lievi, ma non quelli ingenti;
  • la possibilità per il cliente, contemplata dall'art. 49, comma 4, del d.lgs.231/2007, pur a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 90/2017, di richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera, comporta che, sia pure ad iniziativa del correntista, la regola generale- secondo cui l'assegno bancario all'ordine è cedibile attraverso girata- non è di fatto documentalmente impedita (potendo essere irrogate al cliente che violi il divieto di emettere assegni liberamente circolabili per gli importi da euro 1000,00 solo sanzioni amministrative);
  • l'abrogatio dell'art. 485 c.p. e la creazione della nuova ipotesi di reato di cui all'art. 491 c.p. impone una più ampia riconsiderazione sulla effettiva voluntas legis di perseguire la specifica falsità di un titolo di credito, contenente una girata in senso proprio, e non piuttosto la falsità operata su un titolo di credito astrattamente rientrante nella categoria dei titoli di credito trasmissibili per girata, quale ancora deve ritenersi l'assegno bancario.
3.

Il primo Presidente ha rimesso gli atti alle Sezioni unite e fissato per il 19 luglio 2019 l'udienza di trattazione è sulla questione controversa:

«se la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di "non trasferibilità” rientra nella fattispecie descritta dall'art. 485 c.p. (rubricato Falsità in scrittura privata e oggi depenalizzata, a seguito dell'intervento del d.lgs. 7 del 2016) e non in quella – differente – della Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito (di cui all'art. 491 c.p., come riformulato dal medesimo d.lgs. 7 del 2016)».

4.

Il 19 luglio 2018, le Sezioni unite della Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto:

«La falsità commessa su assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità rientra nella fattispecie descritta dall'art. 485 c.p., oggi abrogata a seguito dell'intervento del d.lgs. 7/2016»

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